Riflessioni sulla Tecnosophia
di Walter J. Mendizza - indice articoli
Siamo vicini all'ultimo record. E dopo?
Agosto 2011
La scienza studia le prestazioni degli atleti da primato per capire quali sono i limiti fisiologici umani.
Ho una amica medico, specialista in medicina dello sport, e mi diceva che presto arriveremo al limite dei record e sarà sempre più difficile battere i primati sulle piste di atletica o in piscina. Finora è sempre spuntato un nuovo super atleta in grado di polverizzare il record precedente, tuttavia sembra che a malapena possiamo aspettarci qualche nuovo record sui 100 metri di corsa e di nuoto dalle Olimpiadi di Londra 2012 e forse da Rio 2016, ma in ogni caso, dopo il 2020 sarà difficile che arrivi un nuovo Usain Bolt a farci emozionare.
Valutando i risultati in 61 gare olimpiche di corsa e nuoto dal 1900 al 2009, alcuni scienziati hanno verificato che i miglioramenti dei tempi stanno inesorabilmente rallentando e nel giro di 7-10 anni si dovrebbe raggiungere il limite invalicabile. Molto prima di quanto calcolato da altri scienziati, che avevano preannunciato la fine dei record fra 200 o addirittura 900 anni. Il margine di miglioramento si assottiglia sempre di più. Forse solo nel nuoto (disciplina alla quale siamo biologicamente "inadatti") c’è ancora qualche possibilità di miglioramento ma nei 100 metri la cosa appare molto difficile. Gli allenamenti sono già studiati al minimo dettaglio e il gran numero di gare non consente di prepararsi con il solo obiettivo del record; le piste di atletica sono quasi perfette, le scarpe a livelli pressoché ottimali. I record nascono ormai da un mix quasi impercettibile e imprevedibile di fattori: vento a favore, condizioni dell'atleta in quel preciso momento, altitudine.
Il primo record sui 100 metri lo fece Donald Lippincott a Stoccolma nel 1912. Lippincott era uno studente all’Università di Pennsylvania e riuscì ad aggregarsi alla squadra americana grazie ai finanziamenti raccolti tra amici e compagni di studi. Il suo record, che fu il primo record del mondo, fu stabilito il 6 luglio 1912 con un tempo di 10’’6. Se andiamo a confrontare il fisico di Lippincott con quello dell’attuale campione olimpico Usain Bolt, vediamo che sono completamente diversi, non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro, come se provenissero da due mondi diversi. In meno di un secolo, aspetto, struttura e fisiologia degli atleti sono completamente cambiati. Negli anni ‘70 un campione di atletica sfruttava il 70% della sua potenza, oggi si arriva anche all'88%. La massa muscolare media è cresciuta, così come l’altezza media e tutto questo ha portato ad un miglioramento delle prestazioni. Senza contare che oggigiorno per ciascuna disciplina si hanno allenamenti mirati a potenziare le caratteristiche di quella disciplina e a ottimizzare le performance.
Quarant'anni fa le previsioni davano 9”60 come tempo limite per i 100 metri piani; poi è arrivato Bolt con il suo 9”58, e quella previsione è saltata. E’ anche probabile che da qualche parte prima o poi spunti un super-atleta destinato a batterlo. Tuttavia una barriera esiste. Uno sbarramento oltre il quale la velocità dell’uomo non può aumentare, su questo sono tutti d'accordo. Quale sia però non si sa: fino a poco tempo fa il limite era quello stabilito dai modelli matematici del fisiologo R. H. Morton, secondo cui nessun uomo potrà mai correre i cento metri in meno di 9”15. Alcune stime considerano che questo fantomatico uomo-jet di Morton potrà scendere in pista tra il 2187 e il 2254.
Non credo che l’attuale società possa aspettare oltre un secolo e mezzo per vedere questo super corridore. Quindi ci si chiede, cosa accadrà nei prossimi anni? Che succederà quando i nuovi record verranno stabiliti col contagocce ad ogni morte di papa? Fino a quando ci terremo il record di Bolt di 9’’58 stabilito a Berlino il 16 agosto del 2009? E se fosse vero che i record saranno sempre più diradati, riuscirà il mondo dell’atletica a sopportare anni e magari decenni aspettando un nuovo atleta che batta un record stabilito 10, 20 o 30 anni prima? Sembra che ci attendono momenti di noia mortale nello sport.
Questa prospettiva però, darà forse l’abbrivio ad una nuova e straordinaria epoca: l’era della tecnosofia. Probabilmente ricorreremo all’ingegneria genetica: avremo atleti con i muscoli modificati oppure con innesti di tendini in materiali speciali, super-uomini che correranno oltre i 40 km orari. Si supererà la visione reazionaria sulla cui base dovrebbe essere vietato all'uomo di oltrepassare i limiti imposti da una "Natura" madre e matrigna, strumentalmente intesa, che si estrinseca nella attuale logica assurda che vieta il doping e gli aiuti tecnici mettendoli sullo stesso piano e allo stesso livello.
