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Riflessioni sull'Esoterismo

di Daniele Mansuino   indice articoli

Il voodoo  dominicano

- seconda parte
Giugno 2007

 

Si dice che, originariamente, i loa o misterios delle macumbe interetniche latino-americane (nonché del voodoo africano, che ancora oggi è praticato nel Togo e nel Benin) fossero sette come i colori dell’Arcobaleno.

L’Arcobaleno è uno dei più tipici simboli della “tradizione primordiale”. Lo si ritrova intatto in numerose vie iniziatiche che ne sono derivate, per esempio nel Sufismo, e dovunque simboleggia l’Uomo Universale: ovvero il realizzato, l’uomo che vive coscientemente nella totalità degli “stati molteplici dell’essere”.

Nella cultura europea,  possiamo trovarne traccia del medesimo simbolismo nei sette colori della tradizione Ermetica, nei pianeti dell’astrologia, negli Dei greci e latini; ma  nelle religioni contemporanee se n’è perduta quasi ogni traccia, fatta eccezione per miti relativamente poco influenti, come quello di Noè.

Non è così per l’universo dello sciamanesimo, in seno al quale la “tradizione primordiale” è ancora ben viva; un colossale quanto ancora misconosciuto studioso haitiano, Milo Rigaud, ha dedicato migliaia di pagine a descrivere nei dettagli la presenza del simbolismo primordiale nei riti voodoo.

Milo Rigaud fa notare, tra le altre cose, che i misterios non sono affatto “dei immortali”: la tradizione afferma che essi sono nati con l’uomo, del quale rappresentano la sfera più celata dell’inconscio. Anche se antichi di migliaia di anni possono morire, se i brujos non li mantengono in vita con cibi, bevande e lasciandosi “cavalcare” da loro.

Questo mito assai profondo ci svela con grande evidenza in che modo il voodoo possa essere vissuto come via iniziatica.  Facendosi “cavalcare” dai misterios, il brujo non fa altro che riportare alla luce le pulsioni e le nozioni ancestrali che sono contenute nell’“inconscio collettivo” del genere umano; colossale operazione maieutica che può richiedere il tempo di un’intera vita, al termine della quale il suo essere cosciente e l’Essere Totale si identificano al punto di poter essere considerati una cosa sola.

Come insegna la psicanalisi, sarebbe molto pericoloso per la salute mentale dell’uomo scoperchiare il vaso di Pandora dell’inconscio senza una guida qualificata.  Il voodoo è appunto la guida che consente di farlo senza pericolo: infatti, nel rito dell’Aplaisamiento, il brujo ha stipulato un contratto con le forze nascoste che vivono in lui, offrendogli la possibilità di affiorare alla superficie della coscienza in cambio della promessa di non nuocere né a lui stesso né ad altri.

Così si spiegano anche le prodigiose capacità magiche che il brujo possiede. Esse non sono per lui un fine, né tantomeno la conseguenza di un perverso contratto col diavolo; sono soltanto la manifestazione delle facoltà mentali latenti che il progressivo risveglio del suo inconscio favorisce poco a poco.
 
Nell’universo delle macumbe latino-americane odierne, i sette misterios originari sono diventati ormai moltitudine:  in luoghi diversi hanno assunto nomi diversi, e variano anche di molto le modalità di evocazione e adorazione. Possiamo anzi dire che, con il trascorrere del tempo, il numero dei misterios analoghi tra loro aumenta sempre: non a caso nel voodoo dominicano si parla di vente y una divisiones (questaespressione a Santo Domingo è di fatto un sinonimo del termine voodoo), comprendenti un numero imprecisato di misterios che è senz’altro dell’ordine delle migliaia.

Tutti però, mediante il simbolismo dei colori, sono riconducibili alle sette tipologie originarie (anzi nove, perché ai colori dell’iride vanno aggiunti il bianco e il nero), e confrontandoli si comprende  che misterios con nomi diversi non sono altro che modalità diverse mediante le quali la medesima forza si manifesta, nel suo sgorgare dalle tenebre dell’inconscio collettivo alla piena luce del mondo manifestato.

