Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
L'ipnosi di massa
Aprile 2009
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Tra i pochissimi esoteristi che si siano degnati di prendere Castaneda sul serio, qualcuno afferma che il punto d’unione è una semplice allegoria senza nessun riscontro nella costituzione sottile dell’essere umano; altri invece sostengono che, per quanto invisibile, esista.
La verità sta nel mezzo. Il punto d’unione è una convenzione (quindi non sto chiedendovi di credere alla sua esistenza), ma una convenzione utile; perché, se ci si dedica costantemente all’esercizio di vederlo nelle persone con cui veniamo in contatto, col tempo si constaterà che le immagini che si formano nella nostra mente non sono casuali, e che è possibile trarre da esse utili informazioni riguardo alla natura delle persone osservate.
Per fare un paragone: il punto, la retta, il segmento e tutte le altre astrazioni geometriche non esistono, ma simulandone l’esistenza su un foglio è possibile sviluppare calcoli le cui applicazioni alla realtà si rivelano veritiere. Lo stesso vale per il punto d’unione: immaginarlo è il modo per offrire al nostro inconscio il codice adatto a trasmetterci informazioni che altrimenti resterebbero inesprimibili.
Ora è il momento di aggiungere una nuova e importante nozione sul punto d’unione a quelle che già vi ho trasmesso: sebbene sia possibile parlare di una sua posizione abituale (quella che allinea il piano della realtà oggettiva, o nella terminologia di Castaneda il mondo della vita quotidiana), a un esame più ravvicinato gli sciamani vedono che il punto d’unione non è mai perfettamente immobile (salvo casi particolari che prenderemo in considerazione più avanti, e che comunque non avvengono mai in esatta corrispondenza con il piano della realtà oggettiva).
Per essere più precisi: esiste effettivamente - nel centro della esatto della cavità semicircolare nella quale il punto d’unione è abitualmente collocato – un filamento (che la attraversa, come tutti gli altri, perpendicolarmente) funzionale ad allineare il piano della realtà oggettiva: su di esso, però, il punto d’unione non riesce mai a fermarsi, e le sue vibrazioni causate dai tentativi di fissarsi in quel punto determinano nell’uomo la consapevolezza.
Per capire come mai il punto d’unione non riesca a collocarsi esattamente lì, bisogna pensare che per interpretare la realtà ogni persona è costretta a ricorrere a un gran numero di dati, che le sono stati trasmessi per mezzo dell’educazione.
Ora, essendo impossibile a una normale mente umana vagliare più di sette-otto dati alla volta, è del tutto inevitabile – anche per gli individui più intelligenti – elaborare i cosiddetti comportamenti meccanici: ovvero risposte a una data situazione che ben poco hanno a che vedere con la globalità delle impressioni sensoriali di cui si gode in quel momento, ma sono invece fondate soltanto su pochi dati che il nostro cervello seleziona automaticamente, fidando nel fatto che in circostanze analoghe vissute in passato i dati di quello stesso genere gli erano stati utili per interpretare correttamente la situazione.
Da ciò consegue che il piano di realtà su cui ci muoviamo abitualmente non è costituito da persone e oggetti, ma dalle idee che noi abbiamo di loro; non si tratta cioè del piano della realtà oggettiva propriamente detto, ma di qualcosa di molto vicino ad esso, che tende costantemente a identificarsi pienamente con esso senza però riuscirci mai.
Tutto questo non accade – come pensavano i filosofi di una volta - perché Dio abbia creato gli esseri materiali dalle idee; ma perché noi siamo costretti a trasformare gli esseri materiali in idee, tanto per potercene servire quanto per poter interagire con loro.
Infatti, se davvero potessimo identificarci col piano della realtà oggettiva, ci troveremmo alle prese con un mondo di oggetti completamente spogliati dalle idee che noi abbiamo su di loro: questa è la ragione per cui nessun essere umano potrebbe mai farlo, in quanto finchè vive non potrà mai esimersi dall’avere idee su qualcosa, e queste idee saranno per forza soggettive (oltre che diverse da quelle di tutte le altre persone).
Se anche poi, per assurdo, riuscissimo a identificarci completamente con la realtà oggettiva, il risultato sarebbe un’attività mentale interamente fondata sulla percezione degli oggetti materiali, ma completamente sprovvista della possibilità di interpretarli: ovvero un’identificazione assoluta implicante come conseguenza una meccanicità assoluta (due condizioni palesemente impossibili da raggiungere nella vita reale, ma da tenere presenti come pietre di paragone, perché quanto più l’uomo è concentrato sul piano della realtà oggettiva tanto più ci si avvicina).
