Le Finestre dell'Anima
di Guido Brunetti indice articoli
Lettera a una mamma
Aprile 2020
Cara Silvia, rivolgendomi a te, mi rivolgo a tutte le mamme desiderose di apprendere sempre nuove conoscenze, soprattutto nel campo delicato, complesso e difficile dello sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Convinto anch’io, come dici con una bella immagine, che “le mamme custodiscano quali sacerdotesse un fuoco sacro nel proprio animo”.
Mi ha fatto molto piacere ricevere la tua lettera, e apprendere che stai in ottima salute e che il tuo bambino sta compiendo significativi progressi nella crescita bio-psichica, affettiva ed emotiva. In questi momenti tristi in cui siamo sospesi in un nulla metafisico e cosmico, mentre aleggiano nel cielo misteriosi segnali di fumo che creano stati di ansia, paura e malessere esistenziale, ricevere notizie positive è cosa gradevole. Leggerti pertanto è sempre un motivo di compiacimento. Anche perché, riesci a toccare aspetti profondi del senso dell’esistenza.
Mi chiedi di fornirti qualche indicazione che possa valere nel non agevole compito di sostenere e potenziare le capacità intellettive ed emozionali di tuo figlio, finalizzato all’acquisizione di uno sviluppo armonico della sua personalità.
Accolgo di buon grado il tuo invito, soprattutto per la stima e la considerazione che nutro nei tuoi riguardi, e cercherò di esporti alcune considerazioni volte a favorire lo sviluppo bio-psichico del bambino e il suo perfezionamento interiore e morale, la formazione cioè di un Io maturo, in relazione al ruolo della madre e al suo rapporto con il bambino.
Non ti parlerò di astruse teorie scientifiche, né di orientamenti psicologici e pedagogici, spesso insostenibili e contraddittori. Il tema della formazione del bambino è presente sin dall’antichità. Prima Platone e Aristotele, poi la cultura romana hanno prospettato un modello pedagogico definito con il termine paideia. Che non è solo un processo di apprendimento scolastico, ma anche uno sviluppo etico e spirituale dei fanciulli.
Si tratta di una condizione che disegna il paradigma di una educazione armonica e integrale del ragazzo, l’ideale cioè di perfezionamento culturale e morale cui l’individuo deve tendere. È un processo continuo, mai compiuto, un’aspirazione da perseguire lungo l’intera esistenza.
Le mie riflessioni dunque non sono analisi teoriche, astratte, ma indicazioni utili per agire nella pratica quotidiana.
Il compito di una mamma è tra i più belli, ma anche tra i più difficili, complessi e delicati. Soprattutto per quelle mamme che sono più psicologicamente sensibili, e pertanto più esposte a vivere nell’apprensione, nel dubbio, nell’incertezza. C’è sempre in agguato il sentimento della paura di sbagliare. Subentrano stati di ansia, insicurezza e iperprotezione.
I bambini - come mostrano le ricerche nel campo delle neuroscienze - hanno grandi capacità di intuire e capire gli stati d’animo altrui, quelli della mamma, in primis, ma anche le emozioni e gli stati mentali delle altre persone. Nei loro sistemi neurali, hanno le antenne e sanno captare e decodificare anche le piccole sfumature presenti negli adulti.
Punto di partenza: creare intorno al bambino (non solo in casa, ma anche a scuola, nel tempo libero, e in tutti gli altri ambienti di vita) un clima gioioso, di serenità e tranquillità, nel quale egli possa percepire di essere amato, accettato e compreso.
Nel rapporto interpersonale con il bambino, cara Silvia, devi procedere a ridurre i no (negare, vietare, impedire, contrariare, inibire) e aumentare i sì (incoraggiare, stimolare, approvare, permettere, concedere, lasciar fare).
Sono le basi che conducono alla traversata del fiume della vita, verso un viaggio talora meraviglioso, pur spesso tormentato e con molte afflizioni.
Occorre organizzare ambienti esistenziali e mostrare atteggiamenti che vadano in direzione della maturazione e delle autonomie personali, come lavarsi, mangiare, vestirsi, organizzare insieme la cameretta, i giochi (iniziare un gioco, concluderlo, metterlo a posto e poi eventualmente proseguire con un altro).
Coinvolgere inoltre il bambino nella manualità e in piccoli compiti di casa. Molto utile si rivela poi il disegno, facile e rivelatore delle capacità intellettive, emotive ed affettive dei piccoli soggetti. Si tratta insomma di liberare la propria fantasia, inventando situazioni, giochi, scene, ecc.
Il tutto non legato a comportamenti imperiosi, ma a modelli di coinvolgimento, di complicità, lungo l’alveo di un approccio ludico, piacevole, gioioso, gratificante.
Una forma di attività principale nello sviluppo del bambino è per l’appunto il gioco, un fenomeno presente sia tra gli esseri umani che fra gli animali. È un sistema emotivo ed affettivo di base che origina - afferma il neuro scienziato Panksepp - dalle aree profonde del cervello.
