Riflessioni sulla Tecnosophia
di Walter J. Mendizza - indice articoli
Dissonanza cognitiva e gender
Febbraio 2016
Abbiamo varie volte parlato in questa rubrica della dissonanza cognitiva (concetto introdotto da Leon Festinger nel 1957). Ritorniamo sull’argomento, riportando quasi alla lettera una parte di uno scritto di Giuliano Bettella, che ci pare utile a riassumere alcuni concetti.
La dissonanza cognitiva si verifica quando il soggetto decide di credere a una cosa falsa, o assurda, per pacificare (o tentare di pacificare) la sua coscienza. Tipico esempio di dissonanza cognitiva è la favola della volpe e l’uva: una volpe affamata, vorrebbe mangiare alcuni grappoli d’uva ma non riesce ad afferrarli perché troppo in alto, così si allontana dicendo fra sé che sono acerbi. In questa forma di dissonanza c'è un fattore forzante, che non dipende dal soggetto.
Un altro tipico caso di dissonanza cognitiva di questo genere è il problema del fumatore. Il fumatore sa benissimo che il fumo fa male, ma non riesce a smettere. Anche in questo caso, in un certo senso, non è colpa del fumatore se non riesce a smettere. La voglia di fumare è più forte di lui, è un fattore forzante, quasi come lo è l'uva posta troppo in alto per la volpe. Dato che c'è un fattore forzante, il fumatore potrebbe benissimo dire semplicemente che il fumo fa male, ma che lui non riesce a smettere. E la volpe potrebbe benissimo dire semplicemente che l'uva è troppo alta, e che lei non riesce a prenderla. Però la volpe dice una cosa falsa, cioè dice che l'uva è acerba, e il fumatore dice (molto spesso) altre cose false, o altre argomentazioni che magari non sono false, ma non sono neanche argomentazioni valide (in fondo dobbiamo morire tutti ... se faccio una passeggiata in centro respiro più veleno che con un pacchetto di sigarette ... la pipa fa meno male delle sigarette ... vivere da salutista è impossibile ... non capisco perché accanirsi tanto contro i fumatori).
Entrambi i soggetti (volpe e fumatore) sono in dissonanza cognitiva, ma entrambi potrebbero benissimo smentire Festinger, e comportarsi in modo difforme alla teoria. E invece entrambi si comportano (molto spesso, se non proprio sempre) in modo conforme alla teoria. Un fenomeno simile si verifica quando il soggetto si crea un'opinione in base a certi input che ha ricevuto (gabbia informativa), nel corso della sua vita. Successivamente riceve altri input, che contrastano con l'opinione che il soggetto si è formato. A questo punto il soggetto va in dissonanza cognitiva; il fenomeno è simile ma non analogo a quello precedente in quanto in questo caso non ci sono fattori esterni forzanti, non c'è nulla che impedisca al soggetto di adeguare razionalmente le sue opinioni alle informazioni (supposte affidabili) che riceve. Tuttavia dato che in certi casi il soggetto è particolarmente legato a quella opinione, abbandonarla risulterebbe troppo doloroso, e allora preferisce piuttosto respingere i nuovi input ricevuti, anche se sono ragionevolmente certi (più di quelli precedenti, sulla base dei quali era stata formata la vecchia opinione), e difende la vecchia opinione. Per fare questo, il soggetto deve inventarsi un po' di falsità, o argomenti deboli, confusi, internamente incoerenti, proprio come fa la volpe (o il fumatore).
Ad esempio il dissonante cognitivo difende la vecchia opinione e toglie valore alle nuove informazioni perché si convince che chi le ha prodotte e diffuse è stato pagato dalle banche o dalle multinazionali o dai poteri forti, ecc. I dissonanti cognitivi in questi ultimi casi si comportano dei veri e propri sofisti che se ne infischiano del principio di coerenza, cioè il vecchio principio di non contraddizione introdotto da Platone. Gli antichi sofisti utilizzavano la dialettica che permetteva loro di contraddirsi magari con la giustificazione di essere espressione di una coscienza nuova pronta a scoprire quanto contraddittoria sia la realtà. Invece i neo dissonanti cognitivi si contraddicono senza alcuna giustificazione, basta solo che la vecchia opinione abbia una fortissima rilevanza per il soggetto, una rilevanza esistenziale, legata a vicende della vita, con connotazioni spiccatamente affettive, emotive.
Il risultato è che in questi casi sarà assai difficile che il soggetto abbandoni le sue opinioni, anche a fronte di fatti e/o argomenti fortissimi. Se poi il soggetto ha esposto certe sue opinioni anche pubblicamente, la probabilità di cambiare posizione si riduce ancora, e tanto meno di ritrattare pubblicamente.
Termino le citazioni del testo di Bettella, e proseguo con un esempio straordinario tratto dall’attualità. Si parla molto della teoria del gender, secondo la quale bisognerebbe superare gli stereotipi sessisti ritenuti responsabili di bullismo e discriminazione. Tuttavia quando si lavora su questi temi mostrando come vengono costruiti e trasmessi gli stereotipi riguardo al genere, accade che quello che si riteneva giusto in linea di principio (valorizzare le differenze, riconoscere le emozioni, ecc.) non lo è più all’atto pratico quando si tratta di passare dal dire al fare.