Da ciò deriva che nessun brujo può vantarsi di conoscere tutti i misterios del voodoo. Ce ne sono almeno un centinaio a diffusione locale, che si manifestano soltanto in determinati luoghi o città della Repubblica Dominicana; ce ne sono altri a diffusione familiare, che si manifestano solo ai membri di una data famiglia o ai brujos di una particolare linea di successione. Molti brujos  poi, compreso il sottoscritto, hanno misterios personali che l’hanno preso in simpatia e si manifestano esclusivamente a lui – magari solo per un certo periodo, poi se ne vanno.

Una forma di suddivisione alternativa a quella settenaria è la ternaria (che è anche la più usata): questa raggruppa i misterios in tre famiglie principali,  las divisiones  rada, petro e indias  (non si sa di preciso quante divisioni facciano capo a ciascuna famiglia: chi dice 7 per famiglia, chi le proporziona diversamente, in definitiva la cosa non è molto importante).

I misterios di ogni famiglia si caratterizzano per modalità diverse di evocazione e per differenti caratteristiche (anche se nel voodoo tutto è molto intercomunicante, quindi è consentito per esempio a un brujo di evocare un misterio petro secondo modalità rada).

Ciascuna delle 3 famiglie rispecchia maggiormente rispetto alle altre una delle tre influenze culturali che sono confluite nel voodoo. Nelle divisiones rada l’influenza della cultura bianca è prevalente, nelle divisiones petro quella nera, nelle divisiones indias quella indiana.

Le stesse tre influenze stanno alla base, senza eccezione, di tutte le innumerevoli macumbe latino-americane conosciute, e la loro differenza nelle proporzioni  contribuisce a definire le caratteristiche di fondo della macumba stessa. Per esempio, un tipico esempio di macumba a prevalenza india è la pagelanca amazzonica; a prevalenza nera è invece il voodoo haitiano; quanto al voodoo dominicano, analogo in questo alla santeria cubana, la componente bianca (ovvero dell’occultismo europeo) prevale sulle altre. Infatti la scuola rada è di gran lunga la più diffusa nel paese (anche se la scuola petro, cioè nera, vanta il primato dei due misterios  più venerati a livello popolare, che sono El Baron del Cementerio e Filomena Loubana).

La terza componente, quella india, è a Santo Domingo di gran lunga la meno importante, in virtù del fatto che la popolazione indigena dominicana – i Tainos – non esiste più come cultura autonoma ormai da un paio di secoli; personalmente non ho notizia di brujos dediti ai nostri giorni all’evocazione esclusiva dei misterios indiani – legati ai fiumi, agli alberi, alle creature della foresta - che sopravvivono oggi più che altro come ospiti dei lavori rada; ospiti peraltro assai graditi, tanto per la loro indole franca e amichevole quanto per l’insuperabile conoscenza del mondo delle erbe e delle leggi della natura.

La mia iniziatrice, la bruja Marisa, evocava “El Indio”: ignoro se questa figura dal nome vago corrisponda a un misterio ben preciso della tradizione india, o sia in certo qual modo una figura simbolica che ne riassume i caratteri, introdotta per evitare che questa storica componente della tradizione voodoo dominicana vada perduta.

Un carattere fondamentale delle macumbe a prevalenza bianca sta nell’abbinamento del nome dei misterios a quello di santi cristiani. Questo non vuol dire che il misterio e il santo corrispondente siano la stessa persona: i brujos sanno bene che “i misterios vennero dall’Africa”, come la bruja Marisa mi ripeté parecchie volte (esclusi ovviamente quelli delle divisiones indias).

