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Vecchio 22-01-2006, 17.37.52   #51
Guccia
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Senza la linfa e l'amore sono rimasti proprio così, grigi, secchi... Hai ragione, fa proprio pensare all'urlo!


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Vecchio 23-01-2006, 12.40.38   #52
Guccia
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http://www.italian.it/cmcornici/Dipinti/quadri.jpg
In tema con la nostra discussione, no?!


La madonna della seggiola, Raffaello. Non esprime un amore materno sincero, incondizionato, umano, di una madre he conosce la sorte del proprio figlio?

http://www.storiadellarte.com/biogra...adonnasegg.jpg
http://www.lyons.co.uk/Raphael/bightm/seatedm.htm
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Vecchio 23-01-2006, 12.46.50   #53
Guccia
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La Scuola di Atene (Raffaello)

http://www.lettere.unimi.it/Spazio_F...o/raffael1.jpg
http://www.celestinian-center.com/SCUOLA1.jpg
http://www.jus.unitn.it/dsg/convegni..._aristotle.jpg

Cappella Sistina (Michelangelo)
http://www.oceansbridge.com/painting...eation_of_adam(detail)_1510_cappella_sistina _vatican.jpg
http://www.renaissance.it/immagini/t...a_sistina1.jpg
www.storiadellarte.com/.../ immagini/sistina.htm
https://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_Sistina
https://it.wikipedia.org/wiki/Creazione_di_Adamo
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Vecchio 01-02-2006, 19.41.49   #54
oizirbaf
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Bruegel il Vecchio

Pieter Bruegel (1526-1569) conosciuto come Bruegel il Vecchio per distinguerlo dal figlio è uno dei grandi della pittura fiamminga. Nato probabilmente a Breda nel Ducato di Brabante, nell'attuale Olanda.

Se in Hieronymus Bosh prevalgono le forze occulte e demoniache che impregnavano la società medievale a Bruegel interessano di più gli aspetti quotidiani della vita popolare guardati con simpatia umana e ironia (ricerca anche del grottesco).

La malinconia della natura morente e i segni tempestosi del suo ridestarsi, la dolce intimità dell’inverno e l’esuberante fecondità delle messi, i fenomeni atmosferici, l’aria rarefatta e pallida dell’inverno, quella pesante e carica di luce dell’estate, la poesia della sera, la conformazione del suolo, i monti e le vallate, i campi e le strade, il mutare della vegetazione col volgere delle stagioni, il villaggio tranquillo e i suoi abitanti, le loro fatiche quotidiane, le gioie e le pene, tutto questo è una sola cosa con la natura e il processo vitale.

Si intende perciò come l’osservazione della natura, così profonda in Bruegel, scaturisse in definitiva da quella medesima concezione della vita su cui si fondava la sua nuova pittura dei costumi popolari.


Pieter Brueger il vecchio - Nozze paesane - Kunsthistorisches Museum, Vienna.
1568 circa - Olio su legno, 114 x 164 cm.
Immagini allegate
Tipo file: jpg nozze.jpg (43.7 KB, 77 visite)

Ultima modifica di oizirbaf : 01-02-2006 alle ore 19.44.48.
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Vecchio 01-02-2006, 20.32.12   #55
klara
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Rubens disegni

http://media.washingtonpost.com/wp-d...717-2005Feb18L

http://www.aadrawing.com/americanart...s1_300x450.jpg

http://www.hydecollection.org/img/co...f-a-Negro2.jpg

http://www.metmuseum.org/special/Rub...t em=2&view=z

...P.P.Rubens...non amo particolarmente i suoi quadri ma ,anni fa,visitando una mostra, di soli disegni e schizzi fui colpita dalla sua bravura !...

"Oltre che grandissimo pittore, Rubens fu tra i migliori disegnatori dell'epoca. La produzione va da rapidi schizzi a disegni perfettamente rifiniti. Si serviva di vari mezzi, compreso l'inchiostro, utilizzato soprattutto per gli schizzi. Disegnava anche a gesso: nero, rosso e qualche volta bianco."
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Vecchio 02-02-2006, 20.13.04   #56
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1) http://www.ansa.it/main/notizie/awnp...02_700474.html

2) http://www.artonline.it/opera.asp?IDOpera=671

1) la notizia: avete visto!
2) il quadro!


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Vecchio 03-02-2006, 14.03.20   #57
oizirbaf
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Renzo Vespignani incisore


Vespignani e Le ricordanze di Leopardi - vedi:http://www.imageuro.net/archivio/med...gn/vespign.htm

Canto di "presenze umane", che, "in movimenti di danza, anche nell'imminenza della morte", imitano "nel loro andare i percorsi circolari delle stelle"; canto della vita trasfigurata dalla memoria, ma spoglio di speranze: mondo d'apparenze; canto della memoria e dell'eterno ritorno delle stagioni e della vita, ma non degli individui.