Finalmente si contesterà la logica che proibisce il potenziamento. Perché si tratta di una visione reazionaria del mondo, incarnata in quel dispotismo sotterraneo che alberga in molti cuori: conservatori di destra e di sinistra, atei devoti, ambientalisti militanti e in definitiva tutti coloro che hanno seppellito quel senso di progressismo che incarnò l’aspetto prometeico e faustiano che è peculiare della nostra specie. L'uomo non è altro che natura nella natura, evoluzione, adattamento all'interno della natura... La logica che proibisce il potenziamento è una discriminazione reazionaria ricoperta da ragioni pseudo sportive, come ad esempio la paura del doping. In realtà si tratta di un’altra cosa: vietare gli anabolizzanti può essere sostenuto sulla base della tutela della salute dello sportivo, giacché egli potrebbe rischiare di mettere a repentaglio la propria vita a causa delle pressioni della squadra, degli sponsor, della nazione. Nel caso di un atleta con indumenti sportivi super-tecnologici, la salute non è in causa e la prestazione è solo arricchita, migliorata, potenziata dagli indumenti tecnologici che indossa.
D’altra parte, qualunque gara deve essere fatta stabilendo delle regole. Le regole possono essere anche cambiate e se cambiano cambia il tipo di gara. Perché non ammettere allora l’uso di indumenti o di innesti super tecnologici che migliorino le prestazioni? Si dice che il gesto atletico non deve essere influenzato da elementi tecnologici che possano avvantaggiare gli atleti; ma alcuni atleti già utilizzano sottili metodi per aumentare le loro performance anche attraverso scarpe da corsa disegnate appositamente. Viene da chiedersi allora perché le scarpe da ginnastica siano tranquillamente accettate mentre le stesse scarpe magari con micro ammortizzatori al carbonio non dovrebbero esserlo? Del resto, se si vietassero gli steroidi e si gareggiasse senza scarpe, vincerebbe colui che ha il Dna migliore e questo non può certamente essere giudicato un merito sportivo.
Ci attendono nel futuro nuovi atleti cyborg che infrangeranno record su record, grazie alle tecnologie, diventeranno sempre più veloci, più forti, saranno capaci di impegnarsi su gare completamente diverse, nuove sfide, nuovi sport, al cui confronto le olimpiadi di oggi saranno una noia mortale che nessuno ormai vorrà più seguire, così come già adesso pochi seguono le para-olimpiadi. Lo sport senza supporti di potenziamento è un mito come lo fu quello del "dilettantismo olimpico" o il desueto luogo comune “l’importante è partecipare” o al più una favola come quella dello "sport al di sopra della politica". Mai lo sport è stato al di sopra della politica, piuttosto è stato un veicolo per la politica. Tuttavia niente di tutto questo è stato finora utilizzato come strumento di riflessione. E’ certo che in un futuro ormai prossimo, gli atleti di oggi saranno visti come noi ora guardiamo i giochi paraolimpici, con un misto di tenerezza e di compatimento. Le future generazioni manderanno in soffitta quel paciugo buonista e ipocrita che caratterizza il nostro mondo perverso e inconsistente, artefatto e fasullo. Quando le persone che hanno questo nuovo orientamento di pensiero così raggiungeranno una massa critica, la specie umana sarà sulla soglia di un nuovo genere di esistenza. Certo, adesso possiamo avere anche paura di un futuro così. E’ normale. Gli atleti potenziati incarnano le nostre paure più profonde, ci parlano del nostro futuro. Un futuro dove i problemi, tutti i problemi, si dovranno risolvere con più tecnologia e non con meno. Con più ricerca scientifica e non con meno. Con più tecnosofia.
Il futuro fa sempre paura, per questo ci abbarbichiamo al presente e ci aggrappiamo con tutte le nostre forze. Le cose che già abbiamo sono una illusione e non ci rendiamo conto che abbracciarla significa morire. Aggrapparsi al presente sperando che nulla cambi significa stringersi intorno a coloro che vogliono farci ritornare a vivere nel medioevo, con più proibizioni e più divieti invece che farci godere di più libertà: non è tirando il freno a mano del progresso che risolviamo i problemi dell’umanità. Lo dimostra la sostanziale inefficacia dei proibizionisti e degli ambientalisti estremi, quelli che dicono “no” a tutto, ma non sono in grado di prendere atto della loro totale incapacità di generare un cambiamento dei comportamenti in tutto il mondo e in tempi rapidi. Dobbiamo avere il coraggio di trascendere noi stessi. La strada per questo futuro luminoso la devono tracciare gli atleti, dobbiamo lasciare che siano loro che a incominciare tale rivoluzione esplorando le nuove potenzialità della natura umana. Con la tecnosofia, la filosofia transumanista, vedremo invece la cosciente realizzazione del nostro reale destino: l’uomo che rimane uomo e pur tuttavia trascende sé stesso.
Walter J. Mendizza
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