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Vecchio 19-03-2007, 21.26.31   #1
VanLag
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Conoscere se stessi.

Se, in accordo con gli insegnamenti di maestri come Ramana Maharishi e Nisargadatta Maharaji, il progresso, diciamo spirituale, consiste nella conoscenza di se stessi provo a chiedere qui, secondo i cultori di questa strada, come si attua questa conoscenza?
Cioè come si fa ad essere certi che stiamo vedendo noi stessi e non ciò che ci piace vedere di noi stessi? Ed inoltre come si ingoiano le “brutte cose” che possiamo scoprire su di noi?

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Vecchio 20-03-2007, 10.12.50   #2
Sweet Cat
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Originalmente inviato da VanLag
Se, in accordo con gli insegnamenti di maestri come Ramana Maharishi e Nisargadatta Maharaji, il progresso, diciamo spirituale, consiste nella conoscenza di se stessi provo a chiedere qui, secondo i cultori di questa strada, come si attua questa conoscenza?
Cioè come si fa ad essere certi che stiamo vedendo noi stessi e non ciò che ci piace vedere di noi stessi? Ed inoltre come si ingoiano le “brutte cose” che possiamo scoprire su di noi?


non so chi ha detto che nessuno puo conoscere Dio se prima non conosciamo noi stessi...il cammino della conoscenza si puo anche chiamare " ritorna al tuo cuore". Cuore inteso come la parte più profonda, più intima di noi, là dove abbiamo immagazzinato pensieri, sentimenti, atteggiamenti difensivi, avvenimenti dolorosi..qui troviamo il Dio vivente.
Discendere dentro noi stessi....tutto cio richiede "umiltà" intesa come abbassamento..indispensabile per " ingoiare le brutte cose", per riconoscere le maschere, le difese più o meno inconsce.
Questo inevitabilmente ci porterà a scoprire degli aspetti del nostro essere che assolutamente non ci piacciono, e potremo opporvi resistenza , ma se lo faremo con " umiltà" impareremo una
grande lezione, perchè nel comprendere e accettare le nostre miserie, ci liberiamo dall'egocentrismo che vede l'uomo troppo centrato su se stesso e che pensa di essere perfetto.
per cui la parola chiave è UMILTA.
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Vecchio 20-03-2007, 11.25.28   #3
Yam
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Se, in accordo con gli insegnamenti di maestri come Ramana Maharishi e Nisargadatta Maharaji, il progresso, diciamo spirituale, consiste nella conoscenza di se stessi provo a chiedere qui, secondo i cultori di questa strada, come si attua questa conoscenza?

Ciau Van, spero che tu stia bene.
C'e' un testo dell'Advaita di cui non si conosce l'autore ma che viene attribuito a Shankara: il Drigdrisyaviveka.
Drig e' l'osservatore drisya la cosa osservata e viveka la discriminazione.
Si tratta di riconoscere bene e senza dubbio l'osservatore.
Sia Ramana che Nisarga consigliavano la pratica della meditazione o la recita del mantra. Non e' necessario praticare molto, ma almeno sino a quando e' chiaro cosa sia quella nuda presenza.

Citazione:
Cioè come si fa ad essere certi che stiamo vedendo noi stessi e non ciò che ci piace vedere di noi stessi? Ed inoltre come si ingoiano le “brutte cose” che possiamo scoprire su di noi?

C'e' assoluta certezza nel vedersi, semplicemente perche' colui che vede non giudica. Bello o brutto, buono o cattivo non sono sottoposti a giudizi discorsivi. Vengono semplicemente osservati in silenzio. Cosa? Tutti i fenomeni inclusi quelli interni a noi (Vasanas).
Quella osservazione, da parte della consapevolezza (Cit), che e' cio' che unisce osservatore e osservato e' infatti prediscorsiva. Li il giudizio, il pensiero, non sono ancora sorti.
Quel Vedere pero' non e' "morto" freddo o passivo, e questo lo confesso ci ho messo piu' di vent'anni a capirlo, e' estremanente vivo ed ha una caratteristica: la compassione.
Se non c'e' compassione la presenza e' troppo incentrata sul Vuoto. Il consiglio di Ramana e del mio maestro, che mi ha aiutato ad uscire da quell'errore, e' stato quello di ricordarmi che quel sentire ha una localizzazione fisica.
Due dita a destra del cuore fisico per il mio maestro, per Ramana due dita a destra dal centro del petto.
Nella fisiologia del corpo sottile dello yoga c'e' la spiegazione di questo, ma non e' importante.
All'inizio del sentiero tantrico si visualizza una fiammella li vicino al cuore, per ricordarsi di sentire la Realta' da li.

