Scrittura e vita, simbiosi perfetta
di Matilde Perriera
La titanica scintilla
Ottobre 2015
Da IL CARRO DELLE MUSE 2015
Greco&Greco Editori, Milano.
Tutto è cominciato quando è arrivata, come inaspettato regalo, la PECORA NERA di Swarovski, tenerissima e triste nello stesso tempo, con gli occhi a mandorla malinconici e il muso camuso, in procinto di emettere il suo flebile bee … bee .. beeeeelato. La fantasmagorica luce brillante del magnifico soggetto ha subito dominato la vetrinetta, accendendo la lampadina di Archimede sull’origine dell’ignobile polirematica e delle tante leggende a essa correlate. Mille domande bombardavano il cervello. E’ giusto che un povero ovino debba patire incomprensibili violenze perpetrate dalla forza rovinosa di atavici pregiudizi irrazionali? Ed è eticamente corretto imporgli una condizione di straniamento demistificante? I tanti interrogativi fluivano ininterrottamente quando, osservando dalla finestra lo scenario onirico di un prato lussureggiante allietato dalla magia dei petali bianchi di anemoni, narcisi, orchidee, magnolie, gigli, si scorse una grande macchia d’inchiostro nero. Molti esemplari dal vello corvino, con l’usuale imperturbabilità, pascolavano, s’inseguivano, balzavano, capriolavano. Su quelle bestioline innocue si poggiarono gli sguardi malevoli di quanti erano convinti che esse sprigionassero una tale energia negativa da far piombare sulla popolazione catastrofi rovinose, pestilenze micidiali, calamità sconvolgenti, eventi lugubri. Un coalizzarsi generale mentre la trenodia delle offese rincorreva impietosamente le incolpevoli vittime, deridendole, schernendole, maltrattandole ... “Quelle pecore velenose, responsabili degli atti più crudeli, dovevano essere eliminate per vanificarne la famigerata influenza nociva ipotizzata” ... Nessun tentennamento, nessuna voce benevola … I piccoli reietti grigio-fumo furono bruciati vivi dall'egoistica prudenza che aveva offuscato ogni sollecitazione interiore. Il misfatto di quegli uomini, però, aveva lasciato il segno e rimarcava l’urgenza di ascoltare gli accenti dolorosi di tante anime ingiustamente oppresse dalle implacabili dinamiche di relazione. Un AGNELLINO FILOSOFO sfuggito alla carneficina, intanto, annusando l’odore acre della lana bruciata, sentì crescere sulla propria schiena ali da gigante e cominciò a belare ininterrottamente. Per un eclettico processo di semi-antropomorfizzazione, avvertiva come, di fronte allo spietato immaginario collettivo, tacere fosse una colpa, parlare un imperativo categorico. Più energico dei fratelli trucidati, con i gemiti assordanti squarciava l’aria, interrogava e s’interrogava, diventando strumento ottico in grado di consigliare la linea di condotta più funzionale per affrontare i doveri insopprimibili della socialità. Dei bambini lo videro e, pensando, per lo strano colore del pelo, di trovarsi davanti a un essere del malaugurio, terrorizzati, gli scagliarono con forza dei sassi ferendolo brutalmente. CREMINO non era disposto a illividire nello sconforto, anzi, arricciando più intensamente la sua lana nera, nera come la pece, cercava di individuare il focolaio che aveva scatenato un astio tanto profondo. Azionata la macchina del tempo in un’indagine retrospettiva, cercava di dipanare le tenebre da polverose motivazioni socio-antropologiche in cui era annidata una delle prime fonti battesimali dell'atteggiamento discriminatorio in genere. Il suo diktat basilare, nel soffermarsi sull’ormai anacronistico accanirsi contro i diversi e sui valori sacri per ogni creatura, uomo, cavallo, lepre, tigre, leone e, perché no, anche pecora nera, era quello di mostrarsi pronto a combattere e a morire per il riscatto della propria dignità, a mettere un punto interrogativo a secolari verità apodittiche. La DINAMITE ESPLOSIVA, stigmatizzata ovunque andasse come portatrice di sciagure nefaste, si tormentava per le deliranti assurdità sedimentate nell’animo dei detrattori e percepiva l’inquietante sensazione di poter essere neutralizzata, ma, illuminando ed esplodendo, non demordeva e procedeva a testa alta, con l’obiettivo di scalfire le pseudo-certezze di gente che non riusciva a scorgere le virtualità insite in chi si contraddistingueva per peculiarità insolite. Il suo lamento era un’arma contundente ... “Basta!!! Gli stereotipi, molto spesso, germinano semplicemente dalla rabbia di quanti, gelosi della bellezza spirituale di personalità