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Vecchio 31-10-2004, 04.42.38   #1
3gonus
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Universo Olografico..

Cito 2 testi x comodità, vorrei dei commenti e riflessioni su questa teoria..

Il concetto di "universo olografico" è piuttosto diffuso nel mondo delle pseudoscienze e, in particolare, è oggetto di un libro, Tutto è uno, di Michael Talbot, Edizioni Urra, che a sua volta è ripreso in infiniti siti web, libri, articoli new age ecc. Si legga per esempio un articolo della rivista "Nexus", abbondantemente citato in rete. Il libro parte analizzando, con una grande libertà, le teorie del fisico David Bohm e del neurofisiologo Karl Pribram che hanno adoperato con significati differenti il termine "olografico". Ne deriva una sintesi, che definire fantasiosa è eufemistico, con cui si giustifica praticamente ogni racconto aneddotico su esperienze extracorporee, psicocinesi, preveggenza ecc. David Bohm parte da una famosa esperienza di meccanica quantistica, condotta nel 1982 dal fisico Alain Aspect partendo da un'ipotesi di lavoro di Einstein, Podolsky e Rosen (il cosiddetto "paradosso EPR"). In questo esperimento, due oggetti (due particelle) inizialmente legate tra di loro vengono separate e quindi analizzate simultaneamente. Si trova così che il tipo di esperimento condotto su di una particella (deciso dopo che queste erano state separate) influenza i risultati delle misure sulla seconda. Questo è incompatibile con l'idea che ciascuna particella abbia uno stato fisico definito prima della misura: le due particelle, nel loro insieme, formano infatti un sistema singolo, anche se esteso. La cosa è particolarmente problematica perché le misure sono condotte simultaneamente e, per spiegare un collegamento tra le due, occorrerebbe ipotizzare una comunicazione più veloce della luce. Comunque la teoria della relatività è salva: non è possibile con questo tipo di esperimenti comunicare informazioni da uno sperimentatore all'altro. Le "influenze" sono correlazioni statistiche che si possono evidenziare solo mettendo insieme i risultati delle due misure. Ciascuno sperimentatore, misurando una singola particella, vede solo risultati casuali, determinati esclusivamente dal processo che ha prodotto le due particelle ma non da quello che il suo collega fa all'altra particella. Inoltre la connessione tra le due particelle è estremamente labile e infatti è stato possibile condurre l'esperimento solo con particelle elementari che possono essere fatte viaggiare assolutamente indisturbate per diversi metri. Per tentare di spiegare questi risultati, Bohm ha ipotizzato che al di sotto della realtà che osserviamo ci sia un'ulteriore livello che non è locale. In altre parole, il livello sottostante assomiglia a un ologramma, un modo di registrare un'immagine tridimensionale in una lastra fotografica in cui i singoli elementi dell'immagine sono distribuiti su tutta la lastra e in cui, viceversa, ogni elemento della lastra contiene elementi di tutta l'immagine. In questo modo sarebbe possibile spiegare come i risultati di una misura su di una particella condotta qui possano influenzare quelli di una misura condotta a distanza, senza che sia possibile una comunicazione tra le due. Le due particelle in realtà sarebbero l'immagine di qualcosa di sottostante, unitario, un super-ologramma che si estende attraverso tutto l'universo fisico che percepiamo. Quest'ipotesi è affascinante, ma è solo una delle molte proposte per tentare di spiegare gli aspetti paradossali e sconcertanti della meccanica quantistica. A oggi nessuna di queste ipotesi è convincente e la maggior parte dei fisici semplicemente si astiene dal pronunciarsi a riguardo, limitandosi a descrivere come la realtà si comporta (cosa che la meccanica quantistica fa comunque molto bene). In particolare il problema di queste ipotesi è che non esistono metodi per verificarle, per confrontarle tra di loro e vedere se descrivano effettivamente la realtà. Da quest'ipotesi Talbot, probabilmente senza neppure capirla, trae conseguenze decisamente estreme. La realtà che osserviamo sarebbe solo una finzione, una specie di proiezione solo apparentemente solida, ma in realtà priva di una sua oggettività. Sarebbe in teoria possibile accedere attraverso connessioni non locali a qualsiasi evento, addirittura a eventi distanti nel tempo. Come in un ologramma ogni frammento della lastra fotografica contiene tutta l'immagine, così ogni singolo frammento di realtà, anche un singolo elettrone, contiene tutto l'Universo. La realtà che osserviamo sarebbe poi solo una delle molte possibili, il super-ologramma conterrebbe anche realtà alternative e la nostra coscienza, in ultima analisi, selezionerebbe da questa totalità la realtà che percepiamo. Tutto questo semplicemente non ha basi. Come detto sopra non è possibile trasmettere informazione sfruttando le caratteristiche non locali della