Accade che si provi compassione di se stessi.
Le vasanas sono le nostre abitudini mentali, ripetitive e a volte ossessive. Ramana diceva che sino a quando l'ultima vasanas non sara' testimoniata il nostro vero Se' non emergera'.

Non giudicarti, osservati semplicemente.

Drisya Vilaya nell'Advaita e' la scomparsa del mondo oggettivo, cio' che rimane e' la nuda Realta'. (discorsi con Sri Ramana Maharshi vol. 1 pag. 32)

Ultima modifica di Yam : 20-03-2007 alle ore 11.52.16.
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Vecchio 20-03-2007, 11.28.17   #4
Yam
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Originalmente inviato da Sweet Cat
non so chi ha detto che nessuno puo conoscere Dio se prima non conosciamo noi stessi...il cammino della conoscenza si puo anche chiamare " ritorna al tuo cuore". Cuore inteso come la parte più profonda, più intima di noi, là dove abbiamo immagazzinato pensieri, sentimenti, atteggiamenti difensivi, avvenimenti dolorosi..qui troviamo il Dio vivente.
Discendere dentro noi stessi....tutto cio richiede "umiltà" intesa come abbassamento..indispensabile per " ingoiare le brutte cose", per riconoscere le maschere, le difese più o meno inconsce.
Questo inevitabilmente ci porterà a scoprire degli aspetti del nostro essere che assolutamente non ci piacciono, e potremo opporvi resistenza , ma se lo faremo con " umiltà" impareremo una
grande lezione, perchè nel comprendere e accettare le nostre miserie, ci liberiamo dall'egocentrismo che vede l'uomo troppo centrato su se stesso e che pensa di essere perfetto.
per cui la parola chiave è UMILTA.

E' molto bello e profondo questo intervento, sono contento di leggere queste parole da parte tua. ti leggo ormai da un po' di tempo e vedo che c'e' una crescita.
Quella Umilta' e' una caratteristica del sentire spontaneo del cuore che accetta e accoglie qualsiasi aspetto di noi stessi e della Vita, senza opporre resistenza. Li la trasformazione ha inizio.
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Vecchio 20-03-2007, 11.43.33   #5
VanLag
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non so chi ha detto che nessuno puo conoscere Dio se prima non conosciamo noi stessi...
Mi sembra, (di ricordare) che qualche cosa di simile lo disse Ramana Maharishi, dicendo: - la gente vuole conoscere Dio e non conosce neppure se stessa - (ma cercherò la citazione esatta).

E comunque, per quanto mi riguarda, se mi dici la parola “umiltà” ti seguo perché è una peculiarità o un atteggiamento della mente e del cuore che mi è stato insegnato e quindi riesco a comprendere cos’è ed anche a capire il tremendo impatto che avrebbe sulla nostra evoluzione se veramente riuscissimo ad essere umili. Se invece dici Dio mandi in crisi il mio sistema perché mi parli di qualche cosa che non conosco e questo, invece di aiutarmi, mi confonde.

Apprezzo comunque il tuo contributo e comprendo e condivido quanto dici sull’umiltà.

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Vecchio 20-03-2007, 13.14.12   #6
Yam
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Trovo che Sweet quasi, quasi potrebbe essere Nisargadatta, fondamentalmente non ha detto nulla di diverso, bisogna vedere qual e' il livello di interiorizzazione, ma il senso c'e'.

