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Riflessioni sulla Semplicità

Riflessioni sulla Semplicità

di Alberto Viotto    indice articoli

 

Semplificare i prezzi

Novembre 2017

  • I bollini

  • Lo sconto

  • Altri prezzi non chiari

  • Il caso del costo di ricarica

  • Il prezzo giusto

  • Il valzer degli operatori

  • Telemolestie

  • Aggiungo un Gratta e Vinci?

  • Fatemi uscire!

  • Accorpamenti

 

Semplificare i prezzi

 

La complessità indotta dal marketing rende molto difficile confrontare prodotti simili, tra sconti a tempo e offerte non chiare. In questo modo i consumatori sono confusi ed è difficile che il prodotto migliore si affermi.
Ad esempio, quanto costa un minuto di telefonata da un cellulare? A vedere le offerte delle compagnie telefoniche, circa 1 centesimo di euro (ad esempio la Wind propone l’optional Noi Tutti Extra, 1 € al mese per 100 minuti di chiamate, la Telecom l’offerta “minuti Extra”, 5 euro al mese per 400 minuti di chiamate). Se però si telefona senza avere attivato una di queste offerte o si sfora il tetto previsto il prezzo è ben diverso. Con Wind, ad esempio, la tariffa “normale” è di 18 centesimi di euro al minuto.
Il prezzo varia di diciotto volte se si telefona senza particolari accorgimenti! Questo fa parte di una strategia generale, che tende a mantenere i clienti più attenti che potrebbero passare alla concorrenza, facendoli pagare relativamente poco, e d’altra parte cerca di fare i massimi profitti con i clienti disattenti, che non hanno tempo di scegliere con cura.

 

I bollini

Un aspetto che contribuisce a rendere i prezzi poco trasparenti sono le raccolte a premi. Molti venditori, specialmente le catene di supermercati, consegnano ai clienti una “tessera di fedeltà” con cui si possono accumulare i punti automaticamente ogni volta che si fa la spesa.
Con i punti si possono “vincere” gli oggetti più disparati, ma quasi tutte le catene permettono di usare i punti per gli acquisti, tanto che li si possono considerare uno sconto generalizzato del 2-3%. (concesso solo a chi raccoglie i bollini, o a chi si fa dare la tessera fedeltà). Il consumatore perde tempo a raccogliere i bollini o ad occuparsi della sua tessera fedeltà, il supermercato deve ideare la campagna promozionale, gestirla, rendere più complicate le procedure di pagamento.

 

Lo sconto

Non c’è niente di più facile ed indolore che fare sconti: basta aumentare i prezzi prima. Se qualcuno vende a 50 una cosa che secondo lui ieri costava 100, c’è qualcosa che non va: evidentemente prima costava troppo. In alcuni casi i listini sono gonfiati di prassi (è il caso delle autovetture nuove) ed uno sconto del 15-20% è normale.
La spiegazione secondo cui gli sconti servono a svuotare i magazzini dalla merce più vecchia non è credibile: di solito i venditori sanno perfettamente gestire l’approvvigionamento e lo sconto è solo una strategia di marketing.
In quasi tutti i supermercati si trova una gran quantità di prodotti scontati in modo rilevante, anche del 30-40%. Quasi tutti i prodotti (olio, vino, pasta, caffè, vari tipi di latticini e salumi) hanno almeno una marca in offerta, a rotazione. Se non si tiene particolarmente ad una marca (peraltro di solito la qualità è simile) si possono acquistare sempre e solo i prodotti in offerta con un notevole risparmio.
Il venditore guadagna poco o nulla sui prodotti in offerta, ma introduce questa complicazione prevedendo che i clienti comprino anche prodotti a prezzo pieno, su cui invece guadagna. Molti clienti, inoltre, non hanno tempo di cercare le offerte e prendono il primo prodotto che capita, di solito non scontato. Se però una persona impiega tempo e attenzione nella ricerca e si limita ai prodotti scontati risparmia – a scapito del venditore – molti soldi.
Questa attività è un vero e proprio lavoro, che però non produce alcuna ricchezza (come il lavoro speculare degli addetti al marketing che devono predisporre le offerte, il database dei prezzi usato dalle casse, i cartellini), ma è un aspetto della continua e sterile battaglia tra clienti e addetti al marketing.
A volte gli sconti sono rivolti solo a determinate categorie di persone, come i clienti di un altro fornitore o i clienti di una azienda associata (ad esempio gli sconti sulla benzina per i clienti BancoPosta). Anche le varie ‘supervalutazioni dell’usato’ non sono altro che sconti mirati, perché quello che viene ritirato non vale nulla.
Se i consumatori si comportassero razionalmente, tutti coloro che sono esclusi da questi sconti dovrebbero evitare questi fornitori, che evidentemente fanno pagare più del necessario gli altri clienti.

