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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 15-02-2016, 20.01.14   #1
Galvan 1224
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Questi nostri tempi

In uno dei miei rari momenti di lucidità mi sono guardato allo specchio e mi sono accorto che il mio pensiero aveva bisogno di un lifting.
Al momento ho attribuito questa mia défiance a un mio precoce rincretinimento senile, poi mi sono guardato intorno e non è che mi sia sentito intelligente… però mi sono consolato… ecco, ho capito che un uomo oggi meno esprime il suo pensiero meglio è…


https://www.youtube.com/watch?v=NN26QdHI6Sc


Questi nostri tempi non sembrano tanto diversi da altri tempi, ad esempio quelli in cui il signor G. analizzava, con la lucidità ed acume che l’ha sempre caratterizzato, la condizione umana, anzitutto dal punto di vista psicologico e poi politico, sociale ecc.

Un amico mi diceva di non provar oggi il desiderio di discutere, avendo l’impressione che non serva a niente a causa di un invisibile quanto impenetrabile isolamento.
Il paradosso è che i mezzi di cui oggi disponiamo, internet su tutti, in realtà lo aggravano; se virtualmente si è sempre più connessi lo si è sempre meno con la vita VERA.
Questo, riassunto, il suo pensiero.

Che sarebbe rimasto suo se non lo avesse condiviso con me, con ciò suffragando quanto espresso da Gaber, che per l’uomo d’oggi sia meglio, di fatto, non esprimersi.

Ma il signor G invece si esprimeva, eccome, continuando a farlo sin quasi al termine della sua vita.
Una bella vita dal mio punto di vista, quella d’un vero artista, un uomo integro e vorrei dire un educatore, se permettete l’accezione ampia del termine.

Quello che trovo comune nel sentire del mio amico e nel monologo di Gaber è il confrontar il proprio stato con quello della gente che ci sta intorno (assolutamente non spregiativo, essendo io la “gente” per voi…).
L’artista di allora (ma non è passato poi troppo tempo) da tale confronto ne ha ricavato materiale per la sua analisi di sé e del mondo, avvertendo la necessità di condividerla… la libertà non è star sopra un albero…

Tutti noi che ci serviamo delle tecnologie odierne presupponiamo d’aver sviluppato gli idonei anticorpi al virus informatico… non quello che si insinua nel nostro pc… quello che si diffonde in noi sviluppandone la dipendenza ormai così ben documentata.

Un mio conoscente senza rendersene conto si ritrovò in poche settimane a sfogliar in continuazione le notizie sul suo nuovo e potente smartphone e a causa della sua sensibilità alle cattive notizie (di cronaca) a star sempre più male.
Smise e il suo stato ritornò quello di prima.

Su questo forum di psicologia sta accadendo quanto accade al mio amico… i frequentatori (lettori), quale che ne sia la causa hanno perso la motivazione al confrontarsi (magari ancor più adesso che le prime quattro discussioni son tutte a mio nome… ) ma è nelle relazioni, nel confronto che dev’esser trovata la libertà del proprio pensiero, del proprio sentire.
Vien detto che da solo te la suoni e te la canti, e per quanto l’albero che ci siam trovati ci ospiti confortevolmente, permettendoci una visuale più ampia dell’orizzonte, tuttavia come per Il Barone rampante o i dendriti di Sariputra (vedi Sonja in spiritualità) privarsi, seppur per rispettabilissimi motivi, della prospettiva immediata, vicina, del nostro prossimo può condurre a non avvertirne più la necessità.

Beninteso, ognuno decide come e dove viver la propria libertà… ma prima occorre trovarla...



Un saluto dal signor G. (per Galvan )
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Vecchio 15-02-2016, 23.39.07   #2
Jacopus
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Riferimento: Questi nostri tempi

Ciao Galvan.
Come darti torto! Hai espresso un pensiero che covo da qualche tempo e che non mi fa scrivere. Talvolta inizio anche a scrivere: qui, su questo forum o su altri o su Facebook. Poi mi fermo, cancello tutto e passo ad altro. Qualche volta riesco a scrivere ma spesso mi censuro. Fondamentalmente per due motivi: il primo è che non mi sento sufficientemente preparato per definire una questione, un problema, una semplice risposta.
Il secondo invece è più vicino al tuo sentiment. Mi sembra inutile parlare quando spesso, tranne pochi casi, ognuno è chiuso nelle sue convinzioni, incapace di apprendere e lasciare le sue credenze per provarne di nuove, magari per mischiarle alle sue. Forse è per questo che si impara solo quando si è giovani. Poi con il passare degli anni si prende una certa forma ed abbandonarla o modificarla appare sempre più un insulto, un danno, una debolezza. Ecco allora che le conversazioni sono conversazioni fra sordi, ognuno centrato sul suo discorso e sulla ferrea volontà di avere ragione ad ogni costo.
Forse dipende anche dal fatto che non ci sono più leader, non più metastorie che diano senso alla nostra storia (tranne quella perversa del Capitale). Siamo definitivamente nella società preconizzata da Flaubert in Bouvard e Pecuchet, tutti esperti di tutto, tutti pertanto pronti a criticare ad avversare, a pensare di avere il senso delle cose. Un senso delle cose che invece, proprio per questo andazzo, si parcellizza atomisticamente ed ognuno da solo segue la sua corrente, pensando che nel suo angolino possa, da solo, superare le tempeste della vita. In fondo se tutti devono consumare (perchè questa è la regola basiliare cui siamo sottoposti), tutti possono esprimere il loro parere ed avere ragione, e se tutti devono consumare "facilmente", tutti possono esprimere il loro parere ed avere ragione "facilmente".
Mi viene in mente Tocqueville e insieme a lui il rimpianto assurdo e incoerente per i vecchi tempi aristocratici. Sarebbe bello invece essere tutti degli aristocratici, nei modi e nel pensiero. Una democrazia aristocratica è possibile o è un ossimoro e basta?
Grazie per la lettura e buona serata.
Jacopus is offline  
Vecchio 16-02-2016, 01.15.07   #3
Sariputra
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Riferimento: Questi nostri tempi

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Originalmente inviato da Galvan 1224
In uno dei miei rari momenti di lucidità mi sono guardato allo specchio e mi sono accorto che il mio pensiero aveva bisogno di un lifting.
Al momento ho attribuito questa mia défiance a un mio precoce rincretinimento senile, poi mi sono guardato intorno e non è che mi sia sentito intelligente… però mi sono consolato… ecco, ho capito che un uomo oggi meno esprime il suo pensiero meglio è…


https://www.youtube.com/watch?v=NN26QdHI6Sc


Questi nostri tempi non sembrano tanto diversi da altri tempi, ad esempio quelli in cui il signor G. analizzava, con la lucidità ed acume che l’ha sempre caratterizzato, la condizione umana, anzitutto dal punto di vista psicologico e poi politico, sociale ecc.

