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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 03-08-2002, 17.46.59   #1
Armonia
 
Data registrazione: 30-03-2002
Messaggi: 250
Exclamation Come stabiliamo le nostre credenze...!

Quando uno struzzo nasconde la testa nella sabbia all'avvicinarsi di un pericolo, probabilmente sceglie la via più felice.
Nasconde a se stesso il pericolo e allora dice con calma che non vi è pericolo; e se si sente perfettamente sicuro che non ce n'è, perché dovrebbe sollevare la testa per vederlo? ?!?!
Un uomo può procedere nella vita allontanando sistematicamente dalla vista tutto ciò che può causare mutamento nelle sue opinioni, e se ci riesce….. io non vedo cosa si può dire contro il suo modo di fare.
Sarebbe un'impertinenza egoistica obiettare che il suo procedimento è irrazionale, giacché questo equivarrebbe semplicemente a dire che il suo metodo di stabilire le credenze non è il nostro.
Egli non si propone di essere razionale, e difatti spesso parlerà con disprezzo della debole e ingannevole ragione umana. Perciò lasciatelo pensare come gli piace.
Ma questo metodo di fissare le credenze, è in pratica incapace di mantenere le sue posizioni. L'impulso sociale è contro di esso. L'uomo che lo adotta troverà che altri uomini pensano differentemente da lui e in qualche lucido intervallo gli potrà venire in mente che le loro opinioni sono altrettanto buone come la sua, il che scuoterà la sua fiducia nella sua credenza.
Attraverso quali processi formiamo le nostre convinzioni?
Armonia is offline  
Vecchio 03-08-2002, 18.53.49   #2
deirdre
tra sogno ed estasi...
 
L'avatar di deirdre
 
Data registrazione: 21-06-2002
Messaggi: 1,772
Bell'argomento...
dunque...provo a dare la mia opinione.
Pariamo dall'inizio...il credere implica l'essere convinti dell'esistenza di qualcosa...giusto?
Fai il paragone dello struzzo (calza alla perfezione)...questo simpatico animale è convinto che nascondendo la testa tutto ciò che lo circonda non esista più..bene, questo è applicabile anche alla specie umana... se un individuo impone a se stesso di credere che determinate situazioni o entità non esistano...automaticamente scatta nel cervello la convinzione.
Nulla di male. E' un modo di porsi nei confronti della vita come un altro. Secondo me è un metodo misero, nel senso che limita le capacità dell'uomo. Scansando tutto ciò che non fa parte del nostro contesto psicologico non facciamo altro che rimandare l'eventuale "domanda" nel tempo. (Mia opinione)
Ora...attraverso quali processi?
Bhe, le domande giacciono sonnecchianti dentro la nostra mente....ad un certo punto..accade qualcosa che sveglia "le belle addormentate" ed ecco che comincia la ricerca, l'esplorazione, la voglia di capire...
Il vero dilemma è capire cosa è questo qualcosa!
Ciò che ci spinge a credere in qualsiasi cosa è "sentirla parte di noi"...i fattori in gioco sono molti, carattere, sensibilità, tradizione, credenze religiose, famiglia ecc... un bel frappè di emozioni, stimoli e fatti della vita....direi.
La realtà è cio' che emaniamo e percepiamo...
Il credere dipende dalla "realtà" di ogni individuo e i processi o percorsi che conducono all'accettazione di una data risposta sono soggettivi.
non credo si possa stabilire un metodo o un dogma preciso.


Per Armonia
Cos'è nel tuo immaginario la razionalità!

