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Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

Socrate e la cicuta: permesso, obbligato o proibito?

di Matteo Perlini, alias Epicurus - gennaio 2008

 

Che deve fare Socrate?

 

La mia idea, qui, consiste nel presentare gli svariati argomenti che Socrate propone contro l’evasione cercando di mostrare la loro fallacia e contemporaneamente svilupparli, se possibile, a favore dell’evasione: così dimostrerò che Socrate non doveva bere la cicuta (e doveva evadere dal carcere).
Prima di proseguire col mio intento, però, devo fare una precisazione doverosa; riporto un pezzo di testo per far capire a cosa mi riferisco: “durante lo stesso processo, se lo avessi voluto, avresti potuto benissimo farti condannare all'esilio e ottenere, col consenso dello Stato, quello che ora, illegalmente, tenti di fare.” Solamente questa frase – assieme ai principi (a), (b) e al fatto che tra le ingiustizia Socrate considera anche il non mantenere la parola, o il non rispettare un patto – sarebbe logicamente sufficiente a far rimanere Socrate in carcere, ed accettare la pena capitale. In queste circostanze, cioè, Socrate deve necessariamente accettare l’inesorabile sentenza.

Ma la domanda è se Socrate avrebbe potuto evitare di bere la cicuta, e cioè di eludere la morte. E quindi – tralasciando devianti interpretazioni che renderebbe il quesito banale (tipo: poteva non predicare alla gente come faceva, etc.) – possiamo creare una innocua situazione controfattuale: a Socrate, durante il processo, non viene proposta l’opportunità di scegliere l’esilio (1) . Così il dilemma torna ad essere interessante, ma questa volta con la differenza che ora Socrate potrà e soprattutto dovrà evitare di bere la cicuta: questo è ciò che mi prefiggo di dimostrare in questo scritto.

 

Le ragioni di Socrate (2)

 

Prima di iniziare ogni discorso sarà bene esporre quali sono i principi primi di Socrate. Tali principi, per come li presenta lo stesso Socrate, non sono sindacabili: egli vuole decidere se fuggire o meno basandosi su di essi. Quindi ogni soluzione non dovrà essere in contrasto con essi.

 

I principi base di Socrate:

 

a.  “Non bisogna mai agire ingiustamente” (3) ;

b.   “Non bisogna nemmeno rispondere a un’ingiustizia con un’altra ingiustizia”;

c.   “Se si ammette che una cosa è giusta, bisogna farla”;

d.  Lo stato è necessario per il vivere dell’uomo (4) .

 

Gli argomenti di Socrate pro cicuta:

  1. Uno stato perde la sua efficacia se un qualsiasi privato infrange le sue leggi quando gli pare.

  2. I patti prevedevano che si rispettassero le sentenze emesse.

  3. Allo stato si deve tutto: la nascita, la crescita, l’educazione, etc… Quindi si deve un rispetto persino maggiore a quello che si deve ai genitori. Socrate, essendo figlio dello stato, non può pretendere di fare allo stato quello che lo stato può fare a lui. Infatti, verso il padre o il padrone non si hanno i loro stessi diritti: “ai rimproveri non potevi rispondere, alle percosse non potevi, a tua volta, percuotere, nulla di tutto questo.”

  4. Lo stato ci può mandare in guerra a combattere (e morire), quindi perché non si dovrebbe accettare anche di morire per una sentenza? Bisogna obbedire ciecamente al volere dello stato.

  5. Non esiste impedimento ad andarsene dalla propria patria, “ma chi di voi rimane, riconoscendo il nostro modo di amministrare la giustizia e gli affari dello Stato, si impegna all'obbedienza di ciò che noi comandiamo”. Dato che Socrate ama la propria patria, allora Socrate deve obbedire allo stato.

  6. Gli amici di Socrate, se lo aiutano, rischiano l’esilio e di esser privati dei loro beni.

  7. Se fugge in un altro Paese gli si presentano due opzioni: o può recarsi in un luogo di persone oneste, ma tutti lo guarderebbero con disprezzo, oppure può recarsi in un luogo di persone disoneste, ma allora di che parlerebbe Socrate? E che vita sarebbe vivere tra i disonesti?