Un amico mi diceva di non provar oggi il desiderio di discutere, avendo l’impressione che non serva a niente a causa di un invisibile quanto impenetrabile isolamento.
Il paradosso è che i mezzi di cui oggi disponiamo, internet su tutti, in realtà lo aggravano; se virtualmente si è sempre più connessi lo si è sempre meno con la vita VERA.
Questo, riassunto, il suo pensiero.

Che sarebbe rimasto suo se non lo avesse condiviso con me, con ciò suffragando quanto espresso da Gaber, che per l’uomo d’oggi sia meglio, di fatto, non esprimersi.

Ma il signor G invece si esprimeva, eccome, continuando a farlo sin quasi al termine della sua vita.
Una bella vita dal mio punto di vista, quella d’un vero artista, un uomo integro e vorrei dire un educatore, se permettete l’accezione ampia del termine.

Quello che trovo comune nel sentire del mio amico e nel monologo di Gaber è il confrontar il proprio stato con quello della gente che ci sta intorno (assolutamente non spregiativo, essendo io la “gente” per voi…).
L’artista di allora (ma non è passato poi troppo tempo) da tale confronto ne ha ricavato materiale per la sua analisi di sé e del mondo, avvertendo la necessità di condividerla… la libertà non è star sopra un albero…

Tutti noi che ci serviamo delle tecnologie odierne presupponiamo d’aver sviluppato gli idonei anticorpi al virus informatico… non quello che si insinua nel nostro pc… quello che si diffonde in noi sviluppandone la dipendenza ormai così ben documentata.

Un mio conoscente senza rendersene conto si ritrovò in poche settimane a sfogliar in continuazione le notizie sul suo nuovo e potente smartphone e a causa della sua sensibilità alle cattive notizie (di cronaca) a star sempre più male.
Smise e il suo stato ritornò quello di prima.

Su questo forum di psicologia sta accadendo quanto accade al mio amico… i frequentatori (lettori), quale che ne sia la causa hanno perso la motivazione al confrontarsi (magari ancor più adesso che le prime quattro discussioni son tutte a mio nome… ) ma è nelle relazioni, nel confronto che dev’esser trovata la libertà del proprio pensiero, del proprio sentire.
Vien detto che da solo te la suoni e te la canti, e per quanto l’albero che ci siam trovati ci ospiti confortevolmente, permettendoci una visuale più ampia dell’orizzonte, tuttavia come per Il Barone rampante o i dendriti di Sariputra (vedi Sonja in spiritualità) privarsi, seppur per rispettabilissimi motivi, della prospettiva immediata, vicina, del nostro prossimo può condurre a non avvertirne più la necessità.

Beninteso, ognuno decide come e dove viver la propria libertà… ma prima occorre trovarla...



Un saluto dal signor G. (per Galvan )


Personalmente leggo sempre con grande interesse i tuoi interventi sul forum. E penso spesso a cosa ne potrei scrivere e condividere con te.
I tuoi scritti mi appaiono, forse sbagliando, quasi dei "dialoghi con se stessi". Raramente compaiono teorie, prese di posizione, speculazioni varie ( e questo mi conferma della tua sicura intelligenza). Non trovando nulla da obiettare, o da condividere, li assaporo come una pagina letteraria, ricca di spunti originali, a volte criptica, altre leggera, sempre interessante. Talmente mi piace questo stile che, nel mio piccolo, ti ho spudoratamente "copiato" ( penso che l'hai capito), creando con Sonja un mio spazio che voleva essere "libero", dove potevo scrivere di mio senza addentrarmi in teorie filosofiche o spirituali ( sia per la mia obiettiva carenza in materia che per smisurato orgoglio...). Altre volte mi sono intrufolato nel tuo Buddha bar o nella sala d'attesa del tuo psicologo con naturale riservatezza.
Poi la mia Vis polemica mi tuffa a legger e controbattere maldestramente di filosofia ( forse perchè siamo attratti da ciò che non conosciamo?
Hai posto l'asticella psicologica molto in alto secondo me, tanto che spesso ho una sorta di irrazionale timore nell'affrontarla.Tante volte, lo confesso, faccio semplicemente fatica a comprendere...cerco di intuire, di immedesimarmi. E' il limite del virtuale , di cui parli anche tu. Se ci conoscessimo "in carne e ossa" ben diversa sarebbe la comprensione, ma forse si diventerebbe più reticenti, più timorosi di esporsi, di essere giudicati...
Ripeto: mi piace molto come scrivi,e quello che scrivi.
E dopo i complimenti, le critiche...mmhh...al momento non me ne vengono...ah ecco!...Perchè hai chiuso il Buddha bar?
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Vecchio 16-02-2016, 05.32.23   #4
acquario69
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Originalmente inviato da Galvan 1224
In uno dei miei rari momenti di lucidità mi sono guardato allo specchio e mi sono accorto che il mio pensiero aveva bisogno di un lifting.
Al momento ho attribuito questa mia défiance a un mio precoce rincretinimento senile, poi mi sono guardato intorno e non è che mi sia sentito intelligente… però mi sono consolato… ecco, ho capito che un uomo oggi meno esprime il suo pensiero meglio è…


https://www.youtube.com/watch?v=NN26QdHI6Sc


Questi nostri tempi non sembrano tanto diversi da altri tempi, ad esempio quelli in cui il signor G. analizzava, con la lucidità ed acume che l’ha sempre caratterizzato, la condizione umana, anzitutto dal punto di vista psicologico e poi politico, sociale ecc.

