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Scrittura e vita, simbiosi perfetta

Scrittura e vita, simbiosi perfetta di Matilde Perriera

di Matilde Perriera

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Ugo Foscolo nel XXI secolo: reciproca fecondazione

Novembre 2014

 

Una tela 50 x 70… Le rapide trascrizioni pittoriche, in cui spiccano gli oli vegetali dei colori vividi sapientemente stemperati, porgono, nell’insieme, una personale riproduzione di un ordito emotivo capace di dare le rivelazioni giuste per farle vivere in eterno. Il cielo azzurro invita a scoprire gradualmente le suggestive location, la distesa marina puntellata da vele bianche, le onde sciabordanti, la frastagliata costiera, le case e, ai due angoli, rispettivamente a sinistra e a destra dell’incantevole scenario, si ergono i protagonisti assoluti, materializzati nell’anello di una catena capace di far rinascere la speranza … Eccoli, sono l’Ulisse “bello di fama e di sventura”, nel momento in cui ritorna nella “sua petrosa Itaca”(1), e, contrastivamente, “il giovanetto dai fiammeggianti sguardi”(2) sradicato, per determinazione degli “avversi Numi”(3), da una società in cui non si riconosce, mentre tende “deluse le palme” alla terra natale, saluta “da lunge i suoi tetti” e prega le “straniere genti” affinché rendano “l'ossa al petto della madre mesta”. Riflettendo sulle due peregrinazioni volute dal fa­to ma con esito diverso, in un contesto in cui “la verità si è fatta liquida, inafferrabile”(4), quale dei due eroi letterari i ragazzi appena maturati, che si preparano ad affrontare i difficili anni universitari, conserveranno nella cineteca della loro memoria? Le due figure, certamente, li avranno aiutati a crescere, ma, con esplicita condivisione, in un ping pong continuo di ossimoriche reazioni, tra un luccicore negli occhi e un respiro di sollievo, consegnano la palma a Niccolò Ugo Foscolo che, pervadendo il loro spirito con i suoi decaloghi comportamentali e invogliandoli a lasciarsi cullare dalle suggestioni del sentimento piuttosto che dal calcolo prudente della ragione, li stuzzica con la costruzione di un paradigma costantemente proteso alla ricerca di un valido incentivo per pianificare il proprio futuro.

 

Il poeta di Zante, costretto a fuggire “di gente in gente"(5) e a lasciare “ogni cosa diletta più caramente”(6), quasi invidiando “il diverso esiglio”(7) di chi, dopo aver esplorato il mondo, è tornato a casa dalla sua Penelope, palesa la perenne modernità del suo dettato anche connettendolo a disegni interculturali di notevole complessità con risonanze sull’intera società contemporanea. Il “liber'uomo”(8), appunto, dopo aver visto “il primo raggio di sole tra le limpide nubi della chiara e selvosa Zacinto”(9) e aver adottato l’Italia come patria di elezione, “per non infettare la sua vena con una poesia encomiastica asservita alla funzione di decoro di quel “dotto e ricco e patrizio vulgo”(10) dipinto, con amaro sarcasmo ed efficacissima ipallage, “seppellito, ancora vivo, nelle adulate reggie”(11), ha risposto all’imperativo improrogabile di imboccare, “in nome della libertà morale, la via della povertà o delle umiliazioni”(12). Come non pensare, basandosi sulla sofferenza da lui provata lontano dagli affetti più cari, alla precarietà, che è storica ed esistenziale insieme, di quanti, forzati dal destino a salire sulle barche della morte, “ammonticchiati come giumenti sulla gelida prua mossa dai venti”(13) per andare alla disperata ricerca di un altrove migliore per sé e per la propria famiglia, invadono i campi-profughi?

 