Ultima modifica di deirdre : 03-08-2002 alle ore 19.07.07.
deirdre is offline  
Vecchio 03-08-2002, 18.56.26   #3
scultore
 
Messaggi: n/a
X Armonia

"Non mi prendere per troppo "intellettuale" ma ti dico quello che penso"


Io le chiamerei "idee"

Tanto radicali ed intime queste, che finiamo per confonderle con la stessa realtà. Le credenze forgiano il nostro mondo e il nostro essere, mentre le idee lo dinamizzano e rinnovano. Con certe "idee" ci troviamo (con esse), e per questo sono "occasioni" (quelle che propriamente chiamiamo idee); con altre succede, invece, che sono idee nelle quali noi troviamo, che "sembrano stare già lì - dico - prima che noi ci occupassimo di pensare" . Questo tipo di idee è, allora, una specie di pre-occupazione precedente alla nostra occupazione pensante, una realtà problematica e generalmente vitale.
Denominandole "occasioni" e "credenze" evitiamo quindi una assurda omonimia.
Se si lascia, come sembrerebbe adatto, il termine "idea" per designare ciò che nella nostra vita appare come risultato del discorrere, della nostra occupazione intellettuale e degli esercizi di comprensione (i nostri "pensieri"), denomineremo "credenze" tutto quello che si trova operando nel nostro fondamento quando ci disporremo a pensare a qualcosa. Nelle credenze autentiche, per l'appunto, non si pensa, semplicemente si conta su queste: valga l'espressione comune di "credere nella credenza".
Stabilita la distinzione tra "pensare una cosa" e "contare su una cosa", allontanando per tanto in questo modo qualunque ombra di intellettualismo, idealismo ed ego-soggettivismo, si noterà il ruolo determinante (per l'essere e per il pensare) dell'innegabile assunzione sempre di un supposto di tutto, di qualcosa su cui si conta. Per questa ragione, la nostra idea della realtà non è più la realtà: "Questa consiste in tutto quello con cui di fatto contiamo di vivere". Le credenze diventano il sostrato della nostra vita, il terreno su cui la vita scorre: "Perché esse ci pongono davanti quello che per noi è la stessa realtà. In esse viviamo, 'ci muoviamo e siamo'" . In questo modo tutto il nostro comportamento e la nostra condotta, compresa quella intellettuale, si trova dipendente da qualunque sia il sistema di credenze autentiche su cui la vita si mantiene. Così, per chiarire una realtà vitale (individuale o collettiva, biografica o epocale) sarà d'obbligo sempre indagare nel contesto di ciò su cui si conta: "penetrare, più profondamente, fino allo strato delle sue credenze più o meno inespresse Fare questo, stabilire un inventario delle cose su cui si conta, sarebbe, in verità, costruire la storia, illustrare la vita partendo dal suo sostrato".
Perché? Perché solo così potrà essere realmente apprezzabile l'ubicazione ontologica dell'essere-uomo; spiando la sua reale profondità, l'enclave del suo essere. La domanda per e per la realtà dell'uomo ,non è aliena, per niente, a questa propedeutica questione. Né al caso che ci compete ora: che significa ?Qual è lo statuto di realtà che le viene conferito, e come si può costruire, da una credenza, un'idea, ossia, come pensa e quello che è necessario sia - quello che può e che deve essere - A partire dall'assunto secondo cui, essendo stata realtà inconfutabile (nel senso che si è sempre contato su di essa) ritorna, dunque, problematica, si fa questione, oggetto del pensare.
Qualcosa torna questione quando davanti alla sicurezza appare il dubbio. Il dubbio ci lancia in un abisso che è una realtà certa tanto quanto nella credenza lo è il solido fondamento.
Ciononostante, di fronte alla solidità (suolo) della realtà che fonda la credenza, ci si presenta la fluidità (acquosa) della realtà liquida nella quale l'uomo non può sostenersi, incapace già di mettere il piede nella terra ferma, e può solo affondare nel dubbio, nella realtà che liquida tutto sostiene. Nulla è migliore per descrivere questo stato della metafora del naufragio, come risulta assunta nell'espressione comune "trovarsi in un mare di dubbi". Quello di cui si dubita è una "credenza"; per questo il dubbio è imparentato sempre con la crisi, che è il vuoto, a volte abissale, aperto tra due credenze - una che sparisce e un'altra che ancora non si è stabilita -; vuoti delle nostre credenze che sono il luogo vitale dove le idee vengono ad inserire i loro interventi
bacio!!
 
