Testi per Riflettere
La Scienza dei numeri di Pitagora
Estratto del testo “I Grandi Iniziati” di Schurè, ed. Laterza
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All'interno dei tempio circolare si vedevano le nove Muse di marmo. In piedi al centro vegliava Hestia, avvolta da un velo, solenne e misteriosa. Con la mano sinistra proteggeva la fiamma di un focolare e con la destra indicava il cielo. Presso i Greci, come presso i Romani, Hestia o Vesta era la custode del principio divino presente in tutte le cose. Coscienza del fuoco sacro, aveva il suo altare nel tempio di Delfi, al Pritaneo di Atene come in ogni casa, anche la più modesta. Nel santuario di Pitagora simboleggiava la Scienza divina e centrale o la Teogonia. Intorno ad essa le Muse esoteriche portavano, oltre al loro nome tradizionale e mitologico, il nome delle scienze occulte e delle arti sacre, che avevano il compito di tutelare. Urania proteggeva l'astronomia e l'astrologia; Polimmia la scienza delle anime nell'altra vita e l'arte della divinazione; Melpomene, con la sua maschera tragica, la scienza della vita e della morte, delle trasformazioni e delle rinascite. Queste tré Muse superiori costituivano insieme la cosmogonia o fisica celeste. Calliope, Clio ed Euterpe presiedevano alla scienza dell'uomo o psicologia, con le arti corrispondenti: medicina, magia, morale. L'ultimo gruppo, Tersicore, Erato e Talia, abbracciava la fisica terrestre, la scienza degli elementi, delle pietre, delle piante e degli animali. Così, al primo sguardo, l'organizzazione delle scienze, ricalcata su quella dell'universo, appariva all'allievo nel cerchio vivente delle Muse, illuminate dalla fiamma divina. Dopo aver condotto gli allievi in questo piccolo santuario, Pitagora apriva il libro del Verbo e cominciava il suo insegnamento esoterico. « Queste Muse » diceva « non sono che le effigi terrestri delle potenze divine, di cui voi contemplate in voi stessi l'immateriale e sublime bellezza. Come esse sorvegliano il fuoco di Vesta da cui emanano e che conferisce loro il movimento, il ritmo e la melodia, così voi dovete tuffarvi nel Fuoco centrale dell'universo, nello Spirito divino, per diffondervi insieme nelle sue manifestazioni visibili. » Allora, con mano potente e ardita, Pitagora sottraeva gli allievi al mondo delle forme e delle realtà, cancellava il tempo e lo spazio e li faceva discendere con sé nella grande Monade,nell'essenza dell'Essere increato. Pitagora lo chiamava l'Uno primo composto d'armonia, il Fuoco maschile che attraversa tutto, lo Spirito che si muove autonomamente, l'Indivisibile, il grande Non-Manifesto il cui pensiero creatore i mondi effimeri manifestano, l'Unico, l'Eterno, l'Immutabile, nascosto nelle cose molteplici che passano e cambiano. «L'essenza di sé si sottrae all'uomo », dice il pitagorico Filolao. « Egli conosce solo le cose di questo mondo, dove il finito si combina con l'infinito. E come può conoscerle? Perché fra lui e le cose esiste un'armonia, un rapporto, un principio comune, e questo principio è conferito dall'Uno, che attribuisce loro, con l'essenza, la misura e l'intelligibilità. È la misura comune fra il soggetto e l'oggetto la ragione delle cose, attraverso la quale l'anima partecipa alla ragione ultima dell'Uno. » 12 Ma come avvicinarsi a Lui, all'Essere inafferrabile? Qualcuno ha forse mai visto direttamente il signore del tempo, l'anima dei soli, la fonte delle intelligenze? No: solo confondendosi in lui se ne penetra l'essenza. È simile a un fuoco invisibile posto al centro dell'universo, la cui agile fiamma circola in tutti i mondi e muove la circonferenza. Aggiungeva che l'opera dell'iniziazione consiste nell'avvicinarsi al grande essere assomigliandogli, rendendosi il più perfetto possibile, dominando le cose con l'intelletto e diventando attivi come quest'ultimo e non passivi come le prime. « II vostro essere, la vostra anima, è un microcosmo, un piccolo universo. Ma è piena di tempeste e di discordie, mentre si tratta di realizzarvi l'unità nell'armonia. Allora, e solo allora. Dio scenderà nella vostra coscienza, e voi parteciperete al suo potere e farete della vostra volontà la pietra del focolare, l'altare di Vesta, il trono di Zeus. »
Dio, la sostanza indivisibile, ha dunque per numero l’unità che contiene l’Infinito, per nome quello di Padre, di Creatore o di Eterno Maschile, per segno il Fuoco vivente simbolo dello Spirito, essenza del Tutto. Ecco il primo dei principi.
Ma le facoltà divine sono simili al loto mistico, che l'iniziato egizio, disteso nel suo sepolcro, vede sorgere nella notte buia. Inizialmente è solo un punto brillante, che si apre poi come un fiore, il cui centro incandescente sboccia come una rosa di luce dalle mille foglie. Pitagora diceva che la grande Monade agisce come Diade creatrice. Dal momento in cui Dio si manifesta, egli è duplice: essenza indivisibile e sostanza divisibile, principio maschile attivo, animatore, e principio femminile passivo, o materia plastica animata. La Diade rappresenta dunque l'unione dell'Eterno Maschile con l'Eterno Femminile in Dio, le due facoltà divine essenziali e corrispondenti.
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NOTA
12 Nelle matematiche trascendenti si dimostra algebricamente che "Zero" moltiplicato per l’infinito è uguale a “Uno". Zero nell’ordine delle idee assolute significa l'Essere indeterminato. L'infinito, l’Eterno, nel linguaggio dei templi era indicato con un cerchio o con un serpente che si morde la coda, cosa che significava l’Infinito che è causa del suo stesso moto. Dal momento in cui l'Infinito che è causa del suo stesso moto. Dal momento in cui l’Infinito si determina, produce tutti i numeri che contiene nella sua vasta unità e che governa in perfetta armonia. Tale è il significato trascendente del primo problema della Teogonia, la ragione per cui la grande Monade contiene tutte le piccole e tutti i numeri sgorgano dalla grande unità in moto.
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