Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
Sulla presenza femminile nella muratoria operativa
di Daniele Mansuino e Giovanni Domma
Novembre 2024
Abbiamo avvertito la necessità di scrivere queste poche pagine perché, nelle nostre ricerche per gli articoli Sulle donne in Massoneria e Il Gran Maestro Eileen Gray, siamo rimasti stupiti per la grande quantità di donne che, tra il Medioevo e il Rinascimento, furono presenti nella muratoria operativa.
Prima di scoprirlo, eravamo convinti - come molti - che si trattasse di pochi casi legati a situazioni eccezionali; così, in Sulle donne in Massoneria, avevamo citato solo due esempi di regolamenti esplicitamente favorevoli alla partecipazione delle donne (gli Statuti della Gilda dei Carpentieri di Norwich, che nel 1375 erano indirizzati ai Fratelli e alle Sorelle, come pure lo sono alcuni passi del Poema Regius, e lo Statuto della Loggia di York del 1693, vera e propria quintessenza della tradizione massonica, nel quale il capitolo sull’iniziazione comincia così: Colui O COLEI che deve esser fatto Massone pone le mani sul Libro, ed allora le istruzioni vengono date…); ma in verità, se si guarda alla documentazione dal tardo Medioevo in poi (perché prima non si usava tenere registri dei lavori edili), l’opinione che la partecipazione delle donne ai lavori presunti maschili sia il frutto di una deviazione moderna appare perlomeno buffa: infatti, i casi documentati della presenza di donne nei cantieri sono innumerevoli.
Non sarà male far precedere alla nostra carrellata la definizione di gilda: questo termine, che oggi viene usato soprattutto … per le associazioni di streghe, designava (a partire, probabilmente, dall’undicesimo secolo) una corporazione di mestiere. C’erano gilde di mercanti e di artigiani, che servivano a disciplinare i rapporti di lavoro, a regolamentare la concorrenza, a mantenere su una data attività un regime di monopolio.
Le donne furono sempre ammesse nelle gilde: non solo in quelle delle professioni oggi considerate prevalentemente femminili, ma anche in quelle dei falegnami, dei carpentieri, degli scalpellini, dei muratori, eccetera. Nella stragrande maggioranza dei casi, le donne ammesse godevano degli stessi diritti degli uomini, e vestivano l’uniforme della gilda, che serviva a farsi identificare dai colleghi e dai potenziali clienti.
In certe gilde, la loro ammissione era del tutto libera; in altre, venivano richiesti determinati requisiti di carattere morale; in altre ancora, potevano entrare a condizione di essere imparentate con qualche uomo che ne facesse parte; ma erano quasi assenti i casi di gilde dalle quali fossero escluse a priori.
Le donne sposate erano a quei tempi, in varie nazioni, considerate di proprietà del marito, e questo talvolta creava situazioni conflittuali con gli statuti delle gilde. Non era infrequente il caso di donne che facevano appello a questi ultimi per sottrarsi ad alcune delle conseguenze più scomode del loro stato di subordinazione, come il diritto del marito a ricevere direttamente i loro guadagni e spenderli a suo piacimento.
A parziale compenso di queste ingiustizie, in Inghilterra i diritti di cittadinanza del marito, che comprendevano anche il diritto di aderire ad una gilda, potevano essere trasferiti alla sua vedova; è questa una ragione dell’abbondanza di articoli riguardanti le vedove negli statuti delle gilde, il che ha fatto supporre da alcuni che la definizione dei Massoni come Figli della Vedova potesse venire da lì, anche se è più probabile che si riferisca al mito di Iside e Osiride.
Comunque, se una vedova era in grado di dimostrare di aver appreso le competenze professionali del marito, ne acquisiva tutti i diritti, incluso quello di entrare a far parte delle gerarchie della corporazione; e che questa regola destasse qualche malumore, è confermato da casi particolari di statuti nei quali l’appartenenza della vedova alla gilda è limitata nel tempo, o viene meno se ella si risposa con un uomo che non ne fa parte.