In "Alla sorgente dell'Essere" Nisarga e' molto diretto, anche perche' Friedman non e' intervenuto con la Ramanamaharshizzazione del testo, come in "Io sono Quello".
Sentiamolo:

Visitatore: Maharaj io sono tornato qui perche' non sono riuscito a stabilizzarmi in questa presenza a me stesso.
Nisarga: La verita' e' eterna, sempre li! E che cosa e' eterno in questo mondo?
Visitatore: Lo capisco intelettualmente, ma il mio ego torna di continuo. E' di questo fardello che vorrei sbarazzarmi.
Nisarga: Ecco quello che bisogna fare, alla lettera: mangia la tua fame di esistere, mastica senza tregua questa avidita' dell'io sono, questo bisogno di essere. Rimani continuamente presente a te stesso, aggrappati fortemente a questo senso di essere.
Visitatore: Ma quando capita qualche cosa di inaspettato, non e' piu' possibile pensarci; la situazione o il problema oscurano l'io sono.
Nisarga: Il senso dell'io sono, il sentimento io sono, non e' fatto di parole. Viene prima dell'uso delle parole. Rimani senza interruzione in questo stato, immergiti in questo stato che viene prima delle parole e assisti all'apparire delle parole.

Ecco, quello stato e' proprio il sentire spontaneo del cuore. Non e' l'ego che fa l'umile, che si atteggia da umile. Li l'umilta' e' una caratteristica, una qualita' di quel sentire.
Il sistema che va in crisi e' il falso se' o ego, perche' e' stato visto, scoperto. Drigdrisyaviveka e' discriminazione tra Se' e non se'.
L'ego o non se' sotto quella potente luce inizia a dissolversi. Il sistema va in crisi e si riorganizza in base alle nuove intuizioni. Ovviamente si fara' ancora vivo, magari con nuove strategie.
Si fara' vivo "oggettivando" le nuove intuizioni o, per esempio, con un improvviso scatto di rabbia quando pensavamo di aver superato per sempre la rabbia paranoica.
Oppure si fa vivo nel seguente modo:
"Ecco c'e' quella parte di me che proprio non mi piace, la vorrei cambiare, voglio essere diverso, faccio proprio schifo, non c'e' nulla di spirituale in me"
Si fustiga, se la mena. Infatti nella storia della spiritualita' l'autofustigazione ha un suo posto. Li mancava quella preziosa indicazione diretta. E' attraverso la Compassione che accade la Trasformazione, non attraverso altro.
Le tecniche senza Compassione sono sterili meccanismi egoici, di un ego che vuole essere meglio di quello che e'. Anche l'ottenimento delle siddhi, secondo Ramana e secondo la mia comprensione, fa parte di questo meccanismo....che e' l'ego spirituale.

Ognuno di noi e' diverso, tuttavia nella mia esperienza so che e' molto facile perdere il contatto con se stessi.
Personalmente pratico una via della Trasformazione, dove l'Advaita e' la base.
Yam is offline  
Vecchio 20-03-2007, 15.32.10   #7
turaz
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grazie del momento di grazia yam.
in effetti è così che l'ho vissuta anche nella mia esperienza.

e credo fosse in una fase simile che yeshouah disse la famosa frase "non giudicate per non essere giudicati"...

(comprendeva il "giochetto" egoico)

un salutone
turaz is offline  
Vecchio 20-03-2007, 18.15.59   #8
Brucus
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Originalmente inviato da VanLag
...come si attua questa conoscenza?

A te interessa non il cosa ma il come. Difficile domanda, almeno per me, perchè non ho nessun punto di riferimento salvo me stesso, all'avere abbandonato tanto tempo fa la ricerca attiva. All'inizio come ricercatore, divoravo libri su libri, partecipavo a gruppi esoterici, e avevo esperienze a dir poco straordinarie, ma stranamente coincidenti con le convinzioni dei maestri di quella determinata scuola. Ho visitato templi astrali, avuto incontri con esseri presuntamente di luce, avevo perfino sviluppato una certa veggenza, potevo visualizzare una persona, cosa stava facendo, come sarebbe venuta vestita alla riunione, e non sbagliavo nemmeno un dettaglio sia pur minimo. Vivevo nella gloria, il mio ego spirituale era alle stelle. E' incredibile la mente cosa può fare, mi sentivo umile, pieno di amore e compassione, avvolto da un'aurea di santità. Credevo di capire tutto, di aver trovato la verità, e che tutto questo mi avrebbe preservato dal male.

