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08-08-2005, 23.54.04 | #16 |
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Se a qualcuno interessa, quest'anno, presso la Libera Scuola di Terapia Analitica di Milano, all'interno del corso di etnospicoterapia, ci sarà un seminario di cosmogonia dogon tenuto da Amap Dolo. Per quanto ne so, esiste la possibilità, posto permettendo, si assistere come uditori anche ad un singolo seminario. Per informazioni www.scuolalista.it
In alternativa, per conoscere qualcosa della cultura Dogon, consiglio il libro "Guaritori di follia" di Piero Coppo ed. bollati boringhieri. Un libro bellissimo, però non parla di sirio Piero Coppo è uno psichiatra italiano, docente di etnospichiatria all'università di Venezia, che da moltissimi anni lavora in Mali a stretto contatto con una comunità Dogon. Per qualcosa di più veloce, vi copio la presentazione di una manifestazione che si è svolta a Verona qualche hanno fa, organizzata da Metis Africa. E' molto attendibile. "I Dogon sono una delle etnie africane più conosciute, studiate e amate per il loro patrimonio di raffinata civiltà e di antiche conoscenze tramandate oralmente, che a noi richiamano per densità e ricchezza il mondo di Esiodo e di Omero. Dall’antropologo francese Marcel Griaule, che dal 1931 ha scoperto con stupore questa popolazione che abita l’altopiano e la falesia di Bandiagara, in poi, gli studiosi hanno moltiplicato testi e ricerche sui loro costumi, sulla loro lingua, mitologia e religione. I riti di ospitalità, l’accompagnamento di chi muore nel lungo viaggio con cui si distacca dai vivi fino a diventare un antenato, l’attenzione sacra alla fertilità della terra e della donna, la ricchezza dei miti cosmogonici, ogni attività religiosa trovano il loro fulcro nella danza e nella maschera. Le maschere vennero create quando nel mondo nacque la morte. Una volta gli uomini erano immortali, finché un giorno un vecchio, irato con i giovani, infranse una regola sacra e si espresse in un linguaggio vietato. L’evento provocò la prima morte: la sua, cui seguirono le altre e una ridistribuzione delle energie cosmiche. Con la morte lo “nyama”, l’energia vitale, perde il suo supporto: le maschere vengono allora create per sostituirsi al corpo perché questa energia non circoli libera, provocando danni. Molte sono maschere di animali, e servono al cacciatore per proteggersi dal nyama dell’animale ucciso. Nella tradizione dei dogon sono utilizzate per la grande festa del “sigui” per i funerali, e per il dama, il rito che accompagna l’anima del morto dal villaggio alla sede degli antenati. L’anima abbandona i suoi vincoli terreni e diviene un protettore della comunità. La volpe pallida, il figlio rivale del Dio creatore, ha inventato la danza per piangere il padre che credeva morto: si è vestito delle fibre con cui sono tessute le maschere, e, «danzando, parlava. Perché le fibre sono piene di umidità e di parola: gesticolando la memoria del padre, disegnava il mondo e il suo avvenire. La prima danza che si conobbe era una danza di divinazione. Molto tempo dopo, quando gli uomini erano comparsi sulla terra, nacque la danza di resurrezione, ritmata dal tamburo, dove i danzatori mascherati e cinti di fibre rosse diventavano frammenti di sole». Nacque poi la società delle maschere: il suo corpo di ballo diviene l’immagine del mondo intero. Quando si mette in moto nella piazza pubblica, danza il sistema del mondo, è simbolo della fucina che ritma il movimento dell’universo». (parole del saggio Ogotemmeli, di Ogol basso, Sangha. In: Marcel Griaule Dio d’acqua. Red, Como, 1996). Le maschere, costruite in legno, oppure tessute di fibre, raccontano il mondo visibile e quello invisibile: per danzare la vita, la fertilità e il passaggio della morte evocano antilopi e rinoceronti, lepri e gazzelle, scimmie nere e bianche e rosse, iene e ghepardi, buoi ed elefanti, cicogne e struzzi, picchi e coccodrilli, e poi il creatore che mostra la terra e il cielo con le sue braccia come un uccello che plana ad ali spiegate, il vecchio saggio catturato da una donna che non riesce più a chiudere la sua bocca, l’unica donna che danza con gli uomini, il cacciatore esperto in rimedi potentissimi, che abita la boscaglia e i suoi pericoli mortali, il guaritore che conosce le parole per gli spiriti, la fanciulla destinata a proteggere i vivi dalla morte, e la spettacolare casa di famiglia, maschera alta cinque metri, intagliata in un solo pezzo di legno, che è ad un tempo uomo, albero e serpente. Vestiti di rosso, bianco, azzurro e nero, ornati di cauri, appoggiati a trampoli o a bastoni, i danzatori mascherati disegnano la bellezza e l’energia, la forza e la grazia di una popolazione tra le più antiche e sapienti del mondo" http://www.infoverona.it/infoverona/...c.htm#maschere Ultima modifica di Fragola : 09-08-2005 alle ore 00.02.06. |