Qui i riferimenti espliciti al testo sono forse, per la seconda, i versi 113-118:

... e spesso all'ore tarde, assiso
sul conscio letto, dolorosamente
alla fioca luce poetando,
lamentai co' silenzi e con la notte
il fuggitivo spirto, ed a me stesso
in sul languir cantai funereo canto.


o, per la terza, i versi 140-144:

... Più non ti vede
questa terra natal: quella finestra,
ond'eri usata favellarmi, ed onde
mesto riluce delle stelle il raggio,
è deserta...


Ma, per la prima, è già difficile individuare un passo esplicito, perché da trasporre è proprio il 'motivo' diffuso della stessa 'forma narratologica', cioè della parola nella sua prima persona, della voce indirizzata alla compagna d'infanzia, Nerina, e dello sguardo, insieme, su di lei rivolto: si tratta, cioè, in un'operazione 'compositiva' ed 'espressiva' soprattutto.

L'insieme mostra il bambino Leopardi, volto verso la bambina, ma che non guarda in quell'istante a lei: l'ha già guardata ed ora gli occhi sono rivolti più lontano, al di là, oltre di lei, verso il mondo in cui ora sprofonda. Ed è un intrico di rami e di fiori che la sta sommergendo - lei, non il bambino, che ancora emerge su di essi. Un intricato tessuto di verde s’è frapposto tra il presente e il passato, tra sogno e realtà: il 'motivo' della memoria si traspone in quello iconico del fogliame interposto, come confine fra vita e morte: 'motivo', che si associa anche ai caratteri del 'movimento' e dell''espressione': il volto bambino è mosso da compassione amara (sorprendente la tristezza di questo volto, colta nell'arcata sopracigliare e nello sguardo che guarda 'oltre', mentre il labbro inferiore si dischiude nell'affiorare del dolore contenuto, dove si conservano in modo strepitoso i caratteri fisionomici a noi noti del volto ben più maturo di Leopardi), mentre lei è ormai espressivamente composta nel suo sonno eterno (anche qui, va colta l'annotazione funebre della palpebra sinistra di quel volto, rimasta non del tutto chiusa nella rigidità della morte). Anche il fiore è sfatto e il tema iconologico dell'intreccio del fogliame e dei volti e dello sprofondare nel verde rigoglio non può non rimandare allo struggente Apollo e Dafne, del Bernini [Roma, Galleria Borghese].

Qui l'immagine si espande a tutto il 'tema': è generale, è il senso stesso di tutta la poesia, a differenza delle altre due incisioni, dove il 'motivo' è quello della finestra illuminata dalla lanterna e ancora della finestra, traversata dall'intrico di rami, ma ormai vuota.

I 'motivi', dunque, quello della finestra (4, 69, 141), della volta celeste (1-12, 143), del verde - siepi, aiuole, viali, cipressi, selva (14-17) - sono, sì, trasposti, iconograficamente, ma si espandono, per così dire, su tutto il raggio dei caratteri.
Lo splendido verso 116:

lamentai co' silenzi e con la notte

- dove si associa l'indeterminatezza plurale d'un atto soggettivo con la determinatezza dell'evento naturale - viene "trasferito" associando un gioco di 'luci' e un ritmo di intimità: un'articolazione 'compositiva' - della proporzione doppia, denominata diapason (1/2) nell'albertismo - tra interno ed esterno, tra intimo e segreto, tra luce di lanterna e luce lunare.