Un amico mi diceva di non provar oggi il desiderio di discutere, avendo l’impressione che non serva a niente a causa di un invisibile quanto impenetrabile isolamento.
Il paradosso è che i mezzi di cui oggi disponiamo, internet su tutti, in realtà lo aggravano; se virtualmente si è sempre più connessi lo si è sempre meno con la vita VERA.
Questo, riassunto, il suo pensiero.

Che sarebbe rimasto suo se non lo avesse condiviso con me, con ciò suffragando quanto espresso da Gaber, che per l’uomo d’oggi sia meglio, di fatto, non esprimersi.

Ma il signor G invece si esprimeva, eccome, continuando a farlo sin quasi al termine della sua vita.
Una bella vita dal mio punto di vista, quella d’un vero artista, un uomo integro e vorrei dire un educatore, se permettete l’accezione ampia del termine.

Quello che trovo comune nel sentire del mio amico e nel monologo di Gaber è il confrontar il proprio stato con quello della gente che ci sta intorno (assolutamente non spregiativo, essendo io la “gente” per voi…).
L’artista di allora (ma non è passato poi troppo tempo) da tale confronto ne ha ricavato materiale per la sua analisi di sé e del mondo, avvertendo la necessità di condividerla… la libertà non è star sopra un albero…

Tutti noi che ci serviamo delle tecnologie odierne presupponiamo d’aver sviluppato gli idonei anticorpi al virus informatico… non quello che si insinua nel nostro pc… quello che si diffonde in noi sviluppandone la dipendenza ormai così ben documentata.

Un mio conoscente senza rendersene conto si ritrovò in poche settimane a sfogliar in continuazione le notizie sul suo nuovo e potente smartphone e a causa della sua sensibilità alle cattive notizie (di cronaca) a star sempre più male.
Smise e il suo stato ritornò quello di prima.

Su questo forum di psicologia sta accadendo quanto accade al mio amico… i frequentatori (lettori), quale che ne sia la causa hanno perso la motivazione al confrontarsi (magari ancor più adesso che le prime quattro discussioni son tutte a mio nome… ) ma è nelle relazioni, nel confronto che dev’esser trovata la libertà del proprio pensiero, del proprio sentire.
Vien detto che da solo te la suoni e te la canti, e per quanto l’albero che ci siam trovati ci ospiti confortevolmente, permettendoci una visuale più ampia dell’orizzonte, tuttavia come per Il Barone rampante o i dendriti di Sariputra (vedi Sonja in spiritualità) privarsi, seppur per rispettabilissimi motivi, della prospettiva immediata, vicina, del nostro prossimo può condurre a non avvertirne più la necessità.

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Un saluto dal signor G. (per Galvan )

rispondo volentieri all'argomento e come non essere d'accordo.

credo ci sia un motivo fondamentale che ha causato tutto questo e che io definirei in una parola alienazione o anche allontanamento dalla natura,fino ad arrivare ad esserne separati completamente come oggi.
questo significa che non avvertiamo più niente,siamo diventati aridi e insensibili e ci limitiamo a rispondere col pilota automatico,esattamente come farebbe un congegno meccanico,non ce più cuore e non ce più anima e se viene a mancare questo non ho dubbi che sia la morte.

dunque tornare alla natura…innanzitutto e sopratutto come filosofia di vita,(cuore e anima) staccarsi dall'artificiale,quindi da cio e' per sua stessa definizione morto per riabbracciare cio che e' vitale e di cui siamo parte integrante.

mi e' già capitato di fare dei paragoni,non essendo più giovanissimo ma cio che mi sembra incontestabile e' che quando ancora non eravamo sommersi dalla tecnologia,credo non ci sentivamo isolati come ora,si giocava all'aperto e anche per questo motivo eravamo sicuramente più liberi e spontanei …della mia adolescenza riaffiorano queste indimenticabili sensazioni e non so francamente se i ragazzini di oggi ne fanno l'esperienza e se non diventino da subito dei piccoli robot,solitari ed infelici tecno-dipendenti
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Vecchio 18-02-2016, 06.38.14   #5
CVC
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Al momento ho attribuito questa mia défiance a un mio precoce rincretinimento senile, poi mi sono guardato intorno e non è che mi sia sentito intelligente… però mi sono consolato… ecco, ho capito che un uomo oggi meno esprime il suo pensiero meglio è…


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Questi nostri tempi non sembrano tanto diversi da altri tempi, ad esempio quelli in cui il signor G. analizzava, con la lucidità ed acume che l’ha sempre caratterizzato, la condizione umana, anzitutto dal punto di vista psicologico e poi politico, sociale ecc.

Un amico mi diceva di non provar oggi il desiderio di discutere, avendo l’impressione che non serva a niente a causa di un invisibile quanto impenetrabile isolamento.
Il paradosso è che i mezzi di cui oggi disponiamo, internet su tutti, in realtà lo aggravano; se virtualmente si è sempre più connessi lo si è sempre meno con la vita VERA.
Questo, riassunto, il suo pensiero.

Che sarebbe rimasto suo se non lo avesse condiviso con me, con ciò suffragando quanto espresso da Gaber, che per l’uomo d’oggi sia meglio, di fatto, non esprimersi.

Ma il signor G invece si esprimeva, eccome, continuando a farlo sin quasi al termine della sua vita.
Una bella vita dal mio punto di vista, quella d’un vero artista, un uomo integro e vorrei dire un educatore, se permettete l’accezione ampia del termine.

Quello che trovo comune nel sentire del mio amico e nel monologo di Gaber è il confrontar il proprio stato con quello della gente che ci sta intorno (assolutamente non spregiativo, essendo io la “gente” per voi…).
L’artista di allora (ma non è passato poi troppo tempo) da tale confronto ne ha ricavato materiale per la sua analisi di sé e del mondo, avvertendo la necessità di condividerla… la libertà non è star sopra un albero…

Tutti noi che ci serviamo delle tecnologie odierne presupponiamo d’aver sviluppato gli idonei anticorpi al virus informatico… non quello che si insinua nel nostro pc… quello che si diffonde in noi sviluppandone la dipendenza ormai così ben documentata.