Ma la vita aveva altri programmi per me, e tutto quello svanì come una bolla di sapone, anche se alla fine tutto ha una sua utilità e proposito. Dopo qualche tempo la vita mi mise di fronte a delle prove terribili, le più terribili che si possano immaginare, ma tutte dotate di un simbolismo evidente. Se esiste un inferno, deve essere molto simile a ciò che ho vissuto. Ma succedeva un paradosso, di fuori ero in mezzo a una tempesta, sbattuto di qua e di là dal vento, con l'impressione di star frantumandomi in mille pezzi, ma dentro percepivo una pace e serenità come se tutto questo non mi intaccasse minimamente.

Come un cane pastore raggruppa e guida le sue pecore verso una destinazione che solo lui sa, così tutte le circostanze di quella mia esperienza mi guidavano verso il mio interiore, verso una porticina posta molto in profondità. Per parecchio tempo osservai attraverso l'uscio semi aperto un mondo a me totalmente sconosciuto, eppure così familiare, sentivo la Vita vera irradiare oltre quella porta, il mio vero essere. Si stabilì un dialogo profondo, non fatto di parole ma di riflessi, di intuizioni sottili che appena sfioravano la mente, di "sentire", di "travasi" di coscienza... non so spiegarlo meglio. Finchè un giorno successe...

Varcai quella porta, e facendolo, mi distaccai dalla mente, diventai il mio interiore, il "centro" di tutto ma che a sua volta tutto lo contiene. Un "Punto" senza dimensione che costituisce il vero essere, la sua essenza, la sede della sua individualità, ma non come la intendiamo noi, una individualità del tutto, senza ego, senso di appartenenza, senza separazione da nulla, perchè quel Centro è Tutto. Quel Centro è Coscienza pura. Impassibile e neutrale di fronte alle vicende del suo io, dei suoi lati oscuri e tenebrosi, e luminosi.

Non so dire altro, solo concludere che nella mia esperienza, non siamo noi che cerchiamo "dentro", ma è il "dentro" che ci attira a Sè, così come siamo, con tutti i nostri difetti e virtù, senza considerare le doti così care ad alcuni ricercatori e credenti, come l'umiltà, l'amore, la compassione, la purezza di cuore, ecc., ecc.

Spero d'aver risposto almeno in parte alla tua domanda.
Ciao
Bruck
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Vecchio 20-03-2007, 18.34.41   #9
gyta
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Originalmente inviato da VanLag
..secondo i cultori di questa strada, come si attua questa conoscenza?
Cioè come si fa ad essere certi che stiamo vedendo noi stessi e non ciò che ci piace vedere di noi stessi? Ed inoltre come si ingoiano le “brutte cose” che possiamo scoprire su di noi?

Citi U.G. alla fine del tuo messaggio.. immagino perciò tu abbia già un'idea della risposta..
Non si è "certi" e non si "attua"..
Non c'è una conoscenza che possa essere acquisita..
Se c'è una conoscenza c'è una mente che chiede e che non "sa"..
Sì, lo so.. è 'ostico' anche per la sottoscritta.. Eppure è chiaro.
La mente serve alla mente. Il piacerci fa parte dell'accettazione di sé,
di ciò che immaginiamo, non di ciò che siamo.
E.. le "brutte cose" sono secondo la nostra visuale mentale..(!)
Non c'entra la morale!
La "Spiritualità" (l' Essere) non c'entra con la psicologia e la morale..
Non c'è "conoscenza" che non sia mentale.
Ma -ahimè per la mente concettuale- c'è un sapere che non si acquisisce tramite una strada..
La strada serve per mandare fuori uso la mente laddove non può entrarvi.
Il resto è.. religione.

