Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
Sulla struttura amministrativa del Grande Oriente d'Italia
Giugno 2010
di Giovanni Domma
Ancora una volta ho il piacere e l’onore di pubblicare un articolo a firma del Rispettabilissimo Fratello Giovanni Domma. La sua vittoriosa battaglia per la Consacrazione dei Venerabili in seno al Grande Oriente d’Italia ha fatto di lui una figura quasi mitologica : quasi ogni giorno ricevo e-mail da Fratelli desiderosi di mettersi in contatto con lui.
In verità, per chi guardi all’esoterismo superficialmente la prospettiva di Giovanni non parrebbe, a prima vista, aver molto in comune con la mia : la sua attenzione, infatti, è interamente rivolta al problema delle riforme strutturali del Grande Oriente, per renderlo nuovamente idoneo a rappresentare la Massoneria italiana sul piano internazionale.
Ma questa sua preoccupazione mi trova completamente d’accordo ; e così pure condivido con lui l’analisi della funzione storica rivestita dalla Massoneria britannica, e quanto sia vano indulgere alla contrapposizione storica tra Massonerie di indirizzo anglosassone e indirizzo latino, fondata sul menzognero presupposto che le prime siano inferiori alle seconde dal punto di vista esoterico.
Questo è il motivo per cui sarò sempre felice di dargli spazio, e credo che la sua visione – per quanto apparentemente particolare – sia invece del tutto idonea ad essere integrata nella prospettiva che, passo dopo passo, vado delineando nei miei articoli ; che pone al primo posto il lavoro dell’uomo su sé stesso nel quadro di una prospettiva laica, e più collettiva che individuale.
Daniele Mansuino
Sulla struttura amministrativa del Grande Oriente d’Italia
La messa in opera - in seno alle Officine del Grande Oriente d’Italia facenti riferimento al Collegio Circoscrizionale della Lombardia - di un Rituale di Consacrazione per i Maestri Venerabili che lavorano in Logge praticanti il rituale scozzese (vedi in questa rubrica l’articolo di Daniele Mansuino Storica svolta nel Grande Oriente d’Italia) è un fondamentale primo passo del lungo percorso che avvicina il GOI ai canoni della regolarità massonica internazionale.
Ma anche un’occasione (insolita, per la verità, nella Massoneria italiana) di rimarcare gli ampi spazi di autonomia che la struttura interna del Grande Oriente d’Italia riconosce e concede – con genuino spirito democratico – agli organi direttivi dei Collegi Circoscrizionali.
Non è così in tutti gli Ordini massonici di concezione scozzese, neppure in qualcuno il cui nome è legato a storiche battaglie in difesa della democrazia ; anche da questo punto di vista, come in numerosi altri campi, il Grande Oriente d’Italia si rivela a un esame attento molto migliore di quanto pretendano detrattori e calunniatori.
Sfogliando il libro degli Antichi Doveri, Costituzioni e Regolamento dell'Ordine, alla pagina 11 titolo II La struttura e gli Organi del Grande Oriente d'Italia e alla pagina 25 capitolo VII Le Circoscrizioni - I Collegi Circoscrizionali sono elencate tutte le funzioni del Presidente del Collegio Circoscrizionale e di tutti i dignitari e Ufficiali regionali che lo compongono.
Esplicitamente viene detto che il Collegio è l'organo che collega le logge al Grande Oriente d'Italia ; di conseguenza, il Fratello eletto Presidente di un Collegio Circoscrizionale è l’equivalente di un Gran Maestro Regionale (o Provinciale che dir si voglia) laddove la struttura dell’Ordine sia modellata secondo l’esempio inglese.
Senza volerci dilungare nei dettagli, la distanza di ruolo e poteri tra un Presidente di Collegio italiano e il Gran Maestro Provinciale di un Ordine di concezione anglosassone (rientra in questi parametri, sia chiaro, anche la Gran Loggia Nazionale Francese) non è molto grande. Un solo esempio : in Italia la presenza del Presidente di Collegio è requisito indispensabile per innalzare le colonne di una Loggia, prerogativa che nella maggior parte degli Ordini esteri è appannaggio del Gran Maestro Provinciale.
