Il raggiungimento della famosa "consapevolezza" che tutti amano citare implica il passaggio oltre a ciò che è bene e male...
Probabilmente tu dai al termine consapevolezza un contenuto quasi mistico e spirituale. Probabilmente io gli do un contenuto molto terra a terra (non voglio elevarlo da un semplice modo di funzionare della “macchina umana”), ma so che ci capiamo, (o almeno spero).
Se per consapevolezza intendi la coscienza piena di un qualche cosa, come se quella cosa l’accettasi e l’amalgamassi dentro di te, senza provare contrasti o tensioni, ma provando anzi un senso di piacere e di completezza. Se intendi questo, si credo che ci voglia, non tanto l’assenza del giudizio, quanto l’assenza dell’emotività nel giudizio.
In pratica, più sei distaccata e più puoi cogliere ed essere consapevole di particolari, nelle cose o negli eventi attorno a te. E’ l’attaccamento, (alla propria scala di valori), che fa restringere il campo della coscienza, facendoci interpretare gli eventi, secondo i nostri schemi mentali. La nostra mente fa da censore all’esperienza filtrando ciò che disapproviamo.
La consapevolezza d’altro canto è uno stato che ci appartiene, infatti, tutti noi, prima percepiamo un evento, poi lo cataloghiamo e lo giudichiamo. In questo senso la consapevolezza sarebbe facile ed agevole, se non fosse per l’inveterata abitudine della mente a giudicare.
Il giudizio è una distorsione della dualità originaria, la quale, aveva diviso il soggetto, dall’oggetto al fine di permetterci l’esperienza. Questa divisione era fondamentale per conoscere, vivere e crescere, ma l’uomo, ha fissato, “nero su bianco”, i criteri di giudizio. Ciò che era “bene o male”, ciò che era “brutto o bello”, ciò che era “giusto o sbagliato”, etc…etc….sono state definite “a priori” e queste categorie rigide sono diventate la barriera alla consapevolezza.
Chi giudica...è davvero consapevole?
Per rispondere dovrei dare un giudizio su chi giudica…… Mumble…. Mumble…..