Enciclopedia Indice
Antropologia - cenni storici - indirizzi attuali
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Pag. 1 - Cenni storici - Indirizzi attuali
Pag. 2 - Antropologia biologica - Culturale
Pag. 3 - Antropologia visiva - Criminale - Linguistica - Dialogica
Pag. 4 - Antropologia interpretativa - Cognitiva
Scienza che studia l'uomo come fenomeno biologico (antropologia fisica) e, in senso più ampio, ne considera anche gli aspetti evolutivi, comportamentali, culturali e di rapporto con l'ambiente naturale (antropologia culturale).
CENNI STORICI
L'interesse per l'uomo e i suoi prodotti culturali risale, praticamente, alle civiltà classiche (Egizi, Greci, Romani, Cinesi, Arabi). Descrizioni sui costumi sociali, sugli aspetti morfologici e sulle usanze dei popoli "stranieri", fatte da viaggiatori e storici, erano abbastanza frequenti, ma solo a partire dal sec. XVIII assunsero un aspetto sistematico. Il primo a considerare l'uomo parte del regno animale fu C. Linneo, che definì un genere Homo con la sola specie Homo sapiens; l'interesse per l'uomo "animale pensante" coinvolse anche letterati e filosofi come Kant, ma coloro che iniziarono a gettare le basi di una nuova scienza furono G. L. L. Buffon e J. F. Blumenbach nella seconda metà del sec. XVIII. Sulla loro strada vari studiosi iniziarono l'opera di oggettivazione delle osservazioni applicando una metodologia rigorosamente sperimentale: P. Camper iniziò gli studi sulla craniometria (1774); G. Cuvier introdusse la misura dell'angolo facciale (1795); G. Combe quella dei diametri antropologici (1831); S. G. Morton creò una branca specializzata, la craniologia (1839); A. A. Retzius introdusse metodi rigorosi per determinare gli indici cefalici (1843). Nel contempo, P. Flourens istituì a Parigi (1833) un corso d'anatomia e storia naturale dell'uomo che fu ampliato (1839) da A. Serres fino a comprendere ricerche di psicologia. Il primo insegnamento a livello universitario dell'antropologia lo si deve al francese A. de Quatrefages che nel 1855 istituì una cattedra di antropologia a Parigi; il successo di questi studi portò alla fondazione, sempre a Parigi, da parte di P. Broca, della prima Società d'Antropologia (1859) intorno alla quale si raccolsero studiosi di fama internazionale fra i quali gli inglesi Thuran e Devis e il tedesco K. E. Bear. Il primo che estese le ricerche anche agli aspetti culturali delle società "primitive" fu l'italiano Giustiniano Nicolucci, fondatore dell’antropologia italiana. Le sue ricerche, concretizzatesi in varie pubblicazioni, avevano un approccio fondamentalmente etnologico (lazio, antica grecia, etc). Egli scrisse fra l’altro un'opera in due volumi "Delle Razze Umane. Saggio etnologico", pubblicato in Napoli nel 1857.
Con l'affermarsi della teoria evoluzionistica di C. Darwin (1859) la ricerca antropologica ebbe un notevole impulso, facilitato dalle nuove scoperte della biologia e dal moltiplicarsi delle ricerche sul campo fra le popolazioni cosiddette "primitive". Si ebbe anche un fiorire degli studi sociali, economici e psicologici che portarono a una stretta collaborazione fra l'antropologia e la nuova scienza che si andava delineando, l'etnologia. Nel 1869 venne costituita la Società Berlinese di Antropologia, Etnografia e Preistoria le cui metodologie di ricerca e studi legavano insieme queste tre discipline; tale criterio fu seguito (e in parte lo è anche oggi) da numerosi studiosi che hanno lasciato trattati di grande interesse. Ben presto, l'utilizzazione di metodi e tecniche rigorose consentì all'antropologia di superare la fase "descrittiva" per oggettivarsi in scienza teorica e applicata: nel 1876, A. Quételet introdusse il concetto di uomo medio, quale tipo umano di riferimento; definì cioè un uomo i cui caratteri antropologici servissero da comparazione per tutte le possibili variabili reali. Il metodo comparativo-statistico divenne norma negli studi di antropologia dando origine a una delle branche più importanti di questa scienza: l'antropometria. Nel 1876, a Parigi, P. Broca, A. de Quatrefages ed E. T. Hamy fondarono la celebre Scuola d'Antropologia, alla quale seguirono istituti analoghi in