Un mio conoscente senza rendersene conto si ritrovò in poche settimane a sfogliar in continuazione le notizie sul suo nuovo e potente smartphone e a causa della sua sensibilità alle cattive notizie (di cronaca) a star sempre più male.
Smise e il suo stato ritornò quello di prima.

Su questo forum di psicologia sta accadendo quanto accade al mio amico… i frequentatori (lettori), quale che ne sia la causa hanno perso la motivazione al confrontarsi (magari ancor più adesso che le prime quattro discussioni son tutte a mio nome… ) ma è nelle relazioni, nel confronto che dev’esser trovata la libertà del proprio pensiero, del proprio sentire.
Vien detto che da solo te la suoni e te la canti, e per quanto l’albero che ci siam trovati ci ospiti confortevolmente, permettendoci una visuale più ampia dell’orizzonte, tuttavia come per Il Barone rampante o i dendriti di Sariputra (vedi Sonja in spiritualità) privarsi, seppur per rispettabilissimi motivi, della prospettiva immediata, vicina, del nostro prossimo può condurre a non avvertirne più la necessità.

Beninteso, ognuno decide come e dove viver la propria libertà… ma prima occorre trovarla...



Un saluto dal signor G. (per Galvan )
Io credo che alla base dei nostri stati esistenziali ci sia un profondo senso di smarrimento, dovuto al fatto che il mondo cambia sempre più in fretta e diventa sempre più difficile paragonare le nostre esperienze attuali con quelle passate, e che di qui derivi anche un forte senso di incertezza per il futuro. Un uomo vissuto nel mondo non ancora del tutto assuefatto dall'industrializzazione e dal conseguente tecnicismo, avrà avuto molti meno agi rispetto a noi, ma perlomeno lo consolava l'idea di invecchiare in un mondo non troppo diverso da quello in cui era nato. Se io, che sono del 71, ora ripenso alla mia giovinezza e la paragono a quella della "z generation", ossia di quelli nati negli ultimi anni novanta e che passano minimo 4 o 5 ore al giorno connessi, beh, non posso fare a meno di prendere i miei adolescenziali ricordi alla stregua di un archeologo che, mettendo insieme pezzi di fossili consunti, cerchi di ricostruire il corpo di un dinosauro.
È questo senso di smarrimento, di incoerenza coi propri ricordi, la mia personale interpretazione del tuo bel post. Per sopravvivere bisogna adattarsi e il mondo cambia sempre più in fretta, e noi siamo arabe fenici che risorgono continuamente dalle proprie ceneri, o che tentano di farlo. Però manca quel senso di continuità, quel filo conduttore fra presente e passato che dovrebbe dar senso alle nostre vite. Forse una volta ci si lamentava che non c'era mai niente di nuovo. Oggi ci sono novità in continuazione ma manca il tempo di assimilarle. Se ci si sente stranieri a se stessi, figuriamoci con gli altri.
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Vecchio 19-02-2016, 00.38.41   #6
acquario69
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Io credo che alla base dei nostri stati esistenziali ci sia un profondo senso di smarrimento, dovuto al fatto che il mondo cambia sempre più in fretta e diventa sempre più difficile paragonare le nostre esperienze attuali con quelle passate, e che di qui derivi anche un forte senso di incertezza per il futuro. Un uomo vissuto nel mondo non ancora del tutto assuefatto dall'industrializzazione e dal conseguente tecnicismo, avrà avuto molti meno agi rispetto a noi, ma perlomeno lo consolava l'idea di invecchiare in un mondo non troppo diverso da quello in cui era nato. Se io, che sono del 71, ora ripenso alla mia giovinezza e la paragono a quella della "z generation", ossia di quelli nati negli ultimi anni novanta e che passano minimo 4 o 5 ore al giorno connessi, beh, non posso fare a meno di prendere i miei adolescenziali ricordi alla stregua di un archeologo che, mettendo insieme pezzi di fossili consunti, cerchi di ricostruire il corpo di un dinosauro.
È questo senso di smarrimento, di incoerenza coi propri ricordi, la mia personale interpretazione del tuo bel post. Per sopravvivere bisogna adattarsi e il mondo cambia sempre più in fretta, e noi siamo arabe fenici che risorgono continuamente dalle proprie ceneri, o che tentano di farlo. Però manca quel senso di continuità, quel filo conduttore fra presente e passato che dovrebbe dar senso alle nostre vite. Forse una volta ci si lamentava che non c'era mai niente di nuovo. Oggi ci sono novità in continuazione ma manca il tempo di assimilarle. Se ci si sente stranieri a se stessi, figuriamoci con gli altri.

io mi domando pure se la z generation come la definisci,non finiscano per non averceli nemmeno più i ricordi,qui inteso nel senso di filo conduttore e di continuità di cui giustamente parli e la domanda che mi viene da fare e'; ma si puo vivere,o meglio siamo certi di essere vivi nel momento in cui non esiste nessun orizzonte continuativo,nessun legame tra passato e futuro ma solo un eterno presente identico a se stesso?! allora credo che per sopravvivere a tanto ci si debba per forza maggiore trasformarsi in automi meccanizzati in cui non si avverte più niente.

infatti non penso che succede che viviamo in un contesto dove ci siano novità in continuazione ma esattamente il contrario e cioè SEMBRA che tutto cambia ma in realtà tutto rimane identico a se stesso,e non e' mai avvenuta una cosa del genere e l'unico effetto (mostruoso a mio avviso) e' che per adeguarci a questo nulla di fatto siamo come criceti che girano a vuoto su una ruota che tra l'altro va sempre più veloce,ma il criceto (cioè noi allo stato attuale) rimane fermo ed inchiodato allo stesso identico punto.

ed e' in tutto questo scenario che secondo me che si staglia l'appiattimento totale (forse definitivo) inteso pure come "ultima generazione".

