ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
|
Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Culturali e Sociali |
19-05-2006, 22.59.52 | #1 |
L' Emigrato
Data registrazione: 26-05-2004
Messaggi: 637
|
Tornare Nel Bel Paese ?
Parigi, dicembre 05
Sono appena andato in pensione, dopo ventuno anni di Francia. Durante i quali ho potuto realizzarmi senza trovare ostacoli anormali, senza imprevisti o vischiosità di ambiente. Raggiungimento dei miei obiettivi di lavoro ? Facile, solo con l’impegno. Col quale ho superato la sfida di lavorare in un ambiente europeo, competitivo. Mio fratello, da Roma, mi chiede: Allora torni ? Gli rispondo: fossi fesso ! Gli spiego poi che, se la qualità di vita a Roma si avvicinasse a quella media europea a nord delle Alpi, sarei pronto a tornare. Mia figlia mi chiede: Perché, la qualità di vita, spesso in Italia, é differente ? Risposta: se quarant’anni fa la qualità di vita a Roma era paragonabile a quella delle altre capitali europee, negli ultimi lustri é successo qualcosa. Livia vuol sapere di più, anche perché si sta laureando. Poi non si contenta di sentire “é successo qualcosa”. Mi assale un dubbio, riusciro’ a spiegarglielo ? Son tante le cose peggiorate, facile fare una lista. Ma come metterle in ordine logico perché una giovane capisse “chi ha provocato cosa, e perché” ? Il concatenamento delle cause ed effetti credo sia ricostruibile. In generale, anche perché da una regione all’altra, possono esserci state differenze, specie nei tempi. Alla base, un paio di piccoli tarli da sempre nel nostro DNA. La flessibilità, che avrebbe dovuto essere una buona cosa, almeno per gli esportatori. La preferenza per l’improvvisazione e per le attività iniziate e portate avanti, senza rotture di scatole come organizzazione o chiarezza di divisioni e ruoli. Siamo o non siamo famosi per l’intuito ? Con l’intuito si arriva sempre. E poi c’é più gusto ! E infatti nel dopoguerra ci fu l’esplosione dell’economia italiana, d’altronde, mi risulta, abbastanza ammirata in Europa. Fu un’esplosione facile e piena di successi. Merito della nostra creatività. E poi era un’epoca in cui c’era meno competizione, il ritmo delle attività economiche era meno rapido, il villaggio globale poi non c’era. C’era ancora abbastanza serietà, da permettere lo sviluppo di un Paese. Nella seconda metà del secolo scorso oratori volenterosi insegnavano nelle piazze la democrazia. Fra loro anche qualche meridionale, uso a gestire famiglie e affari con paternalismo, compari aiutando. La gran parte di quelli che erano arrivati alla fine della guerra e del fascismo, erano entusiasti, avevano voglia di costruire, erano in buona fede. Ma qualche meridionale, infilatosi nei palazzi del potere parlando democrazia, inizio’ a tessere le fila degli affari fra amici, servendosi del sottobosco culturale in agguato.. Furono creati associazioni, industrie del parastato, partiti. File di aspiranti gerarchi del fascio sparirono. Come era già successo altre volte, chi ebbe più fiuto, per meglio scalare le nuove strutture, gonfiò il numero di chi asseriva essere stato dall’altra parte. Enormi file di “resistenti” si crearono, i quali avrebbero un giorno avuto diritto ad un occhio di riguardo, o come minimo ad una raccomandazione. Era tale il numero, che qualcuno chiese: “ma allora, chi era fascista ?” Nacque pian piano, guardinga all’inizio, una nuova classe di politici, con nuovi comportamenti, capaci di condizionare, trafficare , intermediare poteri e percentuali, nell’interesse proprio e del proprio clan. Chiamiamolo affari-politismo, commistione di affarismo privato, o di clans, e poteri politici. Sciascia scrisse che “la mentalità mafiosa si estese dalla Sicilia verso il Nord con una velocità di 100 km/anno”. Penso dicesse la verità. I settentrionali in buona parte non si occuparono di quanto avveniva nei palazzi del potere politico. Curarono