Riflessioni sulla Tecnosophia
di Walter J. Mendizza - indice articoli
Tecnosophia chiude. Viva la tecnosofia
Dicembre 2014
Alla fine di quest’anno la nostra associazione di volontariato Tecnosophia arriva al capolinea. È stata una esperienza molto intensa e anche se l’associazione non ci sarà più, i granelli seminati hanno attecchito in molti posti. Invito tutti a seguire su Facebook il gruppo Italia unita per la scienza. In questi anni abbiamo cercato di spiegare che l’essere umano dall’inizio della sua evoluzione ha raggiunto traguardi notevoli grazie alla scienza e alla tecnologia e la società mondiale non ha alcuna intenzione di indietreggiare sull’uso della tecnica, checché ne dicano gli ambientalisti e i neoluddisti che sputano nel piatto in cui mangiano. Nonostante le manifestazioni anti-Ogm e quelle No Tav, No Nuke, No Triv e quant’altro, nessuno di questi antimoderni è andato a vivere nelle caverne, anzi. È persino avvilente constatare come tutti coloro che sono contro la nostra epoca abbiano poi il cellulare di ultima generazione. È sconcertante accertare che le persone che pensano che il forno a microonde faccia male, poi ne hanno uno in casa che usano regolarmente. Per non parlare di quelli che credono che basterebbe ingerire bicarbonato per eliminare il cancro o addirittura bere semplicemente quattro litri d’acqua al giorno per saponificare un tumore … ma quando viene loro diagnosticata una qualsiasi neoplasia allora si riconvertono subito e invece di attaccarsi al rubinetto o di recarsi a Lourdes a farsi curare, vanno per cercarsi le cliniche specializzate e si affidano al bisturi anziché alle diete.
Il mondo è pieno di gente che predica bene ma razzola male, gente che fa da gregge, il cui cervello è spento da moltissimo tempo ma col pallino di pontificare contro la modernità. Cosa si può fare contro l’uso indiscriminato della verbigerazione? Niente, non possiamo impedire alle persone di dire fesserie, però possiamo aiutare chi ascolta ad avere la mente aperta. Abbiamo una sola arma, quella della ragione e per questo proponiamo e riproponiamo il ragionamento come espediente per combattere l’ignoranza e una identità perduta nel fanatismo. Del resto non abbiamo altra possibilità, dobbiamo per forza di cose difendere la nostra identità che altrimenti viene erosa dagli integralisti che vanno avanti con il loro devastante attivismo neoluddista basato sulle ecocatastrofi laddove i catastrofisti sono loro.
L’ultima ma non ultima è di pochi giorni fa: tra la notte del 7 e l’8 dicembre un gruppo di attivisti di Greenpeace ha esposto un manifesto in Perù a favore delle rinnovabili, ma l’ha fatto proprio sulle Linee di Nazca! Danneggiandole. Le linee di Nazca sono patrimonio dell'Umanità e da vent’anni sono protette dall'UNESCO. Il danno è stato causato dagli attivisti che hanno camminato sulle fragili rocce del deserto di Nazca, lasciando delle tracce visibili dall'alto. Non sappiamo se le linee potranno essere in qualche modo "riparate" ma certo non possiamo non chiederci con quale testa sono andati proprio là. Anche ammesso e non concesso che il nostro clima fosse minacciato, perché sono andati a camminare sulla zona desertica delle linee di Nazca che è off-limits secondo le leggi peruviane?