poliedriche, cercano di spegnerne la luce per far risaltare la propria. L’indifferenza e i soprusi devono finire, bisogna urlare contro ogni forma di razzismo, battersi con persuasione, rifiutare il subordinamento passivo, opporsi alle prepotenze, infrangere quei dogmi aprioristici che ledono i diritti di chi vuole autodeterminarsi”. E, azzardando, ribadiva che, per una placida convivenza, pareva improrogabile estirpare la feroce morale della giungla, interconnettere inestricabilmente gli interessi del singolo a quelli di tutta una comunità, aprirsi ai reciproci rapporti e favorire il confronto attivo, sostanziali congiunzioni tra l’aspirazione alla propria serenità e il rispetto altrui. Teorie astratte? Miraggi? Utopie? Chimere? Forse, ma quelle illusioni, circonfuse da una magnanima speranza, seppur evanescenti, erano linfa vitale che dava un significato all’esistenza di ciascuno. I giorni trascorrevano e il LAMPO DI GENIALITÀ, pur scacciato da chiunque lo avvicinasse, continuava a belare con infiammati assiomi dal pregnante sapore gnomico, ma, all’improvviso, … ZAC … IL PICCOLO MENTORE, che si era connotato per estremo buonsenso, fu arso vivo dalle imprevedibili reazioni di massa. Qualcuno, tra i tanti che avevano assistito alla terrificante malvagità, rimpiangeva già, in timoroso silenzio, gli ardenti discorsi del SAGGIO CREMINO e si chiedeva se la FIGURA ACUTISSIMA sarebbe, seppur solo allegoricamente, risorta dalle ceneri per far vagheggiare serene prospettive contraddette dalla realtà contemporanea ma sempre rinascenti. Non s’intravedevano ancora miracoli all’orizzonte, ci sarebbe voluto del tempo per riscoprire il battito pulsante di chi, contagiando con la propria essenza, aveva provato a far assaporare quella sete d’infinito indispensabile per costruire un mondo migliore. La scintilla, però, era stata scoccata. Essa sarebbe stata, in un ping pong continuo di ossimoriche reazioni, prezioso scrigno per i giovani stuzzicati da incandescenti paradigmi, stimolo per un’Italia smarrita nel mito intoccabile dei favolosi anni sessanta, prototipo per quanti, forzati dal destino a salire sulle barche della morte, avrebbero invaso i centri di accoglienza. La palpitante microstoria, insomma, sarebbe divenuta fonte inesauribile che avrebbe aiutato a non sostare nell’anticamera della storia, a rifiutare ogni approdo nichilistico, a sorreggere disperati sos, ad auscultare l’armonia di un canto per impedire al proprio IO di disgregarsi, a trasformarsi in variopinta farfalla pronta a tendere una mano nei giorni pieni di vento, di rabbia, di lacrime. LA CREATURA SEDUCENTE, dunque, fisicamente era morta, ma il suo spirito avrebbe continuato ad abbattere le pareti con le parenesi di grande respiro perfettamente significate dai suoi appassionanti belati, a segnare l’impronta indelebile di un arco vitale abbracciato e vissuto con la fervente sete di giustizia che l’aveva sempre contraddistinto. “Sic itur ad astra”, così si giunge alle più alte sfere … La via da percorrere per sciogliersi dalle catene del feroce occhio sociale è piena di ostacoli, sembra ancora ripetere L’ECCELSA METEORA, ma anche una piuma, in una drammatica sfida al destino, se è spinta dalla decisa volontà di salvarsi dalle prigioni interiori che inaridiscono l'animo umano fino alla dissoluzione, può smussare un diamante e proseguire sulla strada titanicamente protesa verso la realizzazione dei propri sogni … GRAZIE, CREMINO, GRAZIE…
Matilde Perriera
IL CARRO DELLE MUSE
Premio Internazionale 2015 tutto al femminile
La Prof.ssa Matilde Perriera, anche quest’anno, è stata selezionata, tra le finaliste con diritto di pubblicazione, al Concorso internazionale IL CARRO DELLE MUSE. L’iniziativa, ideata e promossa dalla Dottoressa Loredana Reppucci per far venire alla luce, attraverso un racconto, una poesia, una favola o un disegno lasciati nel classico cassetto, una poetessa, una scrittrice, un’artista di pregio, è già alla seconda riuscitissima esperienza e ha coinvolto le donne che, residenti in Italia e all’estero, conoscessero la lingua italiana. La Docente del Liceo classico, linguistico e coreutico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, già distintasi per la favola IN CERCA DELLA LUCE dell’edizione 2014, ha partecipato, nel 2015, con il racconto dal titolo LA TITANICA SCINTILLA, pubblicato nel volume IL CARRO DELLE MUSE 2015, Greco & Greco Editori, Ottobre 2015 – Milano.