Come è noto, tali abbinamenti avvennero in origine per consentire agli schiavi di invocare i loro dei originari senza prestare il fianco a persecuzioni; accadde poi che furono riscontrate analogie tra il simbolismo dei misterios e quello di alcuni santi (taluni dei quali avevano a loro volta ereditato le proprie caratteristiche dalle divinità sciamaniche precristiane); e allora il misterio, con le parole della bruja Marisa,

“…vide che il Santo era buono per lui, e si alleò col Santo; è difficile da capire, il misterio si è fuso col Santo ma nello stesso tempo rimangono due figure distinte.”

Di fatto il popolo dominicano, che per natura è poco incline alle finezze teologiche, conosce queste faccende ma non gli dà nessuna importanza, e se vuol chiedere un favore al misterio invoca il Santo. In questo è favorito dalla Chiesa, che si è sempre ben guardata dallo scomunicare il voodoo e preferisce considerarlo alla stregua di una forma colorita di devozione popolare; così sono liberamente in vendita (e hanno enorme successo) libricini di preghiere che aggiungono in nota le istruzioni rituali perché la preghiera al santo abbia l’effetto di legare due amanti sfortunati o colpire un nemico; e alle orazioni dedicate alla Vergine, aggiungono – magari in fondo e scritte più in piccolo – quelle dedicate a “Las Cinco Potencias Negras” o simili entità, alla cui venerazione ben difficilmente Benedetto XVI attenderebbe di persona.

E’ chiaro d’altra parte, per chi lo voglia vedere, che il processo all’origine della devozione ai misterios è storicamente identico a quello della devozione ai santi cattolici. Così, recentemente, gli immigrati dominicani in Italia hanno riportato in patria notizie entusiastiche sui poteri di Padre Pio, la cui venerazione sull’isola sta diffondendosi sempre più:  probabilmente la sua identificazione con un misterio è solo questione di tempo, anzi per quel che ne sappiamo può essere già avvenuta, come da secoli il nobile prelato milanese San Carlo Borromeo, già citato dal Manzoni nei “Promessi sposi”, è diventato a Santo Domingo l’alter ego di Candelo Cedifè.

Passiamo ora a trattare più diffusamente di come il brujo lavora. Il tempio dove egli opera deve essere un locale col pavimento in terra battuta. Non si può lavorare in alcun locale che infrapponga impedimenti tra i piedi del brujo e la nuda terra, salvo in caso di necessità.

Deve essere orientato a occidente. L’ideale sarebbe avere anche una finestra rivolta a oriente, in modo che al sorgere del sole i suoi primi raggi vadano a posarsi sull’altare.

A occidente viene collocato l’altare . Può essere un qualsiasi tavolo di media altezza ricoperto da una tovaglia . Il brujo deve poter disporre di tre tovaglie, rossa verde e bianca; mano a mano che si sporcano, devono essere sostituite nell’ordine che ho citato.

Sull’altare vengono collocate le immagini dei misterios con cui il brujo intende lavorare. Le immagini dei misterios rada saranno collocate in una sola fila; al di sopra di queste, in un’altra fila, i misterios spirituales , di cui dirò più oltre. Se si lavora anche coi misterios delle divisiones negras, bisogna collocarle su un altro altare più piccolo, ricoperto da una tovaglia nera, collocato di solito a sinistra dell’altare principale e orientato trasversalmente.

Questa è la disposizione ortodossa dei misterios secondo la bruja Marisa:

Misterios spirituales: da sinistra a destra, Jesus Sagramentado - El Poder de Dios – Nuestra Senora de l’Alta Gracia  (questi misterios, che non appartengono a nessuna delle tre famiglie e non si manifestano mai, hanno la sola funzione di proteggere il brujo mentre opera e vigilare sulla correttezza dei lavori).

Misterios rada: da sinistra a destra, Anaisa Pyè – Beliè Belcàn – Candelo Cedifè – Ogun Balendjò – Metresilì;

Misterios petro (negros): da sinistra a destra, Filomena Loubana – El Baron del Cementerio – Papa Guedè.

