Ospite abituale
Data registrazione: 17-03-2006
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Esercitazione...
Il viaggio secondo il dizionario: lo spostarsi (per lo più non a piedi) per andare da un
luogo ad un altro lontano, il cammino per recarsi in un luogo. Viaggiare è quindi l'atto di
chi compie il viaggio. Ma dietro questo termine si celano infiniti significati, esso può
essere metafora di tantissime azioni a loro volta collegate alla scoperta e riscoperta: di
un luogo, di se stessi, del proprio "io" interiore, delle proprie paure e delle proprie
idee; di attività legate al divertimento, alla necessità, alla sopravvivenza, alla
passione. Il viaggio è vita, o meglio è la vita o, viceversa, la vita è un viaggio.
Viaggiare standosene inginocchiato nella propria stanza, segnando con il dito l'itinerario
da seguire sull'atlante geografico, volando in un cielo immaginario e navigando gli oceani;
innamorandosi dei nomi delle città. E' il viaggio di un bambino, che fa così entrare
l'infinito del mondo nella sua camera, facendolo diventare famigliare e a portata di mano.
Ma anche il viaggio di chi lo compie in aula, sulla grande cartina geografica appesa al
muro, guidato dai propri alunni, slavi, arabi, africani e asiatici; passando per Volgograd,
Benares e Ketchum; fin sull'Ortigara.
Il viaggio del poeta, che seguita l'angosciosa muraglia su cui vi sono cocci aguzzi di
bottiglia; del letterato, bistrattato, dirottato, a forza, insieme ad altri cento, ad altri
mille, verso il campo di concentramento, verso la morte. Quello del filosofo fatto di
interrogativi e di risposte, susseguenti, a forma di mattonelle che fluttuano
nell'universo, nell'ignoto.
Viaggiare è una delle facce della felicità, è lo spazio tra la nascita e la morte, un
passaggio, attraverso lo spazio ed il tempo; tutto è viaggio, vivere significa viaggiare.
Come fossimo ognuno un novello Ulisse, sempre meno assomigliante a quello omerico o
joyciano e molto più vicino a quello, perso nell'illimitato, di Dante.
Viaggiare dovrebbe essere tutt'altro che girare, spostandosi frettolosamente da un luogo
all'altro, da una città all'altra, bisognerebbe fermarsi per più tempo. Vi è un rapporto di
realtà e irrealtà tra luogo di partenza e meta: essi sono reali ed irreali in due momenti
distinti. La meta è reale nell'istante in cui la si raggiunge, il luogo di partenza
diventa, a sua volta, irreale nell'istante in cui raggiungiamo la meta. Ed è per questo che
si vorrebbe sempre essere e mai essere stati.
Il viaggio è nostalgia, crea in chi lo compie per la prima volta la sensazione di
lontananza, non solo dalla patria, ma anche dagli altri luoghi in cui si è stati. Perchè si
vorrebbe essere contemporaneamente dappertutto, il desiderio ambito dal viaggiatore è
probabilmente il dono dell'ubiquità.
Il filo conduttore che lega tutti i tipi di viaggi è il desiderio di perseguire la
conoscenza, è il desiderio di scoperta, di incantarsi e di stupirsi; di capire e
comprendere. E i viaggi dai quali non si ritorna, sono quelli che non portano a soddisfare
questo desiderio.
[Esercitazione...]
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