ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
06-09-2006, 16.49.52 | #12 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-01-2006
Messaggi: 193
|
Riferimento: Storia come scienza?
L'approccio scientifico alla storia è null'altro che una scuola storiografica. Da noi il più illustre esponente è Renzo de Felice, il famoso storico revisionista del Fascismo.
Secondo questo approccio i fatti storici devono essere letti ed interpretati in modo imparziale e distaccato, usando soprattutto dati oggettivi e studiando i fenomeni in maniera approfondita prima di trarre delle conclusioni. Usare quindi il metodo scientifico: la ricerca deve precedere le conclusioni e non viceversa. Secondo questo approccio, poi, non è possibile trarre alcun giudizio storico, visto che la storia non giudica ma semplicemente è. Questa scuola nasce negli anni sessanta da un gruppo di storici stufi di vedere la loro disciplina usata quale strumento di potere. Se le intenzioni sono lodevoli il risultato lo è molto di meno: alla fine la storia è comunque sempre oggetto di un processo di interpretazione. La storia è solo ed esclusivamente uno strumento di potere: dalla sua lettura qualunque gruppo di governo ne ricava una legittimazione ad uso e consumo proprio. A questo punto mi sembra bello riportare le parole che Baricco fa dire alla protagonista del suo ultimo libro (Questa storia): "loro, i potenti, tentano di farci credere che la loro storia sia la Storia di tutti, mentre riguarda solo ed esclusivamente loro". |
08-09-2006, 23.24.01 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-08-2006
Messaggi: 127
|
Riferimento: Storia come scienza?
Citazione:
Ma un professore politicamente non schierato,come ce ne sono molti,che si mette a fare ricerca,perchè dovrebbe essere "strumento di potere"? Suvvia,non esageriamo. Non facciamoci prendere dalla smania della critica assoluta,distruttrice di quanto c'è di marcio come di quanto c'è di sano nelle cose. Ci sono anche "storie destabilizzanti". Ci sono le storie degli altri e ci sono sempre quelli che vogliono tirar fuori la menzogna storica.Già oggi non si esita a dire cose che non si dicevano prima circa i totalitarismi novecenteschi o il periodo post-bellico in Italia. Si fanno stupende storie dell'Inquisizione,delle Crociate,della Conquista. Ad un livello puramente epistemologico,fra l'altro,credo che nulla renda impossibile una storia non sfacciatamente ideologica,strutturale al "potere",qualunque esso sia e da dovunque venga. Koselleck diceva che la storia è sì,spesso,uno strumento del potere,ma non lo rimane mai troppo a lungo. E io mi sento estremamente d'accordo con lui;ho fiducia nella storia e nella sua funzione positiva,al di là e oltre ogni strumentalizzazione. Ed è proprio in questo tipo di passione e di fiducia,mia come di tanti altri "aspiranti storici",che credo ci sia il futuro sano della storiografia. |
|
13-09-2006, 12.48.18 | #14 |
voxpetrarum.splinder.com
Data registrazione: 21-08-2006
Messaggi: 27
|
Riferimento: Storia come scienza?
Posso provare ad inserirmi nella discussione come studente di storia e di archeologia, due materie necessariamente connesse tra loro, in cui l'una trae la materia dall'altra.