Commenti degli studenti del Liceo classico, linguistico e coreutico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta
UN FIORE RARO DA ACCAREZZARE
di Giulia Bruno, II B Indirizzo classico
Il desiderio feroce e pulsante è il nido della luce eterna dell’uomo, è per la “volontà” che egli risplende della brama di libertà. L’uomo è l’anima di ogni tassello che compone l’inestimabile valore della vita, un’anima sazia e prepotente che ha ampio raggio d’azione nelle cose concrete, nei pensieri duttili e scientificamente romanzati o dimenticati e nelle necessità affannose e mutevoli che lo hanno definito in linee guida come piantine di un erbaio. Limite assoluto è la divergenza, nemica della filtrazione dei media e delle culture ancestrali. Credo e culture che nei secoli hanno generato la diversità e la paura della stessa, le verità e le contraddizioni, negazioni cieche di queste ultime; sviluppi grondanti anacronismi e fiammeggianti miraggi destinati ad affievolirsi per lasciare spazio alle mai nuove disposizioni dell’essere e dei suoi pregiudizi. Nei preconcetti e nelle mezze verità, l’astio e la commercializzazione di idee violente trovano terreno fertile, commiserando la serena condizione di una rivolta soffocata da deboli veli di trattati pretenziosi e convivenze per il buon nome di “mamma Europa”. Un po’ come le vecchie storie su streghe e pecore nere, tanto infondate quanto accreditate dall’opinione pubblica, fitte di scarsa conoscenza, politiche putative di dottrine elitarie e pubblicità articolate in distrazioni e messaggi spesso criptati. Solo con la forza di chi, inaspettatamente, “sente crescere sulla propria schiena ali da gigante” possiamo opporci alla violenza che non sappiamo di subire. Anche noi, come CREMINO, siamo chiamati a urlare di essere pronti ad accettarci veramente, a condividere le idee di uguaglianza, ad ascoltare chi, con sfaccettature diverse, si accosta a noi, a condurre il nostro pensiero verso idee di scienze imprecise e bellezze preziose. Chi brilla di una luce diversa è da proteggere come un fiore raro e accarezzare come un ricordo. L’empito con cui affronteremo le nostre battaglie sarà ciò che conterà più del loro esito, perché la “TITANICA SCINTILLA”, perpetua e immortale, continui a rinvigorire in noi la forza e a rimbalzare contro le pareti del tempo.
APPASSIONATI BELATI
di Luana Ottaviano, II B Indirizzo classico
Guardiamo intorno. Varie figure camminano per strade di varie città, la conformità è legge suprema. Tutti, simili a tutti, puntini eguali di una massa in cui ognuno è il giocattolo dell’altro, manichini suggestionati da “prevenzioni irrazionali” e pronti ad attaccare, schernire, maltrattare, sterminare quell’immagine un’energica mosca bianca che va controvento, che lotta per un’ideale, che impone il suo modo di essere. Cremino sentendo che “tacere sia una colpa, parlare un imperativo categorico”, con “ali da gigante”, si staglia, magnifico e potente, sul terreno insidioso del “non omologato” e cerca il “focolaio che ha scatenato un astio tanto profondo” contro creature dalla singolare individualità. Perché aggrapparsi con tutte le forze a tanti pregiudizi “fermi come erbacce tra le rocce” (Charlotte Brontë, Jane Eyre), alimentati, probabilmente, dal terrore di sentirsi inferiori a una “titanica scintilla” e di non essere in grado di sostenerne lo sguardo? Nessuna risposta propositiva, nessun tentennamento, nessuna voce benevola e “la dinamite esplosiva, stigmatizzata ovunque andasse come portatrice di sciagure nefaste, è arsa viva dall’egoistica prudenza che aveva già trucidato altri piccoli reietti grigio-fumo” … Non sarebbe stato più proficuo, invece, più che invidiarla, temerla, sopprimerla, cibarsi dai suoi input e, insieme, far divampare il fuoco in quanti sono soffocati dalle catene di una società troppo conformista? L’uomo, purtroppo, è alla perenne ricerca di un quid indeterminato impossibile da trovare se, prima, non capirà che la diversità è un tassello fondamentale nel grande puzzle della vita. “Se, addirittura, una mattina, svegliandosi, scoprisse che tutti sono della stessa razza, credo e religione, troverebbe qualche altra causa di pregiudizio entro mezzogiorno” (George David Aiken, Aforismi) … E allora? il “piccolo mentore” è veramente morto? O le menti più aperte troveranno nella “palpitante microstoria” linfa vitale per “trasformarsi in variopinta farfalla pronta a tendere una mano nei giorni pieni di vento, di rabbia, di lacrime”? Il lettore, tra gli “appassionanti belati” che si accavallano con uno stile serrato e denso di insegnamenti, sente il bisogno di imitare la “creatura seducente” per “abbattere le pareti” dell’incomprensione e attivare il confronto dialettico. “Sic itur ad astra”, così si giunge alle più alte sfere …
UN’INNATA FORZA D’ANIMO
di Di Dio Chiara, III A Indirizzo linguistico