Vecchio 06-08-2002, 16.33.19   #4
kri
Ospite abituale
 
Data registrazione: 11-06-2002
Messaggi: 1,297
dunque .. hmm

io vedo l'uomo un'insieme di culture e un miscuglio di paure.
queste culture ci vengono tramandate dai nostri genitori fin da piccoli... forse perchè tramandate anche a loro ... o forse perchè le ritengono giuste. Ora, liberarsi di tali messaggi culturali nn è certo semplice soprattutto se nn abbiamo stimoli, e nn è certo giusto intervenire a condizionare la vita di qualcun'altro perché riteniamo sbagliato il suo cammino.

((Ma io mi sono sempre domandata... se vediamo che un amico sbaglia perchè nn dovrei intervenire perchè dovrei lasciarlo sbagliare ... la risposta potrebbe essere perchè solo così può imparare .. bene ma se fa parte di qualche setta??? ok ok sono estremismi) ma esistono!)

Quello che vedo spesso nelle persone .. camminando per strada e parlando con la gente è l'incapacità di conoscere se stessi .. la profonda paura di volere volare! il terrore di accorgersi che la propria vita nn è ciò che si voleva e l'incapacità di accettarlo e di partire da lì... a volare!
Le persone spesso trovano il loro rifugio nel quotidiano e nella loro cultura dandola come porto sicuro, dando spazio a tutto ciò che può essere "normalmente consono a tutti" ma appena ci si ferma ci si accorge che nn c'è soddisfazione ...! Nasce quindi l'inquietudine, l'insofferenza per ogni giorno la ricerca dei divertimenti e la ricerca del diverso ... ma in realtà ciò che si cerca e stessi e nn ci si accorge che si ha paura di incontrarlo, perché incontrarlo significa appunto mettere in discussione quell’insieme di credenze e certezze che fino ad oggi ci hanno accompagnato ..!

In fondo poi credo che sia giusto così... lasciare ad ognuno i propri spazi e camminare al fianco di coloro che amiamo senza invadere la loro emotività e le loro credenze.
Questa è una lezione che ho imparato a caro prezzo ... e posso dire che spesso poi alla fine come dice Armonia prima o poi si accorgono che esistono anche altre strade e imparano ad ascoltare .. gli altri.

Quindi probabilmente le credenze vengono dalla cultura dei nostri avi ma rimangono legate a noi dalle nostre paure e da una incapacità soggettiva di affrontare il mondo parlando una lingua diversa.

Spero di nn essere andata fuori tema!!!


kri is offline  
Vecchio 07-08-2002, 23.54.41   #5
visechi
Ospite abituale
 
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
Conterrò il mio intervento in un unico post… Lo prometto… non scappate.

“… Perciò lasciatelo pensare come gli piace. Ma questo metodo di fissare le credenze, è in pratica incapace di mantenere le sue posizioni. L’impulso sociale è contro di esso. L’uomo che lo adotta troverà che altri uomini pensano differentemente da lui e in qualche lucido intervallo gli potrà venire in mente che le loro opinioni sono altrettanto buone come la sua, il che scuoterà la sua fiducia nella sua credenza.

Attraverso quali processi formiamo le nostre convinzioni?”

Complesso, molto complesso. La prima parte dell’intervento che ho trascritto è un eccellente modello di civiltà applicata e di rispetto del prossimo e delle altrui opinioni, anche le più bizzarre, purché non dannose… mi auguro.
Non so se ho ben interpretato il pensiero di Armonia (che non perderei l’occasione di salutare). Non ho né il tempo, né la voglia (pardon) di verificarlo; l’urgenza di scrivere ciò che penso me lo impedisce.