Nelle gilde commerciali, l’accoglimento delle donne era più problematico che non in quelle artigiane: era difficile che fosse consentito loro di elevarsi oltre il grado di Apprendista, e molto raro che venissero accolte nell’amministrazione, o nel consiglio gestionale.
Opposta era la situazione nelle gilde dei tessitori, almeno là dove erano separate da quelle dei conciatori: lì il numero delle donne era di norma preponderante, e potevano scalare tutti i livelli della gerarchia, fino a guidare la gilda.
È oggetto di discussione se la causa principale dell’inferiorità numerica delle donne nelle gilde fosse da addebitare alla minore prestanza fisica o a ragioni di ordine sociale. A dispetto di quanto si pensa comunemente, il motivo dell’inferiorità fisica viene di solito escluso, in quanto sarebbe stato compensato dalla possibilità di pagarle meno; si ritiene piuttosto che venisse considerato immorale il pagare una donna, o addirittura un’offesa nei confronti della sua famiglia, se pensiamo che in vari Paesi il diritto-dovere - del padre prima, e del marito dopo - di provvedere ai bisogni economici della donna, era stabilito per legge.
È difficile analizzare il passaggio dalle gilde-corporazioni alla muratoria operativa, un termine retrospettivo i cui confini sono ben lungi dall’essere definiti.
In verità, non è forse scorretta l’interpretazione di chi attribuisce il sorgere del corpus della Massoneria moderna ai soli discendenti degli edificatori di cattedrali. Infatti, mentre le gilde dei costruttori di comuni edifici erano vincolate da limiti territoriali, i costruttori di edifici religiosi non avevano fissa dimora, e si spostavano ovunque la loro opera fosse richiesta; e questa era la ragione per cui venivano create le Logge - case o capannoni dove mangiare, dormire e socializzare.
Non era però un’esclusiva dei costruttori di edifici religiosi la ritualità iniziatica, che veniva praticata anche nelle gilde sedentarie; e questa è la ragione che ha sempre sconsigliato gli studiosi dallo spingere la contrapposizione tra i due tipi di muratori fino in fondo.
A Venezia, nel 978, iniziarono i lavori di ricostruzione della Basilica di San Marco, che era stata distrutta da un incendio, e secondo lo storico Sagredo vi presero parte seimilatrecento lavoratori, molti dei quali donne; ma poiché gli statuti della gilda di Venezia non ci sono pervenuti, non è possibile stabilire se vi fossero affiliate.
A Norwich, nel 1256, un documento attribuisce ad una donna di nome Gunnilda la professione di muratrice, anche in questo caso senza ulteriori dettagli.
Del 1271 è la delibera delle gilde dei costruttori di Basilea, per cui le mogli dei membri potevano essere accolte a farne parte; ed in caso contrario, alla morte del marito la gilda avrebbe provveduto al loro sostentamento, fin quando eventualmente non si fossero risposate.
Negli anni della muratoria operativa, non mancarono i casi di donne operanti ai livelli più elevati dell’arte. Memorabile è il caso di Sabine Von Steinbach, figlia dell’architetto Erwin Von Steinbach che morì nel 1318, lasciando incompiuta la Cattedrale di Strasburgo: Sabine prese il suo posto, e portò a termine i lavori.
I documenti riportano esplicitamente che fu fatta Massona (nel senso, probabilmente, che venne chiamata a condividere la ritualità della gilda; ma la cosa non viene detta), in quanto conosceva tanto i segreti della lavorazione della pietra, quanto quelli delle costruzioni.
Non erano probabilmente affiliate a una gilda le muratrici su cui si trovano testimonianze scritte nella Spagna del tredicesimo secolo, impiegate su strutture di pietra e di legno, nella città di Navarra; mentre a Siviglia e a Toledo, nel secolo successivo, donne vennero assunte per scavare le fondamenta delle nuove mura, e nella costruzione dei canali dell’acqua che rifornivano i mulini.