Così accade di vedere orde di genitori che si ribellano allorquando la scuola cerca di affrontare questi temi oppure cerca di spiegare ai bambini che “genere” e “sesso” sono cose differenti e che il sesso è biologico (cioè determinato dagli organi genitali con cui si nasce) laddove il genere è consapevolezza che mascolinità e femminilità sono costruzioni sociali. Quando si spiegano le ragioni che stanno alla base di queste scelte didattiche, si nota che la stragrande maggioranza dei genitori è consapevole che il bullismo nasce proprio dall’applicazione della più pericolosa 'ideologia del genere' secondo la quale i maschi, proprio in quanto tali, possono e devono essere prepotenti ai danni delle bambine e di chi è effeminato (ritenuti inferiori).
Dunque se i genitori sono d’accordo che l’atteggiamento per il quale il maschio debba essere dominatore e la femmina debba essere sottomessa è una cosa che dev’essere contrastata, per quale motivo poi non sono più d’accordo che si insegni questo a scuola? Siamo di fronte a una forma di dissonanza cognitiva rafforzata: quella collettiva. Gli individui che si associano diventano più forti dei singoli e perciò fanno più clamore quando chiedono a gran voce di ritornare alla “normalità”. Pare evidente che riemerge un timore psicologico di restare fuori dal gregge e perciò finisce per risultare vincente l’atteggiamento razzista e omofobo secondo il quale alla fine c’è poco da fare i maschi sono maschi e le femmine sono femmine, negarlo è andare contro natura. La paura che i propri figli possano essere “diversi”, qualunque cosa questo possa significare, è talmente dissonante che si è subito chiesto di togliere la “materia” dalle scuole, perché queste sono cose che si imparano in famiglia. En passant facciamo notare che è proprio la famiglia il luogo dove si instradano maschietti e femminucce verso gli stereotipi di genere.
Ecco dunque come nasce una dissonanza cognitiva collettiva e come agisce: viene di sana pianta inventata una inesistente teoria del gender secondo la quale ci sarebbe una fantomatica lobby appoggiata dal movimento LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali) che vorrebbe subdolamente abbattere le differenze biologiche dei generi dei nostri figli al solo scopo di confondere la mente dei bambini e indottrinarli ad abbandonare la propria identità sessuale in favore di un genere “indefinito”. Chiaramente, il fenomeno della dissonanza è un fenomeno individuale, ma in questo caso si può estendere il concetto a una dissonanza collettiva nel senso che l'idea che entra in crisi è un'idea pregiudiziale diffusa, e comune a molte persone.
Ma qual è l’idea pregiudiziale comune? L’idea pregiudiziale è che sia l’anatomia quella che comanda. Ma l’anatomia non è il destino e non sarà certo un corredo genetico XX a fare una donna o uno XY a fare un uomo, perché il significato che gli esseri umani danno all’essere uomini o donne non è limitato al pene o alla vagina ma si estende a ciò che socialmente gli esponenti di ciascun sesso possono o non possono fare, a ciò che può essere per loro adeguato dire in un determinato contesto storico e socio-culturale, oppure conveniente indossare o persino mangiare in quanto maschi oppure femmine. Per la tecnosofia queste differenziazioni non sono pacifiche, non sono innocui segni distintivi di una personalità differente o di un'identità diversa. Queste differenziazioni evidenziano come tutte le società (anche quella attuale) impongano regole agli individui per creare uomini col ruolo maschile e donne col ruolo femminile, in una ben precisa gerarchia sessuale maschilista mediante la quale gli uomini hanno storicamente dominato le donne. Le caratteristiche catalogate come “maschili” e “femminili” sono antitetiche: la forza e la debolezza, l’attività e la passività, il guidare e l’essere guidate. L’idea della superiorità maschile e dell’inferiorità femminile si concretizza nella mente dei bambini fin dalla più tenera età, essa viene interiorizzata e pertanto non è più percepita, e ciò legittima non solo la disparità tra uomini e donne ma nega anche il diritto di cittadinanza ai non eterosessuali.
Quello di "teoria del gender" è un concetto creato dall'estrema destra religiosa fondendo le definizioni di "gender studies" e "queer theory". Il risultato è una presunta "gender theory", che però, al di fuori di questo contesto, non esiste, e non è mai stata teorizzata da nessuno. In Italia, la provenienza dei sostenitori di questa visione dalle frange più estreme della Chiesa cattolica spiega l'insolita rozzezza delle loro tesi, la cui difesa è spesso affidata a "esperti" autonominati, dei quali è spesso facile dimostrare che letteralmente "non sanno nemmeno di cosa stanno parlando".
(cit. Wikipink: www.wikipink.org/index.php?title=Teoria_del_gender)
Per fortuna, dopo varie sollecitazioni, anche il Ministero dell'Istruzione ha preso posizione su questa controversa questione, smentendo l'esistenza di questa fantomatica teoria e affermando che "nell'ambito delle competenze che gli alunni devono acquisire, fondamentale aspetto riveste l'educazione alla lotta ad ogni tipo di discriminazione, e la promozione ad ogni livello del rispetto della persona e delle differenze senza alcuna discriminazione". Inoltre "pone all'attenzione delle scuole la necessità di favorire l'aumento delle competenze relative all'educazione all'affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere". Nella circolare viene inoltre espressamente citato l'orientamento sessuale tra le discriminazioni richiamate dalle norme comunitarie che devono trovare applicazione nella scuola italiana.
Walter J. Mendizza
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