Questi sì sono danni laddove ci hanno appestato per decenni con terribili profezie sulle conseguenze del buco d’ozono e ora quasi non se ne parla più, la questione è passata di moda perché le eco-balle funzionano così: quando si raggiunge un certo livello di scalpore, si va verso l'assuefazione, e allora ecco pronta un'altra ecocatastrofe, per tenerci sempre tutti sotto scacco. E di eco-castronerie ce ne sono a bizzeffe. In questa rubrica avevamo analizzato l’abbandono frettoloso del DDT (La tecnosophia in rapporto con gli animali ottobre 2010, Il buco dell'ozono novembre 2012) la cui cancerogenicità non è mai stata provata ma che aveva consentito con certezza di annientare risolutivamente le zanzare portatrici della malaria. I milioni di morti per malaria possono ringraziare i sedicenti ecologisti che si girano dall’altra parte quando si fa loro notare questi comportamenti scandalosi e irresponsabili. E che dire delle riserve del pianeta che avrebbero dovuto finire già da tempo? Un famoso ecocatastrofista (Jay Forrester) aveva previsto l’esaurimento dell’oro entro il 1981, del mercurio entro il 1985, del petrolio entro il 1992 e poi del rame, del piombo e del gas naturale già vent’anni fa. Per non parlare poi del prezzo del petrolio che in questi giorni è sceso abbondantemente sotto i 70 dollari al barile, crollo dovuto all’eccesso di offerta sulla domanda nonostante l’ingresso di due giganti affamati di energia come la Cina e l’India. Che dire? Perché nessuno si preoccupa di chiedere conto agli eco catastrofisti delle loro eco castronerie? Perché non si riesce a realizzare un palinsesto in prima serata che metta a nudo le bugie e le falsità dette dagli ambientalisti? Le asserzioni false, le balle inventate, le frottole raccontate, le fandonie enunciate, le affermazioni insincere, le menzogne e le panzane declamate come fossero autentiche verità. Abbiamo la memoria corta. Anzi, non abbiamo memoria.
Per tutti questi motivi nasceva nel 2007 l’associazione Tecnosophia, per fermare la deriva eco-catastrofista con una nuova “dottrina” che allora avevamo battezzato con un termine nuovo: “tecnosofia” inteso come sapienza della tecnica. La tecnosofia aveva lo scopo di congiungersi al senso comune, di riproporre i valori della tradizione pagana (longevità, salute, giovinezza, forza, ricchezza, intelligenza, conoscenza, coraggio, benessere, felicità, ecc.) esaltando le scoperte scientifiche e le applicazioni tecnologiche. La tecnosofia ci evita di rimanere ignavi, indolenti, stanchi e attoniti testimoni di un mondo che ci ha fatto prigionieri, e ci sprona ad avere il coraggio di “perdere” la nostra umanità e abbracciare il postumano. Quel limite umano che avremmo sicuramente perso se lo sviluppo scientifico dei Greci fosse stato percepito dalle élite intellettuali del tardo Impero Romano che fecero cadere nell’oblio l’intero patrimonio della scienza ellenistica. E dopo l’impero Romano fu il momento della Chiesa, che si chiuse nel Contemptu Mundi di Innocenzo III, dove si manifestava il profondo disprezzo per il corpo, carcere dell’uomo. Un prolungato periodo di indifferenza verso il sapere scientifico e le sue applicazioni tecnologiche per cui lungo tutto il Medioevo la scienza si estinse: l’uomo era stato creato per una vita nell’obbedienza. La scienza profana e le arti mondane erano da condannare a meno che non fossero consacrate al servizio di Dio. La Natura ierofanica divenne teatro di una manifestazione continua e soprannaturale del sacro, e le catastrofi naturali, le epidemie, le pestilenze, erano la manifestazione del divino che si rivelava come castigo.
Dobbiamo sposare la filosofia del postumano cioè dell’uomo che può e deve essere migliore e superiore all’umano. Deve essere super-umano proprio perché la scienza attualmente ci offre un ventaglio impressionante di innovazioni tecnologiche che contribuiranno sempre di più al benessere dell’umanità: nanotecnologia molecolare, ingegneria genetica, intelligenza artificiale, terapie anti invecchiamento, interfacce neurologiche, ecc. L’idea del superamento della corporeità non deve farci paura e la nostra associazione Tecnosophia cercava di far accettare l’ontologia materialistica per cui non si vede nulla di inquietante nel c.d. “mind uploading” cioè nel trasferimento di una mente umana in una macchina pensante. Si aprirebbe una prospettiva affascinante che farebbe sperare in un domani in cui sia possibile scaricare l’intera coscienza su un computer e questo significherebbe la sconfitta definitiva della morte. I c.d. Brain Gates sono già una realtà. Ad alcune persone paralizzate è stato collegato un microchip alla parte del cervello che presiede alle funzioni motorie ottenendo risultati strabilianti.