Invece, sempre in Spagna, nel 1386 leggiamo di donne impiegate addirittura nella placcatura in marmo di un ponte; e sebbene la fonte non lo riporti, consideriamo probabile che un lavoro così specializzato venisse portato avanti da professioniste affiliate a una gilda.
Nel quattrocento, donne furono impiegate nella lunga edificazione della Cattedrale di Toledo, dove raccolsero la calce e fecero lavori di carpenteria al tetto, nonché trasportarono e lavorarono la pietra.
In quello stesso periodo, in Francia, nel Perigord, quasi la metà dei lavoratori edili erano donne. Nei resoconti sull’edificazione delle mura della città, viene specificato che godevano degli stessi diritti degli uomini.
In verità, risale proprio al quindicesimo secolo (se non prima) la prassi di creare donne Massone accanto al cui nome veniva esplicitamente annotato che non erano operative; questo, ovviamente, non significa che fossero speculative nel senso odierno del termine, bensì che il loro compito era di assistere i manovali nei loro lavori, o di svolgere per la gilda le funzioni che oggi vengono affidate alle segretarie.
Queste Massone erano dette Dame, ed avevano accesso alle cariche della Loggia, anche se raramente venivano loro attribuite. È ben documentato il caso di Margaret Wild, vedova di un muratore, che venne nominata Dama della London Company of Masons nel 1663.
Nello statuto della gilda Corpus Christi di York del 1408, tutti, sia ecclesiastici, sia laici, di tutti e due i sessi, possono essere ricevuti in Loggia; e nella parte relativa alle iniziazioni, i Fratelli e le Sorelle giurano sul Libro, e l’Apprendista giura di obbedire al Maestro O ALLA DAMA, e a tutti gli altri Massoni (maiuscolo nostro).
Questa gilda contava tra i suoi compiti principali la celebrazione di Gesù. Dei suoi quarantatré membri fondatori, diciotto erano donne. È notevole anche il caso di un’altra gilda religiosa, la Blessed Virgin Mary, che contava venti donne su trenta membri fondatori, e non risulta che fossero legate agli uomini da vincoli di parentela.
In Germania, a Francoforte, le donne erano impiegate nella produzione e lavorazione di argilla e malta. A Mühlhausen, centro rinomato per la perizia delle sue muratrici, abbiamo nel 1437 il primo esempio documentato di infortunio sul lavoro di una donna edile, che rimase ferita mentre sollevava argilla da un pozzo; in sede di giudizio venne rappresentata dal fratello, ed ebbe un risarcimento.
Sempre in Germania le donne erano impiegate anche nelle miniere, come documentato da un celebre quadro di Hans Hesse e da altri dipinti e illustrazioni.
A Wurzburg, tra il 1428 e il 1524, la presenza femminile nei cantieri risulta aver superato di gran lunga quella maschile. In particolare, tra il 1428 e il 1449 vi furono 323 donne muratrici a fronte di 13 uomini; tra il 1450 e il 1474, 1.472 donne e 381 uomini; tra il 1475 e il 1499, 209 donne e 131 uomini; tra il 1500 e il 1524, 429 donne e 237 uomini.
In Inghilterra, le donne risultano essere presenti in maniera massiccia in tutta una serie di lavori muratorii del sedicesimo secolo. Nel 1555, ne troviamo ottantasei impegnate nella costruzione di una diga (quattro di loro erano sposate, tutte le altre nubili o giovanissime); mentre nel 1560, a Chester, operaie venivano impiegate per manovrare una gru in una cava di pietra.
Lavoro femminile veniva considerata la riparazione dei tetti, ed è documentato il caso dell’artigiana Katherine Rolf, che ripristinò i tetti di due case vicino a Cambridge.
A Strasburgo, nel 1624, la vedova di un maestro scalpellino chiese alla gilda di poter entrare al suo posto. I Fratelli la accolsero, motivando per iscritto che conosceva bene il lavoro, in quanto in passato aveva fatto da apprendista al marito.