Seguono alcune note riguardo ai misterios rada e petro che ho citato:

Anaisa PyeAnaisa Pye (Sant’Anna) – sposa di Beliè Belcan. Colori: giallo, oro. Di carattere gaio e civettuolo, viene invocata soprattutto per i legamenti d’amore e per donare la felicità. Ama profumarsi, ballare e scherzare. Beve birra e fuma sigarette.

Beliè Belcan (San Michele Arcangelo) – Misterio tra i più antichi, viene rispettosamente soprannominato “el viejo”. Il suo colore è il verde, ma indossa anche un foulard rosso portato a tracolla. E’ piccolo di statura, la persona da lui cavalcata sembra contrarre le proprie dimensioni e zoppica leggermente. La sua voce è roca. E’ uno dei misterios più potenti e viene usato per una gran varietà di incantesimi “buoni”, ma soprattutto per proteggersi dai nemici.

CandeloCandelo Cedifè (San Carlo Borromeo) – colore: rosso. Come Beliè Belcan, beve rhum e fuma sigari. Il suo costume è simile a un paramento vescovile. E’ il misterio che domina il fuoco: talvolta si diverte versare l’agua florida sul pavimento provocando piccoli incendi. Taluni brujos da lui cavalcati eruttano fiamme dalla bocca ed eseguono ogni sorta di giochi spericolati con le candele.  Passionale ma bonario, concede il massimo della libertà ai brujos a lui dedicati, guidandoli con mano ferma lungo il cammino della ricerca interiore.

Metresilì (la Vergine dei Dolori) – sposa di Ogun Balendjo. Colori: rosa, bianco e azzurro. Di carattere estremamente raffinato, non si manifesta se qualcuno dei presenti si comporta volgarmente e non si trattiene mai più a lungo di dieci minuti o un quarto d’ora. Chiede un asciugamano bianco per appoggiarci i piedi, beve champagne o vino e fuma solo sigarette leggere. Di carattere mite e fragile, parla con un filo di voce e piange con la massima facilità. Si ricorre a lei per gli amori più spirituali.

Ogun Balendjo (San Giacomo) – il suo colore è il blu, la sua bevanda il  vino rosso. Di carattere nobile e impetuoso, è il rispettatissimo misterio delle guarigioni. La sua azione è assai forte: benché non ami cavalcare il brujo direttamente, è sempre pronto a far sentire la propria influenza calda e rassicurante nel momento del bisogno.

El Baron del CementerioBaron del Cementerio (San Elia del Monte Carmelo) – marito di Filomena Loubana. Colori: nero, bianco. Fuma sigari e beve gin.
El Baron è il signore della morte e di tutto quanto la riguarda; per esempio, nessuna fattura di morte può avere effetto senza il suo consenso. Ma dona anche la conoscenza della morte, che è la massima forma di saggezza possibile. Ai brujos che lo servono conferisce il potere di riportare in vita gli zombi.
In tutti i cimiteri si può incontrarlo presso la tomba con la croce più grande, che è la sua casa. Qui,  nei giorni a lui consacrati e nelle ore opportune, i fedeli gli portano offerte di cibo e bevande e gli rivolgono preghiere secondo una liturgia assai complessa. Come tutti i misterios petro, ama il sangue e gradisce i sacrifici animali.

Filomena LoubanaFilomena Loubana (Santa Marta Dominadora) – colore: viola. Non è la Santa Marta di cui si parla nel Vangelo, bensì una santa di colore vissuta in Africa nel quindicesimo secolo, di cui la tradizione dice che abbia salvato un bambino dal morso di un serpente. E’ la signora dei serpenti, e dona il potere di ipnotizzare e dominare chiunque (altrove parlerò della sua trance e delle offerte da lei predilette). E’ venerata dappertutto, ma soprattutto nei villaggi presso il confine con Haiti.