Ci si lascia sopraffare da preconcetti, ci si perde in una società incatenata dal nulla, ci si coalizza contro la vittima ritenuta “diversa” e, di conseguenza, si inizia a deriderla, a schernirla, a maltrattarla, a isolarla … Colore, aspetto, razza, religione e peso sono sempre le prime spie della “feroce morale della giungla” alla quale è soggetto anche Cremino, un “essere del malaugurio” ferito brutalmente solo per la sua lana scura come la pece, buia come un cielo notturno. La “dinamite esplosiva, però, non “si lascia illividire nello sconforto”, continua a battersi contro ogni forma di razzismo e, “arricciando più intensamente il vello nero, cerca di individuare il focolaio che ha scatenato un astio tanto profondo”. Incurante dei pericoli, procede a testa alta, non si lascia scalfire da chi gli si oppone per le sue “insolite peculiarità”, rifiuta il subordinamento passivo“ e, sfidando il destino, lascia un’impronta indelebile anche ai suoi più feroci detrattori. Di fronte ai teneri belati della “tenerissima pecora nera”, sorgono spontanee molte riflessioni e, fra tutte, prevale l’idea secondo cui il pregiudizio nasca, probabilmente, dall’invidia di quanti, privi del quid che li può rendere speciali, screditano i tanti “mentori” dalla poliedrica individualità sempre volti, con i discorsi saggi, a “contagiare con la propria essenza”. La “titanica scintilla” cadrà nell’oblio? O l’impianto narrativo, connotato da una tematica attuale e una sintassi abbastanza chiara, le permetterà di interagire con il mondo dei giovani e lasciare vitali suggerimenti propositivi? E’ vera la seconda ipotesi perché il coinvolgimento emotivo di quanti l’ascoltano e dello stesso lettore, certamente, dimostra come la “dinamite esplosiva”, con il proprio impulso vitale, al di là del feroce epilogo, solleciti a mettere in discussione i propri pregiudizi, inviti a lottare per il riscatto della propria dignità e affili le armi per salvarsi “dalle prigioni interiori che inaridiscono l’animo umano fino alla dissoluzione”.
ASTRAZIONI SCONVOLGENTI
di Federica Fruscione, III A Indirizzo linguistico
Un belato straziante nel silenzio stigmatizza il sacrificio della vita di Cremino, l'unico agnellino color della pece che era riuscito a salvarsi dalla strage originata dalla pura ignoranza e guidata da quella stessa medievale superstizione pronta a far bruciare sul rogo le presunte streghe. La microstoria dell'ovino, ahimè, genera l’analogia con ''la pecora nera della famiglia'', chiaro esempio di come una semplice differenza possa scatenare ferocie inaudite. Cosa avrà mai fatto alla società un povero piccolo agnello per far pensare che esso “provochi catastrofi rovinose, pestilenze micidiali, calamità sconvolgenti, eventi lugubri''? Inspiegabile, proprio come la paura che suscita il ''diverso'' codificato da quanti riescono a sfaccettare altri punti di vista capaci di sollecitare validi e costruttivi confronti. La tragedia della “titanica scintilla” che veniva derisa, aggredita, avvolta da sguardi malevoli e terrorizzati rimanda a quella di un uomo che, vittima di atavici preconcetti per la sua provenienza, religione, cultura o aspetto fisico, viene etichettato come ''pericoloso per la sicurezza della comunità''. L'ovino è morto, ma l’eco dei suoi assiomi continua a condannare quanti, senza scrupolo alcuno, uccidono i suoi simili o soffocano l’urlo di un migrante disperato per i cliché che lo annientano e gli tolgono il diritto di cercare una vita migliore o più adatta a lui. Se è vero che ogni uomo deve impegnarsi a costruire ''sulla propria schiena ali da gigante '' e far spiccare il volo alla propria ineguagliabile personalità, perché etichettare a priori il “diverso” capace, probabilmente, di lasciare impronte vitali e propositive? Si può affermare con certezza, dunque, che ''gli stereotipi, molto spesso, germinano semplicemente dalla nebbia di quanti, gelosi della bellezza spirituale di personalità poliedriche, cercano di spegnerne la luce''. La letteratura, come sempre, è riuscita a far riflettere su crude verità attuali e a comunicare un forte messaggio che, a primo impatto, forse, non è facile cogliere a causa del registro medio-alto utilizzato dall'autore, ma, che, poi, introiettandolo, raggiunge l’obiettivo di superare ogni apodittica astrazione e scoprire le incongruenze che sconvolgono l’animo del “diverso” fino alla dissoluzione.
UNA SCARICA DI RIBELLIONE
di Armando Gioia, III A Indirizzo linguistico
La figura del “diverso” è stata sempre vista dall'immaginario collettivo come una minaccia perché l'uomo, da sempre spaventato dalla “non normalità”, teme “l'altro”, senza curarsi delle conseguenze che incideranno pesantemente sul morale di quest'ultimo. Azzeccatissima la metafora della “pecora nera” sempre presa di mira, derisa e ferita … Perché fermarsi alle apparenze e seguire devastanti stereotipi? Per “spegnere la luce di personalità poliedriche e far risaltare la propria”? Perché il “diverso” non dovrebbe essere una persona brillante con una profonda bellezza interiore? Bisogna urlare BASTA! “Battersi, opporsi alle prepotenze e infrangere quei dogmi che ledono i diritti di chi vuole autodeterminarsi”. Solo così il razzismo cesserà di esistere. L’impianto narrativo, conducendo, come in questo caso, alla riflessione sul peso che il povero ovino è costretto a reggere sulla sua fragile schiena, è funzionale per veicolare un messaggio, seppur duro e crudo, in maniera naturale. Lo scrittore, infatti, pur attraverso un registro medio-alto che, a tratti, non risulta pienamente comprensibile a una prima lettura, invita a non mollare, a superare gli ostacoli e a dimostrare che “anche una piuma, se è spinta dalla decisa determinazione di salvarsi, può smussare un diamante e proseguire verso la realizzazione dei propri sogni”.