Negli ultimi anni, le ricerche nel campo delle neuroscienze stanno fornendo sempre più prove che il gioco nel bambino costituisca un “elemento centrale” della sua crescita cognitiva, affettiva, emotiva e sociale.
Fino a poco tempo fa, la tendenza di scienziati, genitori, educatori, psicologi e pedagogisti era quella di “ignorare” la possibilità che i bambini e i mammiferi avessero un “impulso fondamentale” al gioco.
In realtà, il sistema ludico è una “inclinazione universale”, uno stimolo primitivo, biologico, genetico, innato. È un “dono” ancestrale del cervello-mente, che promuove il benessere del ragazzo e la sua salute mentale.
I dati sperimentali mostrano che la mancanza delle possibilità di gioco può avere conseguenze negative sullo sviluppo neurobiologico e mentale dei bambini, accrescere gli impulsi aggressivi e di iperattività e sfociare in patologie, come ad esempio, il disturbo da deficit di attenzione (ADHD). I ratti deprivati del gioco sono più aggressivi e più paurosi. Gli animali che giocano poco - secondo altre ricerche - tendono ad essere “più irritabili” e “meno creativi”.
La ricerca animale ha dimostrato che tale sistema attiva meccanismi neurali e aree cerebrali, i quali provocano il rilascio di dopamina e oppioidi, Che sono le sostanze del benessere fisico e mentale, danno euforia, gioia, piacere e gratificazione. Contribuendo a formare cervelli adulti e felici, a sviluppare creatività, empatia, cooperazione ed entusiasmo per la vita.
Questa attività poi può “contrastare” gli stati d’ansia, le depressioni e lo stress, rivelandosi un ottimo tipo di terapia circa problemi neuropsichiatrici ed emotivi dei bambini. È in sostanza un processo altamente benefico, che incrementa nei ragazzi le qualità di sentirsi felici, indipendenti e autodeterminati.
All’inizio, giochiamo pure insieme con il nostro bambino, ma avendo sempre presente l’esigenza di consentirgli gradualmente l’acquisizione della propria autonomia e del senso di autostima e autorealizzazione. È un lento, affascinante processo che sfocia nella realizzazione del proprio Io, della propria identità.
Cara Silvia, al fondo di tutto questo ragionamento è cercare di vivere in maniera tranquilla e serena. “Quid est vita beata”? si chiede Seneca, il più grande filosofo della latinità. “Perpetua tranquillitas” risponde. È una condizione che allontana “infirmitas et morbus”, sofferenza e malattie. È quello status che i filosofi greci chiamavano euthyimia, la condizione di serenità interiore in cui si è “governati” dal “buon daimon”.
In che modo raggiungere questo modo di essere? La strada è quella della riflessione e dell’autoanalisi, un percorso che porta a una conoscenza profonda di sé e degli altri e dei meccanismi che muovono l’umanità, al fine di difenderci dai colpi della sorte, spesso avversa, e raggiungere la meta catartica della sospirata “tranquillità dell’animo”. È l’aspirazione dell’eudemonia, la felicità intesa per l’appunto da Socrate come serenità interiore.
Questo stato dello spirito ci permette inoltre di trovare anche aspetti positivi in vicende negative e in quello che alcuni filosofi e scrittori chiamano il sentimento tragico della vita.
Il rimedio ai turbamenti della vita, al malessere esistenziale e alla ricerca dell’effimero e transitorio è una continua tensione verso il benessere spirituale.
È una ricerca delicata, lenta e difficile, ma ricca e feconda di giovamento, gratificazione, creatività e armonia.
In questo profondo viaggio interiore, un percorso di conoscenza alla scoperta del proprio Sé e degli altri, illuminanti ci appaiono le parole di Dostoevskij, un grande autore che ha indagato più e meglio di tanti psicoanalisti e psichiatri gli abissi dell’anima, mostrandone grandezza e miseria morale, bontà e malvagità. “La vita è – scrive - un dono, la vita è felicità, ogni minuto può essere un secolo di felicità”.
Certamente, rimangono i dubbi fondamentali dell’uomo, come l’immortalità dell’anima, la salvezza universale e l’esistenza di Dio. Temi che costituiscono - aggiunge Dostoevskij - “la più grande idea che l’umanità abbia mai concepito”. Di qui, la sua ammirazione per la figura di un Salvatore “… e se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori della verità, e se effettivamente risultasse che la verità è fuori di Cristo, io preferirei piuttosto restare con Cristo che con la verità”.
Concludo, pregandoti di non considerare questi miei pensieri come un obbligo, dovere, regola, ordine, ammonizione, imposizione. Ma come pillole dell’anima, una forma di leggerezza dello spirito, divertimento, piacevolezza, letizia. Da accogliere con profondo senso di gioia e di dolcezza.
So che ami il libro, la cultura, la poesia, l’arte. E allora mi piace salutarti con lo stesso sentimento con cui Seneca conclude le sue “Epistulae ad Lucilium”.
Ave atque vale.
Guido Brunetti
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