Riflessioni Teosofiche
di Patrizia Moschin Calvi - indice articoli
Fantasmi, streghe e fate irlandesi
Di W.B. Yeats
Da LUCIFER, 15 gennaio 1889, pp. 399-404
Novembre 2012
L’autore, William Butler Yeats, irlandese (1865 – 1939), poeta, drammaturgo e saggista, premio Nobel per la Letteratura nel 1924, aveva una grande interesse per le scienze occulte. Le sue ricerche in questo campo, iniziate con testi su occultismo e buddismo, lo portarono ben presto alla scoperta della Società Teosofica. Ne fu immediatamente attratto e, dopo alcune conversazioni metafisiche con Helena Petrovna Blavatsky, entrò a farne parte, trovandovi quello sbocco che cercava per le sue indagini esoteriche.
Patrizia Moschin Calvi
Fantasmi, streghe e fate irlandesi
Di William Butler Yeats
Credo che potrebbe essere interessante se qualche spiritualista o occultista provasse a spiegare le varie, curiose ed intricate credenze dei contadini. Leggendo di folklore irlandese o ascoltando i contadini che raccontano le loro storie di magia, incantesimi e stregoneria, ci si convince sempre di più della presenza di qualcosa di vero. Anche se fosse tutto un sogno, perché proprio quel sogno? L’occultista dovrebbe avere voce in capitolo tanto quanto lo studioso di folklore. La storia di una credenza non è sufficiente, bisognerebbe anche capirne le cause.
Qua e là sono chiaramente visibili indizi occulti. Qualche credenza di fantasmi è teosofica; il fantasma irlandese o thivish per esempio, è semplicemente un guscio legato alla terra, che scompare e geme nei luoghi che ha amato. Molti scrittori, da Paracelso a d’Assier, hanno diffuso una qualche luce fumosa sulle streghe e il loro lavoro, e le streghe irlandesi non si differenziano dalle altre se non per il fatto che sono più innocue. Forse il fatto di non essere state mai messe al rogo o perseguitate, ha diminuito l’asprezza dei loro conflitti verso il genere umano.
In Irlanda hanno goduto, tutto sommato, di un lungo periodo di pace e tranquillità, scomparendo completamente dalla vita pubblica da quando, nel 1711, la “minoranza leale” ne imprigionò e mise alla gogna tre di loro e ne accecò una con un gambo di cavolo nella città di Carrickfergus. Fino ad oggi si sono accontentate di uscire all’alba nelle sembianze di lepri, succhiando tutto il latte delle vacche del loro vicino o mormorando formule magiche mentre sfioravano con la mano mozzata di un cadavere il bordo di un secchio raccogliendovi sopra il burro del povero vicino.
Quando veniamo al discorso delle fate e dei “medici fatati”, sentiamo maggiormente la mancanza di qualche indizio, di una luce, non importa quanto fumosa sia. Questi “medici fatati” sono medium o chiaroveggenti? Perché temono gli alberi di nocciolo e tengono invece in mano un ramo di frassino quando pregano? Perché dicono che se bussi una sola volta alla loro porta non ti aprono perché potresti essere uno spirito, ma se bussi tre volte, invece, ti apriranno?
Cosa sono questi esseri, ora piccoli, ora grandi, ora gentili, ora spietati, ora terribili e ora meravigliosi, che si dice li circondino - queste fate, che loro non confondono mai con gli spiriti, ma che descrivono lottare con gli spiriti sebbene abbiano spesso la peggio in quanto i loro nemici sono più timorosi di Dio? Qualche spiritualista o occultista può dirci qualcosa al riguardo? Sperando di si, elencherò qui di seguito una classificazione del mondo fatato e della demonologia irlandese. La suddivisione medievale in silfidi, gnomi, ondine e salamandre qui non ci servirà. Questa è una dinastia differente.
I medici fatati
Diversamente dalle streghe, che hanno a che fare con fantasmi e spiriti, il medico fatato non è mai malvagio; alla peggio può diventare dispettoso come i suoi maestri e servitori, le fate. Keightley dice che il capitolo sulla Mitologia delle fate del libro di Croker: Le confessioni di Tom Bourke è il più importante di tutta l’opera e descrive nei particolari la vita di questi uomini fatati.
