Riflessioni sull'Alchimia
di Elena Frasca Odorizzi indice articoli
Un Alchimista di nome Orfeo in una tarsia rinascimentale senese del 1500
Aprile 2008
Revisionato nel mese di Gennaio 2012
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Orfismo, Sciamanesimo e Alchimia:
a) Le Vicende di Orfeo.
La storia di Orfeo è più o meno nota a tutti. Per la maggior parte degli autori era figlio di Apollo, il Dio del Sole (28), che lo aveva generato con Calliope, la Musa della poesia epica. Originario della Tracia, suo attributo tipico era la Lira, che aveva ricevuto in dono dal divino genitore, il quale, a sua volta, l'aveva avuta da Ermete, che ne era stato l'inventore nel suo primo giorno di vita (29).
Orfeo divenne famoso durante la spedizione degli Argonauti, per sua la voce melodiosa, capace di opporsi al canto ipnotico delle Sirene, ma soprattutto per aver cercato, senza successo, di riportare nel mondo dei Vivi la promessa sposa, Euridice, morta prematuramente.
Nel tentativo di far rivivere l'Amata, scese negli Inferi, e giunto alla presenza dei Signori dell’Aldilà cantò tutta la sua insopportabile disperazione e la sua straziante solitudine, sconvolgendo le attività degli Inferi al punto che le implacabili Erinni si commossero e «per la prima volta nell'oltretomba si conobbe la pietà (30)». Proserpina per ristabilire l'ordine gli permise di riportare Euridice in superficie, ma a patto che non si voltasse indietro a guardarla, prima che fossero fuori dall'Ade. Ovviamente Orfeo si voltò all'ultimo momento e lei svanì...
Distrutto dalla fatale e irreparabile perdita, affrontò il dolore rifugiandosi nella musica e rifiutando di amare qualsiasi altra donna per il resto della vita. Le Menadi, estatiche e selvagge Sacerdotesse di Dioniso, considerando quella scelta un affronto alle Donne e al loro Dio, lo fecero a pezzi e ne sparsero ovunque le membra. Solamente la Testa fu risparmiata e, legata alla Lira (31), fu buttata nelle acque del fiume Ebro (32), dove il padre Apollo la ritrovò ancora urlante il nome di Euridice (33). Dalla versione di Ovidio sappiamo che la storia ebbe comunque un lieto fine, perché quando Orfeo morì, poté finalmente riabbracciare la sua Amata nell'Aldilà:
[...] Sottoterra scende l'ombra di Orfeo, e tutti riconosce i luoghi che aveva visto prima; poi, cercandola nei campi dei beati, ritrova Euridice e la stringe in un abbraccio appassionato. Qui ora passeggiano insieme: a volte accanto, a volte lei davanti e lui dietro; altre volte ancora è invece Orfeo che la precede e, ormai senza paura, si volge a guardare la sua Euridice.
b) Orfeo, Sciamano e Profeta
Nell'irrompere violento e inatteso delle Menadi il racconto mitologico diventa veicolo di messaggi simbolici e storici più profondi, che riusciamo a capire solamente leggendo Diodoro Siculo, il quale considerava l'Orfismo la sistemazione teologica dei misteri di Dioniso (34):
Dopo queste cose, per ringraziare Charops dell’aiuto che gli aveva fornito, Dionysos gli diede il regno della Tracia e lo iniziò ai misteri; e Oeagros, figlio di Charops, ricevette in eredità il regno e i riti iniziatici, che erano nascosti nei misteri, riti che poi Orpheus, figlio di Oeagros, superiore a tutti gli altri uomini in generosità e cortesia, imparò da suo padre; Orpheus modificò molte cose nelle pratiche di culto e per questo i riti stabiliti da Dionysos furono diffusi col nome di orfici (35).
Il fine ultimo dell'Orfismo era quello di aiutare l'essere umano a perfezionarsi, in vista di una salvezza spirituale fondata sull'accettazione della legge di Adrastea (36), (la legge della Inevitabilità che regola tutte le cose (37)). A differenza del Pitagorismo, l'Orfismo non assunse mai «né un ruolo né una funzione propriamente istituzionali», né fu possibile «parlare di una città orfica, né di un culto ufficiale orfico (38)», anche se la figura di Orfeo rimase centrale e si affermò come quella di un Profeta, che aveva diffuso in Grecia le teletai di Dioniso e di Eleusi, su imitazione dei mysteria egiziani di Iside ed Osiride (39).