proviamo per esempio a prendere nel dettaglio proprio questa generazione (ma che possiamo dire coinvolge ormai tutto e tutti) e vediamo che una caratteristiche saliente sia la mancanza di approfondimento..tutto scorre senza lasciare sedimenti,ci si adatta solo al momento e questo si riscontra anche nei rapporti e nell'incapacità di legami duraturi,si vive nell'emozione esclusivamente sensoriale dell'istante,finito il quale si passa quasi immediatamente ad altro (esattamente come avviene attraverso i social network,tipo facebook, o immagini sul nostro computer,da uno stimolo ad un altro in maniera schizofrenica)…da cio risulta a mio avviso che quello che viene poi a mancare,fino a non avercelo più,sono in questo caso i sentimenti (che sono ben altra cosa dalle semplici emozioni) ed anche qui si cela l'inganno delle "novità" e del pseudo-adattamento

altra nota personale sulle "novità" e' che queste,oltre ad essere una finzione,come spiegato sopra e' il tipico atteggiamento moderno ed implicitamente indotto (e inventato) dalla stessa tecnologia!..non credo che il mondo o il luogo in cui viviamo abbia mai avuto il bisogno e la necessita di essere modificato,(anzi manipolato) ERA (ora non più ovviamente) perfetto così com'era e si richiedeva solo di preservarlo e averne cura.
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Vecchio 19-02-2016, 13.27.30   #7
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io mi domando pure se la z generation come la definisci,non finiscano per non averceli nemmeno più i ricordi,qui inteso nel senso di filo conduttore e di continuità di cui giustamente parli e la domanda che mi viene da fare e'; ma si puo vivere,o meglio siamo certi di essere vivi nel momento in cui non esiste nessun orizzonte continuativo,nessun legame tra passato e futuro ma solo un eterno presente identico a se stesso?! allora credo che per sopravvivere a tanto ci si debba per forza maggiore trasformarsi in automi meccanizzati in cui non si avverte più niente.

infatti non penso che succede che viviamo in un contesto dove ci siano novità in continuazione ma esattamente il contrario e cioè SEMBRA che tutto cambia ma in realtà tutto rimane identico a se stesso,e non e' mai avvenuta una cosa del genere e l'unico effetto (mostruoso a mio avviso) e' che per adeguarci a questo nulla di fatto siamo come criceti che girano a vuoto su una ruota che tra l'altro va sempre più veloce,ma il criceto (cioè noi allo stato attuale) rimane fermo ed inchiodato allo stesso identico punto.

ed e' in tutto questo scenario che secondo me che si staglia l'appiattimento totale (forse definitivo) inteso pure come "ultima generazione".

proviamo per esempio a prendere nel dettaglio proprio questa generazione (ma che possiamo dire coinvolge ormai tutto e tutti) e vediamo che una caratteristiche saliente sia la mancanza di approfondimento..tutto scorre senza lasciare sedimenti,ci si adatta solo al momento e questo si riscontra anche nei rapporti e nell'incapacità di legami duraturi,si vive nell'emozione esclusivamente sensoriale dell'istante,finito il quale si passa quasi immediatamente ad altro (esattamente come avviene attraverso i social network,tipo facebook, o immagini sul nostro computer,da uno stimolo ad un altro in maniera schizofrenica)…da cio risulta a mio avviso che quello che viene poi a mancare,fino a non avercelo più,sono in questo caso i sentimenti (che sono ben altra cosa dalle semplici emozioni) ed anche qui si cela l'inganno delle "novità" e del pseudo-adattamento

altra nota personale sulle "novità" e' che queste,oltre ad essere una finzione,come spiegato sopra e' il tipico atteggiamento moderno ed implicitamente indotto (e inventato) dalla stessa tecnologia!..non credo che il mondo o il luogo in cui viviamo abbia mai avuto il bisogno e la necessita di essere modificato,(anzi manipolato) ERA (ora non più ovviamente) perfetto così com'era e si richiedeva solo di preservarlo e averne cura.
Purtroppo è perché si sceglie la via più comoda. Io non ho figli ma immaginando di averne presumo sia più comodo tenerli quieti mettendogli in mano lo smartphone o il tablet piuttosto che diventare matti a forza di corrergli dietro. C'è chi profetizza un futuro non molto lontano in cui i robot si prenderanno cura di noi sollevandoci da ogni incombenza domestica e non, arrivando persino a soddisfarci sessualmente. Una vita in simbiosi con le macchine, forse è questo il destino che ci aspetta, più triste e grigio anche del traffico mattutino che ci imprigiona per ore. Un mondo dove l'amicizia sarà solo quella su facebook, le conoscenze avverranno solo nelle chat, il sesso si consumerà a distanza con telecamere ed apparati vari e i nostri cervelli saranno sempre più flaccidi, i nostri sistemi nervosi sempre più aggressivi ed irritabili. Ma io coltivo anche la speranza che l'uomo possa ancora svegliarsi da questo stato di sonnambulismo che lo attanaglia, se avrà abbastanza forza da distinguere la differenza fra uomo e macchina. Credo però che bisognerà scavare nel passato alla ricerca delle nostre radici culturali e di pensiero, perché l'evoluzione tecnologica può portarci in un'unica direzione: l'uomo che sogna di diventare una macchina: massima efficienza, nessuna complicazione sentimentale, pezzi di ricambio per non invecchiare mai.
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Vecchio 19-02-2016, 17.14.13   #8
Sariputra
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Credo però che bisognerà scavare nel passato alla ricerca delle nostre radici culturali e di pensiero, perché l'evoluzione tecnologica può portarci in un'unica direzione: l'uomo che sogna di diventare una macchina: massima efficienza, nessuna complicazione sentimentale, pezzi di ricambio per non invecchiare mai.