NO, BASTA!!!
di Giorgio Insalaco, III A Indirizzo linguistico
Odio, rabbia, violenza, razzismo, discriminazione, argomentazioni che, al giorno d’oggi, non toccano nemmeno perché sembrano ormai lontane. Questi temi, invece, sono sempre più angoscianti e obbligano a una fruttuosa collaborazione per “interconnettere inestricabilmente gli interessi del singolo a quelli di tutta una comunità”. Cremino è una pecora nera, anzi la pecora nera per eccellenza, presa in giro, derisa, maltrattata semplicemente perché diversa. Un essere innocuo e saggio trattato brutalmente senza un motivo razionale. “Non basterebbero le mani di cento uomini per contare le vittime di tali atteggiamenti perpetrati contro uomini, donne, bambini che, trasportati come oggetti su barconi in condizioni pessime e senza neanche la certezza di arrivare a destinazione, sono sotto i riflettori di sguardi malevoli. Espressioni disumane dettate dalla superficialità di quanti fuggono davanti a tali amare realtà o, peggio, azzerandone gli sforzi, cacciano coloro che scappano dalla morte. Tali riflessioni, estrapolate da “La titanica scintilla”, colpiscono particolarmente e suscitano un senso di nichilistica tristezza al solo pensiero di veder regnare stupidità e ignoranza … Urge, però, agire, aprire i cuori sordi, imparare a convivere con la diversità, capire che “gli stereotipi, molto spesso, germinano semplicemente dalla rabbia di chi è geloso della bellezza spirituale di personalità poliedriche e cerca di spegnerne la luce per risaltare la propria”. Tanti sono stati i leader che, nel corso del tempo, si sono battuti contro ogni forma di prevaricazione, caricati dall’impellenza di far vedere a tutti come, per esempio, il colore della pelle non determina l’intelligenza e le capacità di una persona. Cremino ne è il prototipo e, pur essendo stato ucciso, sembra ancora far rimbombare nell’aria i suoi belati per invitare i giovani a tirar fuori la testa dalla sabbia, a “battersi con persuasione, rifiutare il subordinamento passivo, infrangere i dogmi aprioristici” e scardinare ogni ostacolo che, ledendo i diritti di chi vuole autodeterminarsi, impedisce la costruzione di un mondo migliore.
USCIRE DAI BINARI
di Federica Lopiano, III A Indirizzo linguistico
"Quelle creature velenose, responsabili degli atti più crudeli, dovevano essere eliminate" … Questo era l’orientamento generale, ma è giusto che un povero ovino debba essere discriminato per l’insolito vello? Un'innocente pecora può essere annientata per presunte sciagure dettate dal susseguirsi di luoghi comuni e di “pregiudizi atavici”? L’incipit, ambientato nello “scenario onirico di un prato lussureggiante”, sembra trasmettere piacevoli sensazioni di libertà; dietro, però, si cela la microstoria di Cremino, che, sfuggito alla sorte dei fratelli e sentendo crescere "sulla sua schiena ali da gigante", si sente autorizzato a belare con vigore. Sì, perché il forte ovino diventa un modello da seguire per far emergere la giusta prospettiva. Le persone terrorizzate dalla sua presenza per il colore scuro della lana e contrariati dal suo diktat basilare, gli scagliano sassi. L'ovino, però, compromettendo la sua stessa vita, tenta di comprendere da dove nasca questo astio, non demorde, anzi, nello sforzo di sfatare quel pregiudizio che non gli consentiva di continuare a correre sui prati, ribadisce come il "tacere sia una colpa e parlare un imperativo categorico". Il “saggio Cremino” rispecchia una figura attuale, drammaticamente consapevole delle difficoltà e degli ostacoli incontrati da chi vuole “sciogliere le catene dell'occhio sociale”, ma, sembra ribadire, che, se ci si impegna di più, il suo messaggio si potrà eternare. La “titanica scintilla” sarà schiacciata, eppure – chissà - le nuove generazioni, interiorizzando, pur attraverso il registro medio alto e, in alcuni passi, una struttura linguistica molto elaborata, la triste avventura esistenziale, seguendo l'esempio dello sfortunato ovino, potranno imparare a uscire dai binari e percorrere una via per migliorare la società, per distinguersi dalla massa e, soprattutto, per non lasciare "indietro" nessuno. L'indifferenza e i soprusi devono concludersi per migliorare la convivenza e per intersecare gli interessi di un singolo a quelli di tutta una comunità.
