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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
08-06-2014, 03.19.39 | #3 |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-01-2013
Messaggi: 331
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Perchè ce l'hai su con Nietzsche?
Comunque...chi si accontenta gode lo intendo anch'io in senso negativo. Non è però questione di valore, di azione, come mi sembra l'hai anti-interpretato tu, quanto di mantenimento dell'idea che io ho di me. Questo è il fio di una supposts saggezza, quella del limite, della misura, del saper calcolare. Proprio Nietzche, parla di umanità che si è messa in catene per essere più felice, più masueta, più spirituale per dirla infine. Quello che manca, ora che siamo spirituali è proprio l'abbandono di quelle catene. Chi si accontenta gode è un proverbio contadino, oggi invecchiato male. infatti quello che vogliamo è esattamente quello che scrivi, azione, differenza, in una sola parola volontà di potenza. Attenzione a dare valore alla volontà di potenza, da lì ai fascismi il passo è breve. La volontà di potenza "liberata" è invece prassi di relazione, di continuo scontro, agone con gli uomini e con le cose, a livello individuale mai sociale. cave canem! |
08-06-2014, 14.07.29 | #4 |
weird dreams
Data registrazione: 22-05-2005
Messaggi: 483
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Dico che il migliore controllo sul proprio umore lo si ha quando si sente chiaramente quello che si fa (quando sentire e agire si determinano vicendevolmente nel modo più diretto). Le uniche cose a cui rinuncio volentieri sono le mie pretese.
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08-06-2014, 22.46.00 | #5 |
Ospite
Data registrazione: 20-08-2013
Messaggi: 67
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Salve gyta, sono d'accordo nell'affermare che il detto che sta a titolo sia riduttivo non approfondendo la valenza d'accontenarsi e di godere. Poichè accontentandosi a priori si resterà invinghiati irrimediabilmente al condizionamento esterno assumendo un'aspetto passivo nei confronti della vita e un continuo modificarsi della propria natura in relazione a qualcos'altro che incide nel nostro sentimento o stato interiore. Però nell'icona del saggio, in un certo senso anche stoico, non c'è una passività latente nei confronti del reale, alla quale ci si adegua, ma un totale discernimento dal reale, che sia esso sofferenza, serenità o felicità senza esserne condizionato nel proprio stato interiore. Accontentarsi sarebbe arrendersi agli eventi, discernere invece averne libertà d'affrontarli razionalmente, non praticando l'atarassia, ma scegliendo il modo con cui rapportarsi con essi.
Un esempio pratico: un uomo vive in una situazione precaria e faticosa, se s'accontentasse ugualmente sarebbero gli eventi a giocare con lui togliendoli la facoltà di libero arbitrio (che comunque a parer mio non esiste in maniera assoluta nell'uomo), il saggio invece conservando il suo stato interiore di serenità sceglierà quale sia il modo migliore di rapportarsi alla situazione per migliorarla e se gli andasse bene o male (a causa di fattori esterni che non sono sotto la nostra influenza) non ne sarà condizionato, non ha bisogno di quell'esaltazione data dall'evento esterno poichè la ritrova nella sua sicurezza interiore condizionabile sol da se stesso, decidendo anche se volesse di godere dell'evento voluttuoso. Colui che s'accontenta è incappato nelle sabbie mobili. Basti vedere anche in una situazione di pericolo dove il modo d'agire è determinante quale dei due sarebbe quello che ne perirebbe sicuramente. Questo stralcio di Emerson è illuminante visto sotto un'ottica secondo la quale in solitudine dobbiamo vivere secondo noi stessi od imparare a farlo, così che non si