Riflessioni sulla Tecnosophia
di Walter J. Mendizza - indice articoli
Tecnosofia e Ogm
Agosto 2013
Diverse volte in questa rubrica abbiamo difeso gli Ogm. Dicevamo che i “naturofili” paladini della natura si sbracciano per stigmatizzare queste presunte “raccapriccianti colture mutanti” in una crescente ordalia tecnofobica e ci siamo anche chiesti come ci si deve comportare se la gente si fa una credenza empirica sbagliata, facendo notare che non parliamo mai di una visione etica, mistica o religiosa, ma di teorie empiriche che, come tali, o sono vere o sono false oppure non abbiamo ancora sufficienti conoscenze per dedurne la verità o falsità. Abbiamo anche definito come oscurantista colui che sposa una credenza (empirica) falsa e abbiamo detto che gli oscurantisti dovrebbero essere banditi dalle discussioni basate sulla ragione invece di ascoltarli e riverirli concedendo loro una immeritata visibilità sui media.
Ci siamo riferiti alla psicologia sociale per spiegare la schizofrenia dell’uomo moderno che usa la tecnologia dalla mattina alla sera e anche di notte, ma poi, legge gli oroscopi, va dai chiromanti, si reca a Lourdes, crede nelle madonnine che piangono, o non mangia Ogm per precauzione o perché ha sentito che fanno male. Abbiamo scomodato Leon Festinger che nel 1957 elaborò la teoria della “dissonanza cognitiva” la quale afferma che a differenza di quanto abbiamo sempre creduto, lo scopo della mente umana non è la rappresentazione della realtà ma la rappresentazione rassicurante della realtà. La straordinaria novità della teoria stava nell’aggettivo “rassicurante”. Festinger scoprì che ogni volta che siamo di fronte ad una “dissonanza” (una disarmonia, un’asprezza, una contraddizione, uno squilibrio) questa ci provoca automaticamente uno stato di ansia, uno stress, un’inquietudine, e l’unico modo che abbiamo per reagire a quest’ansia è quello di adottare le c.d. strategie cognitive. Le strategie cognitive partono dal semplice alleggerimento della tensione e vanno in un crescendo di elaborazione selettiva dell’informazione fino ad arrivare alla massima strategia cognitiva possibile: mentire a sé stessi e far finta di niente.
Le dissonanze cognitive sono l’epicentro attorno al quale ruotano le anime candide che si bevono tutto quello che viene scritto sul web e non devono fare lo sforzo di pensare (pensare crea ansia, stress) quindi prendono la scorciatoia per alleggerire la tensione: tutta colpa delle multinazionali. Devono per forza essere cattive, inseguono il profitto, la speculazione, ergo qualunque cosa provenga da loro non può che essere cattivo. Tra queste anime belle ci sono anche alcuni ambientalisti ingenui guidati da falsi ambientalisti che in particolare sul tema degli Ogm assumono posizioni politiche tipiche dei partiti populisti che alimentano paure profonde allo scopo di ottenere consenso elettorale. Un connubio tra lobby e politica.
Tuttavia al di là delle considerazioni di merito, queste forme di controllo sugli Ogm pongono un problema economico non indifferente: quello che un piccolo gruppo di interessi economici, peraltro anche marginali, riesce a bloccare la politica nazionale in un settore strategico come quello alimentare, sostenendo un’idea falsa dell’agricoltura e dell’alimentazione. Dietro questa posizione ideologica c’è una volontà altrettanto ideologica che è quella di voler vietare alle multinazionali di fare utili. Non in Italia. In questo caso la multinazionale in questione è la Monsanto. Degli Ogm non sappiamo niente, ma siccome ci stanno antipatiche le multinazionali, se ne vadano fuori dall’Italia. E così davvero stiamo mandando alle ortiche un settore strategico. Un altro passo verso il terzo mondo. Con buona pace per tutti.
