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Mircea Eliade
Eliade, Mircea (Bucarest 1907 - Chicago 1986), storico delle religioni romeno. Studiò filosofia nell'università di Bucarest, subendo soprattutto l'influenza di N. lonescu, l'ideologo fiancheggiatore della destra romena di Codreanu. Fu anche a Roma (1927-28), assistette alle lezioni di G. Gentile e conobbe G. Tucci ed E. Buonaiuti. Dal 1928 al 1931, grazie al mecenatismo del mahiiraja di Kassimbazaar, poté studiare nell'università di Calcutta con S. Dasgupta e nell'asrama (eremitaggio) di Rishikesh sull'Himalaia. Addetto culturale romeno a Londra (1940-41) e a Lisbona (1941-44), si trasferì dopo la guerra a Parigi, non facendo mistero delle sue posizioni politiche di destra. Docente all'École des hautes études succedette poi (1957) a J. Wach come professore di storia delle religioni nell'università di Chicago. È uno dei maggiori specialisti dello sciamanesimo (Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, 1951), dello yoga (Lo yoga. Immortalità e libertà, 1954), dei rapporti fra magia e alchimia (Alchimia asiatica, 1935-37; Arti del metallo e alchimisti, 1956; Il sacro e il profano, 1956). Ha inoltre scritto alcune opere di carattere più generale (Trattato di storia delle religioni, 1949; Il mito dell'eterno ritorno, 1949). In esse Eliade formula la sua concezione fondamentale del mito e della religione. Il mito è un atto di creazione autonoma dello spirito, indipendente dalle condizioni socioeconomiche. Il valore dei miti sta nel loro carattere fondamentale di «ierofanie», cioè di rivelazioni del sacro. Secondo Eliade, non vi è religione naturale, poiché la natura non è sacra di per sé ma solo in quanto manifesta un significato soprannaturale. D'altra parte, tale significato è trascendente anche rispetto alla storia, dal momento che quest'ultima aggiunge continuamente significati nuovi ai simbolismi arcaici, ma non può distruggere la struttura originaria del simbolo. Il mondo del mito si muove sempre entro i la polarità sacro-profano, in cui la sacralità è riconosciuta come la vera realtà, contrapposta alla profanità in quanto irrealtà. L'unica comprensione corretta del mito è, dunque, quella religiosa, che lo considera come rivelazione del sacro. Per questo motivo una storia delle religioni deve svolgersi come una fenomenologia comparata delle ierofanie più diverse ed eterogenee, volta a individuare in esse, senza selezioni preventive, la comune modalità del sacro. Il rapporto tra sacro e profano non si risolve, per Eliade, in una semplice opposizione, poiché il sacro, che si rivela pur sempre come «altro» dal profano, si manifesta però nel profano, che come strumento di questa manifestazione viene sacralizzato, diventa simbolo del sacro.
Attraverso l'esame delle varie ierofanie è possibile individuare alcune strutture principali, alcuni significati fondamentali della realtà, che acquistano particolare importanza in tutti i sistemi mitici e religiosi: la trascendenza (cielo), la fecondità (terra), il centro del mondo (casa, palazzo, tempio) ecc. Eliade sottolinea anche la differenza tra il tempo sacro e quello profano: mentre il secondo è in sé una durata evanescente, che assume un senso solo quando diventa momento di rivelazione del sacro, il primo è un susseguirsi di eternità periodicamente recuperabili durante le feste che costituiscono il calendario sacro: esso si configura perciò come un eterno ritorno. Eliade insiste anche sul valore archetipico del mito, che costituisce il modello e l'esempio per tutte le azioni umane e per tutta la realtà: le vicende cosmiche e storiche hanno quindi significato in quanto ripetono e riattualizzano la realtà sacra del tempo primordiale.
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