Riflessioni sull'Alchimia
di Elena Frasca Odorizzi indice articoli
Il trattato sul Picatrix e i suoi rapporti con la magia
di Roberto Taioli - Maggio 2009
Capitolo 2) Lettura ed esegesi del Prologo
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La via mistica conduce non alla conoscenza del Dio inconoscibile ma solo nelle tracce della sua luce. Studiare qui è da intendersi non come discernimento delle cose in vista di una conoscenza teoretica e nemmeno come visione della verità ma come ricerca che nella sua inesauribilità mai tuttavia placa il bisogno di Dio. Sono gli uomini che hanno bisogno di Dio e non Dio degli uomini, poiché in lui non v’è alcuna mancanza. Egli è pienezza autosufficiente e completa che non soffre di alcun limite, mentre gli uomini vivono nel mondo imperfetto del finito:
«Infatti da lui, cioè dal mondo superiore, discende lo spirito dell’uomo; e per questo è naturale che l’uomo desideri ritornare al luogo da cui proviene e da cui ha avuto origine. Lì verrà a conoscenza di cosa sia il mondo e delle sue manifestazioni, e in che modo sia stato disposto dal suo creatore. Questo tipo di conoscenza costituisce la vera sapienza. Saprai dunque che Dio è colui che ha fatto e creato il mondo nella sua interezza e tutte le cose che in questo esistono, e che il mondo e tutto ciò che contiene dallo stesso Altissimo è stato creato».(17)
Emerge da questa pagine del Picatrix la visione di un mondo gerarchizzato e stratificato, i cui gradi sono tuttavia interconnessi: Dio, punto di partenza e di arrivo di tutte le cose, agisce nell’uomo interiore come anelito a tornare al luogo da cui proviene e da cui ha tratto origine. Come se fosse relegato in un esilio nei confini dell’esistenza, gli uomini tendono nel profondo a ricongiungersi in quel Dio che è unità e da cui ha preso abbrivio la molteplicità. L’uomo tende come suo fine ultimo e supremo a dissolversi in quel Dio da cui si è scisso per volontà di creazione.
Nel ricomporsi e annullarsi nell’unità infinita potrà così vedere l’ordine e la gerarchia del mondo, la posizione di ogni essere e il senso di ogni manifestazione, che gli sono invece precluse rimanendo nella condizione finita, disperso nel molteplice. Solo nella coincidenza in Dio, cessando di essere uomo, la gerarchia creaturale manifesta la sua interezza, l’intera scala delle gradazioni, delle affinità e delle diversità che entrano nel grande ritmo della volontà di Dio.
Il Picatrix parla di una nostalgia dell’uomo per il luogo dell’origine che tuttavia non ha conosciuto poiché la sua epifania avviene solo alla fine:
«Infatti da lui, cioè dal mondo superiore, discende lo spirito dell’uomo; e per questo è naturale che l’uomo desideri ritornare al luogo da cui proviene e da cui ha avuto origine. Lì verrà a conoscenza di cosa sia il mondo e delle sue manifestazioni, e in che modo sia stato disposto dal suo creatore. Questo tipo di conoscenza costituisce la vera sapienza. Saprai dunque che Dio è colui che ha fatto e creato il mondo nella sua interezza e tutte le cose che in questo esistono, e che il mondo e tutto ciò che contiene dallo stesso Altissimo è stato creato».(18)
Questo nostos, questo viaggio di ritorno, è il viaggio della conoscenza e della sapienza, perché nella condizione umana all’uomo è interdetta la plenitudine di Dio. Essa c’è allora sola alla fine, come approdo di tutte le cose in Dio e svelamento ultimo dell’ordine prima nascosto e precluso.
E’ un tema - questo del Dio absconditus - che riemerge in tutte le forme della religiosità e non manca di attraversare anche le pagine del Picatrix. Il volto absconditus di Dio non si manifesta per un atto di volontà e neppure di intenzione da parte dell’uomo, ma solo nell’abbandono radicale ad esso, nel dissolversi nella sua pienezza. Il ritorno è così non un andare ma un “lasciarsi prendere” ed attrarre da una chiamata cui non vi si può opporre:
«Il motivo della volontà divina è oltremodo profondo e difficile da capirsi, sebbene con lo studio e la scienza sia possibile comprendere ciò. Questo è il più grande dono che Dio stesso fece agli uomini: che si applichino a capire e conoscere. Infatti studiare vuole dire servire Dio. E tieni presente che il sapere possiede tre qualità, delle quali la prima è che sempre aumenta e mai diminuisce, la seconda che sempre innalza e mai avvilisce e la terza che è sempre visibile e che mai si nasconde».(19)
Qui l’autore postula in modo problematico e arduo l’idea della comprensibilità da parte dell’uomo della scienza ed entro quali limiti ciò possa aver luogo. Il Dio elargitore e benefico ha donato all’uomo l’inclinazione alla conoscenza, che non avviene mai per intuizione, ma mediante l’applicazione e lo studio. Queste modalità sono, nel linguaggio e nella sensibilità del Picatrix, non altro che il servizio reso a Dio. Il servizio reso a Dio consiste nel partecipare in forma imperfetta del dono della conoscenza e si concreta in una via di ascesi, avviene per accrescimento e ascendimento, e sempre maggiore visibilità, dalle forme, oscure, confuse e nebulose via via ascendendo verso la chiarezza che si manifesterà nella coincidenza con Dio. Una via che riverbera e richiama l’itinerarium mentis in Deo di Bonaventura di Bagnoregio.