  8. Se scappasse per i suoi figli, allora non potrebbe portarli con sé perché li costringerebbe a vivere da stranieri. Se li affidasse ai suoi amici, allora ciò non sarebbe diverso dal morire.

  9. “Non tenere in maggior conto i figli o la vita o qualunque altra cosa al mondo, più della giustizia”.

  10. “Se, invece, tu ora risolverai di morire, sarà perché sei stato ingiustamente trattato, ma non da noi Leggi, bensì dagli uomini; se, invece, fuggissi, rendendo vigliaccamente ingiustizia per ingiustizia, male per male, trasgredendo ai patti e agli accordi stipulati con noi, facendo del male a chi meno lo meritava, cioè a te stesso, agli amici, alla patria e a noi”.

Le mie ragioni

Vediamo ora di analizzare uno ad uno ogni argomento proposto da Socrate, cercando di capire dove ci possano essere delle falle nel ragionamento. Ecco le confutazioni degli argomenti pro cicuta, alcune sviluppate a favore dell’evasione:

  1. E’ vero che se “per ogni individuo x, x può trasgredire le leggi dello stato per puro capriccio” allora lo stato cessa di esistere, e questo non si può permettere per il principio (d). C’è però un grosso ma! Infatti, se la proposizione precedente non può essere considerata morale, possono esserlo (rispetto ai principi di Socrate) le proposizioni: “per un numero x sufficientemente piccolo, vale che x può trasgredire le leggi dello stato” e “per ogni individuo x, x può trasgredire le leggi dello stato perché ingiuste o applicate ingiustamente”. Cioè, l’impossibilità salta se non permettiamo che lo facciano tutti gli individui, oppure (5) se tutti sono ben motivati (cioè lo stato è stato ingiusto). In quest’ultimo caso si potrebbe anche verificare che tutti gli individui siano ben motivati e allora lo stato si distruggerebbe, ma così facendo non stiamo andando contro il principio (d)? E’ vero, ma se lo stato diventa enormemente maligno, allora Socrate non dovrebbe riconoscere tale entità come stato, quindi in questo caso il principio (d) implicherebbe proprio l’eliminazione del falso stato (perché maligno) e il consequenziale tentativo di costituirne un vero stato.

  2. Ma chi ha detto che questi erano i patti? Eventualmente i patti erano che Socrate avrebbe dovuto obbedire allo stato, mentre lo stato avrebbe dovuto difendere e diffondere la giustizia. Ma lo stato ha commesso un’ingiustizia verso Socrate, sciogliendo così tale patto. Quindi Socrate non ha obbligazioni verso lo stato.

  3. Ma un padrone (o un padre) può uccidere immotivatamente un suo servo (o un suo figlio)? No, e quindi neppure lo stato. Il creatore ha forse più diritti del generato (e qui dico forse proprio perché tale tesi è molto discutibile, ma eviterò ora di sviluppare tale obbiezione), ma quando il creatore compie ingiustizie, diventa malvagio e così – per le stesse parole di Socrate – non merita d’essere ascoltato e ubbidito: “le persone per bene - ed è di loro che ci deve importare.”

  4. Qui si assume che la guerra per la quale lo stato ci manda a morire sia giustificata, ovvero che diminuisce le ingiustizie e promuove la giustizia (ad esempio una guerra per autodifesa), quindi possiamo e dobbiamo combattere (ed eventualmente morire) per contrastare tali ingiustizie. Ma da ciò non si deduce assolutamente che possiamo o dobbiamo morire per dei capricci.

  5. Uno stato può essere considerato giusto, anche se avvengono delle ingiustizie. Quindi è vero che Socrate considerava in modo molto positivo il suo stato (e quindi desidera rimanervi), ma non per questo dobbiamo sottoporci anche a ingiustizie dello stesso stato. Gli esseri umani non sono prescienti, quindi se uno stato si comporta in linea di massima correttamente, allora accetto di restarci, ma non posso sapere cosa accadrà in futuro. Inoltre, non ci sono più patti tra lo stato e Socrate, come spiego nel mio punto (2).