Nello studio della storia esiste un aspetto scientifico innegabile: la raccolta sistematica delle fonti e la loro collocazione cronologica. Per avere una visione precisa di un fatto storico, di un evento, come potrebbe essere la distruzione di una città emersa da uno scavo, bisogna necessariamente raccogliere qualsiasi testo scritto che posso accennare a questa città, mentre sul campo, mediante il sistema interpretativo della lettura degli strati geo-archeologici, si trovano i rapporti cronologici relativi tra loro della vita del sito, inclusa la distruzione. Fino a qui si può vedere una raccolta empirica di dati, che é il punto di partenza di qualsiasi indagine scientifica. In seguito il problema si complica, nel momento in cui dai dati estrapoliamo un'interpretazione. per la storia non possiamo limitarci a descrivere un'azione a cui segue un'azione, creando solo una sequenza priva di valore come fosse una specie di tabulato telefonico degli eventi, o meglio possiamo, ma si perderebbe il senso stesso dell'indagine storica e della sua natura. Neppure la scienza nel momento di analisi di un processo potrebbe lasciare la raccolta dati una mera cronaca. In questo le due discipline hanno in comune una raccolta dati empirici, una loro collocazione secondo determinati criteri e un'interpretazione finale. A questo punto, studiando un'eruzione, sappiamo che la temperatura, influisce sulla pressione, che influisce a sua volta sullo stato dei materiali, che influisce...ecc, ed ecco interpretata un'eruzione. Questa interpretazione si basa su leggi basilari, formulate nel corso del tempo, che non sono necessariamente foriere di verità, anzi, credo che ormai sia più corretto dire, utili ai fini dell'ordinamento e dell'interpretazione dei fenomeni fisici da parte dell'uomo. Queste leggi comunque, costanti, si rivelano sufficienti a prevedere su dati raccolti (sperimentare, altra necessità scientifica) come evolverà un fenomeno date certe condizioni. E qui la storia...ci frega! Abbiamo i dati ordinati, abbiamo l'interpretazione, ma mai e poi mai potremmo dire come evolverà un fenomeno storico cambiando certe premesse. La città distrutta é innegabile che sia stata distrutta, ma non potremmo mai avere un'idea del perché sia successo a meno che le fonti non lo dicano esse stesse. Un esempio più chiaro, per citare Fallen. 1- La guerra mondiale é scoppiata perchè (interpretazione) Gavrilo Princip ha sparato all'arciduca Francesco Ferdinando. Sì! 2 - Dati 100 gradi e una quota al livello del mare, l'acqua bollirebbe? Sì! 1- Se Princip non avesse sparato all'arciduca sarebbe scoppiata la guerra? Non é possibile saperlo. 2 - Se i gradi fossero 60 di meno l'acqua bollirebbe? No! La scienza si fa con i "SE", ma la storia, come si dice sempre a scuola, no. Questo potrebbe in realtà porre una questione ulteriore, ovvero: date certe premesse, in realtà, gli eventi storici seguono sempre un corso naturale, se li calcoliamo sulla larga scala. Ad esempio l'espansione di un'egemonia unica, che ingloba le altre pluralità per controllarle più o meno apertamente: da Ur, tra le città mesopotamiche, poi Babilonia oltre le città mesopotamiche, gli Assiri Oltre Babilonia, Le Persia oltre gli Assiri, I regni ellenistici oltre la Persia, Roma...e oggi gli Stati Uniti. Oppure le fasi di squilibrio tra le classi sociali, si risolvono con tensioni interne agli stati che possono sfociare in rivoluzioni, o dittature, come nel '900. In realtà queste non sono "costanti storiche", come le costanti fisiche, proprio perché il dato scientifico e il dato storico differiscono per il fatto che il secondo é già un'interpretazione in sé e non é puntualmente identificabile, ma parte del processo storico, che arbitrariamente possiamo suddividere nelle sue componenti minime senza mai raggiungere una vero stacco tra la causa e l'effetto. Il discorso mi si sta complicando nella crapa da solo, quindi é meglio che smetta di scrivere ora, perché sennò rischio di essere ancora più oscuro di quanto mi sembra già sia. Non sono un maestro nell'argomentare. Comunque complimenti per il topic, perché è stimolante. Spero di aver contribuito con soddisfazione. |
14-09-2006, 13.19.56 | #15 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-01-2006
Messaggi: 193
|
Riferimento: Storia come scienza?
Caro Eschatos, complimenti vivissimi. Hai reso davvero l'idea.