meccanica quantistica, e queste sono estremamente delicate e facilmente distrutte. L'esperimento di Aspect non dimostra le tesi di Bohm, e nessuno sostiene che la realtà sia solo un'illusione. Inoltre il paragone con gli ologrammi, se spinto appena più in là di quanto faccia Bohm, non ha le caratteristiche che gli attribuisce Talbot. In un ologramma vengono registrati tutti i raggi di luce che attraversano la lastra fotografica in un modo dettagliato che comprende la direzione in cui questi viaggiano. Quando l'ologramma viene illuminato in modo opportuno, questi raggi vengono riprodotti e noi vediamo l'immagine di ciò che stava dietro la lastra. Ma non è vero che l'immagine è contenuta nella sua interezza in ogni elemento della lastra. Ogni elemento contiene solo i raggi che passavano di lì, e anche se, con opportune contorsioni, posso guardare buona parte dell'immagine muovendo l'occhio (come quando sbircio da uno spioncino) vedo comunque solo l'immagine presente da quel punto di vista. Gli altri elementi della lastra contengono l'immagine vista da punti di vista differenti che sono appunto immagini differenti, anche se non di molto. E se il frammento di lastra è troppo piccolo non contiene che un'immagine sfumata, sfuocata, di quella originale. Se volessi guardare con un binocolo un panorama olografico, avrei bisogno di un frammento di lastra grande almeno come le lenti del binocolo. Il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, ha utilizzato il paragone con un ologramma, in un contesto completamente differente, per tentare di spiegare come funzioni la memoria. In questo caso il paragone serve a indicare che i singoli ricordi sono sparsi su aree del cervello estese, che funzionano in modo coordinato. Ma anche qui non credo proprio che Pribram sostenga che ogni neurone contenga tutti i ricordi o che le sue teorie abbiano qualcosa a che fare con la meccanica quantistica. Inoltre l'analogia, per quanto utile come quadro interpretativo, non può essere spinta troppo in là. Il cervello infatti ha meccanismi che sono comunque molto differenti da quelli fisici di un ologramma. Ancora Talbot dimostra di non capire granchè di come funziona un ologramma quando afferma che questi consentono densità di informazione elevatissima. In realtà un ologramma contiene la stessa quantità di informazione di un'immagine tradizionale, il vantaggio delle memorie olografiche, proposte per i computer, sarebbe quello di poter immagazzinare informazione in un volume, anziché in una superficie come accade per esempio in un disco di computer. Ma il salto di qualità, per così dire, avviene quando Talbot mette insieme queste due ipotesi, collegate solo dalla parola "olografico": siccome la memoria, e quindi il cervello è olografico, allora è lui che agisce, interpretandolo e costruendo la realtà sensibile, sul super-ologramma che sottostà alla realtà sensibile, che in realtà non esiste. Saremmo "una sorta di ricevitori che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di mondi esistenti nel super-ologramma." Le percezioni extra sensoriali, le esperienze di pre-morte, gli stati alterati di coscienza sarebbero situazioni in cui la mente olografica accede a livelli differenti del super-ologramma. Siccome tutto è collegato, allora telepatia, chiaroveggenza, esperienze extra-corporee sarebbero possibili. Siccome la realtà è solo immaginata, diventerebbe possibile modificarla cambiando il nostro livello di percezione. Anzi, sarebbe la mente a creare l'illusione di un corpo, di un cervello fisico che la contiene. Potremmo modificare il nostro corpo, e quindi determinare la nostra salute, cambiando con la mente il nostro ologramma corporeo. Niente di tutto questo è ovviamente dimostrato. Il libro contiene una lunga serie di eventi aneddotici, molti dei quali già abbondantemente analizzati e smontati da indagini serie. Si va dai classici cucchiaini piegati, oramai parte del repertorio di qualsiasi prestigiatore, a esperienze di incredibili sciamani in grado di far sparire e riapparire un intero boschetto. Purtroppo basta che i racconti originali siano riferiti con la fedeltà con cui sono riportati i risultati di Aspect o le idee di Pribram per garantirne l'assoluta inaffidabilità. Insomma, l'idea di un universo olografico rappresenta un buon esempio di come delle idee vaghe, paragoni utilizzate da scienziati seri per cercare di fornire un quadro interpretativo a concetti differenti, possano essere presi da gente che non li ha capiti, stravolti e forzati a dire cose che non hanno senso, considerati come teorie scientifiche e non come idee guida, e infine collegati a idee del tutto differenti per sostenere idee preconcette e completamente campate in aria. A cura di Gianni Comoretto Osservatoro Astrofisico di Arcetri Firenze
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Vecchio 31-10-2004, 04.43.46   #2
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2a citazione