DRAMMATICA SFIDA
di Gaia Scarpulla, III A Indirizzo linguistico
Pregiudizi, accanimenti, discriminazioni sono alla base dell’esperienza giornaliera connotata dall’incidenza di “stereotipi originati dalla rabbia di quanti, gelosi della bellezza spirituale di personalità poliedriche, cercano di spegnerne la luce per far risaltare la propria”. La microstoria di Cremino è intessuta proprio sulle incomprensibili violenze perpetrate, in questo caso, contro una tenerissima pecora nera. Dal testo emerge l’improrogabile diktat di “sciogliere le catene del feroce occhio sociale” e di vincere ogni esitazione nei confronti di chi, anche solo per il curioso colore del vello, è considerato “diverso” e, quindi, essere del malaugurio. La strada da seguire dovrà, invece, portare alla realizzazione dei propri sogni e nessuno potrà essere intralciato in questo percorso spirituale; se il “lampo di genialità”, dunque, fisicamente muore, la sua innata sete di giustizia continuerà a farsi sentire, invitando, con i suoi infiammati belati, a “battersi con persuasione, rifiutare il subordinamento passivo” e a mostrarsi pronti a morire pur di non soccombere alla violenta soggezione della propria dignità ... “Sic itur ad astra”, soltanto così si giunge alle più alte sfere. Il pregnante messaggio letterario, dunque, connotato da un registro utilizzato medio-alto, giunge direttamente ai lettori di ogni età e, mettendone in discussione “atavici dogmi aprioristici”, infrange le barriere che ledono i diritti di chi vuole autodeterminarsi”, interagisce con la loro crescita morale e impedisce al proprio IO di disgregarsi.
UN VITALE GERMOGLIO
di Alessandra Verso, V B Indirizzo classico
Cremino, vessillo degli ideali più sacri e inviolabili, è un eroe instancabile che vuole scavare, sollecitato dall’idea secondo cui “non ci si libera di un male evitandolo, ma soltanto attraversandolo” (Cesare Pavese, Il mestiere di vivere). Bela mentre viene arso vivo, ma la sua anima vola più alta delle fiamme penetrando nelle coscienze dei tanti astanti che osservano nell’indifferenza, che sopravvive agli orrori, calpesta i suoi figli spersonalizzati, procede nella sua spasmodica corsa al progresso. In questa nube grigia non c’è spazio per la diversità, non c’è tempo per fermarsi ad ascoltare quell’ultimo disperato appello dell’ovino marchiato solo dal suo essere individuo e non parte della massa. Ne “La titanica scintilla” s’individua la diversità come forza, sintomo della voglia di “ogni creatura di combattere e morire per il riscatto della propria dignità”. Il racconto stimola nel lettore una riflessione fuori dalle verità apodittiche delle quali è abituato a cibarsi e lo invita a reagire alla morte della pecorella armata solo della voglia di riscatto. “L’eccelsa meteora”, facendo risalire a galla giganti della storia come Martin Luther King, Nelson Mandela, Gandhi, tramite un “belato che squarcia l’aria”, segna all’umanità “la linea di condotta più funzionale per affrontare i doveri insopprimibili della socialità”. Grazie a sintagmi metaforici quali “dinamite esplosiva” o “figura acutissima”, a un linguaggio fluido e una prosa incalzante, la microstoria fa nascere nei cuori e nelle menti recettive un sentimento di empatia nei confronti del protagonista, quasi paragonabile a un Leopardi che, con la sua forza e la sua rabbia, vuole trasmettere un fortissimo messaggio di pace. “La scintilla, infatti, è scoccata” e l’umanità non può, non deve più tornare indietro. Il “piccolo mentore”, insomma, tenace “capitano Bellodi” (Leonardo Sciascia Il giorno della civetta) dall’attualità sconvolgente, apre lo scenario su barconi e barconi che, gremiti da uomini e donne schiacciati da offese e pregiudizi, richiedono consapevoli riflessioni sul tema dell’accettazione. A fine lettura, così, il lettore è pronto a gridare insieme all’autore “GRAZIE, CREMINO, GRAZIE” per aver fatto sbocciare un vitale germoglio di coscienza sociale, grazie per aver fatto comprendere che l’unicità è una risorsa da potenziare perché, senza di essa, il mondo sarebbe solo un anonimo gregge di pecore bianche.