Ogni famiglia ha un suo proprio appartenente al “buon popolo”, come sono chiamate le fate, e qualche volta quando un uomo moriva le fazioni del padre e della madre litigavano riguardo al cimitero dove questi sarebbe stato sepolto e i parenti ritardavano il funerale fino a quando Tom Bourke dichiarava una delle due parti vincitrice. Qualora fosse stato seppellito nel posto sbagliato, sarebbe seguita una grande sfortuna, poiché le fate sanno come uccidere il bestiame con i loro dardi incantati e compiere ogni tipo di malvagità.
Il medico fatato è abilissimo con le erbe e a pronunciare incantesimi. Può far sì che le fate riconsegnino le persone che hanno rapito, ed è in ogni modo l’opposto della strega.
Lady Wilde, nel suo libro Antiche Leggende, così ne descrive uno che viveva nell’isola di Innis- Sark: “Egli può guarire con il potere della parola, anche a distanza, e il suo sguardo vede nel profondo del cuore e legge i pensieri più segreti degli uomini. Non ha mai toccato birra, alcolici o carne in tutta la sua vita, ma ha vissuto solo di pane, frutta e verdura. Un uomo che lo conosceva lo descrive così: estate e inverno indossava sempre una camicia di flanella e un cappotto, pagava la sua parte alle feste ma non toccava nulla di ciò che era imbandito sulla tavola. Non è mai stato possibile insegnargli la lingua inglese, anche se diceva che poteva essere usata con grande efficacia per maledire i propri nemici. Considerando sacro il cimitero, non avrebbe mai asportato nemmeno una foglia d’edera dalle tombe.
Riteneva che le persone avessero ragione nel conservare le loro usanze come il non scavare una tomba di lunedì e trasportare una bara per tre volte intorno alla tomba seguendo il corso del sole: in questo modo il defunto avrebbe trovato la pace. Come il resto delle persone, pensava che il suicidio fosse cosa maledetta, perciò credeva che i defunti voltassero le spalle qualora un suicida fosse stato sepolto vicino a loro.
Sebbene benestante, non ha mai pensato di prender moglie, nemmeno in gioventù e non ha mai amato una donna. Se ne sta a parte dalla vita, e questo gli permette di mantenere il suo potere sui misteri. Non lo si può corrompere in alcun modo perché impartisca il suo sapere, altrimenti morirebbe sul colpo, così crede. Non toccherebbe mai un ramo di nocciolo ma tiene in mano una bacchetta magica di frassino mentre prega, messa tra le ginocchia, e l’intera sua vita è dedicata ad opere di grazia e carità.
Sebbene sia vecchio non si è mai ammalato nemmeno un giorno, neanche da giovane; nessuno lo ha mai visto arrabbiato e nemmeno gli ha sentito dire parole cattive ma, una volta, essendo molto irritato, recitò il Padre Nostro al contrario come imprecazione contro il suo nemico. In punto di morte rivelerà il mistero del suo potere, ma non prima che la mano della morte si posi su di lui.
In questo modo possiamo essere sicuri che lo riveli soltanto al suo successore”.
Esseri fatati e socievoli
Sono le Sheoques (in irlandese Sidheog, piccola fata), e sono generalmente di piccole dimensioni quando le si vede per la prima volta, ma appaiono di normale altezza umana una volta che se ne viene affascinati. Sembra che ogni tanto possano prendere qualsiasi forma a loro capriccio. Di solito se ne vanno a gruppi e si dimostrano molto coerenti: gentili se incontrano gentilezza o malvagie nei confronti della malvagità e dei cattivi caratteri, poiché sono come bambini bellissimi che hanno tutte le attrattive tranne la coscienza.
Si dividono in sheoque, fata di terra, e in merrow (in irlandese Moruada, sirena, il maschile è sconosciuto), fata d’acqua. La merrow è molto comune. Una volta chiesi ad una contadina se i pescatori del villaggio ne avessero mai vista una. “In verità, a loro non piace affatto incontrarle”, mi rispose, “perché portano sempre cattivo tempo”. Qualche volta le merrow escono dal mare sottoforma di piccole vacche senza corna. Quando sono nelle loro proprie sembianze, hanno una coda di pesce e indossano un cappello rosso generalmente ricoperto di piume chiamato cohullen druith.
