risposte sulla comunicazione interpersonale
Ringrazio per le domande postemi con chiarezza e rispondo con piacere a nevealsole e a quanti sono interessati.
Si dice che un matrimonio è riuscito qualora lo si ritenga ripetibile. Credo che questa domanda implicita e cruciale possa oggi essere all’origine di separazioni tenendo conto che si è notevolmente superata l’imposizione di mantenere ad ogni costo (talora troppo alto) il rapporto pur mancando autenticità e rispetto reciproco.
Per un matrimonio – più che “dovuto” e subito – “voluto” senza soluzione di continuità non dovrebbe mancare la disponibilità ad accettare e a valorizzare le rispettive differenze – percepitisi come due unità dialoganti – ma soprattutto l’intenzionalità di esplicitare le conflittualità inespresse e gli aspetti oscuri e latenti di una comunicazione frequentemente disfunzionale.
Il disagio comunicativo-relazionale è diffuso nell’ambito della famiglia e alcuni indirizzi psicoterapeutici indicano la causa dei problemi emotivi in tali difficili rapporti interpersonali specie se modellati secondo quelli genitoriali non sani e risalenti all’infanzia.
Per uscire dalla circolarità comunicativa patologica è indicata la metacomunicazione (comunicare sulla comunicazione) chiarificante nell’indicare come deve essere interpretato un messaggio senza fraintendimenti. Es. “volevo dire soltanto che…” ma anche per accordarsi , se possibile, per parlare dei propri disturbi comunicativi e il modo in cui ci si tratta diventa oggetto di dialogo. Ad es. parole e litigi che si ripetono, dove non è possibile stabilire “chi ha cominciato”, né causa-effetto (“sono chiuso perché brontoli”, “brontolo perché sei chiuso”) dove la linearità comunicativa si chiude in cerchio.
Ma la metacomunicazione è poco usata anche perché la competenza comunicativa e la comunicazione profonda (specie l’ascolto attivo) sono rare in ogni situazione intersoggettiva essendo in genere insufficiente l’intelligenza introspettiva per usare al meglio le proprie abilità e quella sociale per un interazione efficace.
Ogni nostro comportamento comunica così come ogni manifestazione della Comunicazione Non Verbale, compreso l’abbigliamento, il trucco, ecc. Difficilmente mascherabile (es. il tono di voce per gli stati d’animo) , da cui derivano anche le prime impressioni sulla persona.
Per il silenzio eloquente si cita il classico viaggiatore nello scompartimento di un treno, nascosto dal giornale che sta leggendo: può segnalare “sono triste”, “non voglio che lei mi parli”, “lei non è un interlocutore interessante per me”, ecc.
La comunicazione si sostiene su rimandi e interdipendenze, quindi è da osservare il feedback-retrocomunicazione (informazioni di ritorno) ma anche da usarlo: in un circolo d’influenze reciproche si può comprendere cosa è stato recepito per sintonizzarsi.
Per quando riguarda comportamenti, suggestioni, emozioni, le nostre personali realtà e l’autoimmagine sono in larga misura plasmate dal confronto con gli altri e le loro reazioni; ma questo aspetto lo situerei più tra la psicologia e la psicologia sociale che nella psicologia della comunicazione.
La percentuale è stabilita per lo più da meccanismi di personalità, a seconda che l’individuo sia più autocentrato o eterocentrato, campo-dipendente condizionato dall’ambiente, bisognoso di supporti esterni, o campo-indipendente, più autonomo, capace di dominare ogni situazione con la sua autosufficienza psichica senza la necessità di costanti rapporti con gli altri. E’ un concetto fondamentale anche per l’autostima.
Tra gli errori, da evitare il tormentoso “doppio legame” del tipo : “Sii allegro”. Paradossale imposizione che sottolinea l’incapacità di chi chiede aiuto.
Inoltre la comunicazione verbale deve essere sempre congruente con quella non verbale. Ad es. una “carezza verbale” deve accompagnarsi con un conforme tono affettivo, con una mimica autentica (il sorriso falso è facilmente identificabile)
PS. Ho tentato più volte d’inviare argomenti, ma il mio browser quasi sempre non li manda in bacheca.
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