la stanza dei giochi
La stanza dei giochi
Nella mia stanza
dei balocchi
entriamo?
Facciamo che sia ieri
quando
senza strani desideri
ci bastavano
i giochi di parole
e delle mani
arsenio
Una personalità giocosa possiede una risorsa in più per il suo benessere psicologico. Anche nel riuscire a sdrammatizzare e allentare tensioni pur in presenza di disagi. Si associa alla creatività e alla fantasia che uniscono la realtà interiore ed esterna con l'ipotesi di trasformazioni nel rapporto tra la propria soggettività e il mondo, con lo scopo di un arricchimento sempre nell'ambito di una compiuta maturazione psicologica e culturale che inizia fin dall'infanzia.
Il senso del gioco non sta tanto in un comportamento scherzoso o nell'allegria che lo accompagna, quanto nel ritagliarsi margini per sfuggire l'arida oggettività del reale. Alcuni sono avvantaggiati perchè orientati per indole a qualche manifestazione dello spirito giocoso. La parola chiave per tale stato mentale, che ricavo da un concetto nietzscheano, è “lievità” nelle sue varie accezioni: leggerezza, scioltezza, elasticità, delicatezza, finezza, sensibilità, grazia, gentilezza, eleganza, spontaneità, ecc. E' uno stile di vita da associare a educazione, arte, cultura, linguaggio; alle relazioni con le persone e con le cose. Estraneo a utilitarismi e rigide regole che ostacolano la dimensione del “possibile” divergente dall'ovvio e dal prevedibile. Ma diverso anche da passatempi e spente ricerche di svaghi privi di naturalezza e invenzione. L'ammazzare il tempo e le dipendenze da compulsivi comportamenti per stordirsi dalle durezze della vita non sono da considerarsi “gioco” nel nostro contesto.
La capacità di giocare è in declino nell'era produttivo-tecnologica. Anche a quanto affermano certi insegnanti, con un riflesso interdipendente tra società e scuola. Perfino primarie attività di formazione ludico-educative vengono ormai giudicate dai genitori una perdita di tempo a scapito di capacità ritenute pratiche nel mondo utilitaristico e competitivo. Crescendo si tende a rinunciare al piacere del gioco e a occultare per pudore le proprie fantasie che pure, come per il poeta, a volte fungono da catarsi e appagamento di desideri insoddisfatti, come notò Freud.
Anche in un setting terapeutico ci si potrebbe avvalere dei giochi di parole, tra il distacco del silenzio psicoanalitico e l'oscurità dell'eccesso verbale. Con rime, slogan, assonanze, metafore, frasi brevi che condensano significati profondi, per raggiungere la mente con efficace immediatezza, con lo scopo di un cambiamento.
L'amore stesso richiede di saper entrare in una “stanza dei giochi” - cos'è l'erotismo se non gioco? - dove da complici si reinventano i desideri e la leggerezza della parola ammaliante. Dove se c'è un tempo in cui se ne esce, è arrivata la cupezza della gravità e della noia. A volte il tragico nella vita di coppia è che soltanto uno dei due ha voglia di giocare, o nonostante le vicende avverse, gli permane tale stato di grazia.
E se la vita fosse gioco? Non rinunciate a tale risorsa, perchè l'esistenza sarebbe ben povera.
Se apprezzate lo spirito giocoso, come lo manifestate o riconoscete?
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