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11-06-2003, 21.13.23 | #1 |
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L'Umorismo di Pirandello
Ho letto sulla Home Page del sito un contributo inviato da un utente relativo all'umorismo di Pirandello https://www.riflessioni.it/testi/pirandello.htm .
Quanto segue è il mio personale commento all'opera. “…L’Umorismo ha bisogno del più vivace, libero, spontaneo e immediato movimento della lingua, movimento che si può avere sol quando la forma a volta a volta si crea. Ora la retorica insegnava, non a crear la forma ma ad imitarla, a comporla esteriormente… …E l’umorismo… lo troveremo – lo ripeto – nelle espressioni dialettali, nella poesia macaronica e negli scrittori RIBELLI alla retorica…” La spontaneità è l’humus di cui si nutre l’umorismo. L’attività creativa è attività di ribellione; l’Umorismo è Arte (con la A maiuscola) ed in quanto tale scardina, “scompone” come ama dire Pirandello, i rigidi canoni estetici della retorica che nel livellare le qualità e le specificità comunicative della letteratura, impone un’arte omologata al punto di parer non più attività creativa ma solo imitativa, priva com’è di forma e carattere interiore, protesa alla conservazione, “imitazione”, della forma esteriore “…raccolti, come un museo, tanti modelli di bellezza immutabile, ne imponeva l’imitazione… insegnava ad imitare ciò che non si imita: lo stile, il carattere, la forma…”. Una prima confutazione delle teorie che attribuiscono l’umorismo a culture nordiche o perlomeno non italiche ed una originale, rispetto ai tempi, ridatazione (anticipata) della nascita letteraria dell’umorismo, ci conducono al corpus dell’opera. Muovendosi sul terreno dell’aperta polemica nei confronti della retorica del tempo ed in contrasto con l’imperante estetica crociana, si giunge alla teorizzazione della nuova estetica pirandelliana, priva di eccessivi vincoli e canoni, libera di crearsi ed imporsi prepotentemente al suo stesso creatore “…quando una creatura vive nella fantasia d’un poeta, ella si rivelerà intera in qualunque circostanza si trovi. Il poeta non ha da scegliere nulla, perché quella creatura è libera, autonoma, fuori del poeta medesimo e non si può trovare se non in quelle situazioni cui la sospinge il suo carattere in contrasto coi caratteri circostanti. Le situazioni vengono da sé, non le sceglie il poeta...” (Cesareo). In embrione le tematiche dei “Sei personaggi in cerca d’autore” in cui i personaggi s’impongono all’autore fino ad ottenere la rappresentazione della loro tragedia. L’umorismo “… è arte con un particolare carattere che le proviene dall’azione della riflessione, la quale scompone l’immagine creata da un primo sentimento per far sorgere da questa scomposizione un altro sentimento contrario…” che induce sì al riso, ma ad un riso amaro. L’ideale, l’etica lascia il posto alla riflessione. E’ appunto l’attività svolta dalla riflessione, indispensabile nell’umorismo, che rende possibile la percezione dei contrasti, del “sentimento del contrario”, come lo definisce Pirandello. Il riflettere su episodi di per sé grotteschi e ridicoli induce, quindi, nuovi e più profondi sentimenti. I personaggi intrisi di umorismo non appaiono mai esseri disprezzabili; anche quando i tratti caratteriali attribuiti loro dall’autore indurrebbero ben poca clemenza, per essi vi è sempre nell’animo del lettore posto per il compatimento. Esemplari sono le pagine in cui sono analizzati i caratteri del Don Abbondio manzoniano e di Don Chisciotte. Due personaggi sicuramente antitetici: l’uno votato ad una vita densa di paure che gli impediscono di assolvere il proprio compito terreno; l’altro, l’eroe antieroe, spinto da un’accecante sete di giustizia e voglia di raddrizzar le sorti del mondo intero. Sono entrambi personaggi umoristici, in cui albergano i tratti caratteristici dell’umorismo: il riso per il ridicolo e il pianto e la commiserazione per il loro mesto destino di reietti, respinti e, ciascuno per cagione di un proprio evidente limite, relegati ai margini della vita. Ancor più esemplare è la minuziosa esegesi dei versi di Giusti: Sant’Ambrogio. La forza espressiva del poeta mette a nudo la tragicità della situazione in cui vivono “…qué soldati settentrionali…” percepiti in un primo momento come gli acerrimi nemici. La riflessione e la capacità di immedesimarsi induce ulteriori e più strazianti considerazioni: ”…a dura vita, a dura disciplina,/ muti, derisi, solitari stanno,/ strumenti ciechi d’occhiuta rapina…”. Il sentimento d’odio si muta in compassione, in affetto. E’ Pirandello che, ancora una volta, afferrando per mano il filo dei ragionamenti, ci conduce e sospinge nell’antro della creazione dell’opera d’arte umoristica facendo risaltare le dissonanze costruttive rispetto all’opera non umoristica: ”…un poeta epico o drammatico può rappresentare un suo eroe, in cui si mostrino in lotta elementi opposti e ripugnanti; ma egli di questi elementi comporrà un carattere, e vorrà coglierlo coerente in ogni suo atto. Ebbene, l’umorista fa proprio l’inverso: egli scompone il carattere nei suoi elementi; e mentre quegli cura di coglierlo coerente in ogni atto, questi si diverte a rappresentarlo nelle sue incongruenze…”. Un gran saggio che, per certi versi, anticipa ed annuncia la rivoluzione copernicana conseguente alla pubblicazione della sua opera forse più grande e rivoluzionaria: “Sei personaggi in cerca d’autore”. Indispensabile lettura per chiunque abbia il desiderio di conoscere a fondo Pirandello. Un unico elemento di riflessione. Come mai in alcuna parte del saggio Pirandello cita la tradizione giullaresca del Trecento? Questo, a parer mio, rappresenta forse un po’ il limite dell’opera. |