i loro commerci e potenziarono nuove attività, svilupparono l’industria privata. Inventarono un nuovo tessuto produttivo, con comportamenti circa mittle-europei (allora). Un giorno, prima della fine secolo, arrivarono il villaggio globale ed il mercato comune. I quali determinarono un’accelerazione dei ritmi delle economie. La mancata cura della chiarezza e di capacità organizzative e di programmazione, tarli inizialmente contenuti e senza apparenti conseguenze, si rivelo’, per l’aumento dei ritmi dell’economia, un boomerang. Le attività economiche che erano male organizzate, entrarono in tilt. Anche a causa del deterioramento dei meccanismi statali e parastatali. Infatti la selezione degli alti dirigenti, nello stato e nel parastato (questo piuttosto vasto) non avvenne con criteri sempre limpidi. Si diffuse il comparaggio, si formarono clans e confraternite, talvolta di gente della stessa provincia o partito. Si formarono insomma delle cordate. Obiettivo era talvolta impadronirsi di una grossa struttura. Ovviamente con frequenti asserzioni di buone intenzioni. Poiché i posti politici erano garantiti dal clan, perché impegnarsi ? Si diffuse l’uso della doppia verità. Sulla scena si affiggeva il cartello della propria responsabilità e del proprio ruolo. Nelle stanze chiuse iniziarono i traffici di influenze, negoziati di corridoio. Nacque un esercito di galoppini di collegamento fra i vari palazzi del potere, si mercanteggio’ in angoli bui di stanze segrete voti e prebende. Per scopi privati o di clans, inizio’il condizionamento di partiti, ognuno dei quali alzava una bandiera diversa, ma sempre democratica. Il linguaggio doppio si diffuse poi anche fuori dei palazzi del potere. Oggi esso distingue, per la sua diffusione, il nostro Paese da tanti Paesi avanzati della U.E. Inizio’ la commistione di contratti pubblici e interessi di partito, talvolta anche di interessi privati. L’estensione a macchia d’olio di negoziati e prebende arrivo’ in tante province. I primi imprenditori ovviamente reagirono alle proposte di percentuali di ritorno nei contratti pubblici. Ma potettero resistere solo per un po’. Poi capirono quale musica bisognava suonare per avere buoni contratti. La concorrenze di cordate diverse nella ripartizioni di percentuali e prebende, fece distrarre gli alti dirigenti del pubblico dai compiti loro assegnati. Divenne sempre più diffuso l’uso del proprio tempo ed energie per il lavoro in sottofondo piuttosto che per la macchina dello stato. I cittadini, poiché questo cambiamento di abitudini all’inizio fu lento, prima si meravigliarono, poi si abituarono. Ora sono rassegnati all’inevitabile. Infatti la gestione di tanti ruoli pubblici di alto e medio calibro con fini e visioni di parte si é tanto diffusa. E poi una mano lava l’altra. In pratica si arrivo’ all’assurdo: nessuno é più responsabile, se qualche ruota non gira. Quando si parla di promozioni pero’, si diventa tutti attivi e si inventa l’impegno e l’attivismo. Sceneggiata italiana, quando é ben presentata la si puo’ chiamare commedia dell’Arte. Aveva ragione Goëte, il quale scrisse nel Viaggio in Italia, in un altro secolo: “Andate in Italia. Ma attenzione. Sono tutti furbi !”. La furberia ha distrutto la società. Essa ha ormai un’aspetto molto diverso rispetto a tanti Paesi U.E.: non ci sono né colpevoli né responsabili, per ogni inconveniente. E come potrebbe essere altrimenti, in una società ove tutto é divenuto approssimativo ? In due parole: in trent’anni son cambiati i comportamenti. Il livello di soglia dei comportamenti accettabili si é abbassato (dall’altezza della fronte a quella delle fogne). All’inizio del XXI secolo, improvvisamente ci si accorge che l’economia italiana perde colpi, fatica a competere. Io direi, ci penso da qualche annetto: non é eccessivo pretendere la competitività, se il Paese é disastrato, anzi una parte di esso non funziona ? Si puo’ avere competitività in una società che arranca ? A ognuno la sua risposta. Antonio Greco (consulente in TLC, ex funzionario europeo, Parigi) ANGREMA@wanadoo.fr (il sottoscritto é disponibile per una presentazione sulle cause dei guai italiani, davanti a pubblico qualificato e interessato a arrestare il degrado accelerato del sistema Italia) |