perda l'individualità : "È facile, nel mondo, vivere secondo l'opinione del mondo; è facile, in solitudine, vivere secondo noi stessi; ma l'uomo grande è colui che in mezzo alla folla conserva con perfetta serenità l'indipendenza della solitudine" Oramai nella civiltà moderna il condizionamento esterno che agisce, su chi si accontenta, è sempre più volontario e perforante. Lo si ritrova nei mass media, nelle corporazioni globali, nella demegogia politica allo stesso modo di come nel medioevo faceva la religione. C'è quindi una volontà, al limite dell' indiretto, che plasma l'individuo spingendolo ad accontentarsi di un certo standard (che può essere una forma di governo o l'auto per uscire il sabato) in modo che ne venga mantenuto lo status quo. Il popolo è piuttosto abituato a giungere ad un compromesso svendendo la sua libertà in cambio di una forma di sicurezza e comodità (che talvolta è solo forma senza sostanza). Incisiva proprio in questo caso sarebbe la figura del saggio che libero dai condizionamenti indotti manterrebbe la sua libertà(almeno interiore) e soprattutto il suo giudizio critico, poichè è l'atrofizzarsi di questo che porta infine all'accontentarsi o all'essere plasmato. Senza discernimento non possiamo distinguere ciò che è nostro da ciò che pensiamo essere nostro ma che invece è stato condizionato inconsciamente. Che ne è dell'uomo indipendente? Che ne è del coraggio ? Che ne è del desiderio di libertà? Che ne è della nostra natura? Che ne è dell'unicità? Soffocati, oscurati nelle masse da ciò che gli abbraccia strizzando un occhio comprando la loro sottomissione. Significati che si tramutano in significanti. Al di là dell'analisi però è facile e alla portata di tutti essere pessimisti, la vera sfida è essere ottimisti e muovere dei passi verso il miglioramento o almeno capire come farlo. I perchè del presente credo siano chiari alla piccola parte che dell'intelletto non ne ha fatto una mera protesi, come questo forum, oasi in un web colmo di spazzatura. Ma come mostrare alle masse che si sono accontentate e all'individuo che ha compromesso la sua libertà? Come far rivalutare all'etica il valore dell'unicità e dell'originalità dell'inidividuo? Come insegnare e come raggiungere tutti a far sbocciare, o meglio, ritrovare il proprio spirito critico? Come risolvere la paura che offusca il desiderio di libertà? |
10-06-2014, 07.03.57 | #6 |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-08-2009
Messaggi: 154
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Ciò a cui tendiamo deve corrispondere al nostro valore interiore, a quello che sappiamo di essere, alle nostre capacità.
Evitando di sopravvalutarci, per non rischiare di strafare, per non sentirsi dio e pretendere tutto a tutti i costi. Martin Luther King: Se non puoi essere un pino sul monte sii una saggina nella valle, ma sii la migliore piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere, poi mettiti a realizzarlo nella vita. E questo non significa accontentarsi. Ultima modifica di jador : 10-06-2014 alle ore 08.05.10. |
14-06-2014, 20.57.28 | #7 | |
Ospite
Data registrazione: 26-12-2012
Messaggi: 111
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Citazione:
Il mio personale parere che chi si accontenta di ciò che possiede,ma perchè quel che ha sono cose amate allora si..può godere.Ma se invece si accontenta solo per paura dell'ignoto,di perdere dei "rami secchi"..di non avanzare nella vita..allora povero...piange...... |
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15-06-2014, 18.15.39 | #8 |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Sul tempio di Apollo a Delfi stava scritto "Uomo conosci te stesso". Conoscere se stessi non significa accontentarsi di se stessi, ma rendersi contenti di ciò che si è, perché altro non si può essere.