Secondo Diodoro erano proprio gli Egiziani ad affermarlo:
(Gli Egiziani asseriscono che) è stato Orfeo che, recatosi in Egitto e fattosi iniziare, prese parte anche ai culti misterici di Dioniso; egli poi legato da amicizia ai Cadmei, dai quali era tenuto in grande considerazione trasferì il luogo di nascita del dio per fare loro cosa gradita; la massa vuoi per ignoranza, vuoi perché voleva che il dio (Dioniso) venisse considerato greco, accolse come favole le iniziazioni e i culti misterici (40). […] Orfeo portò (dall'Egitto) la maggior parte dei riti iniziatici misterici e la celebrazione dei riti orgiastici relativi alle sue peregrinazioni, nonché la rappresentazione mitologica dell'Ade. Il rito iniziatico di Osiride è identico a quello di Dioniso e parimenti quello di Iside assomiglia profondamente a quello di Demetra, soltanto i nomi sono stati scambiati.Le punizioni degli empi nell'Ade e le praterie destinate agli uomini pii, le fantasie che i più concepiscono e che sono parti dell'immaginario, è stato Orfeo a introdurle, a imitazione dei costumi funerari egiziani (41).
Orfeo, secondo la Tradizione, era dunque un profeta del dio dell’Ebrezzae un divulgatore di Misteri Egiziani in versione greca, ma anche un mago (42), un maestro spirituale, un indovino e un medicine man (43), sia in base alle virtù medico-magiche e musicopsicagogiche del suo canto (44), sia per le tragiche vicende della sua esistenza, che ricalcavano quelle di Dioniso dallo smembramento alla catabasi, (Dioniso fatto a pezzi dai Titani e Dioniso che scende negli Inferi per liberare sua madre Semele):
Alla musica dolce di Orfeo, cessava il fragore del rapido torrente, e l'acqua fugace, obliosa di proseguire il cammino, perdeva il suo impeto ... Le selve inerti si movevano conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi volava, commuovendosi nell'ascoltare il dolce canto, perdeva le forze e cadeva ...Le Driadi, uscendo dalle loro querce, si affrettavano verso il cantore, e perfino le belve accorrevano dalle loro tane al melodioso canto (45).
L'idea di un Orfeo Sciamano viene confermata dallo studioso Paolo Scarpi, il quale, rifacendosi nella sua introduzione ai frammenti Orfici agli studi del grande Mircea Eliade, ha scritto che la Tracia, patria di origine del nostro mitico cantore, fu il punto di partenza «dello sciamanesimo di origine asiatica verso il mondo greco», e che in Orfeo si rifletteva il «prototipo mitico dello sciamano (46)»:
Alle spalle dell'origine etnica di Orfeo si può anche intravedere, in ragione della sua collocazione geografica una qualche forma di sciamanesimo, in cui il contatto diretto con l'“alterità” è ottenuto dall'operatore attraverso la trance. L'idea era già stata sostenuta da Dodds 1973, pp, 186-7, 193 sgg. , che vedeva proprio nella Tracia un punto di confluenza dello sciamanesimo di origine asiatica verso il mondo greco e in Orfeo un prototipo mitico dello sciamano non diversamente da Zalmoxis anch'egli un trace, alla cui pretesa di far guadagnare l'immortalità ai suoi seguaci gli intellettuali greci guardavano con non poche perplessità [...] così come guardavano con una certa sufficienza ad Orfeo e alle purificazioni degli orfici per ottenere un posto privilegiato nell'Aldilà (47) [...].