Altro che filosofia.
Qui si parla del potere dell’emulazione e dell’esempio; la capacità di modificare la realtà. Il potere della convinzione perseguita attraverso sistemi, metodi ed atteggiamenti non coercitivi e che fanno perno sulla rivoluzionaria potestà dell’esempio.
Un po’ eccessivo? Eppure, rileggendo attentamente, non può sfuggire quanto rivoluzionario potrebbe essere riuscire o anche solo provare a modificare le opinioni altrui e, quindi, anche le connaturate applicazioni pratiche, confidando esclusivamente sulla forza dell’emulazione.
“…L’impulso sociale è contro di esso…”
Qui si parte dall’assunto che l’uomo sia un animale sociale, per cui, spinto da questa sua pulsione all'incontro, crea e modella il proprio “essere animale” (istintuale) in funzione delle proprie necessità sociali (culturali).
Siamo, in sintesi, al cospetto dell’eterno confronto dialettico fra l’essere animale e l’essere culturale, cioè fra i costituenti istintuali e quelli acquisiti nel corso della propria millenaria storia.

Argomento che io ho avuto la passione di trattare più volte… non sono ancora stanco… mi ripeterò, se il caso lo richiederà e sempre che nessuno di voi mi lanci le lattine di birra sulla testa… Ok? Ok!

L’uomo è il risultato di un complesso rapporto dialettico fra la sua innata, innegabile, essenza animale, mitigata, però e grazie a… (ciascuno sostituisca i puntini come meglio crede), dalla propria propensione sociale; vale a dire che l’innata pulsione all'individualismo, alla ricerca del proprio edonismo, al soggettivismo più marcato è controbilanciata e stemperata dall’altra forza che agisce nell’uomo, cioè quella che lo sospinge ad entrare in contatto col prossimo, quella che lo trasforma da individuo in persona (uno fra tanti… ma pur sempre immerso fra tanti). Tensione, quest’ultima, anch’essa presumibilmente istintuale (solo la propensione… non anche il resto che ne deriva), causa principale che ci induce a rivedere, e perché no, anche a mitigare e modificare le nostre convinzioni intransigenti ed assolutistiche (anche le tue POISON… inutile fingere… non puoi negarlo, giacché sei felicemente e compassionevolmente di nuovo fra noi… ti saluto… spero che saprai approfittare), sulla base degli atteggiamenti altrui. No, non sto parlando di quel meccanismo comunemente noto come CONFORMISMO (acritico); qui non esiste alcun atteggiamento – palese od occulto – prevaricatorio; qui non si parla del “popolo bue” che china la testa.
L’uomo, nel suo agire, è mosso da due forze apparentemente contrastanti, forse entrambe istintuali (altra lunga discussione che però stavolta evito). L’una dovrebbe tendere a procurare all'individuo il massimo piacere e vantaggio possibile, anche a detrimento degli interessi altrui; l’altra, viceversa, dovrebbe essere tesa a contrarre e limitare gli spazi di godimento del singolo, a beneficio di un atteggiamento più sociale. L’una, dunque, più individualista, soggettiva e tesa ad escludere; l’altra più propensa all'incontro e all'abbraccio. La mediazione (quanto più equilibrata sarà, tanto più agevole diverrà la convivenza con sé stessi e con il prossimo) delle due pulsioni dovrebbe rappresentare il substrato su cui prospera l’umana convivenza.
L’ESEMPIO è, o dovrebbe essere, l’humus che nutre e rivitalizza la propensione sociale dell’uomo, che priva di costrizioni, consente ed ammette la coesistenza dell’altro componente, quello tipicamente soggettivo/individualista/istintuale…

Che palle! Sempre il solito saccente rompipalle… abbiate pazienza!

Mi fermo qui… per il momento… appassionante quanto scrive Kri:”… io vedo l’uomo un’insieme di culture e un miscuglio di paure…”, “… è l’incapacità di conoscere sé stessi… la profonda paura di voler volare!…”. Proprio un gran bel ragionare… forse ad un’altra occasione… ho promesso a me stesso di contenermi.

Oppure che dire di: ”… ciò che ci spinge a credere in qualsiasi cosa è sentirla parte di noi…” Da scrivere per ore o per giorni… Accidenti!

