Spiritualità del Mondo
Massoneria teosofica. Simbolismo, Sacralità, Esoterismo, Reminiscenza, Profanità.
di Vincenzo Tartaglia indice articoli
L'Iniziazione come ricerca dell'Oro spirituale. L'adoratore del “vitello d’oro”, al tempo di Mosè
- Aprile 2017
Gli Apprendisti nel Tempio massonico e gli adoratori del “vitello d’oro” nell’Antico Testamento, potrebbero essere definiti “esterioristi”: come temessero ciò che le cose nascondono all’interno, si accontentano delle apparenze. A chi considera le difficoltà ed i tempi che il cammino iniziatico impone, l’esteriorista appare quindi come una persona afflitta da pigrizia conoscitiva: le apparenze non dobbiamo infatti cercarle;… sono lì, nell’attesa…
Tuttavia, amare il visibile è come amare i “vili metalli” e le cose grezze in genere: ciò è concesso, entro determinati limiti, all’Apprendista. Non però al Compagno ed ancor meno al Maestro, i quali hanno acceso la visione interna, l’Occhio che percepisce l’Oro degli Iniziati, il Sole massonico (G.A.) irraggiatore della la Scienza Muratoria di fronte alla quale l’Apprendista, ancora attaccato ai sensi e alla conoscenza profana, è come dormente, passivo, stordito.
Se consideriamo l’adoratore del “vitello d’oro”, ci rendiamo conto che la sua adorazione è autoadorazione: egli ama un oggetto, la figura materiale che ha contribuito a creare; in fondo adora se stesso, o meglio ciò che gli appare di se stesso. Dunque s’innamora dell’esteriorità, del falso, dell’illusione, dell’ignoranza, della tenebra…
Considerando l’Apprendista, non ancora affrancato dalla visione profana che guarda le cose esteriormente, scopriamo la sua incapacità di percepire l’eterna Luce che arricchisce ed illumina il Tesoriere: ciò che infatti appare di questa “figura” non è davvero luminoso e spirituale ma decisamente tenebroso, materiale, in contrasto con l’Iniziazione.
Il Tesoriere è un Maestro Muratore dalla duplice figura: è manifestamente l’esattore in Loggia, dunque la persona preposta alla riscossione dei “vili metalli” (denari). E’ però anche un portatore e trasmettitore di Luce, nel nostro caso della Sapienza del Venerabile: è dunque la “figura” massonica che, in alcuni casi anche in quanto “persona”, incarna una entità luciferica (non si fraintenda).
Sicché la “figura” del Tesoriere è, nel contempo, luminosa ed oscura! Appare luminosa ai Maestri; crepuscolare ai Compagni d’Arte; rimane invece nascosta all’Apprendista che, a causa della profanità che oscura la sua anima, non avverte affinità con la Luce, non la riconosce e non ne sente la necessità. Non per niente questo Fratello è “Pietra Grezza”, un individuo, intendo, ancora troppo istintivo e volitivo e disordinato perché lo si possa definire ed accettare come autentico Libero Muratore capace di sopportare la Luce dell’Iniziazione. Massonicamente l’Apprendista non è libero, né in grado di costruire sé stesso e il proprio destino: l’oscurità è la sua prigione; materialistica è la visione del mondo; caotici i propositi; impermanenti gli atti.
Irradiando la Luce sugli Apprendisti, il Tesoriere rivela la sua natura invisibile e vera: è la massonica Luce “entro di noi”, grazie alla quale percepiamo il mondo intorno a noi. Se dunque il Tesoriere è visto come una Luce dai Maestri, devo dire che l’Apprendista lo vede al contrario come un’ombra: non coglie in lui il vero Oro, la Luce spirituale; bensì l’oro falso, “metallico”, collegato alla riscossione dei denari.
… la tenebra non riconosce la Luce, pertanto all’Apprendista appare molto nebulosamente la figura luminosa del Maestro Muratore. Per contro la Luce, onnipresente, persino nel buio più profondo riconosce una scintilla, sua creatura al pari delle innumerevoli altre delle quali il Sole è Padre, Principio e Causa: sicché i Maestri illuminati hanno la capacità di risalire alla Causa partendo dagli effetti, dalle creature, ombre della Luce. Ciò comporta il superamento delle illusioni, e per così dire la resurrezione del Reale, pur sempre il Sole, Architetto Grande.
E’ indice di saggezza il sentirsi attirato dalle ombre, adoperandosi per dar loro forme razionali e riconoscibili che non suscitino terrore e repulsione. Del resto l’ascesa iniziatica comporta il passaggio appunto attraverso il regno delle ombre: ciò affinché l’anima possa mitigare l’impatto con la Realtà. Dunque l’ombra ha la proprietà di proteggere e preparare coloro ai quali, similmente all’Apprendista nel Tempio, non è concesso di vedere la Realtà direttamente, a volto scoperto…: se la vedessero in questo modo, troverebbero la morte! La cosmica Energia che infatti dà a noi la vita, può in ogni momento riprendersela misteriosamente…
L’ombra si configura quindi come uno stato intermedio, tra la Realtà e le immagini illusorie; non è soltanto reale né soltanto illusoria, ma reale-illusoria: l’ombra è duale al pari dell’anima; invero è l’anima stessa, che soffre la sua dualità.