Personalmente ho già iniziato ad usare pezzi di ricambio che la tecnologia offre all'uomo. Ho una retina tenuta su da un cerchio siliconico e un cristallino artificiale...però non si sa bene la durata dei nuovi pezzi nel tempo. Forse dovrò fare , in futuro, un nuovo pit-stop E già l'utilizzo di "aggeggi" propedeutici alla soddisfazione sessuale si sta velocemente diffondendo. Mio fratello che lavora in un ospedale, reparto urologia, mi racconta cose incredibili su cosa si fanno impiantare ,nella regione intima dell'uomo per eccellenza, molti settantenni ( ricchi) per ovviare all'inevitabile "indebolimento" sopraggiunto naturalmente con l'età...autentici sistemi pneumatici di sollevamento...
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Vecchio 22-02-2016, 23.04.16   #9
Galvan 1224
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Ciao Jacopus (il mio compagno Jack nell’anello di Salomone…), in quello che scrivi e come scrivi nelle diverse sezioni del forum non ravviso lacune… ma sovente son io a non aver la preparazione per poterlo giudicare.
In ogni caso il tuo spirito critico ben ti preserva da oltrepassare qualche limite, pur se va sempre messo in conto d’incontrare quelli altrui.
Anche se a volte facciamo degli errori o diamo un po' troppa importanza al nostro punto di vista, la motivazione, la ricerca del dialogo e del confronto dovrebbero esser sempre privilegiati, come ravviso nei tuoi scritti.

È importante continuare a scrivere, in quanto parallelamente al dialogo che ci figuriamo con gli altri, procede un’interrogazione continua in noi stessi e man mano, se lo abbiamo a cuore, la distanza almeno dalla nostra parte si riduce giungendo in alcuni casi fortunati a condividere con l’interlocutore qualcosa oltre parole e concetti.
È forse una questione di disposizione più che di età e personalmente ho imparato molto frequentando il forum, dove ho cercato di pormi col miglior orientamento del mio animo, ben sapendo (anche a causa dell’età) che il famoso attimo potrebbe prima o poi essere l’ultimo e conviene far bene ciò che si fa e ricavarne senz’altro la propria soddisfazione, che l’altrui non è nelle nostre mani.

Poiché l’hai citato son andato a leggere la trama del romanzo di Flaubert, nel quale i personaggi ricercano un ambito che li appaghi avendo smarrito, o mai avuto a causa delle circostanze della vita il loro proprio percorso di realizzazione.
Alla fine ritornano a fare quello che sapevano fare, copiare.

Se la possibilità di un cambiamento (interiore) nella propria vita, a causa di uno esteriore (nel romanzo dovuto alla inattesa disponibilità di una somma di denaro) fosse nella logica delle cose, allora le rivoluzioni, le guerre e tutti gli interventi nella sfera sociale avrebbero prodotto frutti ben diversi da quelli che conosciamo.
La mente tramite la memoria accumula e non si farà giammai convincere a mollare la presa (metter da parte i propri contenuti e/o memorie) in cambio d’un piatto di lenticchie.

E poi, perché dovrebbe?
La psiche, il giardino che ospita la nostra anima (o, meno impegnativamente, “la nostra presenza”) è tutto ciò che c’è, condivido l’asserzione di Jung che noi siamo nella psiche e non il contrario.
La vita, per come il nostro io la conosce e interpreta, potrebbe anche essere, rifacendosi alle ultime parole del film “ Oltre il giardino”, uno stato mentale.
Come che sia la faccenda è straordinariamente, sconvolgentemente e affascinantemente complessa.

Non potremo mai divenir TUTTI aristocratici, comunisti, cristiani o qualunque altra SOLA cosa… i contenuti della mente affiorando dall’inconscio (per quelli consci è evidente) ricercano l’energia che li renda manifesti, trasponendoli nella realtà che abitiamo.
Per quelli che pensiamo non ci riguardino (essi) come un grumo di polvere nascosta sotto il tappeto, forse un giorno ci faranno inciampare ritrovandoceli di fronte.
Un incontro che il più delle volte si rivela devastante… ma anche un’opportunità, per chi sia in grado di padroneggiarli.

Così inquadrata la faccenda, non sarà la frequentazione di un luogo piuttosto che un altro, specificatamente un ambiente naturale, a riequilibrare il momentum psichico sia individuale che collettivo. Personalmente non generalizzo; tenendo ben presente il fattore tempo e non avendo fretta di concludere l’indagine, riservandomi ulteriori e futuri approfondimenti prima di formalizzare l’incriminazione, mi accade che gli iniziali convincimenti abbiano a modificarsi e a volte mutare del tutto.
È tutto in continua e lenta/veloce (sì, entrambi gli aggettivi) trasformazione e dal mio punto d’osservazione per cogliere il quadro d’insieme debbo sacrificare il particolare.

Per affermare se sia rimasto cuore e anima (anche se mi pare si alluda all’anima mundi) nell’uomo non basta la propria esperienza né quella di molti, per quanto autorevoli possano essere.
I due termini (cuore e anima) sono quanto riusciamo a scorgere e interpretare di una possibilità (forse ve ne sono altre…) insita nell’universo che nel suo divenire ha prodotto le condizioni – materia organica/uomo/mente – affinché si manifesti.

Tornando a questi nostri tempi che vedono succedersi cambiamenti a velocità inusitate tali da generare il profondo senso di smarrimento di cui parla CVC, mi domando se (i cambiamenti) avvengano con tali accelerazioni per tutti gli ambiti.

È senz’altro evidente in quello tecnologico… per quello ad esempio spirituale?
Riscontrate, stante l’assunto che l’uomo è diviso nella carne ma unito nello spirito, segni di una qualche convergenza o le diverse confessioni nei fatti (non a parole…) procedono nel loro isolamento?

In quello filosofico?
Colà la premessa è che non vi sia una verità assoluta ma quella che s’origina dal proprio punto d’osservazione e dagli strumenti (in primis il linguaggio) adoperati.
Sembrerebbe l’ambiente ideale, tollerante verso le diversità e le inferiorità, consapevole della relatività d’ogni assunto potrebbe incoraggiare chi vi si rivolga, magari sforzandosi un po’ per uscir da quelle torri d’avorio di cui parlava l’amico Liebnicht (… che tuttavia s’è ben guardato dal farlo per primo).
Oh, beh… in ambito universitario son guerre di coltelli, come mi par di capire dai report dell’amico Green&grey pocket.

