Vi prospetto un tentativo di soluzione del famoso e classico "Paradosso dell'avvocato", che è emintemente di natura logica, pur avendo profili giuridici; senza considerare che, il Diritto, non è che la Logica quando si sporca le mani, mettendole nella realtà.
Ne "Le notti attiche" di Aulo Gellio, si narra che Protagora aveva insegnato l'arte oratoria e giuridica a Evatlo, un ragazzo intelligente, ma che non poteva pagarsi gli insegnamenti del filosofo.
Pertanto, si accordarono così: appena Evatlo avesse vinto la sua prima causa legale avrebbe dovuto pagare Protagora (condizione sospensiva, incerta nell'"an" e nel "quando").
Terminati gli studi, però, Evatlo non iniziò mai la carriera di avvocato, per darsi alla politica.
Protagora, alquanto imbufalito, sollecitò ripetutamente Evatlo al pagamento dei suoi onorari; ma il furbastro gli rispose che, come da accordi presi, avrebbe dovuto pagarlo non appena avesse vinto la sua prima causa... e questo ancora non era ancora avvenuto.
Di conseguenza, Protagora trascinò il su ex allievo in giudizio con l'intento di farsi pagare.
Il giovane, sicuro di aver ragione, e comunque essendo un avvocato ormai "abilitato" dagli insegnamenti del filosofo (e, soprattutto, un sofista anche lui), decise di difendersi da solo.
Al riguardo, vi riporto, in sintesi, i ragionamenti di entrambi (secondo l'aporia di Gellio):
I) RAGIONAMENTO DI PROTAGORA
a) se Evatlo avesse vinto, avrebbe dovuto pagarlo in base all'accordo, perché si sarebbe verificata la condizione di aver vinto la sua prima causa;
b) se Evatlo avesse perso, avrebbe dovuto pagarlo comunque per effetto della sentenza.
II) RAGIONAMENTO DI EVATLO
a) se Evatlo avesse vinto, non avrebbe dovuto pagare Protagora per effetto della sentenza;
b) se Evatlo avesse perso, non avrebbe dovuto pagare Protagora perché non si sarebbe verificata la condizione di aver vinto la sua prima causa.
Chi aveva ragione?
Evatlo o Protagora?
Non si sa come andò a finire...e la questione è rimasta storicamente una aporia.
Ma, a mio modesto parere, una soluzione c'è, sia sotto il profilo logico, sia sotto quello giuridico (anche per come funzionava il diritto dell'epoca, a quanto ne so).
PROTAGORA
Il ragionamento di Protagora è giuridicamente (ed anche logicamente) scorretto, perchè se Evatlo avesse vinto la causa, Protagora non avrebbe potuto utilizzare a suo vantaggio la sentenza favorevole al suo avversario; la quale sanciva, giuridicamente, che Evatlo non aveva alcun obbligo di pagare (a prescindere dalla motivazione, più o meno discutibile, della pronuncia).
"Res iudicata facit de albo nigrum, originem creat, aequat quadrata rotundis, et falsum in verum mutat."
Il brocardo latino, valeva pure per i Greci.
E' vero che avrebbe dovuto pagarlo in base all'accordo, perché si sarebbe verificata la condizione di aver vinto la sua prima causa; ma Protagora non avrebbe mai potuto invocare l'accordo civilistico, in contrasto con la pubblica sentenza ormai emanata.
In effetti, la "condizione sospensiva" dell'accordo, veniva a realizzarsi, solo DOPO che la sentenza favorevole ad Evatlo fosse stata emanata.
Una volta avvenuto ciò, nulla, però, impediva a Protagora di appellarla, ovvero, se passata in giudicato, di intentare una "nuova" causa ad Evatlo, essendosi "de iure" verificata la condizione, che costituiva il presupposto dell'obbligo del pagamento dell'onorario da Evatlo a lui.
Cioè, la sentenza che sanciva la sua prima vittoria giudiziaria.
Ed invero, in campo civile, non sussiste il divieto del "nel bis in idem" -penale-, per cui (sin dai tempi dell'antica Grecia), si può intentare una nuova causa per la stessa questione, se cambiano i presupposti dell'azione legale.
Come in questa fattispecie.
EVATLO
Il ragionamento di Evatlo è giuridicamente (ed anche logicamente) , perchè se Evatlo avesse perso la causa, Protagora avrebbe potuto sicuramente utilizzare la sentenza di condanna, se rilasciata in forma esecutiva, per riscuotere i suoi soldi; la quale sanciva, giuridicamente, che Evatlo era obbligato di pagare, a prescindere dalla motivazione della pronuncia.
E' vero che, in base all'accordo, non avrebbe dovuto pagarlo, perché non si sarebbe verificata la condizione di aver vinto la sua prima causa; ma non avrebbe mai potuto invocare l'accordo civilistico, in contrasto con la pubblica sentenza di condanna, ormai emanata.
In effetti, la "condizione sospensiva" dell'accordo, veniva a risultare ancora "sospesa", dopo che la sentenza favorevole a Protagora fosse passata in giudicato.
Perchè Evatlo non aveva ancora vinto nessuna causa; anzi, la prima causa da lui dibattuta, l'aveva persa.
Una volta avvenuto ciò, però, nulla però impediva a Evatlo di appellarsi, ovvero, in caso di "giudicato", di intentare una "nuova" causa a Protagora, non essendosi ancora, "de iure" verificata la condizione, che costituiva il presupposto dell'obbligo del pagamento dell'onorario da Evatlo a lui (come la prima sentenza, sfavorevole, certificava).
Probabilmente, la nuova causa l'avrebbe vinta Evatlo, e Protagora avrebbe dovuto restituirgli i soldi.
Ma, avendo finalmente vinto una causa, Protagora poteva intentare ancora una "nuova" causa ad Evatlo, essendosi "de iure" verificata la condizione, che costituiva il presupposto dell'obbligo del pagamento dell'onorario da Evatlo a lui.
Cioè, la sentenza che sanciva la sua prima vittoria giudiziaria, sia pure al secondo tentativo.
Quindi, alla fine, quantomeno dopo due o tre cause, secondo me Evatlo avrebbe dovuto comunque sganciare i soldi.