Per fare una breve parentesi: l’assoluta incapacità del punto d’unione di fissarsi stabilmente sul piano della realtà oggettiva dà ragione ai marxisti quando fanno notare l’errore di considerare l’uomo alla stregua di un prodotto delle condizioni naturali, mentre la nostra consapevolezza è in realtà il frutto di un complesso di interpretazioni delle condizioni naturali che noi stessi ci creiamo. Questo è letteralmente vero, e ogni sciamano che l’ha visto con i suoi occhi può permettersi di guardare con una certa ironia alla corrente contrapposizione tra materialismo e spiritualismo, nell’ambito della quale l’esoterismo sarebbe una parte del secondo.
Nell’osservare i punti d’unione delle persone, gli sciamani si sono resi conto di quanto sia enorme lo spreco di energie da parte dell’uomo, che per tutta la vita cerca di fissare sul piano della realtà oggettiva il punto d’unione senza riuscirci: è questa la causa prima del processo di invecchiamento e della morte.
Da ciò hanno concluso che gli sforzi dell’uomo per fissarsi sul piano della realtà oggettiva sono sbagliati in partenza, e che sarebbe più fruttuoso per lui convogliare le proprie energie nella direzione opposta: ovvero imparare a gestire gli allontanamenti del punto d’unione dal centro e utilizzarli per esplorare piani di realtà alternativi. Ne Il lavoro sui sogni ho già trattato dell’ABC di quest’arte; qui aggiungo solo che, se essa potesse essere praticata a livello collettivo anziché individuale, l’ineluttabile forza che riconduce malinconicamente lo sciamano al piano della realtà oggettiva potrebbe essere vinta, e intere popolazioni potrebbero trasferirsi collettivamente in altri mondi, come Castaneda afferma sia già avvenuto in un remoto passato.
Purtroppo, qualsiasi tentativo in tal senso sarà impossibile fino a quando i punti d’unione di miliardi di esseri umani saranno concordemente impegnati nello stesso, inutile sforzo di collocarsi in esatta corrispondenza del piano della realtà oggettiva: questo crea una sorta di campo gravitazionale dal quale il punto d’unione di un singolo individuo non può sfuggire se non per periodi di tempo assai brevi, come avviene nei sogni. Poi l’energia individuale viene meno, e la persona è costretta a uniformare nuovamente il movimento del suo punto d’unione con quello degli altri.
In parte, occorre dire, l’erroneo indirizzamento del punto d’unione verso il piano della realtà oggettiva avviene in modo spontaneo, a causa dei disagi connaturati alla sopravvivenza del corpo fisico: infatti, anche un bambino allevato dai lupi nella foresta, pur senza mai avere interagito con altri esseri umani, ha tuttavia il punto d’unione sufficientemente orientato verso il piano della realtà oggettiva per percepire gli oggetti e i colori come li vediamo noi.
Occorre sottolineare però che il suo punto d’unione rimarrà sempre molto più mobile rispetto a quello di una persona “normale”, perché nel corso dell’infanzia egli non ha sperimentato quel gran lavoro di indirizzamento del punto d’unione verso la realtà oggettiva che si chiama educazione.
Correggendo costantemente i comportamenti del bambino, i genitori, gli insegnanti e gli altri adulti gli insegnano ad orientare costantemente la sua percezione verso il piano della realtà oggettiva. Non voglio dire che non facciano bene a far così, perché senza l’educazione il bambino non potrebbe mai adattarsi alla vita sociale; ma in un mondo migliore, a questi insegnamenti dovrebbero affiancarsene altri, volti a fare in modo che il suo punto d’unione impari a muoversi anche in direzioni diverse.
Poiché questi non vengono somministrati, i bambini crescono nella certezza che il piano della realtà oggettiva sia l’unico mondo possibile, mentre come abbiamo appena visto esso è di fatto l’unico mondo irraggiungibile.
Questo indirizzamento della personalità dell’individuo in una falsa direzione - ovvero entro i confini di un universo ristretto e fittizio nel quale, in luogo delle infinite possibilità d’azione che potremmo avere a disposizione in ogni istante, ci sembra siano possibili soltanto un numero assai ristretto di opzioni - è precisamente ciò che chiamiamo il quarto livello dell’ipnosi.