In verità, la differenza più appariscente tra le due cariche è che un Gran Maestro Provinciale dispone di una Gran Loggia, la cui autorità collettiva gli conferisce più voce in capitolo nel Governo dell’Ordine (di cui egli fa parte). Un’altra è che il nostro Presidente di Collegio viene eletto dai Fratelli, quindi dal basso ; invece il Gran Maestro Provinciale è nominato dal Gran Maestro Nazionale, quindi dall’alto.
Sebbene quindi le due figure siano vicine, due diverse concezioni della Massoneria vengono a rispecchiarsi in loro, e in questa dicotomia possiamo riconoscere i tratti di due fondamentali contrapposizioni venute a noi dal più remoto passato, che gli articoli del Fratello Daniele Mansuino hanno rese familiari ai lettori di questa rubrica : 1) quella tra Antients e Moderns in seno alla Massoneria inglese, 2) quella tra Massoneria inglese e Massoneria scozzese/latina.
Semplificando molto, possiamo riassumere le due contrapposizioni in questo modo :
1) Nella concezione Antient, il centro della Massoneria era la Loggia e il lavoro interiore del Massone sulla propria Pietra era l’unico fine : in una Massoneria così concepita, l’opzione preferibile era il decentramento. Invece secondo i Moderns, l’attività esoterica doveva andare di pari passo all’azione nel sociale ; era quindi loro interesse strutturare l’Ordine in modo più verticista, in modo di garantire alle Logge maggiori possibilità di azione comune.
Già in questa prima dicotomia possiamo distinguere una delle tante peculiarità che rendono difficile la comprensione delle dinamiche massoniche da parte dei profani : gli Antients volevano la concessione di maggiori poteri alle Logge, quindi apparentemente una maggiore democrazia interna, ma erano in buona sostanza tradizionalisti e conservatori ; i Moderns un Ordine più forte, quindi apparentemente più autoritario, ma si autodefinivano liberals – ovvero, traslando la terminologia politica britannica di allora ai tempi nostri, democratici e progressisti (per non dire... di estrema sinistra).
2) Quando la Massoneria si sparse nell’Europa continentale, le sue caratteristiche democratiche e il suo sostegno alla libera ricerca spirituale la posero in conflitto coi governi della Restaurazione, sostenuti dalla Chiesa Cattolica. L’aspro scontro sociale in cui venne coinvolta, soprattutto in Francia e in Italia, la trasformò in una struttura clandestina fortemente spezzettata, in seno alla quale l’attività coordinata di taglio Modern era impossibile e l’autonomia di base propria del modello Antient era necessaria.
E d’altra parte, proprio in virtù della prevalenza di giocoforza accordata alle tematiche sociali rispetto a quelle esoteriche, la Massoneria latina era fortemente spostata a sinistra rispetto a quella britannica : in essa quindi le esigenze Antient di autonomia della Loggia e quelle Modern di azione nel sociale venivano a sommarsi, creando un miscuglio piuttosto esplosivo e difficilmente controllabile dall’alto.
Questo modello ibrido, che i Britannici non sono mai riusciti a comprendere bene, generò la diffidenza da parte della Gran Loggia Unita d’Inghilterra verso gli Ordini latini : un contrasto che solo oggi, con la lungimiranza suggerita da una più ampia e serena prospettiva storica, entrambe le parti stanno lavorando per sanare.
Per quanto riguarda il GOI, la mia opinione è che davvero non molti sarebbero i ritocchi necessari per conformarci appieno agli standard della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, e molti di essi su un piano più formale che sostanziale.
Un tipico esempio di quanto vado affermando è proprio il ruolo del Presidente del Collegio : per il quale sarebbe forse il caso di chiedersi se non sia opportuno rinunciare spontaneamente al diritto di votarlo, e farne un Gran Maestro Provinciale nominato dal Gran Maestro.
Le precedenti osservazioni dovrebbero aver sufficientemente chiarito che la perdita per quanto riguarda la democrazia interna sarebbe più apparente che reale (anzi probabilmente la “base” rappresentata dalle Officine ci guadagnerebbe, perché aumenterebbero tanto l’autonomia a livello “provinciale” quanto la possibilità per le Officine di far sentire la propria voce “in alto”), e il guadagno di credibilità per il GOI sul piano internazionale sarebbe tanto grande da tacitare ogni argomento contrario.