Molti teorici della storia tentano di illustrarla come "ineluttabile": e, per tutti, ineluttabilmente porta al regime politico che si vuole appoggiare. O, sempre ineluttabilmente, porta alla caduta di quelli avversi. Io aggiungo un esempio che mi preme. Ormai da diversi anni viene illustrato come fenomeno storicamente necessario la caduta dei regimi comunisti. Anche io ne ero convinto. Ma poi mi sono chiesto: se questo è vero che ci fà ancora lì la Corea del Nord? La sensazione è che se Gorbaciov non avesse aperto la porta ad un certo processo storico l'URSS e il muro di Berlino sarebbero ancora là, nascondendo gli stessi problemi dell'epoca. E' esatto ciò che dico? No, solo verosimile, nessuno può dare la dimostrazione contraria... |
30-09-2006, 23.03.03 | #16 |
voxpetrarum.splinder.com
Data registrazione: 21-08-2006
Messaggi: 27
|
Riferimento: Storia come scienza?
Già.
Credo che una cosa in particolare sia vera di quello che hai detto. Ovvero che molti presentano la storia come ineluttabile. A questo punto riaffidiamola alle mani del Signore come nel medioevo e giustifichiamo qualsiasi atto. In realtà penso che un altro atteggiamento scientifico di cui rivestire lo studio della storia sia proprio l’eliminazione della “teleologia” o dell’atteggiamento fideistico che poi, se sfociava nelle crociate per civilizzare il mondo dell’Impero Britannico, oggi può benissimo sfociare nell’esportazione della democrazia dell’Impero Statunitense. In realtà esistono, credo, delle costanti storiche, ma sono costanti a maglie larghe, molto larghe. La Fine, ad esempio. Che è La Fine dei sistemi. Nessun sistema dura in eterno, né le società di allevatori e agricoltori, né le società palaziali, né le civiltà comunali, né altri tipi di sistemi complessi. Il perché è da cercare nella complessità, appunto, dei sistemi e nella, be’ diciamo, brevità della vita umana. Nessun essere umano può prevedere che innescare un certo processo dai vertici dello stato possa portare a qualcosa. Luigi IV non poteva prevedere che la piega assolutista data alla Francia avrebbe portato alla rivoluzione, né le nazioni vincitrici della I guerra avrebbero potuto prevedere la nascita di Hitler dalle ceneri del Reich. E così via! Qui può entrare in ballo un altro aspetto fondamentale delle costanti: se la prima è la forza del chaos, del disordine che non permette la stabilità “psicologica” delle società, la seconda è il tentativo perenne di creare un ordine. La Fine e l’Ordine, due forze dialettiche che cooperano alla “fabbricazione della storia”. Proprio la paura della prima porta al tentativo di instaurare la seconda. Che sia l’ordine dato da una monarchia, l’ordine dato da una dittatura o altro è in forza di quell’ordine che si mobilità il corpo sociale o che viene mobilitato dall’alto. Forse uno dei più inquietanti aspetti del secolo scorso è l’Ordine che diviene idea assoluta. Il Comunismo, il Fascismo, l’Antisemitismo, il Pan-qualsiasicosismo sono tutti modi per affermare un Ordine per eliminare una sensazione di “Fine” incombente nel secolo più tormentato di cui si abbia memoria. Forse la lista può essere lunga, ma un’ultima cosa è la Sopravvivenza. Come animali, Ordinati in gruppo, per resistere alla Fine, le società si comportano in maniera da essere alla pari o superiori al pericolo che incombe. Se Lui conquista, conquista anche Io; se le risorse scarseggiano, ne trovo altrove, magari rubando; se ho paura, generalmente attacco. Queste, potremmo dire, sono costanti, ma a ben vedere, non solo storiche; risiedono nella parte più istintiva degli animali sociali (lupi, formiche, ecc..) e fanno pienamente parte del nostro inconscio. Può essere che, come la psicologia (una scienza senza basi “veramente” empiriche), la storia sia la “psicologia delle società”? Io l’ho buttata! |
01-10-2006, 00.10.35 | #17 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-08-2006
Messaggi: 127
|
Riferimento: Storia come scienza?