L’Italia, per esempio, si è silenziosamente trasformata, nel corso degli ultimi decenni del secolo scorso, in uno dei principali poli d’attrazione di flussi migratori dall’estero, raggiungendo, nel 2011, il numero di 4.570.317 stranieri, di cui circa 400.000 regolarmente presenti ma non ancora registrati e una percentuale difficilmente stimabile di irregolari. Interessante la statistica estrapolata dal “Dossier della Caritas”(14) che, con il supporto di ampia documentazione e indagini sul campo, ne affronta gli aspetti più rilevanti, da quelli socio-economici a quelli culturali e giuridici, privilegiando la dimensione  qualitativa rispetto a quella quantitativa. Il processo, ancora attivo e in continuo sviluppo, colloca, al primo posto, la Romania seguita dall’Albania, dal Marocco, dalla Cina, dall’Ucraina, dalle Filippine; i settori produttivi con la più forte presenza di lavoratori immigrati sono quelli dei servizi, delle costruzioni e dell’agricoltura, affidati spesso a soggetti che, pur talvolta con un titolo di istruzione superiore, sono sottoposti a forme di sfruttamento in aree di ampia diffusione, prevalentemente in nero, senza contratto o, comunque, largamente inferiori all’alto livello di qualificazione nell’ambito professionale. La CRESCITA degli extracomunitari, la CONTINUITÀ della loro presenza, il NUMERO di figli nati in Italia, L’IMMISSIONE in tutti gli ordini dell’istruzione, da quello dell’infanzia e primaria al secondario di primo e secondo grado degli allievi “diversi” da rispettare nelle loro individualità e differenze, L’INCREMENTO dei matrimoni misti e dei ricongiungimenti familiari documentano come la condizione subalterna degli espatriati sembra quasi stridere con il dinamismo di una società globalizzata impostata secondo la logica delle pluralità. Alla severità delle norme, peraltro, fa riscontro una modesta capacità di controllo effettivo e, del resto, “la storia delle politiche migratorie europee mostra come gli accertamenti internazionali siano stati ottenuti molto più per via inclusiva, legittimando ampie masse di stranieri irregolari, che per via repressiva, punendoli con l’allontanamento o con il carcere”(15).
L’erede dell'Alfieri, in questa luce, diventa proiezione simbolica di smarrimento, di incertezza, di mancata identificazione in un sistema statale travagliato dalla lotta tra i SI’ o i NO per l’allargamento della base sociale con l’apporto di energie nuove e sollecita inquietanti domande … IN CHE MODO l’Italia può dare una mano “a chi vive la propria esistenza come un’esclusione”(16)? CHE TIPO DI INTERVENTI si devono attivare in un Paese già afflitto dalla piaga dei licenziamenti e della disoccupazione per assistere gli scampati svigoriti dal “disagio psichico”(17)? QUALI STRATEGIE eticopolitiche e morali sono auspicabili per presumere una soglia di inserimento valida “con l’accettazione pragmatica di un fatto che sfugge alle maglie dei controlli”(18)? SU CHE CRITERI ci si deve orientare per condividere una “rivoluzione di genere su scala mondiale”(19) principalmente contrassegnata da una femminilizzazione degli espatri che ormai sfiora il 50% ? CHE PUZZLE comporre tra la crescente presenza femminile nel mercato del lavoro retribuito dei Paesi ricchi e la lievitazione della domanda di prestazioni di sostegno al lavoro familiare da parte del potenziale di attrazione di donne eritree, filippine e capoverdiane disponibili a ricoprire il ruolo di domestiche o di assistenti impegnate nell’accudimento di anziani e malati a fronte di uno sviluppo insufficiente delle politiche pubbliche? COME estirpare la visione dell’homo homini lupus(20) e neutralizzare le “forme di razzismo ritenute spesso catalizzatore di insicurezze da parte degli autoctoni”(21)? SU CHE BASI l’uomo potrà auspicare il compromesso tra il suo interesse e quello della collettività in cui vive, tra il bene del singolo e quello comune, tra individuo e società? E’ GIUSTO, “in tempi di crisi, quando la bufera infuria e lo tsunami del fallimento finanziario sembra togliere speranza”(22), salvarsi da soli o è più funzionale cercare di salvarsi insieme? A CHE LIVELLI la scuola riuscirà ad affrontare “il problema dello scambio linguistico, delle differenze nei percorsi e delle condizioni generali di vita”(23), divenendo strumento efficace per garantire agli studenti immigrati “pari opportunità nel circuito dell’istruzione di discriminazione positiva, fondata su un trattamento che permetta di recuperare i gap linguistici, culturali e sociali”(24)? E GLI INSEGNANTI, nell’ottica di un ruolo attivo che impedisca a questi ragazzi “di restare alunni in classe e stranieri in città”(25), dovranno implementare una corretta azione programmatoria “con un processo di tipo assimilativo che minimizzi le differenze o con un percorso di carattere interattivo che valorizzi le varie realtà etniche in un più allargato quadro multiculturale”(26)? E’ POSSIBILE controbilanciare “l’autismo culturale(27)”? PUO’ l’etnopsichiatria mediare il passaggio dalla multiculturalità, che registra la convivenza più o meno pacifica di diverse etnie e culture, all’interculturalità, che auspica la volontà di avviare, “con un progetto esistenziale permanente e comune, il dialogo tra le culture presenti”(28)?