Questo non significa dunque in alcun modo un dovere rassegnato di accontentarsi sempre e comunque di ciò che ci accade e nemmeno di ribellarsi a tutti i costi a ciò che ci accade, ma di vivere ciò che ci accade per quello che consapevolmente sappiamo in noi stessi di essere, nel nostro modo di porci verso ogni specifico accadimento. |
05-07-2014, 07.55.23 | #9 | ||
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Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Partendo dalla più elementare osservazione sulla caratteristiche della mente umana,
la capacità di imparare, non vi è nulla di congenitamente ineluttabile che tale non si voglia rendere. Molte menti si dedicano all’osservazione dei comportamenti umani senza giungere ad osservare in piena luce ciò che nel profondo li determina, non differentemente da un matematico che si ostini a dimostrare l’inefficacia di un metodo aggirandone il fine. In questa discussione ho cercato di evidenziare questa dinamica cercando di portare l’attenzione a quei valori che fanno da riferimento emulativo nel sociale ed attraverso le susseguenti generazioni. Mi accorgo ora che l’indirizzo generale d’interpretazione coglie di fatto il riflesso evitando fondamentalmente il nocciolo: l’imperativo sottostante verso l’ emulazione incontrastata quella di un apparente benessere e della sua relativa contestuale epidermica leggerezza, identità accomunante di delega sotterranea affinché ci si riconosca in appartenenza pur a niente ed a nessuno appartenendo, perifrasi non di “se dio è morto tutto è lecito” ma “se l’uomo è l’astratto sociale allora è delega pertanto essendo delega fondamentalmente è rinuncia all’identità allora non dio ma l’uomo in quanto essere è tacitamente fondamentalmente morto”. Il “conosci te stesso” suggerito dall’oracolo diviene in tale contesto null’altro che formula d’appartenenza a quel sociale la cui epidermica leggerezza è marchiata al suono inudito di quel medesimo adagio divenuto a sua volta sovrastruttura culturale. Così nell’apparente culto dell’introspezione si alimenta e si consolida quella sordità all’osservazione diretta e di emulazione in emulazione il tangibile diviene intangibile e la metafisica (diviene) parola-artificio volta a coprire secoli e secoli di memoria interrata, poiché un sentire per davvero proprio sarà dunque impossibile a rintracciarsi sotto cumuli di astrazioni coattamente ereditate. La conoscenza [la verità in riferimento ad un altro 3d quello di gorgia ] in tal modo null’altro resta essere che arte retorica atta alla manipolazione del pensiero, al monopolio del costrutto concettuale (o opinione) che di quell’intangibilità nullificante fa il suo centro [seppure occultato da fatiscente forma referenziale]. Citazione:
Citazione:
Penso (rispondo): unicamente attraverso l’analisi e la coscienza profonda di quel sistema di pensiero attraverso cui crediamo nostro il pensiero ultimo che pensiamo ci appartenga e le cui radici s’intrecciano sotterranee ad un modello di valori che nemmeno rintracciamo se non allo stadio ultimo in cui un apparente sorriso s’impone ad un più autentico possibile dubbio. Ecco allora che l’immaginario sotterraneo occultato decide nostro malgrado l’inautenticità del nostro sentire e ci poniamo l’uni agli altri come se quella coscienza e quella identità per davvero ci appartenesse nel profondo salvo minimizzare poi di fronte a visioni inconsuete che ci chiedono ben altra coscienza di essere.. di fronte a queste filosofiamo per bocca di altri filosofi (Green, Nietzsche era solo un esempio del mimare per bocca altrui!) e recitiamo i mantra dell’impegno personale mentre in realtà il burattinaio di turno tira i fili da dietro il sipario e ci si crede spesso e volentieri liberi quando nemmeno un grammo di quella libertà di pensiero probabilmente ci ha mai sfiorati nel profondo.. così.. in attesa di altri Martin Luther King di altri totem di altri tabù a cui delegare il nostro potere decisionale.. La mia discussione intendeva porre l’attenzione su quanto di autentico animi per davvero i nostri percorsi e quanto invece non sia risultato di quel tacito, sotterraneo, socialmente “corretto” abbraccio ipotetico ad un più quieto (pigro? defunto?) vivere.. pur se tal quieto vivere ci gambizza lentamente inesorabilmente e nel privato e nel politico.. |
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29-11-2014, 20.15.18 | #10 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 23-11-2014
Messaggi: 168
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Riferimento: Chi si accontenta gode?
Il termine chi si accontenta gode è riferito ad un equilibrio interiore, non fatto di beni materiali, vuol dire che se t' impari ad accontentarti, arricchirài la tua anima che cerca di colmare i tuoi senzi di vuoto con i beni materiali..ricordiamoci che nella vita c'è chi è felice con niente e chi è triste con tanto.. ,
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