Citazione:
Ciao Eschatos, hai scritto delle cose che ho trovato davvero interessanti,anche per le possibilità di dialogo e approfondimento che si portano dietro. Dunque,riguardo al tuo quesito,credo che la storia non sia soltanto psicologia della società almeno per questi motivi: 1)La psicologia stessa,dal tempo della Gestalt,ci insegna che "il tutto non è uguale alla somma delle parti";dunque,se è possibile studiare il comportamento e in generale la psicologia di un gruppo sociale secondo i criteri di Fine e Ordine che hai proposto,non è possibile applicare questi criteri sic et simpliciter alla società intera,essendo essa un "tutto",e dunque essendo essa oggetto di dinamiche e processi più complessi di quelli che coinvolgono le sue parti componenti. 2)A livello di concreta pratica storiografica,lo storico che fa una ricerca sulle variazioni del prezzo del grano in Toscana nel XIV secolo si interessa alle leggi economiche relative a quel contesto e in misura assai minore alle costanti psicologiche riguardanti la classe dei produttori di grano e quella dei compratori e consumatori.Ovvero,ci sono contesti in cui,per lo storico,le dinamiche psicologiche dei gruppi umani sono ininfluenti. Concludo dicendo che la storiografia scientifica del tipo di cui stiamo discutendo ora,quella interessata alla ricerca di leggi e\o tendenze che permettano di spiegare gli eventi del passato e predire quelli del futuro,è una storiografia ancora in fasce,e non perchè sia di nascita recente. Il problema di questa storiografia è l'attendibilità delle sue teorie:come Marx un tempo proponeva,sulla base della scienza economica,una teoria della storia che spiegava gli sviluppi in base alla teoria della lotta di classe,tu ora proponi una teoria che spiega le tendenze in base ad una teoria psicologica dei gruppi e delle istituzioni sociali. Mi domando:in quanti modi alternativi rispetto al tuo potrebbe essere possibile spiegare certe dinamiche?Sulla base di quale metodo dovremmo scegliere la teoria migliore?Hai considerato l'esistenza,nella storia,di esempi che possano confutare le predizioni della tua teoria(per le quali predizioni,abbiamo una costante tendenza di contrasto fra chi è interessato a conservare l'ordine e l'azione disgregatrice della Fine)?Ad esempio,potremmo dire che l'istituzione statale,oltre le varie forme particolari,è un elemento di Ordine che non ha conosciuto una Fine(nonostante previsioni diverse,tipo quelle marxiste). In generale questo punto sottende che ogni teoria,per essere scientifica,abbisogna non solo di essere fondata sull'esperienza,ma deve anche fare previsioni,ovvero,se tenta di stabilire delle leggi o delle tendenze,deve dire che certi eventi possono accadere e certi altri non possono,proprio sulla base di ciò che essa prevede. La tua visione della storia contempla la possibilità di una smentita?Se si,in che modo? E,ultimo ma non ultimo,sulle base delle considerazioni espresse,non credi che la tua teoria sia accusabile di riduzionismo,in quanto spiega l'intero svolgimento della storia dell'umanità sulla base di dinamiche psicologiche? un saluto |
|
03-10-2006, 10.19.30 | #18 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-01-2006
Messaggi: 193
|
Riferimento: Storia come scienza?
Caro Eschatos, è senza dubbio vero che qualsiasi sistema storico sia destinato, in un modo o nell'altro a finire. Non è una legge, ma solo un'evidenza empirica: quindi non possiamo affermare niente di sicuro neppure su questo.
Che qualsiasi regime politico tenda a perpetuarsi è, invece, molto logico: chi conquista il potere non è disposto a mollarne un millimetro. Non mi pare però esatto definire questa tendenza a perpetuarsi come ricerca di ordine. Infatti a volte sembra che la cosiddetta "civiltà occidentale" abbia maggior bisogno di disordine per perpetuarsi che non di ordine. Quanto a ciò che dice Fallen: se fosse vera la dinamica Fine-Ordine, al limite spiegherebbe ciò che è più che evidente: il conflitto tra regimi politici diversi e la lora tendenza in qualche modo a "sostituirsi" l'un con l'altro per vari motivi, compresa anche la sopraffazione violenta. Ma nulla direbbe circa "l'inellutabilità" del trionfo di certe forme "di civiltà" rispetto alle altre... |
28-11-2006, 15.59.22 | #19 |
voxpetrarum.splinder.com
Data registrazione: 21-08-2006
Messaggi: 27
|
Riferimento: Storia come scienza?