E tuttavia, sono il primo a rendermi conto che il particolarissimo momento che il nostro Ordine sta attraversando sul piano delle sue dinamiche interne non è forse il più adatto per far cogliere ai Fratelli i lati buoni della cosa : quindi vi prego di dimenticarla – fate finta che io non abbia detto niente – e vediamo piuttosto se non sia il caso di avviare il processo di rivalutazione della figura del Presidente del Collegio dai suoi simboli esteriori : non per farne un Gran Maestro Provinciale (almeno per ora), ma almeno per rivestirlo con dei segni di distinzione che non lo facciano sfigurare nei confronti dei suoi colleghi a livello europeo.
Nessuno – spero nemmeno i tradizionalisti più arrabbiati – oserà affermare che la sua dignità sia inferiore a quella di un Gran Maestro Provinciale solo perché la sua elezione viene dal basso : a questi malintesi esoteristi oserei ricordare che ciò che in alto è come ciò che è in basso, e che se davvero il Grande Architetto si fosse offeso perché i Massoni hanno inventato la democrazia avrebbe precipitato all’Inferno Voltaire, Rousseau, Robespierre e tutti noi per fargli compagnia, invece di fare della democrazia il sistema di governo più diffuso nel mondo (e speriamo che duri).
Davvero vogliamo continuare a fare in modo che la figura del Presidente di Collegio sia penalizzata e umiliata ? Secondo me, i tempi sono maturi perché si rimedi a questo errore.
I Gran Maestri Provinciali Esteri sono scelti e nominati tra i Grandi Ufficiali Nazionali, e hanno diritto di contraddistinguersi con le insegne corrispondenti per tutta la vita. Sarebbe il caso che anche da noi - una volta che il Presidente del Collegio termina il suo mandato - gli si conferisca una carica a livello nazionale di pari valore ; o almeno gli si consenta di testimoniare ai Fratelli del suo Oriente di aver dedicato disinteressatamente le proprie forze a rappresentarli, consentendo anche a lui di conservare le insegne della sua funzione.
Se questo venisse attuato, si porrebbe rimedio (almeno in parte) anche a un’altra assurdità : l’Articolo 88 del Regolamento dell’Ordine, infatti, recita che i Presidenti di Collegio sono membri di diritto della Gran Loggia. Ora, se le cose stanno così, come si può giustificare il fatto che al termine del loro mandato ritornano tra le colonne come semplici Ex-Venerabili ?
Forse che l’appartenenza alla Gran Loggia è una funzione amministrativa del tutto svincolata da qualsivoglia valenza iniziatica ? Se è così, allora diciamolo : ma facciamo bene attenzione, perché affermando una cosa del genere ci si porrebbe in contrasto con la tradizione massonica fin dalle origini, negando ogni ragione di essere a tutte le riforme volute dai Moderns per trasformare la Massoneria in uno strumento di azione sociale.
All’estero il Gran Maestro, quando fa il suo ingresso nel Tempio, deve essere salutato dai Fratelli undici volte ; se entra il Gran Maestro Aggiunto nove volte, un Grande Ispettore o un Gran Maestro Provinciale sette volte. Se entra un nostro Presidente di Collegio, quante volte lo saluteranno ?
Insomma, basta : a mio avviso è ora di finirla con queste discriminazioni, che gli stranieri (posso dirlo per esperienza diretta) sono i primi a biasimare. In Francia, per esempio, i Fratelli sarebbero ben lieti di poter rendere i debiti onori agli Ufficiali del Grande Oriente d’Italia ; anche perché il poter ricorrere alla procedura standard prevista internazionalmente in questi casi li solleverebbe dal problema di dover decidere volta per volta secondo quale cerimoniale debbano essere accolti, con relative incomprensioni e… incidenti diplomatici.
Basterebbe solo che il GOI conformasse le sue strutture a quelle in uso nella generalità della Massoneria europea… ma chiediamo davvero la Luna se pretendiamo una cosa talmente ovvia ?
Guardate la foto che ho inserito a corredo di questo articolo. Da sinistra a destra vediamo allineati quattro Massoni. Il primo a sinistra è un Grande Ufficiale Provinciale di un Ordine estero ; seguono poi un Gran Maestro Provinciale dello stesso Ordine, un Presidente di Collegio del Grande Oriente d’Italia ed infine un Grande Ufficiale Nazionale di un Ordine estero.