 

Altri prezzi non chiari

Gli esempi di prezzi non chiari sono molto numerosi, come le tariffe valide solo per un certo numero di mesi e poi automaticamente aumentate prima che si possa dare la disdetta. Un esempio è una tariffa telefonica di 20 euro al mese che dopo 12 mesi diventa di 40 euro e che non permette di recedere senza penale prima di 24 mesi. Nonostante si pubblicizzi il prezzo di 20 euro al mese, il vero prezzo è la media del periodo, 30 euro.
A volte il prezzo di un prodotto è esposto sotto forma di rata mensile, che può corrispondere ad un pagamento di svariati anni. In questo modo sembra che possiamo avere una automobile a duecento euro, un salotto a venti euro. Per arrivare alla quantità totale di denaro necessaria per ottenere davvero il bene, però, dobbiamo faticosamente sommare l’anticipo, tutte le rate mensili, le spese accessorie e la maxirata finale. È difficile che alla fine l’affare risulti ancora conveniente: qualcuno deve pagare per tutte queste complicazioni, anche se formalmente il finanziamento è “tasso zero” ci sono le spese di apertura pratica, le spese di incasso, l’assicurazione obbligatoria.
Un’altra pratica scorretta è la pubblicizzazione di prezzi non arrotondati, 0.99, 9.99 o simili. La differenza tra un prezzo di 1 o di 10 è minima, ma per convincere il cliente si complicano le cose senza vantaggi per nessuno.

 

Il caso del costo di ricarica

Fino al marzo del 2007 la maggior parte degli operatori di telefonia mobile imponeva un “costo di ricarica” ogni volta che si pagava in anticipo per le telefonate. Il costo era di due-tre euro, relativamente poco in percentuale per chi ricaricava cifre elevate ma una notevole penalizzazione per chi ricaricava cinque o dieci euro per volta, come spesso facevano i ragazzini o i consumatori più deboli. Inutile dire che per le compagnie telefoniche l’effettivo costo di gestione della ricarica era molto più basso, per cui questo balzello rappresentava a tutti gli effetti una componente della tariffa.
Nel marzo del 2007 il cosiddetto “Decreto Bersani” impedì alle compagnie telefoniche questa pratica(1) La norma era molto positiva, ma non perché così si abbassasse il costo globale delle telefonate, come assurdamente pensavano le unioni dei consumatori: ovviamente gli operatori telefonici aumentarono le tariffe per coprire l’incasso che era venuto a mancare. Il vero beneficio era che si rendevano più semplici le tariffe, senza costi nascosti che gli utenti tendevano a sottovalutare.
Il prezzo globale di un bene o servizio non può essere imposto dallo Stato, ma è determinato dalla legge della domanda e dell’offerta. Se si impedisce di fare pagare per una certa componente del prezzo, è inevitabile che le altre componenti aumentino. La norma semplicemente imponeva di suddividere il prezzo globale in modo più equo e più semplice.

 

Il prezzo giusto

Ogni azienda deve poter fare i prezzi che vuole, se sono più bassi avrà più clienti e più ricavi ma meno margini. Se c’è concorrenza questo meccanismo funziona molto bene, ma i prezzi dovrebbero essere semplici ed uguali per ogni cliente.
Un’azienda, un professionista, l’idraulico che viene a casa vostra hanno un unico e giustificato obbiettivo: guadagnare. È corretto che sia così: altrimenti, perché dovrebbero darsi tanto da fare? Tra il cliente e chi fornisce una merce o un servizio c’è un conflitto inevitabile: uno vuole risparmiare, l’altro vuole fare più soldi possibile; è meglio rendersene conto e cercare di gestirlo il meglio possibile. Non ci possono essere venditori che vogliono favorire un cliente; tutto quello che si può chiedere loro è la correttezza. Se una campagna pubblicitaria vuole convincere i clienti che l’azienda è ‘dalla loro parte’ c’è qualcosa che non va. Ogni cosa ha un prezzo, se si offre qualcosa ‘gratis’ è probabile che la fregatura sia dietro l’angolo.

 

Il valzer degli operatori

Le tariffe degli operatori di telefonia mobile sono particolarmente convenienti per chi proviene da un altro operatore: sconti di ogni genere, tariffe ridotte per diversi mesi, annullamento di molte spese. Chi è già cliente, oppure non porta in dote una SIM di un altro operatore, è escluso.
Il risultato è che molte persone alla ricerca del risparmio continuano a cambiare operatore – sfruttano le offerte inizialmente molto vantaggiose e, quando le condizioni ritornano normali, ripetono il giochino, a volte tornando all’operatore di partenza. Più o meno ogni operatore perde tanti clienti quanti ne guadagna (è un sistema chiuso) e gli utenti perdono un sacco di tempo. Per quale motivo le compagnie telefoniche alimentano questo vortice insensato? I dirigenti del marketing hanno come obbiettivo l’acquisizione di nuovi clienti (in base a questo otterranno i loro bonus) e l’abbandono dei vecchi non li preoccupa minimamente.
La soluzione? Basterebbe vietare discriminazioni sulle tariffe a seconda delle caratteristiche del cliente. Quando si va dal salumiere a comperare il prosciutto non si informano se siamo clienti abituali di un’altra salumeria prima di dirci quanto costa: il prezzo è esposto sul bancone ed è uguale per tutti. Dovrebbe essere lo stesso per qualsiasi bene o servizio.