 

L’UOMO-FOSCOLO, messo in gioco, come i profughi del XXI secolo, “dalle due motivazioni contrapposte della disperazione e della speranza, lontano dallo scrigno della propria identità sociale e culturale, unico depositario degli affetti e delle aspirazioni più profonde”(29), quindi, sembra implicitamente ribadire l’invito a estirpare la feroce morale della legge della giungla; la sua profonda solidarietà, motore della storia individuale e collettiva, se pure non abbia gli stessi caratteri di eternità di una fede religiosa trascendente, illumina, conforta, vivifica, nutre, accende l'animo e, al di là dei risultati finali, fa sì che “l’amistà raccolga non di tesori eredità ma caldi sensi e di liberal carme l’esempio”(30) , perché non conta l’esito delle imprese ma l’empito con cui si combatte. Lo “spirto guerrier”(31), non battagliero ma travagliato, con la sua vita da esule, attesta, in sostanza, che “la libertà dell'esilio è preferibile alla servitù in patria”(32); è vero, "nessuna saggezza, nessuna dottrina filosofica ha forza tale da poter sopportare un dolore così grande”(33) ma, "sicuri e a testa alta, in qualsiasi luogo toccherà di andare, bisogna avviarsi con passo intrepido. Entro i confini del mondo non vi può essere esilio di sorta perché, da ogni terra, lo sguardo si solleva al cielo a ugual distanza"(34). L’uomo, perciò, in una drammatica sfida al destino, deve essere pronto, per uscire dalle “torme delle cure”(35), a combattere e a morire per il riscatto della propria dignità; tale disponibilità è evidente non solo nella titanica protesta de “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”(36), dominate da un eroe angosciato dal non avere un tessuto sociale e poli­tico entro cui inserirsi, ma, soprattutto, nelle virile percezione delle autodiegetiche personificazioni dei “Sonetti”(37). Nikolas, “vivo e indomabile”(38), inoltre, partendo da una palpitante microstoria autobiografica, si allarga alla contemplazione di sentimenti universali e giunge alla grande catarsi che si compie con “I Sepolcri” in cui si sottolinea, in maniera netta, il bisogno impellente di anestetizzare le “secrete cure”(39) per superare l'approdo nichilistico e vanificare l’ “invida aetas”(40).

 

L’irrequieto ribelle dai capelli fulvi, avvolto in uno sdrucito cappotto verde, interroga, si interroga e, potenziando il “forte sentire”(41) con i suoi sempiterni messaggi che resteranno vividi nei cuori incandescenti dei liceali guidati dalla forte tendenza alla migrazione, diventa strumento ottico in grado di consigliare, anche se con l’inquietante sensazione di essere schiacciati, la linea di condotta più funzionale per spingersi in avanti e affrontare i doveri insopprimibili della socialità ... “Il mondo appartiene a chi osa! La vita è troppo bella per essere insignificante”(42) e la si potrà valorizzare solo ascoltando con le orecchie la voce del cuore perché i più bei sogni, come lo zucchero, addolciscono l’amara realtà e alimentano la sete di alte aspirazioni. Teorie astratte? Miraggi? Utopie? Chimere? Solo illusioni evanescenti, forse, “eppur senza di esse non si sentirebbe la vita se non nel dolore o, quel che spaventa ancora di più, nella rigida e noiosa indolenza”(43), solo le illusioni appaiono capaci di dare un significato alla propria esistenza, chi le sradica dal proprio itinerario non sarà mai incalzato da grandezza di pensieri, né da impeto e ardire, né da intrepide azioni che, per lo più, sono considerate follie.