La Scienza Muratoria arriva ai Fratelli perdendo via via forza, luminosità, bellezza e verosimiglianza. E’ una Luce che raggiunge gli iniziandi attraverso “tramonti”, nonché ombre che sempre meno assomigliano alla Realtà, alle Immagini del mondo ideale (“Libro Sigillato”): sicché è vero che la Luce massonica illumina i Fratelli adattandosi, amorevolmente, alle capacità di ognuno; è altrettanto vero che essa entra nelle anime in maniera sfigurata ed irriconoscibile, dove più dove meno! Così la Scienza Muratoria, sfigurata, diventa nell’uomo ignoranza, oscurità interiore: similmente lo Spirito è passibile di trasformarsi in materia, e l’Oro degli Iniziati nel vile denaro portatore di morte.
Ascendendo dal mondo materiale alla Luce (Iniziazione), il Fratello (in questo caso il Compagno) accorcia man mano i tramonti e allunga in proporzione le albe: le quali suscitano ombre che, al contrario di quelle prodotte dai tramonti, si conformano sempre più alla Realtà.
… le ombre della sera sono sataniche, incutono timore; quelle dell’alba sono divinamente sorridenti ed attraenti: al tramonto cominciamo a girare le spalle al Sole Padre, andando incontro alle illusioni; all’alba cominciamo a rigirarci per poterLo contemplare frontalmente, e aprire a Lui il cuore. Da questa elevante condizione è ben lontano l’Apprendista, ancora assopito nel tenebroso suo mondo delle illusioni, della casualità e dell’ignoranza.
Al pari dell’adoratore del “vitello d’oro” nel deserto, l’Apprendista scambia l’illusione con la realtà: la materia con lo Spirito. Ma come nella Camera di Apprendista convivono i Fratelli dei 3 Gradi, così nel deserto convivevano Israeliti più o meno spirituali, ognuno avente una visione personalizzata di quanto succedeva e della figura stessa di Mosè. Per esempio Giosuè, al quale il Legislatore trasmetterà i divini Arcani ricevuti (kibel) sul Sinai: è la Teosofia universale che i Fratelli chiamano “Scienza Muratoria”, e che per gli Ebrei è la Cabala.
Dobbiamo immaginare il deserto del Sinai come una Loggia a cielo aperto: Mosè è il Venerabile Maestro, che trasmette la Luce. Dalle sue parole gli Israeliti accolgono la Scienza cabalistica, ognuno secondo l’interiore luminosità; similmente il Venerabile trasmette nel Tempio la Scienza Muratoria, illuminando i Fratelli. Tale illuminazione equivale simbolicamente alla distribuzione dell’Oro iniziatico, della Luce massonica che allontana e salva l’anima dei Fratelli dalle illusioni. I Maestri (Spiriti) sono in grado di ricevere la Luce già nella Notte simbolica, poiché sono già svegli e pronti; gli Apprendisti dormono; i Compagni invece, cominciano a prepararsi per essere pronti all’Alba: a quest’ora infatti, l’anima apre i suoi occhi incorporei…
… tra ombre significanti appaiono al Compagno, sommessamente, le prime immagini della Luce massonica: così in lui rivivono i ricordi del passato lontano, quando egli stesso fu ombra…
In quanto ombre, pure sommessamente i primi esseri divini si manifestarono sulla Terra, nel fenomenico mondo avverso.
A chi allora ha reminiscenza del passato, le ombre si manifestano come viventi realtà. Se dunque il negatore dell’ultraterreno riprova come visionario colui che crede nella realtà di un’ombra, ebbene questo visionario ha valide ragioni per giudicare quel negatore uno smemorato nel senso peggiore: dico un individuo che ha dimenticato il passato, e smarrito se stesso!
Ciò che gli Apprendisti non percepiscono nella figura del Tesoriere, è proprio la sua natura splendente; dico l’entità spirituale-animica che appartiene all’oltretomba e sfugge a chi guarda con gli occhi. In verità il vedente non vede nulla, poiché il visibile è illusione! Vede invece chi immagina e intuisce, ciò che è necessario per l’elevazione: ossia l’Essenza, eterna Luce! E’ come affermare: meno vediamo, più vediamo! Oppure: più credibile del visibile è l’Invisibile, ossia lo Spirito, la Realtà immateriale. Tra l’Invisibile e il visibile sono le ombre, le pre-forme di esseri e cose che percepiamo sensorialmente.
Con espressioni massoniche dico: la Camera di Maestro (mondo spirituale del Pensiero e del Reale: Sole) precede la Camera di Compagno (mondo animico del sogno: Luna); a questa segue la Camera di Apprendista (mondo fenomenico-materiale: la Terra). Poiché la Luna animica è più anziana della Terra astronomica, dobbiamo osservare che nel sogno è più perfezione e più saggezza che nella realtà fenomenica ed illusoria che viviamo sulla Terra.