Mah.. credo tu lo sappia già.. (!)
Il problema è.. <smettere di sapere>..

Gyta
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Vecchio 20-03-2007, 19.36.11   #10
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Se, in accordo con gli insegnamenti di maestri come Ramana Maharishi e Nisargadatta Maharaji, il progresso, diciamo spirituale, consiste nella conoscenza di se stessi provo a chiedere qui, secondo i cultori di questa strada, come si attua questa conoscenza?
Cioè come si fa ad essere certi che stiamo vedendo noi stessi e non ciò che ci piace vedere di noi stessi? Ed inoltre come si ingoiano le “brutte cose” che possiamo scoprire su di noi?


ciao van...sulla prima parte mi verrebbe questo paragone: quando uno scienziato vuole davvero comprendere qualcosa, ci mette tutto se stesso, la passione...e lo fa perchè c'è qualcosa di magico di misterioso che lo porterà verso qualcosa per lui sconosciuto...e come farà? quale metodo userà?...io credo che il metodo sarebbe di impedimento, non vuole la mia essere una risposta confenzionata, ma il metodo prevede la sicurezza di risposte che diano sicurezza, e se lo si comprende e si accetta di sprofondare nell'abisso dell'incertezza dell'insicurezza, nessun maestro è più necessario...io preferisco vedere queste persone che chiamiamo maestri, come degli esempi, il cui unico e vero insegnamento che possimao trarre da loro è che loro sono disposti a tutto e a rinunciare a tutto senza compromessi...come uno scienziato che dedica la sua vita per comprendere qualcosa...ma ci deve essere il fuoco la fiamma della passione quella vera che non dipende dal desiderio di migliorarsi...qualsiasi cosa possa accadere fino a morire fino a perdere ogni punto di riferimento...con la mente è vero, non si può fare nulla, saranno solo parole svuotate di significato.

E' dura, spaventa è dannatamente dura, ma adesso che vedo che nussuno mi può realmente mostrare la strada, il cammino...nel bene e nel male divento più responsabile e questo da più valore ad ogni mia scelta.

Questo stesso parlare in certi momenti lo vedo privo di ogni senso, cosi mi assento e capisco che non ne voglio più di parole di conversazioni...sprofondo non so dove, mi perdo, la paura prende il sopravvento, ma tutto questo stranamente mi fa capire che stò calcando una strada che non conosco e che però mi trasmette quei brividi che mi danno la forza per continuare in quella direzione, magari sbagliando, non lo sò, ma lì sento che per la prima volta sono, mi sento protagonista non egocentrico di quello spezzone di vita in cui mi trovo in quel momento...

Certo mi occorre tanta energia, cosa a cui non sono abituato.

Per la seconda parte " Cioè come si fa ad essere certi che stiamo vedendo noi stessi e non ciò che ci piace vedere di noi stessi? Ed inoltre come si ingoiano le “brutte cose” che possiamo scoprire su di noi? "

Credo che la tua onestà, se davvero è tale, di farà da guida...ma deve essere totale, e ciò richiede impegno...e si cederà, si cadrà, te ne renderai conto e forse se ti rimarranno delle forze ti rialzera, forse più forte, o forse senza più alcuna forza e magari proprio in quel momento ci si accorgerà dell'inutile ultile, non sò, battaglia che stavamo combattendo, e si raggiungerà cosi un altro livello di coscienza.

E'come quando si è a scuola, non si può comprendere la matematica della quinta con gli strumenti del primo anno che pure sono necessari...e magari non c'è neppure meta, direzione...come c'è chi ha la passione per una materia chi per un'altra...la direzione può non essere uguale per tutti...ma di questo ci si renderà conto nel cammino...che io non conosco e che forse non c'è...occorre realmente fare pulizia di ogni preconcetto schema paura...anche della cosiddetta crescita spirituale...tabula rasa...la paura l'ignoto ci renderanno forse realmente più responsabili dell nostre azioni.
individuo is offline  

 



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