 

Il seguace di Jean Hugo De Basville, insomma, con i valori positivi circonfusi da una magnanima speranza evidenti nelle moltissime connotazioni della sua epopea, magnificata dagli infiammati discorsi e alimentata dalla spinta propulsiva dell’arte, dimostra ai giovani che, se la drammaticità dello sradicamento, purtroppo, è sempre cocente, i segni imperituri, lasciati a prezzo di infiniti sforzi e dopo entusiasmante impegno attivo, vengono strappati al “tempus edax”(44) … Chi, infatti, “nel cammino della vita, ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano”(45) e, con il suo eroico protendersi verso ideali di dignità e giustizia, aiuterà a sopportare le discriminanti prevaricazioni, a invalidare le sopraffazioni, a battersi con persuasione, a non sostare nell’anticamera della storia, a concretizzare l’anelito verso una plaga ideale in cui vagheggiare serene prospettive contraddette dalla realtà contemporanea ma pur continuamente risorgenti e riuscirà ad attivare il ping pong dialettico dell’interculturalità, facendo esplodere, con reciproca fecondazione, una carica di dinamite nel cuore di chi ha avuto l’onore di salire sul suo stesso treno.

 

      Matilde Perriera

 

Indice articoli

 

NOTE

1) Niccolò Ugo Foscolo, A Zacinto, 1802

2) Eduardo Samueli in Giosuè Carducci,. Conversazioni Critiche, 1884

3) Niccolò Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni, 1802

4) Renato Farina, Bene indiviaduale e Bene comune, 2012

5) Niccolò Ugo Foscolo, In morte del fratello …, Ibidem

6) Dante Alighieri, Paradiso, XVII canto

7) Niccolò Ugo Foscolo, A Zacinto, Ibidem

8) Niccolò Ugo Foscolo,  A Napoleone Bonaparte liberatore, 1797 e 1799

9) Niccolò Ugo Foscolo, Epistolario, 1789

10) Niccolò Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, 1806

11) Niccolò Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, Ibidem

12) Niccolò Ugo Foscolo, Alla famiglia, Ibidem

13) Edmondo De Amicis, Gli emigranti, 1889

14) Dossier Statistico Immigrazione Caritas-Migrantes, 21° Rapporto, Oltre la crisi, insieme, 2011

15) Asher Colombo, Fuori controllo? Miti e realtà dell'immigrazione in Italia, 2012

16) Alessandro Bertirotti, La paura di noi stessi, www.scienzepolitiche.uniba.it

17) Alessandro Bertirotti, La paura di noi stessi, Ibidem

18) Alessandro Bertirotti, La paura di noi stessi, Ibidem

19) B. Ehrenreich, A. Russell Hochschild, Global woman. Nannies, maids, and sex workers in the new economy, 2003; trad. it. 2004

20) Plauto, Asinaria, II, 4, 88

21) Salvatore Palidda, Devianza e vittimizzazione tra i migranti, 2000

22) Renato Farina, Bene indiviaduale e Bene comune, 2012

23) Stralci tratti da: Giovanni Manzi, L’Integrazione Scolastica degli Immigrati, Psicolab, 08/2/2010

24) Giovanni Manzi, Ibidem

25) Fondazione Cariplo-ISMU, a cura di Graziella Giovannini, Allievi in classe stranieri in città. Una ricerca sugli insegnanti di scuola elementare di fronte all'immigrazione, 1998

26) Graziella Giovannini, Ibidem

27) Alessandro Bertirotti – Augusta Larosa , Umanità abissale. Elementi di Antropologia secondo una prospettiva evolutiva e globocentrica, 2005

28) Alessandro Bertirotti, La paura di noi stessi, Ibidem

29) Alessandro Bertirotti, La paura di noi stessi, www.scienzepolitiche.uniba.it

30) Niccolò Ugo Foscolo, Dei sepolcri, Ibidem

31) Niccolò Ugo Foscolo, Alla Sera, 1802

32) Marco Tullio Cicerone, Tusculanae  disputationes, 5, 109, 45 A. C.

33) Marco Tullio Cicerone Ad Quintum fratrem 5, 109

34) Seneca, Consolatio ad Helviam matrem,  42-43 D. C.

35) Niccolò Ugo Foscolo, Alla Sera, Ibidem

36) Niccolò Ugo Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802

37) Niccolò Ugo Foscolo, I Sonetti, 1802-1803

38) Niccolò Ugo Foscolo, Epistolario, 1789

39) In morte del fratello Giovanni, Ibidem

40) Quinto Orazio Flacco,  Ode I, 11

41) Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso, Epoca IV, Cap. 4°, postuma 1804

42) Charlie Chaplin, Aforismi, 1960

43) Niccolò Ugo Foscolo, Le ultime lettere di J. O., Ibidem

44) Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, XV, 234

45) Madre Teresa di Calcutta, Pensieri, 1999


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