  6. E’ vero che i suoi amici rischiano l’esilio e la confisca di tutti i loro beni, ma Critone stesso ha affermato che lui e tutti gli altri amici di Socrate sono pronti a rischiare. (a) per Critone e gli altri è peggiore la vergogna (6) che l’esilio: questo andrebbe considerato come un principio di Critone (e degli altri), ed essendo Socrate una persona che rispetta le opinione di brave persone, tale principio dovrebbe ricevere la stessa importanza dei principi di Socrate; quindi una soluzione che non risponde a tale vincono non può essere considerata una soluzione ammissibile. Critone dice: “mi vergogno per te e per tutti noi, amici tuoi, perché si dirà che siamo stati dei vigliacchi, in tutta questa tua faccenda, dalla tua comparizione in tribunale, quando potevamo evitarla, alla discussione stessa del processo, come si è svolta, fino all'ultimo atto, vero e proprio ridicolo epilogo di un dramma, per cui, di certo, si crederà che è stata dappocaggine e codardia, la nostra, se non siamo stati capaci di salvarti, noi da parte nostra e tu dalla tua, quando la cosa era facile e possibile, solo che ti avessimo minimamente aiutato.” Comunque ci sono altre due obbiezioni indipendenti che rendono nulla questa argomentazione. (b) Ma se è giusto e quindi doveroso cercare di diminuire i mali nel mondo, allora è doveroso pure che Critone e gli altri aiutino Socrate ad evadere, se assumiamo che Socrate sia legittimato a fuggire, come dal resto sto cercando di argomentare (7) . (c) Si potrebbe trovare un modo per far evadere Socrate tramite il quale non si lascerebbero indizi su chi sia il responsabile di tale evasione.
    Così il punto (6) in generale dimostra che Socrate ha torto nel dire che per gli amici egli non può fuggire, cioè dimostra che egli può; in particolare, però, i punti (a) e (b) di questa mia controargomentazione dimostrano come Socrate debba necessariamente evadere (8) .

  7. Per eludere tale argomentazione ci possiamo servire di due controargomentazioni. (a) Socrate può andare in un luogo dove non sono conosciute le sue gesta, o almeno in un luogo dove non lo potrebbero riconoscere dal volto. (b) E’ Socrate stesso che dice che bisogna interessarsi solo delle persone buone e giuste, così se una persona è buona e giusta riconoscerà l’innocenza di Socrate (sto proprio dimostrando questo!) e non lo tratterà male, anzi lo elogerà; mentre se è una persona meschina allora non ci interessa ciò che pensa.

  8. Sapere per i figli che il padre è lontano ma vivo è ben diverso dal sapere che egli è morto, infatti in futuro si potrebbero rincontrare in incognito in qualche luogo. Oppure, in futuro, Socrate potrebbe essere riconosciuto innocente e così potrebbe tornare a casa dei suoi figli. Inoltre noi tutti sappiamo che presumibilmente i figli di Socrate preferirebbero vivere col padre in terra straniera che vivere senza di lui.
    Critone sostiene che Socrate debba evadere per la sua responsabilità verso i suoi figli, ma Socrate demolisce tale argomentazione: questo mio punto ora dimostra invece che Socrate ha torto mentre Critone ragione. Così Socrate deve evadere.