Ditemi poi se non è un piacere ritrovare fra noi un amico come POISON che son certo non perderà l’occasione per farci capire cosa pensa di quanto bolle dentro la pentola di questa discussione. O se preferisci, parlaci di qualcos’altro, di Sartre… so che è una tua frequentazione abituale, sarei tutto orecchi…Ti attendevo… so che, nonostante tutto, non puoi far a meno di questo Forum… ti è rimasta avvinghiata alle gambe l’anima del Forum…ti ho riconosciuto, nei giorni passati, fra i GUEST, che sbirciavi con l’atteggiamento di chi in disparte vorrebbe ma non osa. Ciao, POISON, mi fa piacere la tua presenza… parlaci, tocca a te.
visechi is offline  
Vecchio 08-08-2002, 00.14.35   #6
mauropitta
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..è male essere limitati?

Credo per vivere serenamente, occorra accettare alcuni limiti: i nostri.
Assodato che l'assoluto non è per noi raggiungibile, perchè cercarlo con ostinazione?
E poi... cambierebbe di molto la nostra vita quotidiana se sapessimo da dove veniamo o dove andiamo, ad esempio?
Lungi da me l'idea di autolimitarci o di polemizzare, ma penso che nella realtà della vita, occorra essere anche un po' pratici e, pur senza voler ignorare tutti i pericoli o le paure, non sia necessario per vivere, accollarci tutti i problemi del mondo: intanto non potremmo certo risolverli tutti.
Siccome abbiamo anche un nostro equilibrio da mantenere e delle responsabilità verso persone vicine, credo sia più opportuno e produttivo, "guardarsi attorno" più che cercare lontano.
La psicanalisi insegna che un modo certo per essere infelici è quello di porsi degli obiettivi troppo lontani o irragiungibili, trascurando la vita reale di tutti i giorni in favore di una ricerca vana che ci faccia sprecare tutte le nostre energie per non arrivare a nulla.
E' il famoso "cambiare tutto per non cambiare niente" delle persone che non decidono ma subiscono gli eventi, ma necessitano di una vita "piena e travolgente" per riempire il nulla che è dentro di loro.
Lo struzzo...perchè no?
Se nasconde la testa per non vedere un pericolo vicino al quale potrebbe sfuggire forse è stupido, ma se la nasconde per non vedere tutti i problemi del mondo che non potrebbe risolvere, forse è saggio: cosa ne pensate?
Chiedo scusa della mia incapacità a ricordare i nomi delle persone che scrivono in cambio dei loro concetti (questo mi crea molti problemi anche nella vita reale!).
Leggevo in un post precedente, di una persona che si chiedeva: "ma se vedo qualcuno sbagliare, devo lascialo fare?".
Secondo me questa è presunzione in quanto ammette l'esistenza di una verità (la propria) che viene proposta come migliore di quello dell'altro.
Ritengo che ciascuno abbia parametri propri per "misurare" gli avvenimenti e che ciascuno abbia una capacità personale e individuale di "caricare" gli avvenimenti di emozioni.
Il risultato è che ciascuno vive la stessa realtà oggettiva in maniere diverse delle quali nessuna è "migliore" dell'altra, ma tutte sono equivalenti nel proprio contesto e penso che nessuno possa misurare col "proprio metro" ciò che gli altri fanno.
Ritengo che questa "capacitò di vivere" sia in buona parte genetica ma che risenta anche un po' delle pressioni socio-culturali e credo che sia poco mutabile nel tempo.
Evidentemente l'esperienza insegna qualcosa, ma quanta gente pur "molto navigata" abbiamo visto impazzire alla soglia della vecchiaia, per voler rendere possibile un sogno tardivo ?
Si può parlare di giusto o sbagliato? Si può giudicare un comportamento senza averlo vissuto?
E allora accettiamo la nostra limitatezza e cerchiamo di vivere bene e intensamente le cose alla nostra portata senza pretendere di voler comprendere avvenimenti che cci sono per loro natura preclusi e soprattutto, non allontaniamoci troppo dal nostro piccolo mondo che ci ruota attorno, più vicino che mai, ma
a volte così lontano!
Mauro
mauropitta is offline  
Vecchio 08-08-2002, 11.03.10   #7
784
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Mi sembra che una parte molto importante nell'apprendimento sia la fiducia che concediamo a chi ci spiega un concetto, in particolare quando il concetto in questione "sfugge" alle nostre possibilità intellettuali.
Ne sono un esempio le letture fondamentaliste della Bibbia, un libro che presso certi individui ha un tale credito da far loro ignorare qualsiasi altra prova contrastante (c'è chi ancora non è convinto della storia dell'evoluzione) e ne è un altro esmpio la scienza, che ci convince di cose di cui in realtà solo pochi esseri umani hanno una conoscenza profonda e motivata... noi ci fidiamo.

