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Un Check-up del pensiero
di Guido Martinoli - Agosto 2019
Scienza e filosofia convergono nel nichilismo, che per l’una è il vuoto e per l’altra l’assenza della cosa in sé.
Come sta il pensiero e a che punto è nell’incessante avventura della conoscenza? Mah, vediamo...
In principio erano i miti, i riti e le religioni. Poi venne la filosofia (Grecia, VII sec. AC), da cui si staccarono presto la fisica, la matematica e le altre scienze “dure e razionali”. Alla filosofia restò d’occuparsi del perché e dell’essenza dell’Essere (ontologia, metafisica), mentre alle scienze come esso fosse e funzionasse (fisica, meccanica, termodinamica). Negli ultimi quattro secoli queste competenze si sono accentuate, senza nostalgie o ammiccamenti, spingendo il sapere verso la Verità, come fine ultimo, anche se su strade diverse e parallele, spesso imprevedibili e spettacolari. Ma di recente qualcosa è mutato. Le ricerche continuano, ma, mentre la religione agonizza, scienza e filosofia, anziché allontanarsi, pare ri-convergano, attratte da un’oscura calamita, fino a “flirtare per riunirsi” in quell’orizzonte impalpabile e tremendo che è il Nichilismo.
La scienza ci sta precipitando da quando Einstein e i quantisti hanno demolito Newton, il granitico padre dei “postulati primi” di massa (materia), gravità, spazio e tempo, da lui assunti come assoluti e incorruttibili. Solo tre secoli dopo, le nuove parole chiave, che la scienza ha focalizzato con sgomento e coraggio sono: onda, segnale, buchi neri, singolarità, entanglement quantistico e, soprattutto, vuoto. Si tratta di concetti rivoluzionari ai limiti del possibile o dell’assurdo, che hanno sacrificato il grammo, il metro e il secondo sull'altare degli Hertz (frequenza e radiazione), dei parsec (astrofisica) e dei bit (natura facit saltus). Tale sconvolgimento infuria nell’immensità del cosmo, il laboratorio della scienza, dove fluttuano, senza riempirlo granché, miliardi di galassie praticamente vuote, pur contenendo ciascuna miliardi di stelle, attorniate da manciate di pianeti, anch’essi smarriti in uno sconfinato spazio vuoto. Lo “svuotamento” pare dilagare anche sui singoli corpi celesti (come il sole, la terra e la Luna), dove la materia, che li compone, pare fatta di atomi, lontanissimi tra loro e pressoché vuoti essi stessi, perché costituiti da particelle (nuclei, protoni, elettroni) enormemente (in proporzione) distati tra loro, come le stelle nel cielo. Ma anche dentro le particelle ecco “ri-esplodere” un nuovo fatale vuoto, che pare separi le sub-particelle dei gluoni, dei fermioni, dei bosoni e dei fotoni e, ovviamente, c’è già chi ipotizza l’ennesimo vuoto sub-sub particellare, verso un estremo vuoto finale, che “dissolverebbe” totalmente la materia. Peraltro, non saremmo ancora al Nulla, poiché resterebbero pur sempre i segnali, l’informazione e le equazioni, confermando ciò che disse il grande Plank: “La materia non esiste, c’è solo radiazione”. Puro e solo software senza hardware.
In filosofia la situazione è analoga. Dall’iniziale mondo astratto delle idee di Platone, si è passati alla metafisica logico-sistematica di Aristotele, all’impalpabile trascendenza cristiana medioevale e su su fino all’inaccessibilità del noumeno Kantiano (la cosa in sé) antitetico al fenomeno, al primato dello spirito di Hegel, alla pura rappresentabilità della realtà di Schopenhauer, all’esclusività dell’interpretazione di Nietzsche, il grande visionario auto-dichiaratosi primo nichilista. La schiavitù dei sensi, che traducendo tradiscono (intrinsecamente) le cose (ossia le cause), che stanno sotto l’oggetto percepito, ci impedisce di “risolverne il concetto” e così cogliere finalmente la vera natura delle cose. Anche il linguaggio è un surrogato o un’immagine artificiale di quel mondo vero o presunto, che “dovrebbe essere l’Essere”. Di fronte ad esso restiamo del tutto smarriti, angosciati e impotenti, consapevoli che quel “supposto tutto” potrebbe essere un’illusione o un sogno, che si fa beffe della nostra ignoranza e ingenuità. Ebbene sì: noi potremmo aver indagato da millenni un universo fantasma, del tutto fittizio o inesistente. La materia, o ciò che noi riteniamo essa sia, potrebbe non esserci affatto. Forse le cose “non ci sono in sé”. Il vuoto spinto della scienza e quello dialettico della filosofia si fondono così in un tragico nichilismo o nientismo, che sta spazzando via ogni residua speranza di capire e governare l’Essere, l’insaziabile smania che tormenta da sempre il nostro povero ed eroico pensiero.
Guido Martinoli
guido.martinoli@libero.it
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