UN FIORE NEL DESERTO
di Alessandra Giuliano, IV B Indirizzo classico
E se “De perto ninguem è normal” (Caetano Veloso, compositore e cantante brasiliano, “Vaca profana"), se nessuno visto da vicino è del tutto normale”, tutti sono uguali nella loro diversità. Chi decide cosa è regolare, giusto, naturale? Da dove nascono le discriminazioni e le anacronistiche superstizioni? Si può parlare di “teoria revisionista” della diversità, secondo cui ciascuno è, giorno dopo giorno, colpevole dell’isolamento di chiunque appaia fuori binario? Il cambiare strada, il rivolgere sorrisi sbiechi oppure mostrare imbarazzo o manifestare compassione non fanno altro che diffondere l’idea di diverso come sbagliato, mentre tanti uomini e tante donne, pecore nere del XXI secolo, vanno tutti costantemente al rogo, arsi dal giudizio altrui. In un clima in cui ognuno, dimentico di migliorare sé stesso, pensa a criticare gli altri, Cremino, rifiutando la consolazione della notteche dipinge tutti dello stesso colore e ricercando la luce del giorno che rende pari ma mai uguali, rappresenta un barlume di speranza. Il Pinocchio del mondo animale si scontra, insomma, con l’omologazione sociale, mostrando coraggio e determinazione mentre fa rimbombare nella mente di chi lo ascolta l’invito perentorio ad “arricchirsi delle reciproche differenze” (Paul Valéry, Aforismi). La pecora nera, polirematica negativa di diversità e, di conseguenza, condannata all’isolamento, con il suo perenne belare, insegna, pertanto, come “tacere sia una colpa, parlare un imperativo categorico. “La titanica scintilla”, quindi, con un tono metaforico linguisticamente ricco e uno stile che, con la sua pregnante morale, ricorda Esopo, è una favola dal tono moraleggiante tesa alla riflessione e cerca di dimostrare come, al di là delle apparenze, “l’essenziale invisibile agli occhi” (Antoine de Saint Exupery, Il piccolo principe) sia, spesso, l’unica cosa che conti. Ribaltando l’idea comune secondo cui il gregge è simbolo di massificazione, l’autore rende la “dinamite esplosiva” protagonista della ribellione, martire del diritto al cambiamento, perché “colui che segue la folla non andrà mai più lontano della folla” (Albert Einstein , Aforismi). Se è vero che “giudicare significa conoscere” (Immanuel Kant, Critica della ragion pura), è altrettanto corretto affermare che razzismo, omofobia o discriminazione, velati sotto qualsiasi forma, siano frutto di un’arroganza maturata in un terreno fertile di ignoranza. Una pecora, da sola, così come un uomo, da solo, non possono cambiare il mondo, ma possono divulgare idee che, se percepite nel modo giusto, potranno fare la differenza… “Gutta cavat lapidem” (Locuzione latina in Tito Lucrezio Caro, De Rerum natura), anche le gocce di pioggia, col passare del tempo, riescono a scalfire la roccia. Cremino, fiore nel deserto, sopravvissuto il più a lungo possibile e con coraggio alle tormentose bufere di superficialità, riesce a propagare l’idea secondo cui “la vera saggezza risieda nel saper stare con la differenza, senza voler eliminare la differenza” (Gregory Bateson, Aforismi)
LA RIVOLUZIONARIA FENICE
di Vittorio Pruneri, IV B Indirizzo classico
Un ulteriore racconto sulla massificazione della società? Un miscuglio di banali e ipocrite riflessioni? Puerile favola dalla morale già conosciuta? No! Le prime righe del testo si aprono, infatti, con una parentesi autodiegetica per poi sfociare in una fantastica storia dal sapore filosofico, condita da pregnanti metafore e da un’incisiva personificazione dell’ovino. La pecora nera, guidata dal kantiano “imperativo categorico”, non può fare a meno di denunciare le ingiustizie perpetrate ai suoi fratelli e inizia a belare di fronte a granitici sintagmi, alla “feroce legge della giungla”, nonostante le sassate, convinta forse che i suoi gemiti possano coprire i reboanti stereotipi cementificati, squarciare il muro dell’omertà ed essere la “titanica scintilla” di un cambiamento radicale. Il messaggio di Cremino, seppure attuale, non riesce, purtroppo, a essere colto dalle generazioni perché le continue critiche dalla lama affilata trafiggono chiunque proponga un genere musicale diverso, introietti quanto legge, abbia un ben preciso ideale politico o nutra interessi che non rispecchiano una società di “bruti” (Dante Alighieri) ferma solamente sull’“avvertimento del contrario” (Pirandello). Sovente si deride un uomo dai calzoni bucati, senza sapere che, con la stoffa mancante, sono state realizzate le toppe per la giacca del figlio … “E’ meglio fare, però, come fanno tutti o come è giusto fare”? Esprimere la propria natura di in-dividuo o essere una goccia d’acqua in un mare di tristezza? Questi continui interrogativi retorici bombardano la mente dei seguaci della “creatura seducente”, stimolando “astratti furori” (Vittorini) di fronte alle offese rivolte anche alle povere anime che, navigando sulle “barche della morte”, tentano di raggiungere la salvezza. Un giorno dalle ceneri del triste ovino spiccherà il volo una rivoluzionaria fenice e tutti, apprezzandone la luminosità, come “dinamite esplosiva”, brilleranno, a loro volta, di luce propria.