Nelle vicende di Orfeo, al di là delle diverse varianti, si ravvisano quindi gli stessi elementi che si ritrovano nei racconti degli Sciamani asiatici, citati da Eliade, nel suo saggio, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, in relazione al rito dell'iniziazione, laddove dice che «l'isolamento psichico di un “malato scelto”, l'imminenza della morte avvertita dal malato, le sofferenze fisiche come lo smembramento del corpo del candidato, la discesa agli inferi, una ascensione al cielo, il dialogo» con gli spiriti (o gli Dei o le anime degli sciamani morti), sono tutte situazioni paragonabili all'isolamento rituale e alla morte simbolica, delle cerimonie iniziatiche, che «si inquadrano nel tema universale della morte e della resurrezione mistica» del candidato- protagonista:
Nel precedente capitolo abbiamo citato diversi esempi di vocazione sciamanica manifestatasi nella forma di una malattia. Talvolta non si tratta di una malattia vera e propria, ma piuttosto di una graduale trasformazione del comportamento. Il candidato diviene meditativo, cerca la solitudine, dorme molto, sembra assente, ha sogni profetici, talvolta degli eccessi. Tutti questi sintomi non sono che il preludio della vita nuova che aspetta il candidato, senza che questi lo sappia. Il suo comportamento ricorda , del resto, i primi segni della vocazione mistica, che appaiono gli stessi in tutte le religioni [...]. Importa poco che queste estasi siano state realmente vissute, o siano invece state immaginate mediante reminescenze folkloristiche, tanto da essere infine integrate nel quadro della mitologia sciamanica tradizionale. L'essenziale a noi sembra essere l'adesione a tali esperienze (48)
[...] Vedremo subito come tutte le esperienze estatiche che decidono della vocazione del futuro sciamano comportino lo schema tradizionale di una cerimonia iniziatica: passione, morte e resurrezione. Considerata da questo punto di vista una qualsiasi «malattia – vocazione » ha il valore di una iniziazione. Infatti le sofferenze da essa causate corrispondono alle torture iniziatiche, l'isolamento psichico, di un «malato scelto» è l'equivalente dell'isolamento e della solitudine rituale delle cerimonie iniziatiche, l'imminenza della morte avvertita da un malato (agonia, incoscienza, ecc.) ricorda la morte simbolica che figura nella maggior parte delle cerimonie di iniziazione. Gli esempi che seguiranno mostrano tutta l'estensione di tali corrispondenze. Certe sofferenze fisiche trovano la loro precisa traduzione nei termini di una morte (simbolica) iniziatica: ad esempio lo smembramento del corpo del candidato (= malato), esperienza estatica che può realizzarsi sia grazie alle sofferenze della «malattia – vocazione » , sia per mezzo di certe cerimonie rituali, sia infine, nei sogni. Quanto al contenuto di coteste esperienze estatiche iniziali, benché esso sia abbastanza ricco, ripete quasi sempre uno o più d'uno dei temi seguenti: smembramento del corpo seguito da un rinnovamento degli organi interni e delle viscere; ascensione al Cielo e dialogo con gli dèi o gli spiriti; discesa agli Inferi e colloqui con gli spiriti e le anime degli sciamani morti; rivelazioni varie d'ordine religioso e sciamanico (segreti dell'arte) (49).
Anche l'esperienza estrema subita da Orfeo attraverso le Menadi, le Sacerdotesse di Dioniso, famose per divorare le loro vittime, dopo averle fatte a pezzi, potrebbe rappresentare il ricordo di un preciso schema iniziatico, che si ritrova ancora oggi presso i popoli siberiani come in quelli sudanesi. A questo proposito è interessante leggere cos'altro riporta Eliade riguardo ai «segni esteriori di una “scelta” o di una “elezione”»del candidato da parte degli spiriti o degli dei per «divenire loro portavoce».
Tali segni possono manifestarsi fisicamente in molti modi, anche con l'essere «morsi da una serpe», evento che se non conduce alla morte, porta il malcapitato a vivere un'esperienza allucinatoria febbrile il cui superamento può essere percepito come l'inizio di un nuovo modo di vedere le cose:
Che egli sia scelto dagli dèi o dagli spiriti come loro portavoce, o che sia predisposto ad una tale funzione da tare fisiche, o infine sia il portatore di una eredità equivalente ad una vocazione religiosa – in ogni caso il medicine man si stacca dal mondo dei profani proprio perché si trova in un rapporto più diretto con il sacro e ne manipola più efficacemente le manifestazioni. Infermità, malattie nervose, vocazione spontanea o ereditata, sono altrettanti segni esteriori di una «scelta» o di una «elezione». Talvolta cotesti segni sono fisici (infermità innate o acquisite); in altri casi, si tratta di un accidente, perfino dei più comuni (ad esempio:essere caduti da un albero, essere stati morsi da una serpe, ecc. ); abitualmente [...] l'elezione si palesa attraverso un accidente insolito: folgore, apparizioni, sogni, eccetera (50).
