Ospite abituale
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Strani miti e leggende
Mia personale interpretazioni di miti antichi.
Le fate (le janas)
“Le ho viste danzare: belle, fiere, flessuose come giunco. Accompagnate dal vento, sulla sponda di un fiume, le ho viste flettersi, sensuali, al tiepido sole che declina dietro i colli, quando il bosco si colora di rosso. Inseguivano il vento al suono leggero del soave lamento della Natura. Le fate, minute, hanno profondi occhi neri, che s’insinuano nell’animo di chi riesce a sognarle, e una lunga chioma color della notte, rilucente i raggi del sole, scarmigliate dal vento e dalla danza perenne, i piedi nudi, e vesti dorate, filate in telai d’oro. Ho inteso il loro ansito sincopato, il tutto è durato una notte incantata. Danzavano festose in una sera d’estate; passavano sulla terra leggere, sfiorando i sassi con piedi minuti di fata; volavano ariose fra le fronde degli alberi, intrecciando mesti duetti con la Natura. Il fiume brillava nel silenzio ancestrale forgiato da un millenario romitaggio, attenuato soltanto dal loro armonioso gioire.
Sensuali e dolcissime, donavano a questi recessi i propri colori: l’azzurro al cielo, il rosso al bosco, il pallido rosa alle nubi ovattate, il verde alle fronde degli alberi.
Danzando, effondevano d’intorno i propri profumi, intridendone il mirto, il lentischio, l’antico ginepro, l’olivastro imperioso. A ciascuno donando qualcosa di sé, alla terra riarsa dal sole due lacrime, dal colore verde o celeste, chiamata rugiada, dal sapore dell’ambrosia ed il corpo del miele.
Le ho viste giocare con gli animali del bosco, cantavano loro qualcosa di sacro: la Vita. All’ombra degli alberi, confuse fra il verde e il bronzeo terreno, le ho viste contendere la notte agli spettri del buio, lottare per ore, sfinirsi, sfiancarsi, poi, infine, all’alba, vincenti, ricevere l’omaggio del sole. Ho visto, in quell’ora, le messi e le greggi, le mandrie e la selva, rendere loro onore regale. Poi, con un sorriso munifico, le ho viste enfiare i chicchi di grano e coprire con l’oro delle vesti le messi. Al fine, d’un fiato, felici, inchinarsi leggere al giorno incipiente, infilarsi diafane nelle proprie regge di roccia, per tessere ancora una volta i propri orditi dorati.”
Ma tutto questo accadeva mill’anni fa.
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