Gli uomini di quella specie hanno denti e capelli verdi, occhi da maiale e nasi rossi, ma le loro donne sono bellissime e qualche volta preferiscono pescatori attraenti ai loro amanti dai capelli verdi. Nei pressi di Bantry, nel secolo scorso, viveva una donna coperta di scaglie simili a quelle di pesce che era nata da una di queste unioni.
In tutta l’Irlanda ci sono piccoli campi circondati da fossi che si suppone fossero antiche fortificazioni e ovili. Sono i cosiddetti raths o forts. Qui, sposandosi e dando in matrimonio, vivono le fate di terra. Più di un mortale è stato trasportato nel loro mondo tenebroso. Molti di più hanno ascoltato la loro musica fatata che, allontanando preoccupazioni e gioie dal loro cuore, li rendevano bravissimi medici fatati o grandi musicisti o poeti come O’Carolan, che componeva le sue melodie mentre dormiva in un rath fatato; altrimenti muoiono in un anno e un giorno, per vivere poi da quel momento insieme alle fate.
Queste fate socievoli in generale sono buone ma hanno una cattiva abitudine, degna di una strega. Rapiscono bambini e lasciano al loro posto una fata avvizzita e secca di mille o forse duemila anni. Due o tre anni fa un uomo scrisse ad un giornale irlandese, riportando di un caso accaduto nel suo paese e di come il parroco fece in modo che le fate restituissero il bambino rapito.
A volte rapiscono anche uomini e donne adulti. Vicino a Bellisodare, a Sligo, mi è stato raccontato che vive una donna ormai anziana che fu rapita in gioventù. Quando tornò a casa, dopo sette anni, non aveva più le dita dei piedi perché le aveva consumate danzando con le fate.
Preferibilmente rapiscono uomini, donne e bambini in occasione del Calendimaggio, nella Notte di San Giovanni e per Ognissanti, mesi in cui le fate hanno le loro festività.
Al Calendimaggio, ogni sette anni, lottano per il raccolto per accaparrarsi le pannocchie di grano migliori. Un vecchio signore mi raccontò di averle viste lottare una volta. Distrussero il tetto in paglia di una casa durante la battaglia. Se fossimo stati là, avremmo sentito soffiare un forte vento ma i contadini non confondono le fate col vento. Quando soffia un forte vento che solleva la paglia, essi si levano il cappello e dicono: ”Dio le benedica”, perché le fate stanno passando.
Nella Notte di Mezza Estate, la Notte dei Falò, come noi la chiamiamo, le sheoques sono molto allegre. In questa notte più che in altre, rapiscono bellissimi mortali per farne i loro mariti.
Secondo antichi resoconti gaelici, le fate sono invece molto tristi per Ognissanti, la prima notte d’inverno. Nei loro verdi rath danzano insieme ai fantasmi, mentre altrove le streghe fanno i loro incantesimi. Una strega solitaria e malvagia chiamata Pooka comanda tutte le altre. Le ragazze nubili apparecchiano la tavola con cibo nel nome del demonio, cosicché possano apparire i doppi dei loro futuri mariti e passare attraverso la finestra per desinare.
Le fate socievoli sono molto litigiose.
Lady Wilde ci racconta di una battaglia in cui non venivano lanciate pietre ma burro che loro rubavano. Una certa quantità si conficcò fra i rami di un ontano. Un uomo dei dintorni aggiustò con quei rami il manico della sua zangola. Non appena iniziò a fare il burro, quello che era rimasto invisibile fra i rami, si riversò d’un colpo nella zangola e la stessa cosa succedeva ogni qualvolta la usava per fare il burro finché raccontò l’accaduto ad un medico fatato, e il fatto di averlo detto ruppe l’incantesimo, poiché certe cose dovevano rimanere segrete.
Kennedy descrive una battaglia udita da un contadino di sua conoscenza.
Le sheoques volteggiavano sopra un fiume. Udì degli spari, corpi luminosi cadere in acqua e fievoli grida ma non vide nulla. Il vecchio Patrick Kennedy, che riferisce questo evento, era un libraio di Dublino e affermò in una delle sue opere di conoscere incantesimi per far sì che le fate si rendano visibili, ma non li svela per timore che possano muovere forze troppo pericolose che distruggerebbero persino colui che li pronuncia.
Queste battaglie sono spesso descritte da coloro che vedono le fate. Qualche volta le sheoques socievoli, vestite in verde, lottano con le fate solitarie abbigliate di rosso.