Equiparando le gerarchie amministrative, il secondo e il terzo da sinistra sono equivalenti ; ma guardando le insegne del Massone italiano, non si direbbe proprio.
Il grembiulino del Gran Maestro Provinciale estero, oltre alle tre T rovesciate (sulla spiegazione di questo simbolo, vedi l’articolo Svolta storica nel Grande Oriente d’Italia), ha nelle parti laterali ed in basso due Spighe di Grano con il Sole e le foglie ed i chicchi del Melograno ; nella parte centrale una Squadra e un Compasso, ed al centro la Stella a Cinque Punte. Quanto al collare, è uguale come larghezza e simbologia a quello del Gran Maestro, con la sola differenza del Gioiello : invece del Sole c'è la Squadra e Compasso con la Stella a Cinque Punte.
Mentre, se osserviamo le insegne del nostro Presidente del Collegio, il collare reca un Gioiello che può essere ricondotto alla sua qualifica di Ex-Venerabile. Quanto al grembiulino, oltre alle tre T non reca nessun simbolo, salvo un piccolo cerchio con la Squadra e la 47° Proposizione di Euclide ; come abbiamo spiegato nell’articolo già citato, anche questi simboli vanno riferiti alla carica di Venerabile (stavolta non Ex).
Come si vede, anche… sommandoli tra loro, né il collare né il grembiule forniscono alcun riferimento alla qualifica di Presidente di Collegio, primus inter pares di tutti i Venerabili e Ex-Venerabili di una Circoscrizione. Anzi, se vogliamo dirla tutta : accanto al suo pari grado italiano, il Gran Maestro Provinciale straniero fa la figura di un Re vicino al suo segretario.
Se poi sfioriamo l’argomento della loro collocazione nel Tempio, quando si va a far visita in qualche Ordine di ispirazione anglosassone si assiste a qualcosa che per noi è veramente umiliante : in quanto il Gran Maestro Provinciale straniero lo si porta a sedere alla destra del Maestro Venerabile (e se ci fosse il Gran Maestro del GOI, ci andrebbe anche lui), mentre un Presidente di Collegio, se c’è, viene messo a sinistra, e se non è più in carica lo si lascia addirittura tra le colonne (ancora grazie che dopo l’Agape non gli fanno lavare i piatti).
Parentesi dedicata a tutti coloro che – non a torto – non hanno molta simpatia per collari, grembiuli e cerimoniali : non è assolutamente nel mio intento far leva su quei Fratelli che ostentano come bambini le proprie decorazioni, e che se vengono invitati all’Oriente si accendono di orgoglio a tal punto che si potrebbe spegnere la luce e usare loro per l’illuminazione del Tempio, risparmiando sulla bolletta.
L’Umiltà, non dimentichiamolo, deve essere sempre la prima virtù del Massone ; però la si pratica più volentieri quando le regole sono uguali per tutti, e quando non contraddice il rispetto che da tutti andrebbe tributato agli Ufficiali che prestano gratuitamente la loro opera in favore dei Fratelli.
E poi, non scordiamolo : collari, grembiuli ecc. non sono affatto pezzi morti di stoffa o di pelle, come possono apparire a chi non è addentro al nostro simbolismo e vede in essi soltanto una manifestazione di vanità : sono anche la forma materiale dei contenuti iniziatici della nostra Istituzione.
Come per partecipare ai lavori massonici è richiesto un abbigliamento decoroso che rispecchia il rispetto del Massone verso i Fratelli, così rivestire i Fratelli più eminenti con le decorazioni adeguate esteriorizza il nostro rispetto nei confronti del lavoro esoterico, che è e deve essere sempre il primo interesse dei nostri cuori.
E infine, ammettiamolo (e poi fucilatemi pure se volete) : tutti noi poveri mortali abbiamo una sensibilità e un orgoglio. A chi non fa piacere essere ricevuto nel Tempio con i debiti onori, dopo esserseli conquistati lavorando, sgrossando la Pietra, migliorandosi culturalmente ?
Sarebbe quindi cosa sacrosanta conformare le insegne dei nostri Presidenti di Collegio a quelle dei loro colleghi stranieri Gran Maestri Provinciali, offrendo in questo modo anche ai Fratelli italiani in giro per il mondo la possibilità di vedere riconosciute le loro legittime prerogative.