vari Paesi: al Broca si deve anche l'introduzione dei metodi analitici basati su dati oggettivi riferiti al vivente (antropologia fisica). Nello stesso periodo, l'italiano C. Lombroso elaborò i principi della cosiddetta "antropologia criminale" e contribuì alla formazione di una nuova metodologia, la "costituzionalistica", basata su un insieme di valutazioni antropometriche, psicologiche e fisiologiche, che in Italia si sviluppò grazie agli apporti di A. de Giovanni, G. Viola e N. Pende. Sulla base dei risultati che si andavano elaborando vennero proposte diverse classificazioni dei tipi umani (definiti sempre razze) fra le quali vanno ricordate quelle di T. H. Huxley (1870), G. Fritsh (1881), A. de Quatrefages (1889), ma il primo trattato organico di antropologia, che raccoglieva i successi e gli sviluppi di questa nuova scienza, lo si deve al francese P. Topinard (1885, Èlements d'anthropologie générale). Notevole influenza ebbero anche le scuole italiane d'antropologia, in particolare la Società Italiana d'Antropologia (istituita a Firenze da P. Mantegazza, nel 1871) e soprattutto la Società Romana d'Antropologia, fondata a Roma nel 1893 da G. Sergi: a quest'ultimo, sostenitore dell'ipotesi poligenetica delle origini dell'uomo, si deve anche l'aver svelato il clamoroso falso dell'uomo di Pilt Down. Già all'inizio del sec. XX l'antropologia era una scienza affermata che annoverava numerosi studiosi in ogni parte del mondo: le metodologie d'indagine si potevano avvalere delle scoperte e acquisizioni di tutte le scienze biologiche; E. Fisher applicò e verificò le leggi di Mendel sull'uomo (1913), mentre L. Hirschfeld evidenziò l'importanza dei caratteri serologici ed ematologici (1919). Essenziali furono i contributi dei ricercatori tedeschi (R. Wirchow, G. Fritsh, F. von Luschan, F. Fischer, E. F. von Eickstedt), italiani (G. Sergi, V. Giuffrida-Ruggeri, G. Sera), svizzeri (R. Martin, K. Seller), statunitensi (W. G. Boyd, A. Hrdlicka, E. B. Davenport), francesi (M. Boule, J. Deniker, H. Montagu), olandesi (F. Weindereich, G. H. R. von Konigswald) nonché dell'inglese A. Keith e del sovietico V. I. Bunak. Le nuove elaborazioni e acquisizioni portarono quindi a sempre più accurate descrizioni dell'uomo e alla revisione delle varie classificazioni dei gruppi umani, fra le quali vanno ricordate quelle di J. Deniker (1900), C. H. Stratz (1904), F. Ratzel (1914), G.-A. Montandon (1928), E. F. von Eickstedt (1937), E. A. Hooton (1946), H. W. Vallois (1948), R. Biasutti (1958).
INDIRIZZI ATTUALI
Dopo gli anni Cinquanta, l'impetuoso sviluppo della genetica e della biochimica, l'elaborazione, soprattutto a opera degli statunitensi, degli innumerevoli dati antropometrici raccolti fin dal sec. XIX, il moltiplicarsi di nuove e più estese indagini metodologiche sui gruppi umani viventi, la scoperta di innumerevoli reperti fossili dell'uomo, anche di epoche remote, portarono a una profonda trasformazione dell'antropologia, che praticamente si andò articolando in tre settori spesso ben distinti: l'antropologia biologica, la paleoantropologia e l'antropologia culturale. Oggi l'antropologia utilizza tutte le metodologie proprie di altre discipline, dalla statistica all'informatica, dalla medicina nucleare alla biochimica e alla fisiologia, avvalendosi del contributo di scienze quali la biologia molecolare, la genetica, la fisiopatologia, l'anatomia comparata e persino la geologia (per la ricostruzione degli ambienti naturali). Notevole importanza hanno assunto gli studi in parallelo condotti sui primati (J. T. Laitman, C. G. Sibley, R. R. Stanyon e altri), specialmente negli U.S.A., dove grandi centri si dedicano esclusivamente alla ricerca sperimentale sulle specie più vicine all'uomo, nella prospettiva di poter determinare le cause che hanno portato alla diversificazione degli Ominidi. Inoltre vanno sempre più intensificandosi ricerche sul sistema nervoso, nel confronto fra i primati e l'uomo. L'impiego dei calcolatori elettronici, consentendo di correlare tra loro in tutti i modi possibili classi di misure anche di notevole ampiezza, ha aperto la possibilità di abolire i limiti fra le varie acquisizioni sull'uomo portando