03'
Dalle "Lettere persiane" (1721)
(testo originale collegato)
[…] Parigi è forse la città del mondo più sensuale e dove i piaceri sono più raffinati; ma è forse quella in cui si conduce una vita più dura.
Perché un uomo possa vivere deliziosamente, bisogna che cento altri lavorino senza tregua […]
Quest'ardore per il lavoro, questa passione di arricchirsi passa di condizione in condizione, dagli artigiani ai signori. Nessuno ama esser più povero di colui che ha visto immediatamente dietro di sé. Voi vedete a Parigi un uomo che ha da vivere fino al giorno del giudizio, lavorare senza posa e correr rischio di abbreviarsi la vita per ammassare, dice lui, di che vivere
. Il medesimo spirito domina la nazione: noi non vediamo che lavoro e industria; dove è dunque questo popolo effeminato del quale mi parli tanto?
Immaginiamo, Rhedi, che in uno Stato siano tollerate solamente quelle arti, e sono numerose, che sono necessarie alla coltivazione delle terre e che si escludano quelle che servono solamente ai godimenti e alla fantasia; ebbene, questo Stato sarebbe il più miserabile del mondo.
Quando gli abitanti avessero tanto coraggio da fare a meno di tante cose necessarie ai loro bisogni, il popolo deperirebbe ogni giorno di più e lo Stato diventerebbe così debole, che non vi sarebbe piccola potenza incapace di conquistarlo. […]
Onde bisogna concludere, o Rhedi, che un sovrano per essere potente deve procurare che i suoi sudditi vivano nelle delizie; bisogna ch'egli si adoperi affinché non manchi loro non solamente ciò che è necessario alla vita, ma anche ogni sorta di superfluo.
(lettera CVII) Fonte: Montesquieu, Lettere persiane, versione di Gildo Passini, Roma, A. F. Formiggini Editore, 1922.
|