25-05-2006, 16.16.02 | #3 |
L' Emigrato
Data registrazione: 26-05-2004
Messaggi: 637
|
PROBLEMI FRANCESI
Ciao Monica,
non penso affatto che l' economia francese vada bene. Ha problemi enormi, per motivi ben diversi da quelli italiani. Se sei interessata all' argom. inviami il tuo indirizzo, ti copierei la lettera che sto inviando a Villepin, per dirgli che potrebbe far qualcosa di buono per l' economia. Il problema é che glie lo deve suggerire uno straniero, perché un Francese non lo vede. Quello che hanno in Francia, di bello: un' amministrazione perfettamente funzionante, a livello nazionale e locale. Anzi forse i Francesi sono fra i migliori "gestionnaires" d' Europa. FRANCIA, IL PAESE DELLE REGOLE ITALIA, LE REGOLE SONO COME IL TEMPO: DIPENDE.... Discorrendo con un altro emigrato a Parigi, facciamo il punto. La crisi in atto in Italia, conveniamo, potrà meglio essere combattuta se facciamo qualche paragone con il resto dell’ Europa. Dopo, sarà più facilmente possibile identificare qualche handicap di cui forse occorrerà liberarsi. L’ amico mi dice “le nostre regole sono antiquate”. Gli rispondo: “Prima di dire che abbiamo delle regole, dimostrami che esse non stanno solo sulla carta, ma sono applicate”. Come é in genere nei Paesi della U.E. Il dialogo allora si sposta: “Cerchiamo di capire perché gli Italiani sono l’ eccezione della U.E.. Seguono le regole quando ...... il tempo é buono. Ma, se il tempo cambia......”. L’ esempio francese. Nella cultura e nel DNA dei Francesi ci sono geni latini e geni germanici (i Franchi erano germanici). Dai latini i Francesi hanno ereditato una certa tendenza alla confusione (le bordel, in francese). Ma la loro logica, molto diffusa in ogni angolo del Paese, forse dovuta anche al posto privilegiato che la matematica ha nell’ insegnamento, ha permesso loro di ridimensionare questa tendenza alla confusione. Anche per il grande uso, sempre di derivazione germanica, della disciplina. E con l’ inquadramento di ogni situazione sociale in una casistica o in un quadro esplicativo. E, infine, con molta regolamentazione. Nella vita sociale francese, a ogni situazione ci puo’ essere la relativa regola da seguire. Tante regole sembrano inalterate da decenni. Esse infatti danno risultati costanti e possono ostacolare le evoluzioni. Di conseguenza, la vita di un Francese (o almeno di un parigino) non é semplice. Anche perché i Francesi le seguono, le regole. Sarà questo il motivo per cui i Francesi sono stati definiti degli “Italiani di cattivo umore” ? A Parigi, infatti, il cattivo umore é facilmente visibile. La stampa nazionale parla del problema, coll’ avvento della U.E., della mancanza di creatività e d’ iniziativa. Con ripercussioni sul quadro economico. Ma non spiega come la creatività e l’iniziativa potrebbero svilupparsi nel Paese delle regole. Nel Paese dove, in classe, é spesso mal tollerato che un alunno prenda la parola. Ci si accorge anche, a Parigi, che le variazioni di comportamento fra diverse persone sono limitate. Mi sono persino chiesto se ci sono variazioni nei processi mentali di persone diverse, le quali seguono, con costanza e convinzione, le stesse regole. Ma le regole sono troppe. Persino gli alberi dei giardini pubblici sono soggetti ad una regolamentazione. Come le intelligenze sono modellate (si potrebbe dire stampate) dal sistema scolastico, granitico, quasi staliniano (il cui più grosso problema é l’échec scolastico), cosi gli alberi sono standardizzati dai giardinieri. Nei giardini prevalgono i coni e i