Parallelamente la morte prematura di Euridice (51), morsa da un serpente, è la causa del viaggio di Orfeo negli inferi, dove questi, per ricongiungersi all'Amata, dovrà subire una “passione” nella forma finale di uno smembramento rituale, che lo porterà a “perdere la testa”, un perdersi che per l'Iniziato in realtà è un ritrovarsi cosciente in una nuova realtà:
Lo sciamano tunguso Ivan Colko – scrive Eliade - afferma che un futuro sciamano deve ammalarsi, che il suo corpo deve essere fatto a pezzi ed il suo sangue deve essere bevuto dagli spiriti malvagi (saargi). Questi – che in realtà sono le anime degli sciamani morti – gli gettano la testa in un calderone ove essa vien forgiata insieme a parti metalliche che in seguito faranno parte del suo costume rituale (52). [...] Lo stesso simbolismo della morte e della resurrezione mistica sotto forma di misteriose malattie, sia di cerimonie sciamaniche di iniziazione lo si ritrova anche altrove. Presso i Sudanesi dei Monti Nuba, la prima consacrazione è chiamata «testa» e viene riferito che si tratta di un rito nel quale «si apre la testa del novizio affinché lo spirito possa entrarvi (53).
c) Legami tra Sciamanesimo e Alchimia.
All'inizio abbiamo visto che Marsilio Ficino considerava Orfeo l'erede naturale e diretto di Ermete Trismegisto. Ora, seguendo la “pista sciamanica”, stiamo iniziando a capire perché.
È ancora Diodoro Siculo a dirci che Orfeo era stato iniziato dai Dattili Idei, misteriosi stregoni depositari dei segreti di un'arcaica scienza alchemico-metallurgica:
Alcuni, tra cui c'è anche Eforo, narrano che i Dattili Idei ebbero origine sul monte Ida della Frigia e che migrarono in Europa insieme a Migdone. Essi erano degli sciamani [greco: gòntas, lett. Stregoni], esercitarono gli incantesimi [greco: epodàs, lett. canti magici] e si dedicarono alla pratica delle iniziazioni [greco: teletàs] e dei culti misterici [greco: mustéria]. Nel periodo in cui soggiornarono vicino a Samotracia sbalordirono oltremodo gli abitanti per queste loro pratiche. In questo torno di tempo anche Orfeo, che per dote naturale si distingueva nella poesia e nel canto, fu loro seguace e per primo introdusse le iniziazioni e i culti misterici (54).
Da un altro famoso testo di Mircea Eliade, Arti del metallo e alchimia, sappiamo che «i Dattili erano preti di Cibele, divinità delle montagne ma anche delle miniere e delle caverne, che avevano la propria sede all'interno delle montagne». Erano cioè eredi di protostoriche «gilde di lavoratori di metalli », così come lo erano le antiche istituzioni sacerdotali degli egizi:
[...] Disponiamo, quindi, di tracce mitologiche di una situazione arcaica in cui le confraternite dei fabbri assolvevano un ruolo preciso nei misteri e nelle iniziazioni." [...] "Pare dunque che esista, a livelli culturali differenti, ed è indice di grandissima antichità, un legame intimo tra l'arte del fabbro, le scienze occulte (sciamanismo, magia, guarigione, ecc.) e l'arte della canzone, della danza e della poesia. Queste tecniche solidali sembra, inoltre, che si siano trasmesse in un'atmosfera pregna di sacralità e di mistero, che comportava iniziazioni, rituali specifici, "segreti del mestiere (55)”.
I parallelismi tra l'iniziazione dell'apprendista sciamano, l'alchimia-metallurgica e la vita di Orfeo, sono evidenti in un altro passo del libro di Eliade, dove l'autore si sofferma sulla cerimonia del “taglio della testa”:
[nella] seconda cerimonia, detta bekliti (“apertura”) [...] i vecchi amang conducono il neofita in una stanza isolata per mezzo di cortine. “Essi affermano che là gli taglieranno la testa e gli asporteranno il cervello; dopo averlo lavato lo rimettono a posto allo scopo di infondere al candidato una intelligenza limpida atta a penetrare i misteri degli spiriti malvagi e delle malattie; poi gli introducono dell'oro negli occhi onde dargli una vista così penetrante da poter vedere l'anima, in qualunque luogo essa si trovi, smarrita o vagabonda;gli piantano degli uncini dentati all'estremità delle dita per farlo capace di catturare l'anima e di tenerla saldamente [...]” (56).