E così la finestra con l'albero, che ancora ieri esisteva, ormai stento, dove dentro e fuori, interno ed esterno si confondono e trapassano l'uno nell'altro. Un motivo in più per respingere l'idea di illustrazione e di interpretazione ermeneutica del testo, che limita, se non nega, la creazione dell'immagine iconografica; un motivo in più per rifiutare la tesi di una pittura realista.
Di interesse notevole è che il congruente semantico dell'incisione è evidentemente la struttura stessa (la sintassi) del testo leopardiano - discreta - ed insieme la mediazione dell'immagine mentale - semanticamente densa, - mentre la sintassi pittorica, densa per i caratteri 'fisici' del suo linguaggio, è discreta per gli altri caratteri e le relative proprietà.
Sicché, la composizione albertina del diapason (o proporzione doppia) - in cui gioca un 'contrapposto' dinamico: interno contro esterno, e psicologico: 'intimo' soggettivo contro 'segreto' naturale-oggettivo, e ancora ‘dei gradienti di luminosità’: luce artificiale interna contro luce esterna, lunare - ha di fronte a sé, come correlato semantico, caratteri linguistici altrettanto discreti - l'esibita struttura dei versi: il ritmo eufonico di "ond'eri ... ed onde", del verso 142, quella del ritmo metrico dell'endecasillabo: "mesto riluce delle stelle il raggio", del verso 143, e della sintassi poi di "quella finestra (141) [...] è deserta (144)", che povera sarebbe, come una successione di quinte in uno spartito "classico", se non si riempisse nel ritmo eufonico e metrico dell'intervallo - oggetto semantico, che il pittore deve 'mediare' nella mimesi dell'immaginazione (‘densa’ relazione semantica) e riportare ad una articolazione strutturale dell'incisione ('discreta' nei caratteri della composizione, ecc., ma 'densa' quanto alla luce, alle proprietà ‘materiche’ dell'incisione - acquaforte, cera molle, acquatinta -, ai tratti grafici).
Immagini allegate
Tipo file: jpg vespignani.jpg (35.6 KB, 51 visite)

Ultima modifica di oizirbaf : 03-02-2006 alle ore 14.10.55.
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Vecchio 03-02-2006, 14.27.57   #58
Guccia
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A Silvia, molto conosciuta ma immortale.
La natura matrigna: il pessimismo di Leopardi esagera?
Magari, non è che sono i figli che non riescono a realizzarsi?
Tutte le volte mi commuove!
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno.
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.

http://www.imageuro.net/archivio/med...ign/silvia.htm


Per non parlare di Canto notturno di un pastore errante dell'asia, di cui ho già riportato, credo (forse era nel tema! ) uno stralcio.
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore,
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?

Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,

Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E la vita mortale.

Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento

Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene,
e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?

Se la vita è sventura,
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.

Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu cedo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.

Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? che vuoi dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girardo senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal , conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sé queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna, E'
funesto a chi nasce il dì natale.


Dal sito di Fabrizio: http://www.imageuro.net/archivio/med...pign/nottu.htm

ciao zio!
Vale
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Vecchio 03-02-2006, 17.36.03   #59
klara
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http://www.nationalgallery.org.uk/cg...erSection=work

Due ambasciatori francesi alla corte d'Inghilterra posano per un ritratto. Tra loro, su una mensola, una natura morta con strumenti astronomici, libri, un liuto con una corda rotta. Davanti, sospeso e angolato a mezz'aria, un teschio potentemente deformato che per effetto della distorsione ottica appare correttamente solo se ci si mette ai lati del dipinto. Questo è un effetto ottico noto come anamorfosi.

"Gli ambasciatori", il capolavoro di Hans Holbein oggi alla National Gallery di Londra, è uno di quei quadri che sembrano significare più di quanto rappresentano esplicitamente: è un enigma per gli esperti d'arte e gli storici.

Il segreto degli Ambasciatori” edito da Rizzoli (419 pagine, 19 Euro). Gli ambasciatori sono quelli rappresentati nel quadro di Hans Holbein il Giovane dipinto a Londra nel 1553, due personaggi francesi alla corte di Enrico VIII. Il quadro è molto noto fra i cultori di quadranti solari, e spesso rappresentato nei loro libri, in quanto raffigura fra le altre cose anche alcuni importanti strumenti astronomici e gnomonici dell’epoca. Secondo l’autore la tela rappresenterebbe il rito del Venerdì Santo nella Londra protestante del 1533 rivoluzionando le precedenti interpretazioni dell’opera di Holbein. Un complicato gioco di linee che si originano e passano per punti significativi e per gli orologi solari del quadro individuano fra l’altro un angolo di 27° che è, secondo l’autore, l’angolo di inclinazione del Sole, la sua altezza, alle 4 del pomeriggio dell’11 aprile 1533, appunto il Venerdì Santo di quell’anno. Nel complesso il libro è un grande viaggio attraverso la scienza, l’astrologia, la magia, l’arte e le filosofia del Rinascimento.

http://libri.rizzoli.rcslibri.it/docs/1459.pdf

Ultima modifica di klara : 03-02-2006 alle ore 17.50.55.
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Vecchio 03-02-2006, 19.56.54   #60
Guccia
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http://www.cafeletterario.it/345/cafelib.htm
Guarda, l'ho letto circa un hanno fa, un altro quadro-enigma.

Il quadro:
http://atmosfere.altervista.org/fontainebleau.jpg

Interessante (ti consiglio anche la biografia di Maria de' Medici, chissà, potrebbe servirti)


La ragazza con l'orecchino di perla
http://digilander.libero.it/archetipo8/vermeer.jpg
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