a una visione più realistica della sua complessa realtà. Ormai si parla di una "tassonomia numerica" (R. R. Sokal) che ha parzialmente rivoluzionato i canoni classici delle classificazioni acquisiti dalla zoologia; così, con il ricorso all'elaborazione elettronica si sono potuti stabilire rapporti più completi fra i diversi reperti fossili in paleoantropologia ed effettuare interpolazioni fra i dati biochimici, fisiologici, antropometrici e osteometrici nei gruppi umani viventi. Gli sviluppi recenti dell'antropologia nel tentativo, positivo, di situare anche i fenomeni relativi alla biologia umana in una prospettiva di ricerca di causa-effetto, da un lato permettono una riconsiderazione in termini dinamici, e quindi un'indubbia valorizzazione dell'imponente patrimonio di dati analitici disponibili, dall'altro favoriscono una collocazione dell'antropologia più consona nell'ambito degli indirizzi più generali delle scienze biologiche moderne. Viene così chiamata in causa l'identità stessa dell'antropologia e il suo ruolo nell'ambito delle discipline biologiche: non più limitata, infatti, a una funzione eminentemente sistematica e descrittiva, l'antropologia contemporanea tende a configurarsi sempre di più come scienza di sintesi delle molteplici discipline che hanno per oggetto lo studio dell'uomo. A questo rinnovamento hanno contribuito numerosi studiosi, spesso biologi come G. G. Simpson e T. Dobzhansky, tra i quali vanno segnalati: C. S. Coon, E. A. Hooton, N. Wolansky, V. H. Muller, W. Gieseler, O. Vershuer, J. Weninger, R. Lehman, J. Corrias, S. Sergi, F. Facchini, A. E. Mourant, H. V. Vallois, J. Hiernaux, F. Sarasin, Y. G. Rizkov, V. A. Serenieteva, J. S. Weiner. Grazie a loro e ad altri, accanto a settori di studio tradizionali quali l'auxologia (introdotta da P. Godin) e la costituzionalistica (rinvigorite e rilanciate, in particolare dalla scuola inglese la prima e da quella nordamericana la seconda), se ne collocano altri, come quello relativo allo studio della dinamica microevolutiva delle popolazioni umane isolate, basati non solo sull'antropometria, la serologia e l'ematologia, ma anche sulla demografia, l'antropologia culturale, l'etologia umana e l'epidemiologia clinica, oltre che la linguistica e l'antropologia storica. Questo complesso di indagini contribuisce, mediante raffinate tecniche di elaborazione statistica, a definire la dinamica del differenziamento intra- e intergruppale delle varie popolazioni,estendendo il campo d'indagine anche alle relazioni genetiche esistenti non solo fra i gruppi umani attuali ma anche fra quelli estinti, fino a giungere (mediante il metodo comparativo) all'interpretazione dei resti fossili più antichi. È stato così possibile, per esempio, dimostrare che la differenziazione dei tipi umani attuali è abbastanza recente: le diversità morfologiche non appaiono quindi più sufficienti a provare un'antichità remota delle razze, in quanto esse rientrano nelle possibili variabili di una specie politipica come quella umana. È in corso, pertanto, una complessa revisione di tutti gli schemi classificatori che tenga conto anche delle interrelazioni fra evoluzione morfologica e sviluppo e differenziarsi delle culture, proprio per le implicazioni che questo ha sulle valutazioni sociali, psicologiche, culturali (e anche politiche) relative ai gruppi umani viventi. In questo lavoro, che richiede ormai équipe di ricercatori che affianchino l'antropologo, si pone più attenzione alle acquisizioni paleoecologiche, all'evoluzione dei reperti culturali e allo studio comparato della morfologia dei fossili recenti. Negli ultimi tempi, l'etologia umana ha portato notevoli contributi (E. Eibl-Eibesfeldt), favorendo quel rinnovamento delle scienze antropologiche teso a ridare unitarietà all'antropologia che, pur essendo una disciplina biologica, conserva una elevata componente umanistica proprio per le implicazioni riguardanti il comportamento del suo soggetto di studio: l'uomo.
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Nel sito la rubrica d'Autore "Riflessioni Antropologiche" dell'antropologo Andrea Bocchi Modrone
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