Letto questo, non possiamo più immaginare Orfeo in cerca dell'Anima di Euridice, senza cogliervi la metafora di una iniziazione sciamanica, attraverso la quale il candidato deve acquisire speciali capacità, superando prove rituali:
[...] In seguito il candidato raggiunse un deserto e scorse, assai distante una montagna. Dopo tre giorni di marcia vi arrivò e attraverso un'apertura penetrò nel suo interno, incontrando un uomo nudo che si dava da fare con un mantice. [...] L'uomo nudo lo scorse e lo afferrò con una enorme tenaglia. “Sono morto” - ha appena il tempo di pensare il neofita. L'uomo gli tagliò la testa, fece il suo corpo a pezzetti e mise tutto nel calderone. Così il corpo fu messo a cuocere, per tre anni. Nel luogo si trovavano inoltre tre incudini e l'uomo nudo dette forma alla sua testa usando la terza di esse, destinata a forgiare i migliori sciamani. [...] Poi il fabbro ripescò le sue ossa ora galleggianti su di un fiume, le rimise insieme e le ricoprì di carne. [...] Gli forgiò la testa mostrandogli come si possono leggere le lettere che vi sono dentro. Gli cambiò gli occhi, ed è per questo che [...] egli non vedrà coi suoi occhi carnali, bensì con questi occhi mistici. Gli forò le orecchie permettendogli di comprendere il linguaggio delle piante. Successivamente il candidato si ritrovò sulla cima di un monte e alla fine si risvegliò nella yutra, presso i suoi. Ora egli può cantare e far dello sciamanismo indefinitivamente, senza mai stancarsi (57).
Dall'immaginario sciamanico protostorico deriva quindi, non solo il Mito di Orfeo, ma anche tutto quel patrimonio simbolico alchemico, che da sempre descrive il processo di trasmutazione dei metalli e dell'anima umana, attraverso drammatiche e surreali allegorie di matrimoni mistici ottenuti attraverso incomprensibili mutilazioni, decapitazioni, roghi, morti e resurrezioni:
La gloria del matrimonio ermetico è seguita dal crudele sacrificio del suo corpo di rinascita[...]. Questa azione rappresenta l'inizio della nigredo (58).
Gli esempi più concreti e famosi provengono dal libro dello Splendor Solis e precisamentedalla figura X (59), dove si vede un uomo fatto a pezzi:
Rosino dice di aver voluto dare un insegnamento per parabole descrivendo un essere umano che giaceva morto e che aveva il corpo di una bianchezza estrema come il sale. Le sue membra erano divise e la sua testa era finemente dorata ma separata dal corpo. Gli stava accanto un uomo grossolano dal viso nero e temibile, che brandiva nella mano destra una spada a doppio taglio grondante di sangue e che era stato l'esecutore della povera vittima. Nella sinistra teneva un foglietto sul quale era scritto: ti ho ucciso perché tu riceva una vita sovrabbondante, ma voglio nascondere la tua testa perché il mondo non ti veda e spargerò il tuo corpo per tutta la terra; lo seppellirò affinché imputridisca e si moltiplichi portando frutto con incalcolabile abbondanza.
L'immagine successiva, la figura XI, ci illustra, invece, un uomo anziano a Bagnomaria (60), con una colomba bianca sulla testa, che rappresenta la materia prima che viene distillata per divenire Elisir di Lunga Vita (61), tracciando un evidente parallelismo con il mito dello Sciamano cotto nel calderone, che tramite purificazione, o purgatura, acquisisce poteri taumaturgici (62):
L'antico poeta Ovidio ha fatto una simile allusione quando ha scritto a riguardo degli antichi saggi che, volendo ringiovanire, si facevano fare a pezzi e cuocere fino a una perfetta cottura e le loro membra si sarebbero di nuovo riunite, ringiovanite (63) e in pieno vigore (64).
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