Universo olografico Dal sito http://www.societa-ermetica.it/ L’Universo è un’illusione? Ricerche. Gli scienziati alle prese con il “paradigma olografico“ Stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell’universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d’ora. Nel 1982 un’équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l’altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l’ipotesi più accreditata è che l’esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, noto fisico dell’Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l’universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l’aiuto di un laser: per creare un ologramma l’oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica. Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità di tali immagini non è l’unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se l’ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l’intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine. Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall’ologramma integro. Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di ordine. Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio. Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l’acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l’altra lateralmente rispetto all’acquario. Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l’altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l’altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all’oscuro dello scopo reale dell’esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l’universo stesso è una proiezione, un ologramma. Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni dell’universo, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Poiché concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso. Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, avendo gli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos’altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò che Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un’infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l’universo col termine "olomovimento". Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l’informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l’universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch’esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l’immagine intera. Partendo da questo presupposto si deduce che tutte le manifestazioni della vita provengono da un’unica fonte di causalità che include ogni atomo dell’universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto". Il cervello è un ologramma capace di conservare 10 miliardi di informazioni… Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell’Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni ‘20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell’olografia. Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l’area del frammento di pellicola che contiene l’immagine olografica.
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Vecchio 31-10-2004, 04.45.49   #3
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Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche in che modo questo organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità di immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l’equivalente di cinque edizioni dell’Enciclopedia Treccani!) e si è scoperto che anche gli ologrammi possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio.... ma anche di correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo. Anche la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall’enorme magazzino del nostro cervello risulta spiegabile più facilmente, se si suppone che esso funzioni secondo principi olografici. Non è necessario scartabellare attraverso una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un’altra particolarità tipica degli ologrammi. Si tratta forse del supremo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata. Un’altra caratteristica del cervello spiegabile in base all’ipotesi di Pribram è la sua abilità nel tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. che esso riceve tramite i sensi, nel mondo concreto delle nostre percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio. Così come un ologramma funge, per così dire, da strumento di traduzione capace di convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente, così il cervello usa i principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori. Vi è una impressionante quantità di dati scientifici che confermano la teoria di Pribram, ormai, infatti, condivisa da molti altri neurofisiologi. Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha recentemente applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, abilità che conservano anche se sordi da un orecchio. È risultato che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia di quanto supposto. Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro senso dell’olfatto percepisce anche le cosiddette "frequenze osmiche" e persino le cellule del nostro corpo sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise. La realtà? Non esiste, è solo un paradigma olografico. Ma l’aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta quando lo si unisce alla teoria di Bohm. Perché se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? Per dirla in parole povere: non esiste. Come avevano lungamente sostenuto le religioni e le filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere delle entità fisiche che si muovono in un mondo fisico ma tutto questo fa parte del campo della pura illusione. In realtà siamo una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di "mondi" esistenti nel super-ologramma. Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto che si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano. Immaginarsi malati, immaginarsi sani. Il paradigma olografico ha delle implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l’illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come "fisico". Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche ha spinto i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l’apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell’ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la "visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la "realtà". Il mondo concreto è una tela bianca che attende di essere dipinta. Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l’ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown Things", il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegare tali fenomeni, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà. Forse siamo tutti d’accordo su cosa esista o non esista semplicemente perché ciò che consideriamo "realtà consensuale" è stato formulato e ratificato ad un livello della coscienza umana nel quale tutte le menti sono illimitatamente collegate tra loro. Se ciò risultasse vero, sarebbe la più profonda ed importante di tutte le conseguenze connesse al paradigma olografico, implicherebbe infatti che esperienze come quella riportata da Watson non sono comuni solo perché non abbiamo impostato le nostre menti con le convinzioni atte a renderle tali. In un universo olografico non vi sono limiti all’entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con don Juan, lo sciamano Yaqui descritto nei suoi libri. Tutto questo non sarà né più né meno miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. Tutte le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà.
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Vecchio 31-10-2004, 04.48.15   #4
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PSICOCINESI E MISTICISMO IN UN UNIVERSO "OLOGRAFICO" di Antonio Bruno per Edicolaweb Una fede ardente può produrre inimmaginabili "miracoli". La fede - disse il Maestro Nazareno Gesù Cristo - può muovere le montagne. Ma "le montagne", di che realtà fanno parte...? In che tipo di universo è possibile che il percorso di individui pervasi da fervide istanze mistiche (ma non solo) sia in grado di interagire, modificandola, con la realtà percepibile con i sensi al servizio del livello più "superficiale" di essa...? Forse in un universo di "onde di forma". Se davvero, come ipotizzato da un numero sempre crescente di fisici teorici, l'universo è strutturato su modelli quantistici o, meglio, olografici, tutta una vasta gamma di eventi che accompagnano da sempre la storia dell'uomo e che sono stati ritenuti costantemente dai più come "straordinari", "miracolosi" o inesplicabili, potrebbero avere una chiave interpretativa che funga, per essi, da "paspartout". Nel campo mistico, ad esempio, potremmo prendere in considerazione i fenomeni delle stigmate o quello, dibattuto, del cosiddetto "miracolo di S. Gennaro", del quale si hanno notizie fin dal 1389. A proposito di quest'ultimo, sorvolando, per questa volta, sulla questione se sia tutto da imputarsi all'effetto di speciali sostanze chimiche sottoposte a movimento, potremmo ipotizzare con una certa verosimiglianza un evento psicocinetico. Il fatto, in sé, è innegabile: la sostanza contenuta nell'ampolla, di fronte ad una folla incitante e profondamente "istintiva" nelle sue espressioni devozionali, diventa "sangue" quasi ogni anno ed il popolino ne trae svariati presagi. Siccome, del resto, non siamo ancora riusciti ad avere la prova assoluta dell'"ipotesi chimica" propugnata dagli scettici - e, di contro, sappiamo che nel 1902 un gruppo di scienziati dell'Università di Napoli effettuò un'analisi spettroscopica che confermava la natura ematica del contenuto, - siamo, perlomeno, in una situazione di "parità" che ci consente i nostri tanto cari "voli pindarici" nel mondo delle ipotesi. Ipotesi, tuttavia, scientificamente ben motivate in casi similari, come vedremo. Se per Psicocinesi (PK) si vuole intendere un qualsiasi intervento "non diretto" sulla materia con risultati "visibili" e "tangibili", siamo, allora, autorizzati a proporre, anche per eventi che investono il campo della religione, una matrice psicocinetica. In altre