 

Telemolestie

Telefonano quasi sempre all’ora di cena o nei momenti più inopportuni. Mentre interrompiamo quello che stiamo facendo per andare a rispondere, pensiamo al solito amico che chiama a sproposito e lo mandiamo mentalmente al diavolo ma no, non è lui, è qualche compagnia telefonica che propone un’offerta “convenientissima”.
Come fanno ad avere il vostro numero? Semplice, ci sono gli elenchi telefonici e nessuna vieta di chiamare chi gli pare. C’è un lodevole tentativo di protezione degli utenti, un elenco (il “registro delle opposizioni”(2)) delle persone che non vogliono ricevere questo genere di telefonate e che gli operatori di telemarketing dovrebbero consultare prima di selezionare i numeri da chiamare, ma è una complicazione in più e relativamente poche persone si sono iscritte.
La condizione “normale” dovrebbe essere quella di non poter essere molestati, e si dovrebbe invece istituire un albo di coloro che vogliono ricevere queste “proposte commerciali”; temo però che ci sarebbero pochi iscritti.

 

Aggiungo un Gratta e Vinci?

Quando si va alla cassa di un esercizio per pagare provano sempre a farti spendere di più di quanto avevi previsto. Se ordini un hamburger ed una bibita ti chiedono se vuoi anche le patatine, se ordini un menù normale ti chiedono se vuoi il menu extra. In certi esercizi, qualsiasi cosa tu compri, chiedono se vuoi anche un “Gratta e Vinci”. Se domandi al cassiere perché continua a proporre acquisti aggiuntivi risponde candidamente “siamo obbligati”.
E’ una strategia marketing: ai cassieri viene detto che devono sempre cercare di vendere qualcosa in più. L’effetto è molto fastidioso ed è un incitamento a consumi inutili. Lo è sicuramente quello del Gratta e Vinci – in cui più della metà dei soldi vanno a chi gestisce il gioco e alle tasse, ma ancora peggio è incitare a mangiare più di quanto si vorrebbe, in un paese in cui quasi il 45% della popolazione è obesa o in sovrappeso.(3)

 

Fatemi uscire!

Una tattica marketing estremamente scorretta consiste nel forzare chi si trova in un certo ambiente a percorrere per uscire un lungo percorso disseminato di prodotti ed offerte, nella speranza che compri qualcosa. Una ricerca dello University College di Londra ha preso in esame a questo proposito una delle principali catene di vendita di mobili. Studiando le planimetrie dei negozi hanno notato come i percorsi siano arzigogolati, fatti apposta per impedire a chi entra di tornare indietro. In questo modo, anche se si entra per comprare un piccolo oggetto si deve restare tra corridoi ed espositori il più a lungo possibile.(4) Si spera che di fronte a tentazioni continue la volontà ceda spingendoci a comperare cose che non ci servono.
La strategia di intrappolamento del cliente è usata in modo intensivo nelle aree di servizio autostradali. Chi entra per prendere un caffè o per andare in bagno di solito non può uscire dalla porta da cui è entrato, ma è costretto ad una lunga via crucis tra merendine e pupazzi che ballano se si battono le mani. A volte la via verso l’uscita sarebbe breve, ma il passaggio è sbarrato con la beffarda scritta “Passaggio di servizio”.

 

Accorpamenti

A volte se vuoi acquistare qualcosa ti costringono ad acquistare qualcosa d’altro insieme, ad esempio se vuoi un quotidiano devi acquistare anche un pesante fascicolo dedicato alla moda ed infarcito di pubblicità. Il più delle volte si acquista lo stesso il quotidiano (il sovrapprezzo per il supplemento è moderato) ed il pesante fascicolo che lo accompagna va a finire direttamente nella spazzatura.

 

   Alberto Viotto

 

Se qualche lettore trovasse questo articolo interessante o ne volesse discutere, all'autore farebbe piacere ricevere delle e-mail all'indirizzo: alberto_viotto@hotmail.com

 

NOTE

1) www.repubblica.it/2007/03/sezioni/economia/tariffe-cellulari/tariffe-cellulari/tariffe-cellulari.html

2) www.registrodelleopposizioni.it

3) www.agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=519

4) www.ucl.ac.uk/lhl/lhlpub_spring11/01-18012011

 

 

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