Nelle gilde londinesi, tra il 1654 e il 1670, vi furono ben ventuno donne iscritte come Apprendiste; tra queste Mary Banister, figlia di un barbiere, che lavorò nella London Company of Masons per sette anni, pagando una capitazione di cinque scellini l’anno.
Il lavoro di Toulmin Smith, Lucy Smith e Lujo Brentano English Guilds, raccoglie più di cento statuti di gilde. Nel regolamento di una gilda di Winchester datato 1693, si fa riferimento a HEE OR SHEE that is to be made Mason (maiuscolo nostro).
Nell’Inghilterra del Rinascimento, sarebbe diventato relativamente frequente il fenomeno di signore appassionate di architettura che acquisivano le conoscenze per dirigere i cantieri. La più celebre è Lady Anne Clifford (1590-1676), che intraprese nelle proprietà di famiglia spettacolari miglioramenti ed ampliamenti. Presiedette ai lavori di restauro di un numero imprecisato di chiese, nonché di cinque castelli nello Yorkshire e nella Cumbria.
Lady Elizabeth Wilbraham (1632-1705) fu la prima donna architetto ad elaborare i propri progetti. Disegnò varie grandi dimore, tra cui spicca Weston Park, nello Staffordshire. Secondo una teoria, avrebbe realizzato circa quattrocento progetti (incluse diciotto chiese, che vennero poi attribuite al pioniere della Massoneria Christopher Wren); ma ne risultano molti meno perché, all’epoca, le donne non potevano ricoprire ufficialmente ruoli professionali.
Dall’insieme di questa documentazione, emerge che le donne muratrici spaziavano entro un range di età molto ampio, che andava dai venti ai settant’anni, e ampio era anche l’arco della loro situazione sociale. I ruoli più umili, tra gli uomini come tra le donne, erano affidati agli schiavi, che nel tardo Medioevo erano ancora presenti in Europa.
Le donne più povere lavoravano nei cantieri come lavoratrici a giornata; molto di rado erano qualificate, e spesso non svolgevano veri e propri lavori di muratura, ma piuttosto trasportavano l’acqua, scavavano fossi, coprivano i tetti di paglia, mescolavano malta, servivano come assistenti dei muratori e degli scalpellini. Venivano spesso assunte in bande, ed il salario veniva stabilito collettivamente, lasciando a loro la spartizione.
Migliore era il caso delle donne della classe media, che venivano perlopiù assunte dietro raccomandazione di un padre o un marito muratore. Non era raro che venisse insegnata loro l’arte, e pervenissero a diversi livelli di specializzazione, anche in attività ambite come la falegnameria o la carpenteria; talvolta, però, il loro salario veniva versato ai familiari di sesso maschile.
In compenso, se il loro familiare di sesso maschile passava a miglior vita, di norma veniva loro conservato il lavoro; e se, quando erano anziane, non reggevano più la fatica, venivano loro attribuiti compiti di fiducia, come il reperimento e talvolta l’acquisto dei materiali.
I ranghi delle donne impiegate nei cantieri cominciarono ad assottigliarsi con il manifestarsi delle crisi economiche cicliche, quando periodicamente aumentava il numero dei disoccupati e degli indigenti disposti a lavorare per poco; fu, insomma, il sorgere del capitalismo a dare origine a quella che oggi viene spacciata per una tradizione.
Anche in Italia, lo sconvolgimento economico successivo all’età delle grandi scoperte apportò ferali oscillazioni dell’economia, che costarono la progressiva emarginazione delle donne dalle corporazioni di mestiere.
Per concludere, autodenunciamo un nostro errore: quando, nell’articolo Sulle donne in Massoneria, ipotizzammo che Anderson avesse bandito le donne dalla Massoneria perché nel diciottesimo secolo donne muratrici non ce n’erano più, non sapevamo ancora che i registri della Worshipful Company of Masons del periodo 1713-1715 (MS 5984 della Guildhall Library di Londra) enumerano diversi casi di Apprendisti uomini assegnati a lavorare sotto maestri donne…
Daniele Mansuino e Giovanni Domma
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