occasioni ho avuto modo di propugnare l'idea che forti stati emozionali, devozionali o emotivi possano alterare "tangibilmente" gli eventi esterni. Ma sono in buona compagnia. Come dicevo, fisici teorici della portata di Karl Pribram, Bohm, Dunne ed altri, non trovano affatto assurde simili ipotesi, anzi, le delineano come uno degli scenari più convincenti entro cui si delinea la realtà in cui tutto esiste, compresi noi. Ma anche nello stesso ambito religioso c'è chi, come il Rev. Herbert Thurston ("The Physical Phenomena of Mysicism"), è propenso ad accettare ipotesi psicocinetiche alla base di un buon numero di eventi "miracolistici". L'idea è che si tratta della stessa "forza della fede", in molti casi "concentrata e potenziata" da un numero elevato di fedeli, i quali metterebbero in moto nient'altro che poteri latenti della nostra mente. E, a questo proposito, accenno solo di sfuggita alla "Scuola Ermetica" dell'esoterista Giuliano Kremmerz, il quale, a cavallo fra l'800 ed il '900, aveva già postulato proprio questi precisi principi. C'è chi ha fatto notare che tutti i fenomeni mistici possono essere ripetuti anche dai sensitivi; proprio come c'è chi, molto pretenziosamente, asserisce che tutti i fenomeni prodotti dai sensitivi sono riproducibili da prestigiatori... Ma l'idea vincente, a mio avviso, per quanto "ridotta" possa essere (e concediamoglielo, agli scettici...!) la percentuale di casi autentici, resta proprio questa possibilità del pensiero di interagire con un plausibile "ordine implicito delle cose" onde, senza necessariamente "volerlo", ottenere degli effetti incredibili. Se, infatti, a livello quantistico le "particelle" di energia che costituiscono tutto ciò che vediamo non sono altro che "onde di forma" influenzabili da chi osserva (se, in altre parole, fosse possibile che ciò che in laboratorio si è sperimentato nell'infinitamente piccolo si potesse trasferire anche in eventi più "grandi"), quella "mistica" e "devozionale" costituirebbero proprio un'autentica "miniera di prodigi"! Del resto, tutto il cosiddetto "soprannaturale" potrebbe non essere altro che questa esplicazione di dinamiche quantistiche di un universo "olografico". Pensiamo, ad esempio, ad un altro fenomeno mistico molto conosciuto: le stigmate. Il fisico Michael Talbot, in "Tutto è Uno" (ed. Urra, 1997), scrive a questo proposito: "...la psicocinesi è chiaramente un fattore determinante in alcuni dei fenomeni che accompagnano le stigmate. Quando il sangue scorreva dalle ferite di Therese Neumann (famosa stigmatizzata , Germania, 1898-1962. n.d.a.), esso fluiva sempre verso i suoi alluci - esattamente come sarebbe fluito dalle ferite di Cristo quando era sulla croce - indipendentemente dalla posizione dei suoi piedi. Questo significava che quando era seduta a letto, il sangue fluiva in effetti verso l'alto e contro la forza di gravità. Ciò fu osservato da numerosi testimoni, inclusi molti militari statunitensi di guarnigione in Germania dopo la guerra, che si recarono a visitare la Neumann per vedere di persona le sue capacità miracolose. Flussi di sangue che sfidavano la gravità sono stati riferiti in altri casi di stigmate (Rev. Herbert Thurston, "The Physical Phenomena of Mysicism"). Eventi simili ci lasciano in uno stato di intensa curiosità poiché la nostra attuale visione del mondo non ci fornisce un contesto entro il quale comprendere la Psicocinesi. Bohm crede che considerare l'universo come un olomovimento ci fornisca il contesto." Esisterebbe, insomma, un "ponte" fra lo stato mentale e quello fisico delle cose. Bohm dice: "Questo legame è indivisibile, nel senso che l'informazione contenuta nel pensiero, che percepiamo essere nel lato mentale, è al tempo stesso un'attività neurofisiologica, chimica e fisica, che è chiaramente ciò che questo pensiero pone nel lato materiale". Cosa governa, in definitiva, interazioni di questa portata? Che tipo di "Intelligenza" sta alla base di queste dinamiche e, in sostanza, dentro la "stanza dei bottoni"? Bohm non postula, necessariamente, una causalità di tipo fisico alla radice degli eventi che stiamo considerando. Più verosimilmente, anziché considerarli come rispondenti alle empiriche dinamiche di "causa-effetto", potremmo riflettere sulla possibilità che esista un'interconnessione "non-locale" di coppie di fotoni gemelli i quali, "oltre" ancora la stessa ipotesi quantistica, costituirebbero una specie di "super-nonlocalità" in grado di conciliare con plausibilità gli eventi ancora inspiegati con una Psicocinesi che sia l'espressione dell'uso attivo di informazione da parte di tutte le particelle subatomiche; un uso che sa armonizzare coscienza e materia secondo meccaniche ancora tutte da definire ma la cui intuizione non è, poi, così inverosimile. Credo che basti, a questo fine, lasciarsi con coraggio alle spalle il timore di innovare radicalmente convinzioni e postulati di una scienza in continua evoluzione
3gonus is offline  
Vecchio 31-10-2004, 06.26.42   #5
neman1
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Thumbs up Ciao