In altri (forse) meno impegnativi contesti, ad esempio la nostra sezione del forum, qualcuno reputa che per discorrer della vita, del suo significato e quel che contiene occorre prima passar l’esame d’ammissione, saper da Aristotele in avanti… e indietro, di grazia?
Gli egizi, i sumeri, gli indiani dei veda… sovente richiamati dall’amico paul 11, ne sapevano qualcosa?
Non è che la conoscenza è un fiume che si disperde in mille rivoli? L’aborigeno in grado di sopravvivere e trovar acqua nel deserto forse non ne dispone?

Arrivando qui, nel nostro forum di psicologia, che presumo letto anche da addetti ai lavori… accade diversamente?
Può essere che un ignorante qual sono venga lasciato quasi solo a parlar degli interessanti argomenti che riguardano la nostra psiche? Mettersi un pochino in gioco, scendere qualche gradino di altre torri… gratuitamente… per stare alla pari con i nostri simili..?

Tralascio di parlar di politica perché s’arriverebbe a parlar della guerra nei tempi che furono e similmente in questi nostri tempi… « La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi. » come evidenziò Carl von Clausewitz, vedete voi se è cambiato qualcosa.

E tralascio di parlar di molte altre cose, che già il post è diventato troppo lungo… ma avevo da rispondere ai gentili amici che han impreziosito la discussione con i loro interventi.
Il buon Sariputra se intendeva mettere alla prova il mio io c’è riuscito benissimo con i suoi complimenti, siamo umani e nessuno ne è insensibile.
Ovviamente anch’io ho la massima considerazione nei suoi riguardi e apprezzo particolarmente come si pone di fronte alle avversità della vita.

In questi nostri tempi ci son persone come lui e gli altri amici che hanno scritto qui e scrivono in altre parti del forum, certamente spinti da motivazioni diverse ma nel profondo perché l’ambizioso progetto (nella mia immaginazione) dell’uomo non lo vuole un individuo isolato.

La mente è un giardino e tutti noi siamo in quel giardino, dove passeggia l’uomo che fu, che è e che verrà.

Il tempo è lo stratagemma per impedire che tutto accada insieme e si possa legger, come un libro, una pagina dopo l’altra.



Un caro saluto.
Galvan 1224 is offline  
Vecchio 23-02-2016, 10.32.08   #10
CVC
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Riferimento: Questi nostri tempi

Citazione:
Originalmente inviato da Galvan 1224
Ciao Jacopus (il mio compagno Jack nell’anello di Salomone…), in quello che scrivi e come scrivi nelle diverse sezioni del forum non ravviso lacune… ma sovente son io a non aver la preparazione per poterlo giudicare.
In ogni caso il tuo spirito critico ben ti preserva da oltrepassare qualche limite, pur se va sempre messo in conto d’incontrare quelli altrui.
Anche se a volte facciamo degli errori o diamo un po' troppa importanza al nostro punto di vista, la motivazione, la ricerca del dialogo e del confronto dovrebbero esser sempre privilegiati, come ravviso nei tuoi scritti.

È importante continuare a scrivere, in quanto parallelamente al dialogo che ci figuriamo con gli altri, procede un’interrogazione continua in noi stessi e man mano, se lo abbiamo a cuore, la distanza almeno dalla nostra parte si riduce giungendo in alcuni casi fortunati a condividere con l’interlocutore qualcosa oltre parole e concetti.
È forse una questione di disposizione più che di età e personalmente ho imparato molto frequentando il forum, dove ho cercato di pormi col miglior orientamento del mio animo, ben sapendo (anche a causa dell’età) che il famoso attimo potrebbe prima o poi essere l’ultimo e conviene far bene ciò che si fa e ricavarne senz’altro la propria soddisfazione, che l’altrui non è nelle nostre mani.

Poiché l’hai citato son andato a leggere la trama del romanzo di Flaubert, nel quale i personaggi ricercano un ambito che li appaghi avendo smarrito, o mai avuto a causa delle circostanze della vita il loro proprio percorso di realizzazione.
Alla fine ritornano a fare quello che sapevano fare, copiare.

Se la possibilità di un cambiamento (interiore) nella propria vita, a causa di uno esteriore (nel romanzo dovuto alla inattesa disponibilità di una somma di denaro) fosse nella logica delle cose, allora le rivoluzioni, le guerre e tutti gli interventi nella sfera sociale avrebbero prodotto frutti ben diversi da quelli che conosciamo.
La mente tramite la memoria accumula e non si farà giammai convincere a mollare la presa (metter da parte i propri contenuti e/o memorie) in cambio d’un piatto di lenticchie.

E poi, perché dovrebbe?
La psiche, il giardino che ospita la nostra anima (o, meno impegnativamente, “la nostra presenza”) è tutto ciò che c’è, condivido l’asserzione di Jung che noi siamo nella psiche e non il contrario.
La vita, per come il nostro io la conosce e interpreta, potrebbe anche essere, rifacendosi alle ultime parole del film “ Oltre il giardino”, uno stato mentale.
Come che sia la faccenda è straordinariamente, sconvolgentemente e affascinantemente complessa.

Non potremo mai divenir TUTTI aristocratici, comunisti, cristiani o qualunque altra SOLA cosa… i contenuti della mente affiorando dall’inconscio (per quelli consci è evidente) ricercano l’energia che li renda manifesti, trasponendoli nella realtà che abitiamo.
Per quelli che pensiamo non ci riguardino (essi) come un grumo di polvere nascosta sotto il tappeto, forse un giorno ci faranno inciampare ritrovandoceli di fronte.
Un incontro che il più delle volte si rivela devastante… ma anche un’opportunità, per chi sia in grado di padroneggiarli.

Così inquadrata la faccenda, non sarà la frequentazione di un luogo piuttosto che un altro, specificatamente un ambiente naturale, a riequilibrare il momentum psichico sia individuale che collettivo. Personalmente non generalizzo; tenendo ben presente il fattore tempo e non avendo fretta di concludere l’indagine, riservandomi ulteriori e futuri approfondimenti prima di formalizzare l’incriminazione, mi accade che gli iniziali convincimenti abbiano a modificarsi e a volte mutare del tutto.
È tutto in continua e lenta/veloce (sì, entrambi gli aggettivi) trasformazione e dal mio punto d’osservazione per cogliere il quadro d’insieme debbo sacrificare il particolare.