  9. Giustizia? Ma se Socrate è nel giusto la giustizia vuole proprio che Socrate evada dal suo carcere.

  10. Qui l’errore di fondo sta nel fatto palese che non si può prima far ricadere la responsabilità dell’accaduto sugli uomini, e poi quando fa comodo, far ricadere la colpa sulla società. Inoltre la società non può essere trattata come entità individuale e personale, se non metaforicamente. Ma c’è di più, la società dice “se, invece, fuggissi, rendendo vigliaccamente ingiustizia per ingiustizia, male per male, trasgredendo ai patti e agli accordi stipulati con noi, facendo del male a chi meno lo meritava, cioè a te stesso, agli amici, alla patria e a noi”; cioè, ci viene detto: il solo reagire ad un’ingiustizia è un’ingiustizia, Socrate sta trasgredendo ai patti stipulati, l’evadere è un’ingiustizia verso sé i suoi amici e alla patria. Ma tutti questi assunti sono falsi, come ho dimostrato nei punti precedenti, infatti si può reagire ad un’ingiustizia senza commetterne un’altra, non ci sono più patti tra Socrate e lo stato, Socrate non compie ingiustizia verso i suoi amici e verso di sé.

Tirando le somme

 

Vorrei fare un’osservazione riguardo le argomentazioni di Socrate, le argomentazioni (7), (9) e (10) commettono tutte (almeno) l’errore nel cadere nella fallacia logica della petizione di principio: cioè si assume in precedenza quello che si vuole dimostrare. Quindi in queste tre argomentazioni si assume che Socrate sbaglierebbe evadendo, e così se ne deduce: nella (7) che verrebbe trattato con disprezzo dai giusti; nella (9) che andrebbe contro la giustizia; nella (10) che Socrate compie ingiustizie verso i suoi amici e verso sé. Ma se stiamo cercando di dimostrare proprio se sia lecito che Socrate evada, non è certo corretto assumere a priori che non egli non debba scampare la morte fuggendo.

Come ho già detto, le mie contro-obiezioni a Socrate già mostrano come Socrate stia sbagliando, in due diversi sensi importanti ed indipendenti:

  • neppure una sua argomentazione è a favore della sua morte;

  • alcune sue argomentazioni – la (6) e la (8) – se sviluppate, come ho fatto io poco sopra, sono a favore della sua evasione.

Quindi è stato dimostrato che Socrate potrebbe evadere, inoltre è stato dimostrato – in alcuni punti – non solo che potrebbe, bensì che dovrebbe (cioè il non tentar di fuggire rappresenta una opzione non percorribile da Socrate). Aggiungo un’ulteriore argomentazione a favore della tesi che Socrate dovrebbe fuggire: (11) è facile morire per i proprio ideali, ma è molto più difficile, ma anche molto più utile, vivere per essi. Quindi Socrate dovrebbe vivere per cercare di migliorare la società in cui vive, questo, dato il suo temperamento virtuoso, costituisce un imperativo morale e la sua inadempienza rappresenta di certo un atto intollerabile dal punto di vista di Socrate.

 

Appendice: gli operatori logici

 

Ora cercherò di chiarire il significato del titolo, spiegando così anche lo scopo generico di questo scritto. Ci sono tre risposte possibili, che qui mi interessano, riguardanti il bere la cicuta da parte di Socrate. La prima è più debole delle altre due, cioè era permesso a Socrate bere, ma non ci si pronuncia se fosse obbligatorio o meno: bere o non bere la cicuta è moralmente indifferente. La seconda prevede, non solo che era permesso a Socrate berla, bensì che egli avrebbe dovuto: in questo caso Socrate è obbligato a bere la cicuta. Il terzo caso, invece, sostiene che non è permesso a Socrate bere la cicuta: è proibito a Socrate, quindi, bere la cicuta. L’intendo di questo saggio era proprio quello di dimostrare il terzo caso, quello cioè che prevedesse la proibizione da parte di Socrate di bere la cicuta, in opposizione al secondo caso, quello sostenuto da Socrate stesso.
E’ così che sbucano fuori i tre operatori logici della logica deontologica: O (obbligato), P (permesso) e F (9) (proibito). Quindi un enunciato delle forma “Ox” (10) sta a significare che è obbligatorio che x.
Le relazioni logiche tra questi operatori possono essere esplicitate come segue:

    • P(x) ↔ ¬O(¬x);

    • F(x) ↔ O(¬x) (11) .

 

E se mi si volesse contraddire?