Gurdjieff e Ouspensky hanno descritto ne La quarta via quanto sia impressionante il risultato se si prova a destare improvvisamente una persona dal quarto livello dell’ipnosi (che nella terminologia gurdjieffiana si definisce falsa personalità) con l’ausilio di tecniche artificiali. Improvvisamente ci si trova di fronte a un bambino spaurito, incapace persino di parlare: l’uomo regredisce a una fase precedente all’inizio della sua educazione.
Anche Gurdjieff ha rilevato che la falsa personalità è la precondizione perché l’uomo sia vulnerabile a tutte le altre forme di ipnosi, e chi ne ignora l’esistenza non ha alcuna speranza di poter formulare ricette per liberarsi in modo duraturo da nessuna di esse: è proprio questa, purtroppo, la situazione della stragrande maggioranza degli esseri umani.
Non è necessario che io mi dilunghi, in questo articolo, riguardo alle cause che hanno determinato questa situazione a livello storico: già Castaneda ha sviluppato in modo esauriente l’argomento, e anch’io l’ho ripreso in articoli come La trasmutazione interiore e Esoterismo e comunismo. Qui la sola cosa è importante è ribadire come si sono formati progressivamente, a livello cronologico, i quattro livelli di ipnosi:
4 - La limitazione delle possibilità operative dell’uomo al solo piano della realtà oggettiva
3 – scatenò la competizione per il controllo della realtà oggettiva stessa, da cui scaturì la tendenza a limitare le azioni altrui mediante l’adozione di regole sociali repressive.
2 - Le regole sociali repressive convogliarono le energie dell’individuo verso l’accumulazione di beni materiali, creando nel contempo anche le condizioni perché la possibilità di accumularli non fosse la stessa per tutti.
1 - Le disparità sociali che vennero a crearsi in questo modo erano tanto palesemente ingiuste da potersi reggere solo mediante l’ipnosi dell’informazione, volta a distogliere da esse l’attenzione dell’uomo e a indirizzarla verso argomenti funzionali al perpetuarsi dell’ipnosi di massa.
Passiamo ora a ciò che si può fare per venirne fuori. Ho già accennato in altri articoli alla possibilità offerta dal marxismo di individuare a colpo d’occhio le strutture ipnotiche del secondo livello, e lo studio del marxismo è un consiglio che non mi stancherò mai di ripetere.
Ma per operare più a fondo, ovvero sul quarto livello direttamente, la sola tecnica possibile è imparare a vedere il punto d’unione. Sebbene questo, dal punto di vista del lavoro sciamanico, sia soltanto un primo passo (una volta imparato a vederlo, lo sciamano ha a disposizione un’ampia gamma di tecniche per agire sul punto d’unione suo e altrui), è tuttavia più che sufficiente a liberarsi dal quarto livello dell’ipnosi in tempi assai brevi.
Questo è possibile perché la visione del punto d’unione, per quanto come idea a livello razionale non suggerisca molto, risveglia invece nel nostro inconscio molte cose. L’inconscio è tale – cioè non-conscio – perché i filamenti che servono ad allineare i piani di realtà in esso contenuti non attraversano abitualmente il nostro punto d’unione , perlomeno non allo stato di veglia; soltanto in condizioni emotive particolari, quando il punto d’unione vibra più forte, può capitare che allineiamo per brevi attimi qualche filamento in più, e sono i momenti in cui il nostro inconscio viene alla luce.
Ma nel momento in cui l’inconscio si rende conto che abbiamo imparato a visualizzare il punto d’unione, i nostri io collocati su piani di realtà alternativi hanno finalmente a disposizione lo strumento adatto per comunicare con noi a livellocosciente.
E’come se qualche migliaio di stranieri che da sempre sognavano di poter scambiare quattro parole con noi si accorgessero improvvisamente che abbiamo imparato la loro lingua: si affollano intorno a noi parlando tutti insieme, assordandoci, saturando senza rimedio le nostre capacità di percezione.
In questa situazione molto difficile da descrivere (ma non spiacevole) non si capisce più nulla, né di noi stessi né del mondo esterno, salvo una cosa: che tutte le nostre precedenti interpretazioni del piano della realtà oggettiva si sono disgregate nel nulla per non ritornare mai più.
Non è questa la sede neanche per analizzare nei dettagli modalità e conseguenze del nostro intercorso con i piani di realtà alternativi: un argomento del quale ho già trattato ampiamente – sebbene riferendomi a un contesto operativo diverso - ne Il lavoro sui sogni. Qui spiego solo la tecnica per vedere il punto d’unione ai fini del decondizionamento ipnotico, ricordando ancora una volta che essa non deve essere messa in atto senza l’assistenza di uno sciamano esperto.
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