Infatti, gli scienziati spesso si dimenticano che oltre a strumentalizzare la materia, strumentalizziamo anche la luce. Intanto replico segnalandoti questo sito, simile all'argomento proposto da te

LE COLONNE DELLA PARADOSSALE FISICA MODERNA


Il Grande Koan del Big Bang: il mito scientifico della creazione


All'inizio c'era il vuoto... un nulla in cui non esisteva spazio, né tempo, né materia, né luce, né suono. C'erano però le leggi di natura, e questo curioso vuoto era colmo di potenzialità... non ci sono dati sull'Inizio. Nessuno, zero... Come un gigantesco macigno in bilico sul ciglio di una torreggiante scogliera. L'equilibrio del vuoto era così perfetto che bastava un soffio a produrre un cambiamento che creasse l'universo. E il cambiamento avvenne. Il nulla esplose. In questa incandescenza iniziale furono creati spazio e tempo. Leon Lederman.




http://www.globalvillage-it.com/enci...sci2/sci01.htm


molto interessante, davvero. Ciao

Ultima modifica di neman1 : 31-10-2004 alle ore 06.30.02.
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Vecchio 31-10-2004, 13.54.34   #6
sisrahtac
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Se v'interessa mi sembra che se ne parlò anche qui:
https://www.riflessioni.it/forum/show...threadid=22 2
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Vecchio 01-11-2004, 13.21.51   #7
Nimrod
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Il caso ha voluto che proprio ieri mi avvicinassi al libro di Talbot, in libreria. Incuriosito, ho cercato altre informazioni a riguardo, trovandone di assai contrastanti.
Credo vada letto con un occhio più filosofico che scientifico, e qualunque sia la posizione del lettore in merito all'argomento penso sia utilissimo per studiare una teoria (che tuttavia non è ancora tale) agli albori, dove il dibattito filosofico sul quale è incentrata ogni scienza fisica offre il meglio.
A mio avviso è un libro da acquistare a prescindere.
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Vecchio 01-11-2004, 17.30.31   #8
sisrahtac
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Cmq, non ho letto tutta la pappardella sopra. Ma come si spiega allora che quando uno viene investito da un tir viene spalmato sull'asfalto?Se sia il tir che lo sventurato pedone sono due ologrammi...cos'è, un po' come in matrix, morta la mente morto il corpo?
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Vecchio 01-11-2004, 20.17.18   #9
Nimrod
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Credo dovresti provare a leggere tutta la pappardella sopra...
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Vecchio 08-12-2004, 21.29.52   #10
kasgor
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Un anno fa circa era apparso un articolo interessante sull'universo olografico su Le Scienze (e riportava anche il numero dell'originale su Scientific America)
Appena lo recupero ve lo dico
kasgor is offline  

 



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