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Originalmente inviato da Karenina
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Gentile Karenina, benvenuta al forum di cui spero diventerai abituale.
Non solo hai colto lo spirito della discussione, ma mi dai l'occasione di chiarire alcuni punti importanti che forse ho dato troppo per scontati. Il post è un po' complesso: adatto a un'ampia discussione con inevitabili aperture interdisciplinari, oltre che utili supporti di proprie esperienze personali o testimonianze di terzi.
Ho virgolettato “felicità” e “droga” perchè possono assumere vari significati e più accezioni personali, connotazioni semantiche, ecc. Anche secondo il contesto in cui appaiono.
La ”felicità”, dichiarata diritto per tutti, consiste soprattuto in un benessere psicofisico. Tale termine, ho notato, recentemente appare pure in rubriche mediche ed in articoli di economia. Non si dice molto di quello che già sappiamo. Spesso in negativo, si associano gli eventi che recano infelicità a quelli stessi che provocano stati di stress.,e per la “felicità” quelli specularmente inversi. A volte il termine viene frainteso con la “gioia” che è un'emozione talora effimera, dove potremmo includere anche le tue tazzine di caffè, una tavoletta di cioccolato, soprattutto, perchè veramente ha proprietà antidepressive oltre il piacere del palato, per certe sostanze che contiene e che addirittura possono creare dipendenza; un bicchierino di whisky (solo uno, perchè in dosi maggiori è un depressore).Perfino un bicchiere di latte, che ha proprietà ansiolitiche per il triptofano che contiene. Ma anche un romanzo, un film, uno spettacolo, purchè sia di nostro gradimento. L'amore e le amicizie sono il massimo, ma è arrischiato metter nelle mani di altri la nostra ... “felicità”
E potremmo continuare all'infinito. “La prima sorsata di birra era un libriccino, bestseller di qualche anno fa che elencava le piccole gioie quotidiane , a tutti accessibili. Per quanto mi riguarda, potrei dire una nuotata in un mare ancora non molto inquinato, una conversazione riuscita, accompagnarsi con persone ricche di sense of humour, ecc. ecc.
Può essere pericoloso scambiare un'”infelicità” con uno stato di depressione, specie maggiore, o viceversa, una depressione conclamata con uno stato di disagio esistenziale, perchè richiedono rimedi del tutto diversi. Infatti si deve distinguere tra stato clinico patologico, “male di vivere”, o una perdita di cui, comprensibilmente, richiede di elaborare il lutto (morte, separazione, perdita di lavoro, ecc.)
Sarebbe controproducente contrastare un problema esistenziale o di perdita con uno psicofarmaco. Mentre in certi casi di depressione gli psicofarmaci sono assolutamente indispensabili, augurandosi che si tratti di curare quella percentuale di persone in cui la risposta si rivela adeguata. Sempre con un monitoraggio medico che stabilisca tipo di principio attivo e dosi.
Oggi le neuroscienze sono molto avanzate,e già si profilano alcuni metodi per il controllo della mente. Terreno insidioso, se potrebbero pure assoggettare la volontà altrui;viceversa scoperta importante se usata per contrastare gravi stati di disturbi mentali. Alcuni composti chimici potrebbero far sparire dalla memoria della vittima grossi eventi traumatici. Che hanno delle conseguenze durante tutta la vita; poi ci potrebbe essere il siero della verità, ecc. L'argomento “droga” e “ felicità” è veramente sterminato. Meglio che mi fermi
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Grazie per l'opportunità di di una riflessione maggiore, e per gli apprezzamenti molto lusinghieri .... fonte di una piccola... “felicità” quotidiana