Esisto quindi devo essere, ma il mio essere vuole veramente esistere?
Il tempo passa ed un po’ mi cambia, anche se all’incirca sono la persona di sempre, eppure guardandomi indietro, verso il passato, mi accorgo di avere avuto altre facce, o almeno altri modi di vedermi. Quello attuale lo considero più veritiero in quanto frutto degli ultimi risultati ottenuti dalla mia ricerca esistenziale.
L’esistenza è un concetto fortemente legato al tempo e forse all’essere questo da fastidio. Probabilmente i disagi esistenziali sorgono perché si vorrebbe essere qualcosa che il periodo in cui si esiste rende difficile o impossibile realizzare. A volte credo che il mio essere sia troppo pigro per sopportare la continua dinamicità dell’esistenza. In questi momenti mi sento il dovere di spronarmi perché in cuor mio mi accorgo di desiderare la morte o almeno una pace.
Altre volte mi ritrovo insoddisfatto per ciò che sono perché non adatto ad affrontare certe situazioni a cui mi trovo davanti, e per rabbia oppure per sport, decido di affrontarle con la speranza di potermi migliorare.
In conclusione ritengo che il mio essere non abbia voglia di esistere, ma al tempo stesso ritengo il non esistere doloroso, forse grazie al piacere che credo sia l’unico motivo valido per continuare a vivere, una vera e propria droga, la quale causa al mio essere assuefazione e senza di essa starebbe male. Probabilmente c’è un che di coraggioso nei folli che decidono di smettere di far uso di tale sostanza.
Eppure tale sostanza secondo me è sacra, forse più della mio stesso essere. Io ritengo il creato più che un dono, un pasticcio del dio (ammesso che esista), un opera riuscita male, ma mossa da buone intenzioni. Come Deirdre afferma, siamo su questa terra con i piedi per terra e la testa fra le nuvole, ciò perché a mio avviso la carne finisce per rendere prigioniero lo spirito anziché elevarne la magnificenza come avrebbe dovuto essere se il demiurgo non avesse sbagliato qualcosa.
Tuttavia a dimostrare le buone intenzioni del creatore, esiste il piacere, quella famosa droga che serve un po’ per rimediare al pasticcio combinato. Ed essa è la soluzione provvisoria (o forse definitiva?) che egli ha apportato al problema che ha causato, lo ritengo l’ultimo dono, quello che da senso a questo meraviglioso mondo abortito.
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