Esseri fatati solitari
Il più conosciuto fra questi è il Leprechaun (irl. Leith bhrogan, il calzolaio). Lo si può vedere seduto sotto una siepe intento ad aggiustare una scarpa, e chi vedendolo ne sostiene lo sguardo, può obbligarlo a cedere le sue pentole piene d’oro, visto che è un ricco taccagno ma se si distoglie lo sguardo, la creatura si dissolve come fumo. Si dice che sia il figlio di uno spirito e di una fata ripudiata e, secondo MacNally, indossa un cappotto rosso con sette file di sette bottoni ognuna e un buffo cappello a punta sulla quale qualche volta gira come una trottola.
Qualche autore ha supposto che il Clauricaun sia un altro nome dello stesso essere fatato, attribuitogli nei momenti in cui abbandona la sua attività di calzolaio e di notte se ne va a fare baldoria. La principale occupazione del Clauricaun è quella di svaligiare le cantine.
Il Gonconer o Gancanagh (irl. Gean-canagh, colui che parla d’amore) è una piccola creatura simile al Leprechaun eccetto per il fatto che, a differenza di questo, il Gonconer è un fannullone. Appare spesso con una pipa in bocca in valli solitarie, dove amoreggia con le pastorelle e le lattaie.
Il Far Darrig (irl. Fear-Dearg, l’uomo rosso) gioca continuamente abili scherzi. Uno dei suoi inganni favoriti è quello di far camminare qualche povero mortale su siepi e fossi con un cadavere sulla schiena o di farglielo cuocere allo spiedo. Di tutti questi esseri solitari, e principalmente malvagi, non ce n’è uno più sciagurato del Far Darrig. Come il prossimo fantasma, presiede ai cattivi sogni.
Il Pooka sembra appartenere alla famiglia degli incubi. Non appare mai in forma umana, gli unici due esempi sono probabilmente errori, ed è spesso confuso con il Far Darrig. Si presenta nelle sembianze di cavallo, toro, capra, aquila, asino, e forse anche di cane nero, sebbene per quest’ultimo possa trattarsi di un altro spirito. Il divertimento di Pooka è quello di prendere possesso di un cavaliere che lui spinge a correre attraverso fossi, fiumi e montagne e che poi abbandona all’alba. Gli piace soprattutto tormentare gli ubriachi, il sonno dei quali è il suo regno.
Il Dullahan è un altro fantasma raccapricciante. Non ha testa oppure la porta sottobraccio. Spesso lo si è visto condurre una carrozza nera, detta coach-a-bower (irl. Coise-bodhar), che è trainata da cavalli senza testa. Farà un gran fracasso alle porte delle case e, se gli si apre, rovescerà in faccia un catino di sangue. È considerato presagio di morte per le persone che dimorano nelle case dove si ferma. Non molti anni fa, questa carrozza fu vista nei pressi di Sligo all’alba, l’ora degli spiriti, da un marinaio che si spaventò a morte. In alcuni paesi il suo frastuono si sente molte volte all’anno.
La Leanhaun Shee (fata amante) cerca l’amore degli uomini. Se questi rifiutano, lei diventa loro schiava; se invece cedono, diventano suoi e possono sfuggirle soltanto trovandone un altro al loro posto. I suoi amanti pian piano si indeboliscono poiché lei vive sulla loro vita. Molti poeti gaelici fino ai giorni nostri, hanno avuto una Leanhaun Shee perché dà l’ispirazione ai suoi schiavi. È la musa dei gaelici, questa fata malvagia. I suoi amanti poeti gaelici erano morti tutti giovani. E lei diventava sempre più inquieta e li trasportava in altri mondi, perché la morte non distrugge il suo potere.
Abbiamo inoltre altri esseri fatati solitari come gli Spiriti Domestici, e i Water Sheerie, una sorta di Will-o’-the-Wisp, (fuochi fatui) e molti spiriti d’animali, come l’Anghiska, il cavallo acquatico, e il Pashta (irl. Piast-vestea) il drago lacustre, un guardiano di tesori nascosti, e due fate, il Far-gorta e la Banshee, che sono tecnicamente fate solitarie, sebbene piuttosto differenti dai loro compagni per disposizione d’animo.
Il Far-gorta (l’uomo della fame) è un essere fatato emaciato che vaga per le campagne in tempo di carestia, chiedendo l’elemosina e portando fortuna a chi gliela concede.