Certo, questo modo di procedere va contro natura, ma non c’è niente di male ad andare contro natura, l’abbiamo sempre fatto, da decine di migliaia di anni: da quando ci siamo alzati in posizione eretta, da quando abbiamo scoperto il fuoco, da quando abbiamo imparato a coltivare la terra (forse la più grande scoperta innaturale della storia). Sì, perché cosa c’è di naturale in un pomodoro o in una zucchina? Niente. Così come le conosciamo oggigiorno non sono mai esistite in natura. Ma non solo i vegetali: cosa c’è di naturale in un cane? Nulla. È solo l’incrocio e la selezione di tanti “difetti” genetici del lupo. Al mondo esistono oltre 400 razze di cane, eppure nemmeno una è “naturale”. Il cane non esiste in natura, così come non esistono i pomodori o le zucchine … E allora? Perché dovrebbe essere giusto interferire con la natura per selezionare un cane e non interferire per eliminare una malattia o per renderci più forti o più intelligenti o più longevi?
Abbiamo cercato di dimostrare che la vita selvaggia come valore, è una costruzione culturale, congegnata per contrasto con il vivere civile. Laddove quello che si vede è che la realizzazione di alcuni beni umani moralmente più significativi – come la salute o la sicurezza – sembra coincidere proprio con il progresso della civilizzazione umana. Non si capisce da dove venga questa idea di considerare la natura come una autorevole fonte normativa, per cui appellarsi ad essa sarebbe un modo di giustificare qualcosa come moralmente buono o giusto in quanto “naturale”. Come se la natura fosse una sorta di realtà ultima e autentica cui fare riferimento; una sciocchezza. Gli elementi descrittivi e prescrittivi si mescolano, al punto tale che prima vengono fatte descrizioni della realtà evidente e poi queste si trasformano, inspiegabilmente, in norme e prescrizioni: ad esempio quando si parla di omosessualità, prima si rileva la capacità procreativa dei rapporti eterosessuali e poi se ne deduce una sorta di doverosità morale per tutta l’umanità. Evidentemente il Contemptu Mundi non è affatto finito ma è ancora vivo e desto tra noi in pieno terzo millennio.
L’unico metro per misurare se è corretto o no andare per una certa strada, non può essere la presunta naturalità di quello che si sta facendo quanto piuttosto chiedersi se una certa tecnologia aumenta o no la soddisfazione delle persone, vale a dire se apporta oppure no effetti positivi di benessere a chi la adotta. Questo è il punto. Il resto sono solo sofismi capziosi che possiamo lasciare ai mortalisti (quelli che credono che il destino dell’uomo sia quello di morire) specializzati nell’arte della dissonanza cognitiva. Sono costoro, i mortalisti, che predicano di rassegnarci al destino cinico e baro dell’umanità, che parlano della grandezza umana e dell’enorme valore che la morte ha nelle nostre vite. Si comportano come la volpe furba e presuntuosa della famosa favola di Fedro: non riescono a controbattere alle argomentazioni e preferiscono svilire la tecnosofia dicendo che l’uva è acerba. Sono quelli che remano sempre contro ma poi sono in prima fila quando una tecnologia è resa disponibile. Sono quelli dei due pesi e due misure, come i clericali che domandano la libertà per sé in nome del principio liberale, salvo sopprimerla negli altri non appena gli sia possibile, in nome del principio clericale.
La nostra associazione chiude ma la rubrica resta. C’è ancora molta strada da fare e molta tecnosofia da realizzare. Auguri a tutti di buona fine d’anno e buon principio. Speriamo in un 2015 più tecnosofico che mai.
Walter J. Mendizza
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