E da bambini, quando siamo incapaci di avanzare delle obiezioni, questo è ancora più vero: se lo dice un adulto è vero.
E così apprendiamo dell'esistenza o meno di Dio con la stessa disinvoltura con cui si viene a sapere come funziona una macchina...

Su argomenti filosofici ed esistenziali la cosa è simile: chi un secolo fà non era cattolico in Italia? pochissimi
Oggi invece non esite più UNA SOLA opinione accreditata a cui rivolgersi, e nel caos ognuno si muove più liberamente con la propria personale convinzione, spesso accettata sulla base di meccaanismi psicologici inconsci, per cui ci muoviamo verso la convinzione più "adatta" alla nostra condizione, e che ovviamente non sia particolarmente assurda (almeno ai nostri occhi): modifichiamo la realtà per renderla più adatta a noi, e non il contrario che sarebbe moolto più difficile.
784 is offline  
Vecchio 08-08-2002, 12.06.05   #8
neverforever
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X MAURO

"Credo per vivere serenamente, occorra accettare alcuni limiti: i nostri. " (...) Siccome abbiamo anche un nostro equilibrio da mantenere e delle responsabilità verso persone vicine, credo sia più opportuno e produttivo, "guardarsi attorno" più che cercare lontano.
La psicanalisi insegna che un modo certo per essere infelici è quello di porsi degli obiettivi troppo lontani o irragiungibili, trascurando la vita reale di tutti i giorni in favore di una ricerca vana che ci faccia sprecare tutte le nostre energie per non arrivare a nulla.
E' il famoso "cambiare tutto per non cambiare niente" delle persone che non decidono ma subiscono gli eventi, ma necessitano di una vita "piena e travolgente" per riempire il nulla che è dentro di loro.
Lo struzzo...perchè no?
Se nasconde la testa per non vedere un pericolo vicino al quale potrebbe sfuggire forse è stupido, ma se la nasconde per non vedere tutti i problemi del mondo che non potrebbe risolvere, forse è saggio: cosa ne pensate? "




Sono d'accordo con te Mauro, secondo me hai detto delle cose molto vere.
neverforever is offline  
Vecchio 08-08-2002, 15.26.48   #9
mauropitta
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x Stefy

Ciao Stefy e grazie delle belle parole.
Sfortunatamente, so per esperienza che chi ha pensieri o emozioni comuni, spesso ha anche storie o esperienze comuni.
Mi auguro per te che quelle negative non siano state così brutte come le mie e spero che quelle belle, lo siano state molto più delle mie!
Ti auguro tanta felicità e gioia...la vita può essere così bella a volte e spesso, ti scova nei poisti e nei momenti più imprevedibili.
A presto.
Mauro
mauropitta is offline  
Vecchio 10-08-2002, 00.03.00   #10
Atha
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Attraverso quali procedimenti formiamo le nostre convinzioni

La parola convinzione ha in sè la risposta. Ci si convince attraverso l'elaborazione del pensiero, attraverso la validità degli argomenti che troviamo o ci vengono presentati, fino alla eliminazione del dubbio.
Alcuni, però, non si fanno portatori di convinzioni ma di assolutisimi o peggio ideologie che hanno proprio la caratteristica di evitare la fase del discernimento del pensiero.
Mi spiacerebbe se in tutto questo si facesse rientrare il rapporto dell'uomo col trascendente, perché in quel caso, il dubbio la fa sempre da padrone, e la convinzione non ha casa da certe parti!
Credo ci si possa convincere solo di ciò che è dimostrabile, mentre si può credere a ciò che non è contradittorio o anche irragionevole.
Atha is offline  

 



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