La Banshee (irl. Bean-sidhe) sembra essere una fata socievole diventata però solitaria a causa di dolori e gioie momentanei; il suo nome significa semplicemente donna-fatata, in contrapposizione al meno comune Farshee, uomo-fatato. Essa piange, come molti sanno, sulla morte di qualche membro di una vecchia famiglia irlandese. Qualche volta è nemica della casa e piange trionfante; altre volte è amica e allora piange di dolore. Quando più di una Banshee inizia a piangere, l’uomo o la donna che sta morendo deve essere stato molto santo o molto impavido. Ogni tanto si pensa che sia una fata socievole. Cleena, un tempo una dea irlandese, ora è una sheoque del Munster.
O’Donovan, uno dei più grandi antiquari irlandesi, scrisse nel 1849 a un amico, che citò le sue parole nel Dublin University Magazine: “Quando mio padre morì a Leinster, nel 1798, Cleena venne fin da Tomm Cleena a Glandore per piangerlo. Non si era mai udito piangere qualcuno della nostra stirpe, anche se credo che tuttora versi lacrime sulle montagne di Drumaleaque nel suo paese, dove molti della famiglia di Eoghan More stanno morendo di fame”.
La Banshee che piange di gioia è spesso creduta non una fata ma il fantasma di qualcuno a cui è stato fatto un torto da un avo del defunto. Vi sono inoltre molte creature fatate che non rientrano nei gruppi regolari come Dark John of the Boyne. Questa fata visita case sotto forma di gallina con al seguito molti polli, o di maiale con al seguito commercianti indù. Parecchie persone tuttora viventi riferiscono di aver dovuto combattere contro questo maiale fatato. Il prendere le sembianze di tanti animali allo stesso tempo è cosa curiosa e porta alla mente come la forma di un essere incantato sia una semplice questione di capriccio o di simbolismo. In verità, la sembianza delle fate irlandesi sembra cambiare a seconda del loro umore che simboleggia o segue i sentimenti del momento.
Se indaghiamo sull’origine di questa folla di spiriti, possiamo darci diverse risposte. I contadini dicono che sono angeli caduti, troppo buoni per perdersi, troppo cattivi per essere salvati e devono scontare la loro vita in luoghi della terra infecondi. Una antica autorità irlandese, il Libro di Armagh, li definisce dei in terra e, abbastanza al di là di ogni dubbio, molti di loro furono dei in Irlanda.
Una volta, le nazioni celtiche adoravano gli dei della luce, chiamati in Irlanda Tuath-de-Danan, corrispondenti a Giove e al suo seguito, e gli dei delle tenebre corrispondenti ai Titani di Saturno. Tra le fate socievoli vi sono molti dei della luce; forse, un giorno, potremo imparare a riconoscere gli dei delle tenebre tra le fate solitarie. Possiamo far risalire Pooka, una misteriosa deità di decadimento, ai tempi più remoti. Certamente, non è una luminosa Tuath-de-Danan. Attorno a lui aleggiano gli oscuri vapori del Titanismo di Domnian.
William Butler Yeats
Da LUCIFER, 15 gennaio 1889, pp. 399-404
Traduzione di Fabrizio Ferretti
Letteratura teosofica (Edizioni Teosofiche Italiane)
La letteratura teosofica, ricca di spunti e di riflessioni, può molto aiutare il Lettore nel suo percorso spirituale, fornendogli nuove conoscenze, entusiasmanti prospettive ed una visione tollerante e non dogmatica.
La Teosofia (sapienza divina) infatti non è un insieme di regole o dogmi e neppure una religione o una filosofia; è piuttosto una via alla consapevolezza interiore che si basa essenzialmente sul metodo dell’osservazione (che conduce alla dimensione meditativa) e sulla maieutica (che è strettamente connessa alla ricerca della verità). Proprio per questo i testi teosofici sono in grado di parlare alla ragione dell’essere umano, ma anche al suo cuore. Obiettivo delle Edizioni Teosofiche Italiane (Casa Editrice ufficiale della Società Teosofica Italiana) è oggi quello di mettere a disposizione dei lettori una serie di opere qualificate; guardando poi al futuro numerose saranno le novità editoriali, vuoi per la ristampa di opere esaurite vuoi per la pubblicazione di numerose novità.
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