LA POTENZA DI UN DIAMANTE
di Salvatore Strazzeri, IV B Indirizzo classico
E’ strano come un particolare apparentemente insignificante possa rivelarsi incipit di una riflessione profonda e sincera su una problematica delicata quale il razzismo. Come può, infatti, una pecora nera di Swarovski “accendere la lampadina di Archimede sull’origine dell’ignobile polirematica e delle tante leggende a essa correlate”? E’possibile che un oggetto rinchiuso in una vetrinetta possa suscitare “mille domande” sulla reale o immaginata pericolosità o sull’inferiorità di persone di colore diverso? Sembra quasi un’iperbole, ma anche da piccoli input possono nascere grandi verità. In questa “palpitante microstoria” si avverte il deciso rifiuto contro ogni forma di offesa alla presunta diversità e, soprattutto, un “odore acre” tanto intenso da spingere anche un animale mite come una pecora a comprendere che “tacere sia una colpa, parlare un imperativo categorico”. Il messaggio di questo racconto è un’onda d’urto, una bomba esplosiva che sconvolge gli animi di quanti lo introiettano e fa scoccare una scintilla vitale capace di “mettere un punto interrogativo a secolari verità apodittiche”, di far urlare contro ogni forma di razzismo e opporsi alle prepotenze”. Uno stile alto adeguato all’argomento di cui si sta trattando e una lingua in perfetta assonanza sono in perfetto connubio con l’avventura esistenziale di Cremino che, implicitamente, invita a “scalfire le pseudo – certezze di verità apodittiche”, a rifiutare il “subordinamento passivo”, a riflettere su una problematica purtroppo attualissima a causa dei molti sbarchi di clandestini che affollano l’Europa in un momento storico-sociale così travagliato. Com’è possibile, infatti, che ancora oggi esistano persone che respingono i loro simili? E che non si riesca ad accettare la naturale differenza che connota i 7 miliardi di persone al mondo completamente diverse l’una dall’altra? E che non si possano avviare reciproci rapporti basati su una placida convivenza? Si è circondati da una giungla invasa da animali feroci? O, forse, è proprio l’uomo a trasformare in giungla le città in cui si dovrebbe vivere pacificamente? Bisogna far crescere l’uomo, ricordargli che non può permettersi di deridere, schernire, maltrattare, ghettizzare o, peggio, lasciarsi influenzare da anacronistici preconcetti accanirsi contro “l’altro” o “imporgli una condizione di straniamento demistificante” semplicemente perché lo si considera “diverso” … Soltanto quando gli stereotipi saranno distrutti, si imparerà a sorreggere disperati sos e si capirà che “anche una piuma può smussare un diamante” e neutralizzare “la forza rovinosa di atavici pregiudizi irrazionali” … .
BELATI CONTUNDENTI
di Elenasofia Zaccone, IV B Indirizzo classico
È possibile parlare delle differenze come se fossero difetti? Questa società che sembra accogliere tutti sotto l'ala protettiva di una cultura di massa, non rischia, forse, di creare fotocopie malriuscite di un ideale di omologazione assoluta? La “titanica scintilla” s’inserisce prepotentemente in questo tema rispondendo a una domanda che tutti i giovani si sono posti, seguire la massa o sforzarsi di andare controcorrente? Cremino, infatti, è il manifesto di una cultura "altra" che valica i limiti imposti dalla società. Il “piccolo mentore” non è diverso, è solo dotato di intelligenza in un tempo cupo e privo di ragione. Illumina e ispira ogni persona che, almeno una volta nella vita, si è sentita l'unica sveglia in un mondo addormentato. L'agnellino bela per comunicare, si distingue fra tutti e risplende illuminato da un logos inestinguibile, sollecitato dalla luce dell'intelligenza. La figura acutissima è un eretico che ha scelto" di essere sè stesso fino in fondo, di non piegarsi ai diktat imposti della cultura cieca che vorrebbe continuare ad alimentare il rogo di Giordano Bruno, a ritirare i libri coinvolgenti, a imporre una visione del mondo passiva, a soffocare le personalità di spicco ricche di iniziativa e coraggio. Questa favola modernissima, ricca di echi montaliani e di riferimenti che rimandano a Esopo e Fedro, personifica una pecora per renderla testimone di un atto barbarico nei confronti dell'animo umano. Una ghettizzazione imposta a quanti, guidati dal dubbio e dalla determinata coscienza critica, affilano i "punteruoli" e scardinano le "verità comode". Il testo, cosìpur essendo breve, può diventare "dinamite esplosiva" pregna di fortissimi significati filosofici. Lo scrivere è a tratti oscuro ma, una volta entrati nel mondo onirico della “titanica scintilla”, si rivela manifesta limpido e universale al lettore che si immedesima nell avicenda del “lampo di genialità”, bruciato vivo da un astio profondissimo. Alle nuove generazioni non resta che far proprio il messaggio di questo ovino coraggioso che, risorgendo risorgerà dalle sue ceneri e rivivendo del suo precedente vissuto, potrà raccontare di quando, novello San Giovanni gridava una verità nuova nell'ottundimento generale dei cori che ne hanno predestinato l’olocausto? Gridare sempre, allora, insinuare nei “sordi” persino il timore o il consenso e leggere questo messaggio implicito in ogni suo belato, in ogni sua sillaba e s’imparerà a non temere l'espressione del dissenso.
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