Si tratta senza dubbio di un cammino arduo, faticoso che richiede una piena dedizione. Seppur destinato ad una conoscenza imperfetta, l’uomo ascende nel desiderio alla perfezione di Dio e si predispone ad incontrarlo e a servirlo. Camminando sulle sue misteriose tracce egli partecipa di quella presenza/assenza e viene fatto partecipe di quanto è necessario per camminare in Dio:
«Esso [scil: il sapere] possiede anche tre punti di forza, dei quali il primo è che fa spregiare le cose di questo mondo,.il secondo che fa acquisire onesti costumi, e il terzo che non insegna se non ciò che esso vuole e predilige, penetrando con la forza della ragione e della volontà»(20).
Siamo davanti ad una scienza esoterica che richiede l’abdicazione del mondano e la cessione integrale della propria volontà a quella divina. Essa è una scienza migliorativa e morale, perché con lo spregio del mondo fa acquisire all’asceta “onesti costumi” e pratiche sobrie di vita e di condotta, che abbracciano la sua totalità materiale e spirituale. Ma poi - ed è molto importante - questa scienza è una scienza selettiva perché insegna l’essenziale e il fondamentale, scartando l’accessorio e l’artificiale. Come scienza dei fondamenti essa svela solo ciò che è costitutivo, sfrondando e potando l’inessenziale:
«Sappi dunque che il segreto che vogliamo svelare in questo libro non può essere colto se prima non si è raggiunto il sapere. Colui che vuole acquisire il sapere deve studiare le scienze e conoscerle per ordine e in dettaglio: infatti questo segreto non può essere posseduto se non dal saggio studioso delle scienze secondo il loro ordine. In questo segreto c’è una grande purezza che ti potrà essere di grande aiuto».(21)
L’autore si rivolge all’anonimo lettore attraverso un monito: ciò che è segreto e arcano non si raggiunge se non attraverso il sapere, che non è tuttavia solo libresco. Lo studio delle scienze esoteriche, secondo il paradigma invalso all’epoca, è preambolo e introduzione al sapere. Esse - le scienze - non esistono se non per volontà e dono di Dio, che le ha ordinate in modo tale da poter essere lette dal saggio. A lui il compito di rispettare l’ordine in cui sono state disposte, senza alterarne o modificarne la posizione, la cui determinazione non appartiene alla volontà umana.
Il segreto cui si fa cenno e al quale si viene introdotti per gradi altro non è che la costituzione del mondo, dei cieli, dell’universo e delle forze ed energie in esso contenute, di come nascono e come possono venire intercettate perché agiscano beneficamente e proficuamente sull’uomo. Così sarà le negromanzia, scienza arcana eppur necessaria, che richiede il coinvolgimento delle potenze divine, in quanto - si scrive nel Picatrix - «in generale, chiamiamo negromanzia ciò che implica un qualsiasi fatto celato ai sensi e che la maggior parte degli uomini non sa in che modo né per quali cause avvenga»(22).
Più chiaramente ed estesamente definiamo negromanzia tutte le operazioni compiute dall’uomo in cui sono totalmente coinvolti l’intendimento e lo spirito, e in cui l’intendimento accompagni, agevolando o provocando, le cose meravigliose che con essa vengono compiute.
La negromanzia agisce quindi come scienza intermediaria e di ausilio tra alto e basso, come copula attiva che, con le opportune tecniche e procedure, rende possibile il catturare le energie fluenti. La scienza e la pratica dei talismani – come vedremo diffusamente in altro luogo di questa dissertazione – è l’arte della violazione (telsam è ciò che vìola), in quanto vince la resistenza dell’oggetto in funzione del quale il talismano è stato costruito.
La negromanzia penetra in un ordine recondito connettendo ciò che è separato ed estraneo, in qualche modo rendendo l’oggetto docile e malleabile, duttile e plastico, così da partecipare delle sue essenze e qualità all’uomo.
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NOTE
17) Picatrix, p. 30.
18) Picatrix, cit., p. 30.
19) Picatrix, cit. p. 30.
20) Ibidem. p. 31.
21) Picatrix, cit., p. 31.
22) Picatrix, cit., p. 31.
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