Ciao Loren, bello questo thread
Io ho un ricordo pessimo della letteratura classica studiata a scuola ,e che ho scoperto e amato solo negli anni successivi.
Mentre -stranamente- mi piaceva studiare la grammatica greca e latina (dal momento che vedevo, nella necessità di imparare a memoria paradigmi e semideponenti,l'opportunità di addestrarmi a una disciplina in grado di "costruirmi" intellettualmente), non riuscivo a tollerare il fatto che la "mia" lettura dei classici latini e greci dovesse cedere il passo alle considerazioni dogmatiche e polverose di questo o quel critico- sul cui conto, all'interrogazione, ci veniva chiesto di riferire-.
Tutto questo mi portava a confinare la poesia dei classici in orizzonti statici, e lontanissimi dalla mia sensibilità.
Ne presagivo oscuramente e confusamente la grandezza, questo sì. Sentivo che in quei versi, da qualche parte, si annidavano e respiravano palpiti di vita che io non riuscivo però a cogliere, o di cui coglievo solo l'eleganza formale dei versi.
Quando conobbi le grandi eroine delle tragedie greche, qualcosa nel mio atteggiamento iniziò a cambiare : queste donne che si opponevano con forza disperata a ciò che in alta sede sembrava essere stato statuito una volta per sempre cominciò a farmi comprendere che le cose, anche nel mondo classico, non erano "date e acquisite" una volta per tutte. Che esistevano lacerazioni, dubbi, conflitti reali, e non solo belle frasi scolpite nel marmo.
Ciò premesso, devo dire che due autori amai da subito.
Virgilio, e Petrarca. "Miei", fin da allora, anche se avevo solo 15 o 16 anni....