Guedé Limbo Lakwa (San Espedito) – colori: nero, bianco. Beve gin, fuma sigari, gli si accendono candele rosse. Come El Baron, ama nutrirsi di una particolare schiacciata composta di banane e patate bollite. E’ il più “cattivo” dei misterios principali, anche se nell’evocazione rada il suo ruolo è quello di un burlone un po’ matto che danza freneticamente scagliando ai presenti insulti osceni. Nella versione petro, invece, capeggia una folta schiera di “guedes” dalla trance assai drammatica, talvolta utilizzati per ogni sorta di azioni criminose.

Sull’altare del tempio trovano posto anche le offerte per i misterios: bottiglie di rum e altri liquori, vivande, ecc.; il campanello mediante il quale il brujo li chiama, ed una sola candela (la vela del brujo) che viene accesa in apertura dei lavori e spenta alla fine. Non manca mai una bottiglia di agua florida, il profumo prediletto dai misterios, col quale si usa aspergersi prima del rito.

Davanti all’altare c’è uno spazio libero e un sedile per il brujo; a una certa distanza, i sedili per gli eventuali visitatori . Dietro l’altare, sebbene non strettamente necessario dal punto di vista rituale, è buona norma di cortesia nei confronti dei misterios esporre la bandiera della Repubblica Dominicana.

Occorre dire che questa disposizione costituisce solo un punto di partenza. Con le parole della bruja Marisa: “nel voodoo dominicano esiste una sola regola, eseguire tutto quello che i misterios ti dicono (sottinteso: durante la trance)”, e questo include anche qualsivoglia modifica all’arredamento del tempio e dell’altare.

Nella realtà, la trance del voodoo è molto diversa da come la si vede solitamente rappresentata nei libri e nei film, i quali suggeriscono perlopiù l’idea che esista un momento di netto distacco tra veglia e trance, nel quale il misterio si impadronisce violentemente della persona.

In verità, si tratta degli stessi pregiudizi che hanno corso nei confronti dell’ipnosi eteroindotta: ci si immagina che l’ipnotizzatore più bravo sia quello che in un attimo fa perdere conoscenza al “soggetto” saturando i suoi sensi mediante un atteggiamento aggressivo, mentre Eriksson ha spiegato che le cose stanno ben diversamente.

Nel voodoo, il passaggio dalla veglia alla trance è un processo dolcissimo e inavvertibile, del tutto privo di soluzione di continuità. Sei lì, ti sembra di essere ancora perfettamente cosciente e normale, finché ad un tratto senti la tua voce parlare, o vedi il tuo corpo che si muove e fa delle cose. E allora ti accorgi – con una sensazione di sonnolento stupore – di essere entrato in trance.

Va da sé che i livelli di trance possono essere molto diversi, e non sta al brujo di poterli pianificare; dipende dal momento, dallo stato d’animo, dalla salute, dalle influenze astrologiche e da mille altri fattori imponderabili, il primo fra i quali è la volontà dei misterios - sono loro che decidono quanto e in che modo ti cavalcheranno.

Il processo di auto-induzione comincia con una sequenza di operazioni rituali che non ha una regola fissa. Soltanto alcune di queste sono strettamente obbligatorie: per esempio l’accensione della “candela del brujo”, che dev’essere la sola candela sull’altare, precede sempre ogni altro gesto. Ma in linea di massima, ogni brujo struttura il rituale secondo le sue predilezioni.

Io procedo così: appena entrato nel tempio, se la temperatura lo permette mi spoglio completamente, poi mi reco all’altare per un primo saluto ai misterios; poi, in secondo luogo, aziono un lettore di CD che diffonde nel tempio il palo (ho portato una parte dei CD da Santo Domingo, e altri molto belli li ho trovati in rete). Terza cosa: fuoco all’incenso.

Poi ritorno all’altare, mi profumo con l’agua florida e indosso sulla fronte – a mò di pirata – un fazzoletto rosso se è mia intenzione evocare i misterios rada o un fazzoletto nero per i petro.