Non è superfluo segnalare che non si vede alcuna ragione per la quale un’azienda come la Monsanto che ha un fatturato di 12 miliardi e rispetta tutte le norme di sicurezza debba per forza vendere prodotti che sono ritenuti meno affidabili e moralmente inferiori a quelli della Barilla, ad esempio, che di miliardi ne fattura “solo” 4. Non possiamo ignorare che sulla nostra tavola da decenni arrivano alimenti conseguiti con mezzi artificiali come ad esempio i semi mutanti ottenuti da radiazioni nucleari. Tutti sanno (ma nessuno lo dice) che tra gli usi pacifici dell’energia atomica c’è quello di impiegare le radiazioni nucleari con l’obiettivo di modificare le caratteristiche delle piante esistenti. Lo scopo è quello di utilizzare queste mutazioni indotte per migliorare le caratteristiche dei prodotti agricoli. Lo si fa dappertutto e lo facciamo da decenni anche noi italiani, alla faccia dell’ostracismo verso gli alimenti ottenuti con mezzi artificiali. L’utilizzo dell’energia atomica ha migliorato le rese delle piante. Dunque sulla nostra tavola arrivano già mele, pere, banane, albicocche, pompelmi rosa e decine di altri frutti trattati così. Anche l’orzo, il riso, i piselli, i fagioli, i girasoli, le patate sono ottenute per mutazione atomica e addirittura il grano duro di cui tanto ci vantiamo noi italiani nella produzione della pasta è il risultato di un mutante irraggiato con fasci di neutroni. In questi ultimi decenni abbiamo mangiato quintali di pasta che sono il prodotto dell’era atomica.
Dietro l’attacco alla Monsanto c’è molta disinformazione e si cela un astio profondo, un calderone di rancore e animosità dove dentro c’è ogni tipo di avversione: alla TAV, ai farmaci, ai rigassificatori... La verità è che, da sola, la Monsanto investe in ricerca più dell’Italia, e già questo dovrebbe farci vergognare. L’unica cosa che invece facciamo più di loro è una pubblicità smisurata verso i nostri prodotti: un marketing per raccontare la panzana che abbiamo un’agricoltura di grande qualità, mentre quello che in realtà abbiamo è un deficit della bilancia commerciale di 10 miliardi di euro laddove 40 mila aziende agricole chiudono ogni anno perché non permettiamo loro di utilizzare le innovazioni biotecnologiche per competere sul mercato globale. Il contrario della saggezza della tecnica, l’anti-tecnosofia.
I pochissimi aiuti di Stato vanno all’agricoltura biologica che coltiva poco più di un milione di ettari su una superficie agricola complessiva di 18 milioni, ma quello che questi aiuti fanno, in realtà, è impedire l’allocazione di risorse necessarie per produrre più derrate alimentari in modo da arrestare l’importazione agricole. L’ipocrisia nella quale siamo sommersi è una dissonanza cognitiva come quella per la quale si era detto “no” al nucleare sull’onda emotiva di Cernobyl prima e Fukushima dopo; però i nuclearisti non sono riusciti a informare la gente che l’energia nucleare è a pochi km dai nostri confini e che noi la importiamo. Alla stessa stregua, elaboriamo la dissonanza cognitiva per non vedere che nella realtà dei fatti, noi importiamo il 70% del grano tenero, il 56% di grano duro, il 20% del mais e oltre il 90% della soia, senza contare le carni, i pomodori (sì, importiamo pomodori!), l’olio di oliva (eh già, anche l’olio d’oliva), ecc. E passa per le importazioni, ma vivaddio, tutto quello che importiamo deriva in larga parte dai terribili e raccapriccianti Ogm la cui coltivazione è ovviamente preclusa, negata e proibita nel nostro Paese, ma non altrove.
Attualmente nel mondo sono coltivati 160 milioni di ettari di Ogm e se ne aggiungeranno altrettanti in meno di dieci anni supponendo un tasso di crescita dell’8 per cento annuo (in passato era superiore). Se non approntiamo una politica agricola competitiva che includa l’uso degli Ogm, saremo definitivamente retrocessi in serie B (ammesso di aver mai giocato in Seria A). Diceva poco tempo fa Gilberto Corbellini, professore di biotecnologie alla Sapienza di Roma, “quello che è demenziale è che noi docenti veniamo pagati per insegnare cose, come che gli Ogm sono sicuri e vantaggiosi, che i politici non solo ignorano nelle loro decisioni, ma che contraddicono”. Aiutati in questa opera oscurantista e populista dai falsi ambientalisti, aggiungiamo noi.
Walter J. Mendizza
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