Per affermare se sia rimasto cuore e anima (anche se mi pare si alluda all’anima mundi) nell’uomo non basta la propria esperienza né quella di molti, per quanto autorevoli possano essere.
I due termini (cuore e anima) sono quanto riusciamo a scorgere e interpretare di una possibilità (forse ve ne sono altre…) insita nell’universo che nel suo divenire ha prodotto le condizioni – materia organica/uomo/mente – affinché si manifesti.

Tornando a questi nostri tempi che vedono succedersi cambiamenti a velocità inusitate tali da generare il profondo senso di smarrimento di cui parla CVC, mi domando se (i cambiamenti) avvengano con tali accelerazioni per tutti gli ambiti.

È senz’altro evidente in quello tecnologico… per quello ad esempio spirituale?
Riscontrate, stante l’assunto che l’uomo è diviso nella carne ma unito nello spirito, segni di una qualche convergenza o le diverse confessioni nei fatti (non a parole…) procedono nel loro isolamento?

In quello filosofico?
Colà la premessa è che non vi sia una verità assoluta ma quella che s’origina dal proprio punto d’osservazione e dagli strumenti (in primis il linguaggio) adoperati.
Sembrerebbe l’ambiente ideale, tollerante verso le diversità e le inferiorità, consapevole della relatività d’ogni assunto potrebbe incoraggiare chi vi si rivolga, magari sforzandosi un po’ per uscir da quelle torri d’avorio di cui parlava l’amico Liebnicht (… che tuttavia s’è ben guardato dal farlo per primo).
Oh, beh… in ambito universitario son guerre di coltelli, come mi par di capire dai report dell’amico Green&grey pocket.

In altri (forse) meno impegnativi contesti, ad esempio la nostra sezione del forum, qualcuno reputa che per discorrer della vita, del suo significato e quel che contiene occorre prima passar l’esame d’ammissione, saper da Aristotele in avanti… e indietro, di grazia?
Gli egizi, i sumeri, gli indiani dei veda… sovente richiamati dall’amico paul 11, ne sapevano qualcosa?
Non è che la conoscenza è un fiume che si disperde in mille rivoli? L’aborigeno in grado di sopravvivere e trovar acqua nel deserto forse non ne dispone?

Arrivando qui, nel nostro forum di psicologia, che presumo letto anche da addetti ai lavori… accade diversamente?
Può essere che un ignorante qual sono venga lasciato quasi solo a parlar degli interessanti argomenti che riguardano la nostra psiche? Mettersi un pochino in gioco, scendere qualche gradino di altre torri… gratuitamente… per stare alla pari con i nostri simili..?

Tralascio di parlar di politica perché s’arriverebbe a parlar della guerra nei tempi che furono e similmente in questi nostri tempi… « La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi. » come evidenziò Carl von Clausewitz, vedete voi se è cambiato qualcosa.

E tralascio di parlar di molte altre cose, che già il post è diventato troppo lungo… ma avevo da rispondere ai gentili amici che han impreziosito la discussione con i loro interventi.
Il buon Sariputra se intendeva mettere alla prova il mio io c’è riuscito benissimo con i suoi complimenti, siamo umani e nessuno ne è insensibile.
Ovviamente anch’io ho la massima considerazione nei suoi riguardi e apprezzo particolarmente come si pone di fronte alle avversità della vita.

In questi nostri tempi ci son persone come lui e gli altri amici che hanno scritto qui e scrivono in altre parti del forum, certamente spinti da motivazioni diverse ma nel profondo perché l’ambizioso progetto (nella mia immaginazione) dell’uomo non lo vuole un individuo isolato.

La mente è un giardino e tutti noi siamo in quel giardino, dove passeggia l’uomo che fu, che è e che verrà.

Il tempo è lo stratagemma per impedire che tutto accada insieme e si possa legger, come un libro, una pagina dopo l’altra.



Un caro saluto.
La dimensione spirituale è al di fuori dello spazio e del tempo. Infatti sono fra quelli che pensano che al di là dei benefici voluttuari e non del progresso scientifico e tecnologico, l'animo umano non è mutato nei millenni. Io leggo Seneca e lo trovo attualissimo. Ciò che si dice stravolgere le nostre vite come i computer, gli smartphone e facebook, in realtà ben poco aggiungono alla nostra realtà esistenziale. Personalmente mi sento un qualcosa catapultato in un io, in un corpo e in un certo contesto spazio-temporale. E' un pò come all'ikea, ti danno la roba ma poi te la devi montare tu. Tocca a noi mettere insieme i pezzi, la nostra coscienza, le sensazioni, il luogo e il tempo e cercare di ricavarci un senso. I tempi cambiano soprattutto riguardo agli apparati, ma gli strumenti più all'avanguardia non servono ad aiutarci a dare un senso alla vita. Almeno all'ikea ti danno il foglietto con le istruzioni, qui neanche. Ma intanto il tempo scorre, tutto avviene nel tempo e il tempo è l'unica cosa che siamo certi di possedere. Salvo poi presentarsi la dimensione spirituale che ci catapulta al di fuori dello spazio e del tempo e ci fornisce quel senso di cui eravamo alla ricerca. Senso che alla presenza dello spirito appare ovvio e indubitabile, ma che quando cerchiamo di formularlo razionamente inciampiamo a destra e sinistra. Poichè, come scrisse Giovanni nel Vangelo, lo spirito è come il vento, non si sa da dove viene nè dove va. E qui ci dividiamo in due gruppi: quelli che corrono dietro al vento e quelli che lasciano perdere e preferiscono accontentarsi di ciò che possono stringere fra le mani. Intanto il tempo continua a scorrere, lo spirito continua a nascondersi, le nostre opinioni continuano a mutare insieme alla realtà che si trasforma intorno a noi,

"Il cosmo è mutamento, la vita opinione".
Marco Aurelio.
CVC is offline  

 



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