Scusate se rispondo solo ora, ma ho avuto un mese un po’ “incasinato” per dirla con un eufemismo.
L’esempio che ha portato Fallen riguardo al problema economico marxista, secondo me può rientrare anche all’interno del principio dialettico di Ordine-Fine-Sopravvivenza. Forse semanticamente non sono dei termini capaci di spiegare l’atteggiamento psicologico dei gruppi che ne sono partecipi, questo è un limite della definizione, ma proverò a spiegarmi meglio. Partendo proprio dalla radice aggregativa della specie umana, l’uomo esiste come singolo individuo, con le sue pulsioni, le sue idee e i suoi istinti, ma questa individualità non può essere astratta in alcun modo dalla condizione di “animale sociale”. Un individuo vive per forza all’interno di un gruppo, che sia una comunità tribale, che sia un comune medioevale, che sia uno stato oppure la firm di una squadra di calcio, un corporazione medioevale, un partito politico, un centro sociale, o addirittura il bar del rione. Adesso, nella società attuale, in cui le possibilità di creare basi per nuove aggregazioni sono potenzialmente infinite (il livello sociale, il tipo di lavoro, la famiglia, lo sport, il fatto di chiamarsi…Sergio, l’aspetto estetico) vediamo bene questo fenomeno, vediamo come i gruppi tendano ad ordinarsi se hanno una logica fondante, a darsi delle regole e dei capi, a creare un Ordine. Certe aggregazioni non vivono in contrapposizione ad altre, come potrebbe essere il club dei brutti (dubito possano percepire una minaccia da parte di qualche organizzazione), ma in altri casi sì. Riprendendo l’esempio dell’oscillazione dei prezzi, il loro aumento o la loro diminuzione fanno parte della naturale logica di conservazione, anzi di accaparramento che guida anche gli animali selvatici nel momento in cui si prevede un periodo difficile per la sopravvivenza. Ipotizziamo che una situazione storica porti al rialzo dei prezzi, questo è sicuramente un fenomeno, non naturale perché non ha seguito una costante universale, ma semmai è frutto di una scelta cosciente (anche se inevitabile, ma cosciente) operata dal proprietario terriero per poter mantenere il proprio tenore di vita, che potrebbe essere paragonato ad un semplice meccanismo di sopravvivenza. Questa decisione (assecondare l’inflazione) se dovessimo risalire a monte potrebbe trovare come causa scatenante: un’epidemia del grano, un inverno rigido, una cattiva amministrazione dei latifondi; ma la decisione di alzare i prezzi è frutto di un atto volontario, necessario a mantenere lo status quo. Forse un pazzo avrebbe potuto svendere a basso costo, per filantropia magari, ma sarebbe comunque considerato un pazzo, cioè al di fuori di un comportamento logico. L’istinto di sopravvivenza, insito negli animali come negli uomini, guida questo tipo di fenomeno. Ora se il gruppo di proprietari terrieri interessati a rialzare i prezzi opera singolarmente questo significa che al massimo l’Ordine che si cerca di mantenere è, forse, ad un livello familiare o addirittura individuale, ma se essi si organizzassero per fare fronte alla situazione allora si avrebbe un organizzazione del tipo precedente. Vero è che se dal basso, dalla parte “povera” della popolazione, avvenisse una reazione contro la decisione dei proprietari terrieri, si deve per forza avere un’organizzazione operante per ristabilire un Ordine (o Equilibrio), capace di contrastare la Fine (o Dissoluzione) di quel determinato gruppo sociale, piegato dall’inflazione, costretto a difficoltà di sopravvivenza, ecc… In realtà credo che se si potesse spogliare del tutto la storia dalle grandi sovrastrutture interpretative potremmo comprendere all’interno di categorie “istintive” (quando parlo di psicologia intendo dire, forse più