Al saggio sognatore non si presentano quindi immagini che rievocano la piatta, effimera quotidianità: all’anima sua parla l’Eterna Sapienza, tramite simboli altamente significativi! Sicché i sogni dell’eletto Fratello sono per così dire aurei: lo indirizzano verso un’esistenza spirituale; gli ispirano comportamenti esemplari, in favore del prossimo. Significa che il Venerabile e i Maestri, se illuminati, sono nel contempo sognatori e realizzatori formidabili, fuori del comune: il loro operare prende vita ed ispirazioni dai sogni che essi vivono, non sempre, sia dormendo sia durante le ore di veglia!
Il Venerabile Maestro che allora sembra distolto dalla vera Luce, non è da prendere a modello: pochi benefici traggono i Fratelli più spirituali e dotati, dalle “tornate” da lui condotte. Nella tornata senza Luce, il Tempio perde la guida, il riferimento: tale condizione ricorda quella vissuta dagli Israeliti, dopo che Mosè si era da essi allontanato per salire sul monte Sinai. L’assenza di Mosè è causa di “perversione”, nel popolo d’Israele; nel Tempio, l’oscurarsi della Scienza Muratoria suscita oscurità, materialismo e illusioni nelle anime: è come se il “vitello d’oro” prendesse posto al centro del Tempio!
L’adorazione del vitello d’oro può anche essere vista come l’inclinazione istintiva degli uomini a cercare un punto di riferimento, qualcosa a cui rivolgere attenzione e amore. In questo senso l’istinto, prima natura, è più della ragione vicino alla divinità: esso è sulla perpendicolare dello Spirito; è l’ombra dello Spirito, posta sulla medesima linea, sulla Verticale cosmica. Nell’istinto è in effetti tanta divinità, tanta purezza: d’altra parte il neonato sopravvive grazie al solo istinto. Se l’adulto illuminato dalla ragione considera innocenti i neonati, non sarà forse perché vedono più purezza nell’istinto che nella ragione? Peraltro l’Iniziazione è essa stessa una progressiva purificazione; è la disciplina che trasforma il vile metallo in Oro puro, ossia l’Apprendista in Venerabile: massonicamente l’Apprendista è un bambino, un essere istintivo ed oscurato che dovrà perfezionarsi poiché l’istinto è insufficiente per accedere alla Scienza Muratoria. Perfezionandosi crescerà, raggiungerà l’autodeterminazione: sarà Compagno. Invecchierà ulteriormente ed acquisterà saggezza: sarà Maestro. Avrà bisogno di ulteriore Luce, per istruire i suoi “pari”, i Maestri Liberi Muratori.
Al primo impatto, il vitello d’oro si configura come una realtà tanto illusoria quanto la materia stessa di cui è sostanziato: è in effetti realizzato tramite la “fusione” (casuale) dei “pendenti d’oro”, sottratti alle mogli e alle figlie degli uomini d’Israele. Tuttavia l’aspetto positivo di tale fusione metallica, che ha prodotto il vitello d’oro, non manca. Consiste nel tentativo e nella necessità da parte degli Israeliti di ricreare, attraverso il collettivo lavoro, un legame, un punto comune di riferimento, insomma un’anima di gruppo: è grazie a questa specie di “calcina” animica che gli iniziandi Fratelli a loro volta lavorano in armonia nel Tempio, per trovare l’Oro iniziatico (Luce).
L’oro metallico è al centro della base della Piramide ideale; da qui il Fratello si eleva, per conseguire l’Oro degli Iniziati. E poiché, ascendendo, si passa attraverso il punto centrale di ogni sfera, dobbiamo immaginare che proprio nei punti centrali è depositato l’Oro.
Prima di potersi manifestare direttamente all’Apprendista, il Venerabile gli appare tramite la figura del Tesoriere “metallico”, che con l’Apprendista ha affinità. Grazie al lavoro del Tesoriere, il Venerabile potrà manifestarsi all’Apprendista sotto le sembianze del Tesoriere-Luce; in una fase ancora più avanzata del cammino iniziatico, si rivelerà sotto le sembianze del 2° Sorvegliante, infine del 1° Sorvegliante.
Per realizzare tale ascesa è necessario anzitutto che l’Apprendista sviluppi la capacità di distinguere e poi separare, nel Tesoriere, l’Oro invisibile, iniziatico, dal falso oro. Soltanto dopo aver separato il Vero dal falso, ed avere rifiutato quest’ultimo, l’Apprendista potrà iniziare realmente l’ascesa. Se perciò un Maestro si mostra incapace di distinguere l’Oro spirituale dal metallico, vuol dire che nell’anima è rimasto Apprendista e che non ha dunque mai realmente accolto la richiesta Luce dell’Iniziazione.
Come definiremmo, a questo punto, l’Iniziazione massonica? Come un’Alchimia interiore: intendo un processo, un’opera, una metamorfosi attraverso cui un grezzo metallo (anima istintiva, dalla coscienza ancora annebbiata) diventa Oro puro, Spirito perfetto.
Vincenzo Tartaglia
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