Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli
Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice
Contro la comunicazione
Conversazione con Mario Perniola
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it
- ottobre 2005
Mario Perniola (nato ad Asti il 20 maggio 1941) è professore di estetica all’Università “Tor Vergata” di Roma e all’Università di Kyoto, e dirige la rivista di studi culturali e di estetica “Agalma”. Allievo di Pareyson, studia gli aspetti emergenti dell’esperienza contemporanea mediante i concetti di simulacro, transito e strategia del bello.
Tra le sue opere: Il metaromanzo (1966), L’alienazione artistica (1971), La società dei simulacri (1980), Dopo Heidegger. Filosofia ed organizzazione della cultura (1982), Transiti (1985), Il sex appeal dell’inorganico (1994), Del sentire (1991), L’estetica del Novecento (1997), L’arte e la sua ombra (2000), Contro la comunicazione (2004).
Professor Perniola, quando prese a occuparsi di estetica e che idea ne ha?
Il mio primo interesse culturale si è rivolto verso la poesia e la letteratura, cui non ho mai cessato di attribuire un ruolo primario ed essenziale. All'inizio di tutto c'è stata la lettura dell'Iliade e dell'Odissea, sommi poemi che delineano un universo culturale profondamente permeato di sensibilità estetica. Si dimentica spesso che questi poemi sono nati da circostanze straordinarie. Mi sono costantemente interrogato sulla eccezionalità della realtà storico-sociale che ad essi sottende, caratterizzata dalla debolezza della religione e della politica, cioè dall'assenza di una casta religiosa, custode di una ortodossia dottrinaria, e dall'assenza di un potere politico forte ed organizzato su vasta scala. Si tratta di circostanze non solo rare, ma pressoché uniche nella storia dell'umanità. Il fatto che alle origini della civiltà occidentale la religione sia indistinguibile dalla cultura poetica costituisce un evento di enorme importanza per l'estetica e un potente antidoto contro ogni forma di fanatismo e di fondamentalismo. La seconda circostanza eccezionalmente favorevole al sorgere di un orizzonte estetico è costituita dalla mancanza nella Grecia omerica di un potere politico centralizzato paragonabile agli imperi orientali e perfino di una organizzazione federale stabile di città e di villaggi. Questa debolezza del potere politico rappresenta, non meno dell'assenza di una casta sacerdotale, un evento decisivo per l'estetica, perché separa fin dall'inizio la nozione di eccellenza da quella di supremazia sociale. L'orizzonte estetico che si delinea nei poemi omerici è dunque caratterizzato dall'oltrepassamento dei suoi confini: a rigore, non è un orizzonte, ma un universo che ingloba tanto la religione quanto la politica. Tutti gli altri aspetti della cultura occidentale nascono in competizione con l'epos aedico: il teatro greco (la tragedia e la commedia), la storia, la retorica, e infine la filosofia, nutrono tutti l'aspirazione di succedere all'epos e di questo condividono una pretesa estetica di tipo universalistico, cioè soddisfano quei bisogni di sicurezza e di orientamento generale, che in altri periodi e in altre culture costituiscono la base della religione e della politica. In fondo tutto il mio lavoro non ha fatto altro che riaffermare attraverso varie strade e strumenti concettuali questo primato originario dell'orizzonte estetico su quello religioso e su quello politico.
Che ricordo conserva del filosofo Luigi Pareyson, di cui fu allievo?
Spesso i pensatori con cui abbiamo avuto una lunga familiarità ci diventano occulti ed invisibili, quasi che sia necessario il crearsi di una distanza, di una estraneità, per renderli di nuovo capaci di suscitare il nostro interesse e la nostra ammirazione. Per me non è questo il caso di Luigi Pareyson. La sua eredità filosofica e spirituale mi appare in termini complessi ed enigmatici non per eccessiva dimestichezza, ma per un insieme indistricabile di lontananza e di vicinanza che si è venuto nel corso degli ultimi due decenni della sua attività continuamente accrescendo. È infatti intorno ai primi anni Settanta che si delinea nello sviluppo del pensiero di Pareyson una svolta, la quale a prima vista può essere descritta nei termini di un prevalere dell'istanza religiosa su quella estetica palesemente dominante negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta. Fatto sta che a partire da quel momento il cammino filosofico di Pareyson mi diventa contemporaneamente più distante e più prossimo: più distante per le tematiche affrontate e per l'esplicita professione di fede, più prossimo per lo stile di pensiero adottato profondamente differente dalla tendenza conciliativa e armonizzante delle precedenti opere estetiche.
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