correttamente, etologia dell’aggregazione umana) qualsiasi evento alla sua radice. Da Waterloo allo sterminio degli Armeni. Si tratta credo sempre di lotte tra gruppi umani gravitanti attorno ad un’idea di Ordine; il problema principale è che se queste lotte nel mondo naturale funzionano per fattori interni alla cosidetta “legge della giungla” (cibo, dominio territoriale, dominio nel branco, diritto all’accoppiamento, ecc…) la mente umana, che ormai dalla giungla è uscita da un bel po’, può inventare sempre nuove ragioni attorno alle quali creare un gruppo. Ragioni che non siano solo le necessità primarie della sopravvivenza, ma che possono essere idee, considerate primarie anche esse per la sopravvivenza quando il processo di astrazione dall’individuo e l’identificazione nel gruppo diventa tale da “disciolgliere” l’individuo in tale gruppo. Sciorinando tante idee mi è venuto in mente che forse andrebbe fatta una rettifica sul concetto generale di Ordine-Fine, ovvero che per quanto riguarda la mente umana questo tipo di relazione applicabilissima agli aspetti “fenomenici” del mondo naturale (che siano piante, animali, monere, ecc…) se portati all’interno della psiche umana si trasformano in una possibilità labirintica di solzioni, nel senso, come ho detto prima, che le leggi naturali non valgono più nel nostro caso, ma tale meccanismo può risedere alla base di qualsiasi fondazione ideologica. Se l’esempio dell’inflazione si avvicina molto di più allo stato naturale della sopravvivenza, l’imposizione di un’ideologia politica o religiosa è un fenomeno non legato alla sopravvivenza fisica tout-court, ma ad un altro genere di sopravvivenza, che forse si potrebbe definire spirituale o sovrastrutturale in senso lato, tesa cioè a conservare non la struttura del “fedele”, ma la sovrastruttura in cui si identifica. Mannaggia sto cominciando a svarionare…mi sia consentito il francesismo. Mettiamo la visione di un mondo dove questa struttura istintiva di Fine-Ordine-Sopravvivenza non si applichi che agli istinti primari umani, invece che a tutto il complesso di creazione razionale. Sarebbe, a mio avviso, l’utopia anarchica, un mondo in cui non si necessita di un centro di potere attorno al quale identificarsi, ma gli individui sarebbero autosufficienti e semmai l’unica forma di spontaneismo nascerebbe per mere necessità fisiche, lavoro organizzato, protezione reciproca, ecc… Per rispondere a Fallen ( anche se in realtà non penso che potrà essere esauriente), non credo che questo piano di lavoro, alla radice del comportamento sociale (con tutte le riserve sulla sua efficacia) possa effettivamente prevedere quello che succederà nello scenario politico internazionale: la Corea del Nord cadrà? la Turchia entrerà in Europa? Scoppieranno pogrom contro gli immigrati in Italia? Non si possono prevedere i singoli eventi della storia, ma si potrebbero facilmente prevedere le tendenze anche in base alla forza dell’identificazione di un gruppo attorno al suo centro ideologico. Se si lavorasse in maniera da poter cogliere il punto nodale che un gruppo trova nel darsi un Ordine, e da quale direzione esso preveda provenga una Fine, a qualsiasi livello di complessità, statale o tribale, credo che si riuscirebbe a cogliere la ragione per cui avvengano molti fenomeni storici, a comprendere per quali ragioni certi processi di pace hanno buon esito ed altri no e soprattutto comprendere se certi tempi sono maturi a favorire tali processi di pace piuttosto che altri. Questa risposta non è sufficiente, ma è un idea…e poi tra poco vado a magnà, ma appena posso cercherò di chiarire quello che voglio dire, sia per Fallen che per Catone. Aspetto comunque le vostre idee. Sto facendo pubblicità a questo sito, mi piace assai. |