Ovviamente questo saggio non vuole certo essere l’ultima parola riguardo tale questione, infatti riconosco alquanto plausibile che ciò ho scritto possa essere errato in qualche sua parte, o anche interamente. Ma che dovrebbe fare una persona per dimostrare che io ho sbagliato? Bè, io posso aver sbagliato in due modi diversi:

 

I.   Socrate poteva evadere (senza obbligo né proibizione);

II.  Socrate doveva bere la cicuta.

 

Se qualche persona volesse dimostrare solo (I), allora le basterà dimostrare che le mie contro-argomentazioni (6), (8) e (11) sono false. Se, invece, qualche altra persona volesse dimostrare (II), il lavoro da svolgere sarà sicuramente più corposo: dovrà confutare tutte e undici le mie contro-argomentazioni (con tutte le loro sottoparti) dimostrando così la correttezza delle argomentazioni di Socrate. Oppure egli potrà scegliere un’altra strada: trovare un’altra argomentazione a favore dell’obbligo di bere la cicuta, ma non solo, egli dovrà pure dimostrare o che le mie contro-argomentazioni (6), (8) e (11) sono false, oppure che tale nuova argomentazione ha una forza morale per Socrate superiore alle mie contro-argomentazioni (6), (8) e (11).

 

Per contraddirmi potete scrivermi all’indirizzo epicurusite@gmail.com

 

Matteo Perlini (Epicurus)
8 Novembre 2005

 

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NOTE

1) Oppure gli viene proposta, Socrate lo accetta, ma poi non gli viene concesso.

2) Tutte le citazioni presenti in questo saggio fanno riferimento al Critone di Platone.

3) Aggiungo una doverosa precisazione riguardo i primi tre principi: ovviamente anche come vengono interpretati i termini ‘giusto’, ‘ingiusto’ e quelli derivati, fa parte dei principi di Socrate, ma per comodità tratteremo come implicite tali interpretazioni essendo la morale di Socrate abbastanza ortodossa. Ed in ultimo, un ulteriore chiarimento riguardo i principi di Socrate: il punto (c), a rigore, non dovrebbe essere considerato un principio (morale) di Socrate, bensì un meta-principio, infatti esso ha come unico scopo quello di affermare che se un’azione (o un’omissione) è ritenuta giusta allora deve sempre e necessariamente corrispondere l’esecuzione di tale azione (o omissione).

4) Il motivo che mi ha spinto a riconoscere (d) come uno dei principi di Socrate è proprio il pezzo in cui lui dice: “questo dimostra che a te, più che agli altri ateniesi, noi leggi e la tua patria, ti piacevamo. E, in effetti, una città senza leggi a chi potrebbe piacere?”.

5) Questa disgiunzione è una disgiunzione di tipo inclusiva, quella denominata ‘or’ in logica formale. ‘A or B’ significa che o è vera A, o è vera B, o sono vere entrambe.

6) Vergogna e disonore dati dal non aver tentato di salvare Socrate avendone l’opportunità, e sicuramente Critone ne ha l’opportunità, infatti è proprio quello che stiamo assumendo in questo saggio.

7) Ovviamente il combattere un’ingiustizia non implica il compiere un’altra ingiustizia. Il secondo assioma dice di non rispondere ad un’ingiustizia con un’altra ingiustizia, ma non dice che ogni risposta ad ingiustizie è un’ingiustizia: d’altro canto il donare un pasto ad un poveruomo è una risposta all’ingiustizia della fame del mondo e della povertà, senza peraltro essere a sua volta un’ingiustizia.

8) Per un approfondimento riguardo le differenze tra il poter fare ed il dover fare vedi l’Appendice di questo saggio.

9) I simboli degli operatori deontologici sono più comprensibili se si pensa che corrispondono alle parole in inglese. Quindi ‘obligation’, ‘permission’ e ‘forbidden’.

10) Più avanti userò questa notazione con le parentesi, per rendere la lettura più agevole.

11)   Il primo enunciato sta a significare “E’ permesso x se e solo se non è obbligatorio non-x’. Il secondo “E’ proibito x se e solo se è obbligatorio non-x”.


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