A questo punto accendo la “candela del brujo”, respiro profondamente e mormoro una breve formula di chiamata. Poi afferro il campanello, lo accosto all’orecchio sinistro e lo faccio lungamente trillare. Quando lo ripongo sull’altare, la trance è già cominciata.

Nella trance rada, il brujo rimane in genere seduto, o comunque mantiene atteggiamenti composti;  i misterios si avvicendano a cavalcarlo sfilandosi dal capo il fazzoletto precedentemente indossato  per sostituirlo con quello del loro colore. Esordiscono con un saluto ai presenti (“bonswa a la societè” oppure “gracias a la misericordia”), mediante il quale l’eventuale pubblico può distinguerli dal timbro della voce; poi chiedono che gli vengano consegnate le offerte e gli oggetti da loro prediletti (Metresili, ad esempio, chiede subito un asciugamano bianco per appoggiarci i piedi), e infine interpellano i presenti o si lasciano consultare da loro.

La trance petro, riservata ai misterios delle divisiones negras, è invece assai più coinvolgente e spettacolare. Filomena Loubana, per esempio, fa cadere il brujo in terra come morto; per quanto sia incredibile, posso confermare a mie spese che in quella situazione non si riesce a compiere il minimo movimento. Poi spalanca la bocca e tira fuori la lingua, sulla quale i presenti devono deporre gli alimenti da lei prediletti: un uovo crudo, un impasto di miele e polvere di caffè, una sorsata di chinotto…

Ancora più impressionante è la trance del Baron del Cementerio: il brujo cade a terra disteso sulla schiena, sbavando dalla bocca, e in pochi attimi il ventre gli si gonfia a vista d’occhio come quello di un cadavere. Ai quattro lati del suo corpo i presenti devono disporre quattro candele accese, e posargli sul ventre un crocifisso (o in assenza di questo, un fazzoletto nero sul quale è ricamata una croce bianca); per quanto il brujo sia del tutto privo di sensi e sembri morto, questo stato non dura mai più di un minuto.

Nel mio caso, una seduta di trance dura in media tre quarti d’ora (raramente di più). Sono i misterios stessi a decidere quando ritirarsi, portandomi dinnanzi all’altare e facendomi afferrare il campanello; allora lo accosto all’orecchio, e mentre suona mi sforzo di visualizzare la mia immagine come se fosse davanti allo specchio – un trucco che nessuno mi ha insegnato, ma che – ho visto – aiuta molto a ritornare normale più in fretta.

Dopo la trance, la situazione di relax e benessere è molto intensa, e si prolunga in genere fino al termine della giornata. La cosa più incredibile, di cui ero stato avvertito prima dell’iniziazione e a cui non credevo, è che per quanto i misterios durante la trance bevano certe volte grandi quantità di bevande alcoliche, quando il brujo ritorna in sé non reca la minima traccia di ubriachezza: la sobrietà è assoluta, come se avesse bevuto acqua fresca soltanto.

Potrei andare ancora oltre in queste riflessioni sulla trance, e affermare per esempio che non è poi così importante quale nome dai al misterio che ti cavalca: la sola cosa davvero importante è l’esperienza della trance in sé e per sé. Ma se mi avventurassi in questo campo, uscirei dall’ortodossia del voodoo, e non renderei un buon servizio né all’universo delle macumbe interetniche né al lettore; perché le macumbe, come qualsiasi cammino iniziatico degno di questo nome, richiedono per prima cosa da chiunque voglia accostarsi a loro un’umile atteggiamento di comprensione nei confronti dei codici di comunicazione a loro propri, e qualunque eventuale speculazione di tipo intellettuale può solo venir dopo.

Per questo sospendo qui il breve racconto che mi ha portato a ripercorrere, con indicibile piacere,  il mio viaggio nel voodoo, e ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi fino in fondo, augurandomi di essere riuscito a fornire loro qualche spunto nuovo e utile su cui riflettere.

 

Daniele Mansuino

 

Il voodoo  dominicano - prima parte

 

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