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Vecchio 15-10-2003, 22.02.03   #1
andre
Ospite
 
Data registrazione: 16-09-2003
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Elizabeth Barrett Browning

"I love your verses with all my heart, dear miss Barrett…"Era il 10 gennaio del 1845 quando il poeta Robert Browning scrisse la prima ardente lettera, nella quale dichiarava tutta la sua ammirazione, ad Elizabeth Barrett, la poetessa inglese definita in patria la Shakespeare al femminile. Cominciò così la loro romantica storia d’amore, che sembra uscire direttamente dalle pagine di un romanzo ottocentesco, con la corrispondenza durata un anno, l’opposizione del padre ostile e severo, il matrimonio celebrato segretamente, la fuga in Italia, la nascita del figlio.

Fino ad allora, per circa quarant’anni, la vita di Elizabeth, nata a Coxohoe Hall, Durham, nel 1806, da una famiglia arricchita grazie al lavoro degli schiavi nelle piantagioni giamaicane, dopo un’infanzia felice( da lei sempre ricordata con amoroso rimpianto in molte delle sue più belle poesie, trascorsa in campagna, in quotidiano contatto con la natura, e nutrita di studi classici, appassionandosi soprattutto alla poesia e alle teorie estetiche), in seguito a una malattia di cui mai ben chiarite furono le cause, forse fisiche, dovute ad una lesione alla colonna vertebrale subita nell'infanzia per una caduta da cavallo e ad una malattia polmonare, forse psicologiche, per la tragica morte per annegamento dell'adorato fratello Eduard, era trascorsa in modo grigio ed immobile.
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Vecchio 15-10-2003, 22.03.12   #2
andre
Ospite
 
Data registrazione: 16-09-2003
Messaggi: 7
Elizabeth viveva, dunque, sotto la tirannia paterna, in una strana dimora fiabesca, fra pareti silenziose, in una stanza buia dalle imposte ben serrate, tra medicine e libri impolverati, sostenuta nelle sue lunghe convalescenze unicamente dall’appassionato bisogno di leggere e studiare, approfondendo soprattutto lo studio dei grandi tragici greci (in particolare Euripide, “ Il nostro Euripide, l'umano, dalle vive e calde lacrime, che se tratta di cose comuni, le inalza fino alle sfere!"), che poi confluì nello splendido saggio "I poeti greci cristiani", studio curiosamente incoraggiato e consentito dall’austero padre, e con la sola compagnia dell’inseparabile cagnolino Flush

Commoventi le strofe dedicate da Elizabeth al suo compagno di sventura:

"Di te si dirà: Questo can vegliava giorno e notte accanto a un letto, in una camera chiusa, dove mai raggio di sole non rompeva l'oscurità intorno alla malata, all'afflitta. Le rose colte per metter nei vasi, in quella camera morivano visibilmente, prive di luce e di brezza: questo cane solo aspettava e vegliava, sapendo che quando manca la luce, rimane a splender l'amore. Altri cani fra le rugiade ed il timo cacciavan le lepri, inseguendole per prati e per fratte, nell'aria libera al sole... questo cane solo si distendeva, si strisciava presso una languida gota, convivendo nel buio. Altri cani, franchi e allegri animali, saltavano al suono acuto del fischio che gli raccoglie nel bosco... questo cane solo vigilava in attenzione di una parola mormorata appena, o di un più forte sospiro. E se due mie lacrime scendevano improvvise sui suoi lisci orecchi, se il mio respiro si faceva a un tratto convulso, egli saltava su in fretta e con ansia, facendomi le feste, carezzandomi, respirando affanoso nella sua tenera commozione.
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Vecchio 18-10-2003, 16.37.54   #3
andre
Ospite
 
Data registrazione: 16-09-2003
Messaggi: 7
L'amore fu per lei il più grande avvenimento della vita, e inalzò il suo cuore, e col cuore l'ingegno, alle più elevate regioni poetiche. Il contrasto della volontà paterna, la lotta, il dramma che ne seguì, dettero al suo amore per l'illustre poeta Roberto Browning, tutte le tempeste e l'estasi di una vera passione. Alla fine furono uniti in sacro legame questi due insigni e differentissimi ingegni. L'una passionata, ardente, subiettiva; l'altro calmo, impassibile, obiettivo, profondo e inesorabile scrutatore del cuore umano e della natura.


"La prima volta ch'ei mi baciò, baciò solamente le dita di questa mano con cui ora scrivo; e da quel giorno essa divinte più delicata e più bianca, restìa ai saluti mondani, pronta ai cenni delle cose celesti. Un anello di ametista non potrei portarli al dito più visibile algi occhi miei di quel sup primo bacio. Il secondo, cerc:ograve; la fronte, e mezzo si perse cadendo fra i miei capelli. O dono supremo! questo ful il crisma d'amore che con santificante dolcezza precede la vera ghirlanda d'amore. Il terzo fu deposto, perfetto, sulla mia bocca, e fin d'allora, superba, poeti dire: O amore mio, mio veramente!"
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