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Vecchio 08-05-2006, 10.48.55   #1
klee
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La donna mascherata simbolo di trasgressione

La donna mascherata simbolo di trasgressione




"Una maschera racconta molto più di un volto" sentenziava con lapidaria saggezza Oscar Wilde.

E come dargli torto se ancora oggi il tema della dissimulazione ironica della propria identità resta al centro delle riflessioni dei più colti demiurghi dello stile? La moda stessa, sistema linguistico assai efficace e spesso immediato nella carica simbolica delle immagini che lo rappresentano, non ha mai cessato di insinuarsi nelle pieghe più riposte dell’ambiguità.
Non è quindi un caso che il rito del mascheramento sia particolarmente in auge nel secolo dei lumi, il Settecento, epoca d’oro del libertinismo e della celebrazione dell’ambiguità. Una cifra che è poi rimasta il filo rosso dei più opulenti e sontuosi balli in maschera o "feste a tema", come li definisce tuttora il jetset.
La maschera è rimasta quindi sinonimo di velata trasgressione. Come ben sanno l’inglese Boudicca, che ha presentato modelle dalle bocche vermiglie e dagli occhi perennemente celati da mascherine fetish cosparse di cristalli, o gli stilisti Viktor & Rolf che, agli eleganti abiti da cocktail molto dark dalla vita dolcemente segnata, abbina delle velette simili a reti da pesca, ispirandosi probabilmente all’archetipostereotipo della "Bella di giorno" Catherine Deneuve, impegnata nell’attuazione delle sue più inconfessabili fantasie. Più complesso e concettuale l’approccio al tema, inteso soprattutto come presupposto di smascheramento, di Rei Kawakubo, anima creativa di Comme des Garçons

. Nella sua ultima, suggestiva collezione, di scena alla Sorbona, la stilista ha rivestito una parte del volto delle mannequin con incrostazioni di pietre e merletti simili a trasfigurazioni astratte di maschere veneziane, denudando però l’altra metà del viso, quasi a voler evocare un concetto irrisolto e volutamente sfumato, di "identità sospesa".

Un segnale intrigante forse, per quanti, sedotti dal lessico misterioso delle maschere, associano ad esse valori esistenziali ben precisi. La maschera è allora una forma di pudore o di esibizionismo? Forse entrambe le cose. Scrive Gillo Dorfles nel suo saggio "la moda della moda": "L’uso, sia pur superficiale ed epidermico, della maschera […] ha profonde radici antropologiche e mitiche. Non è certo un danno se l’uomo d’oggi lo riattiva durante il
fuggevole tempo carnevalesco, quando questa spontanea volontà di sospendere la propria autentica personalità, per assumerne una fittizia e clandestina, rivela una molla nascosta nel desiderio inconscio di ognuno di noi".
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