Personalmente, non dimenticherò mai l’umiliazione e il dispetto che mi agitarono in una Loggia molto affollata, dove l’anziano Maestro Venerabile che mi aveva dato la Luce (Ex Presidente di Collegio, che ai tempi della sua carica aveva visitato più volte quell’Officina) per umiltà era venuto portandosi solo un grembiulino da Ex-Venerabile : per una dimenticanza dell’indaffarato Maestro delle Cerimonie, fu lasciato tra le colonne.
Volevo alzarmi per segnalarlo, ma lui nella sua saggezza mi trattenne, facendomi capire che non glie ne importava nulla. La colpa, disse, è solo delle regole che si usano in Italia.
Pensai allora che fanno bene in Francia, dove l’Ex-Gran Maestro Provinciale ha il diritto di indossare le insegne da Gran Maestro a vita, siede alla destra del Maestro Venerabile e sarà sempre ricevuto con tutti gli onori.
Perché, voglio ripeterlo : non è l’onore alle nostre misere persone quello che conta, ma il rispetto verso i simboli e le cariche è tutt’uno con il rispetto per i valori iniziatici della nostra Istituzione.
Consentitemi di illustrare come ci si rivolge in Francia ai Fratelli che, in seguito ai loro progressi sul piano iniziatico e amministrativo, occupano incarichi a livello provinciale e nazionale :
1- al Gran Maestro, Gran Maestro Aggiunto, Grande Ispettore Nazionale, Gran Maestri Provinciali e Gran Maestri Provinciali Aggiunti : Très Respectables Frères (Rispettabilissimi Fratelli).
2 - a tutti gli altri Grandi Ufficiali Nazionali, con cariche e senza cariche, agli ex Grandi Ufficiali, ai Grandi Ispettori Provinciali : Respectables Frères (Rispettabili Fratelli).
3 – a tutti gli altri Grandi Ufficiali Provinciali, in carica o Passati : Très Vènèrables Frères (Venerabilissimi Fratelli).
Non è il caso di aggiungere altro. Se qualche Fratello esperto di cerimoniale vorrà fare il confronto con le analoghe denominazioni in uso nel GOI, credo che il senso del mio discorso balzerà con la massima chiarezza ai suoi occhi.
Oltretutto, ricordiamoci che oggi abbiamo molti Fratelli – tra cui il mio amico Daniele – che pur non rinnegando i valori laici e sociali dell’Ordine considerano l’aspetto esoterico della Massoneria come un valore primario, e di quello che noi facciamo tra l’Apertura e la Chiusura apprezzano quanto può essere ricondotto al lavoro sulle nostre Pietre.
La Massoneria britannica in questo è maestra. Nel suo articolo su Emulation, Daniele ha rimarcato come ad esso debba accompagnarsi sempre la precisione tecnica dei movimenti e dei gesti, per ottenere effetti (come anche nel Sufismo e nello sciamanesimo) direttamente funzionali al lavoro esoterico di trasmutazione interiore.
Questo e non altro deve essere lo scopo principale del lavoro massonico, sorretto sul piano etico dalla sacralità del discorso esoterico applicato, vivo e operante.
Che poi il progresso individuale e collettivo dei Fratelli possa e debba concretizzarsi nella forma dell’azione sociale è qualcosa che non mi sogno di mettere in dubbio, anzi spero proprio che nessuno osi farlo ; ma perché questo avvenga è necessario che l’aspetto esoterico non sia trascurato, anzi che universalmente possano essere adottate quelle forme rituali che consentono in questo senso un lavoro più concreto ed efficace.
Dobbiamo quindi dire grazie alla nostra storia di democrazia se oggi il Presidente del Collegio è una figura importante, amata dai Fratelli e riconosciuta in seno all’Ordine, ma non dobbiamo fare lo sbaglio di …incarcerarla in una concezione dell’Ordine che oggi per molti versi è da considerare superata.
E’ il caso di piuttosto di chiedersi se, per renderla più rispondente ai valori della Massoneria odierna, non sia il caso di valorizzarla maggiormente dal punto di vista esoterico e rappresentativo.
Giovanni Domma
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