Prescindendo dal fatto che originariamente le due parole identificassero un uguale concetto, I due termini erano abitualmente considerati dei sinonimi, in quanto il latino mos-moris (cioè "morale") non è altro che la traduzione del greco ethos (cioè etica). E saltando l’interpretazione di Hegel, per cui il termine "morale" viene riservato alla morale individuale e il termine "etica" viene a designare la morale sociale secondo me, (ma forse non solo secondo me), i due termini possono avere oggi implicazioni diverse.
Se entrambi trattano di “ciò che è bene e di ciò che non è bene” la morale è diventata un “dictat” esterno di chi ha il monopolio del bene e del male, cioè delle religioni, mentre l’etica può identificare il sentire intimo di ogni uomo che lo porta a riconoscere il bene ed il male dentro se stesso. La morale è esterna, l’etica è interiore. La morale è religiosa, l’etica è laica.
La morale diventata legge, scolpita nella roccia, che dice agli uomini il bene ed il male, ci deresponsabilizza e delegittima il nostro intelletto e ci disincentiva dal fare il bene, in quanto l’eventuale merito va ai depositari della legge e non ha noi. Siamo in pratica caricati di oneri e svuotati di onori.
Dalla morale nasce la virtù, che è principalmente osservanza dei doveri. Ma il dovere, imposto dall’esterno, diventa spesso momento di dissoluzione della nostra egoità, contro la nostra stessa volontà, il che è destabilizzante per noi e per chi ci stà vicino.
La legge scolpita dentro di noi, (l’etica), se coltivata ci rende forti, in quanto la volontà di bene è un qualche cosa di intimo nostro, quasi un bisogno che ci guida verso il bene, risolvendosi in quell’Eccellenza, di memoria Omerica, che oltre essere benefica per gli altri appaga la nostra egoità.
Sperando di essermi capito….. spero tanto, ma tanto, ma tanto che mi capiate anche voi, perché altrimenti qui si fa notte.