cubi. Con un po’ di fantasia, un giardiniere puo’ arrischiare una sfera. L’ incanto della natura, dello sviluppo vegetale, con tali eccessi, ha difficoltà ad apparire. Ma, per un Francese, i giardini devono essere cosi, inquadrati. Come la loro vita. L’ esempio italiano Uno dei motivi per cui la società italiana funziona sempre meno (in talune regioni c’é oggi un’ evoluzione, negativa purtroppo): ognuno puo’ farsi la sua interpretazione personale delle regole. Severgnini ha scritto “tanti Italiani si fanno il proprio codice à la carte”. In tante situazioni sociali, la reazione del sistema alla richiesta del cittadino é, troppo spesso, imprevedibile. Quando non nulla. Un altro fattore che concorre alla inaffidabilità sociale in aumento, ormai. Purtroppo non é il solo. La mia valutazione: se le nostre regole fossero scritte come in Francia, chiare, precise, indiscutibili, metalliche, una sola interpretazione, allora gli Italiani forse le seguirebbero. Ma per poter arrivare a tanto, parecchie condizioni sarebbero necessarie. La prima: condannare ed estirpare il doppio linguaggio (in pratica, avvicinarsi all’ Europa). Il quale é una delle tante fonti della inaffidabilità sociale odierna. Occorrerebbe imparare che c’é una sola verità. E anche una sola giustizia. Sarà possibile ? Per ora no, bisognerebbe, io credo, prima eliminare la confusione. Il casino cioé. Ma non é la sola condizione, ce ne sono ben altre. Se la società italiana si avviasse verso la chiarezza di espressione (cristalclear), ne avremmo alcune conseguenze. Anzitutto nella vita sociale diminuirebbero i contenziosi. Manderemmo qualche avvocato a spasso, ma forse disintaseremmo i corridoi dei palazzi di giustizia. Quei corridoi ove oggi ci vogliono i semafori. La gestione dei contratti, privati o pubblici, sarebbe meno costosa. L’ interesse privato in atti d’ ufficio, ora diffuso mi sembra, sarebbe meno facilitato. Potremmo persino immaginare che i funzionari pubblici diventino responsabili. Oggi non lo sono, con la regolamentazione e il codice che ci ritroviamo. Nel sistema fiscale poi, per fare un altro esempio, si potrebbe eliminare la specialità italiana del condono, annuale o semestrale. Nelle assemblee infine, di qualsiasi tipo, parlamentari o condominiali, sarebbe più facile concordare delle conclusioni e delle linee di azione. Cioé fare come in Europa........Molto meglio che litigare...... Un sogno Ancora un esempio delle conseguenze della chiarezza (se la instaurassimo un giorno come obbligatoria). Forse sarebbe scoraggiata l’ approssimazione, oggi troppo diffusa. Inoltre non avremmo più il primato europeo dei giorni di sciopero. Ma, sopratutto si potrebbe dire agli Italiani: le regole ora sono chiare, seguitele. Si potrebbe allora cominciare con la severità, buttando dalla finestra l’ impunità garantita. La società italiana potrebbe divenire affidabile. L’ economia ne guadagnerebbe. E solo un sogno, o potrà essere realtà ? Io credo che dipenda dalla maturità di una società. Nel senso che una società matura e responsabile sa rinnovarsi (anche per divenire europea). Riletterci su ? Italiani e Francesi, popoli cugini. Fratelli, non direi, siamo agli opposti. E se collaborassimo in qualche settore ? Allora i Francesi potrebbero mostrarci come si gestisce efficacemente un macrosistema (un Paese, una regione, una multinazionale). Noi potremmo mostrare loro come nasce sui banchi della scuola la creatività, l’ iniziativa. Permetteremmo loro di commercializzare meglio i prodotti della loro organizzazione e della loro industria. Ma soprattutto, essi potrebbero liberarsi, col nostro aiuto, del problema nazionale: l’ échec scolaire. Se invece restiamo ognuno col nostro orgoglio, rischiamo di essere stritolati dal Villaggio Globale. Sarebbe come darla vinta agli asiatici. Antonio Greco ANGREMA@wanadoo.fr (disponibile per una presentazione delle cause dei guai italiani) |