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Riflessioni sulle scienze

Riflessioni sulle Scienze

di Alberto Viotto    indice articoli

 

Schiavi della probabilità

Settembre 2010

  • Chi vincerà lo scudetto?

  • Le scommesse

  • Come definire le quote

  • Le quote normalizzate

  • La media delle previsioni

  • Io prevedo meglio

  • La frequenza relativa


Schiavi della probabilitàIl concetto di probabilità è un po’ come quello di tempo, di cui Sant’Agostino diceva:

 

“Che cos’è dunque il tempo? Quando nessuno me lo chiede, lo so; ma se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so.” (1)

 

Anche quello di probabilità è un concetto molto comune, ma se lo vogliamo definire in modo rigoroso ci crea non poche difficoltà. La definizione che preferisco, dovuta al matematico italiano Bruno de Finetti (1906-1985), è difatti molto sorprendente:

 

“la probabilità di un evento è il prezzo che un individuo ritiene equo pagare per ricevere 1 se l'evento si verifica, 0 se l'evento non si verifica”.

 

Chi vincerà lo scudetto?

Questa definizione è completamente soggettiva, ma non potrebbe essere diversamente. Se lanciamo una moneta, è chiaro che la probabilità che esca “testa” è del cinquanta per cento, ma se ci chiediamo “qual è la probabilità che la Juventus vinca il prossimo campionato?” non c’è sorta di metodo oggettivo che possa dare una risposta. E, ovviamente, vale lo stesso se ci chiediamo cose più significative, come “qual è la probabilità che l’economia migliori?”, “qual è la probabilità che domani i listini di Borsa salgano?”, “qual è la probabilità che Barack Obama vinca le prossime elezioni?”

La differenza tra il caso della moneta e gli altri è che il lancio della moneta è ripetibile a piacere. Se lo facciamo più e più volte, all’aumentare del numero di lanci la percentuale di “testa” si avvicinerà sempre di più al 50%. Ma come possiamo fare per il campionato di calcio? I risultati dei campionati precedenti possono essere un’indicazione, ma le condizioni del prossimo campionato saranno ben diverse da quelle dei precedenti. In caso contrario, potremmo dire che la Pro Vercelli, che in tempi ben lontani vinse sette dei circa cento scudetti assegnati finora, ha circa il sette per cento di probabilità di vittoria. (2)

 

Le scommesse

La definizione di de Finetti ci fa subito pensare alle scommesse. Prima del Campionato del Mondo di Calcio del 2010, ad esempio, tutti i principali bookmaker davano a 5 la vittoria della Spagna, che poi li ha effettivamente vinti. Questo, in sostanza, significava che, giocando venti centesimi, in caso la Spagna avesse vinto si sarebbe ricavato 1; in altri termini, che la Spagna aveva il 20% di probabilità di vincere il mondiale. Non credo si potesse stimare meglio la probabilità della vittoria della Spagna.

 

Come definire le quote

Ma come fanno gli allibratori a definire le quote? In effetti non corrono alcun rischio: tengono conto di quanto viene scommesso sulle varie possibilità di un evento e calcolano le quote in modo da non perdere mai.

Immaginiamo, ad esempio, che prima di una partita ci siano 500.000 € di scommesse sulla vittoria della squadra A, 250.000 € di scommesse sulla vittoria della squadra B e 250.000 € sul pareggio. Il bookmaker ha incassato 1.000.000 €. Se si adottassero queste quote (calcolate dividendo il totale delle giocate per le giocate su un singolo evento):

 

vittoria A : 2 | pareggio: 4 | vittoria B: 4

 

qualsiasi evento si verificasse il bookmaker dovrebbe pagare 1.000.000 € in premi e andrebbe alla pari. I bookmaker però non lavorano gratis e vogliono guadagnare. Proporranno quindi delle quote un poco più basse:

 

vittoria A : 1.9 | pareggio: 3.8 | vittoria B: 3.8

 

in questo modo, qualsiasi evento si verifichi, il bookmaker deve pagare 950.000 € (1.9 per 500.000 oppure 3.8 per 250.000) e quindi guadagna il 5%, 50.000 €.

E’ chiaro che prima dell’inizio delle scommesse i bookmaker non sanno con precisione quanto verrà puntato su ogni evento. Per questo motivo fanno una stima iniziale e poi aggiustano rapidamente le quote a seconda delle giocate.

 

Le quote normalizzate

Utilizzare le quote dei bookmaker per calcolare la probabilità degli eventi ha un problema: con quelle effettivamente praticate dal bookmaker, per vincere 1 si deve giocare rispettivamente:

 

vittoria A : 0.52 | pareggio: 0.26 | vittoria B: 0.26

 

Se si considerano questi valori (l’inverso delle quote) come la probabilità di ogni evento e li si sommano, si ottiene che la somma delle probabilità dei tre eventi non è 1, come dovrebbe essere, ma 1.04. Questo è dovuto al fatto che il bookmaker, per poter guadagnare, ha abbassato le quote (e quindi alzato la cifra che si deve giocare per vincere 1). Se l’inverso delle quote viene “normalizzato”, cioè diviso per un fattore tale da garantire che la somma degli inversi sia 1, allora si può utilizzare come probabilità di un evento:

 

vittoria A : 0.50 | pareggio: 0.25 | vittoria B: 0.25

 

La media delle previsioni

Le quote dei bookmaker riflettono le medie delle previsioni dei giocatori, ma non in modo diretto. Ad esempio, la grande maggioranza degli scommettitori potrebbe pensare che il risultato più probabile è la vittoria della squadra A, attribuendogli una probabilità del 60%. Se tutti giocassero su questo evento, però, la sua  quota andrebbe a livelli molto bassi, costringendo a giocare poco meno di 1 per avere 1 in caso di vittoria. Questo vorrebbe dire che la probabilità della vittoria di A è vicina al 100%, anche se in realtà gli scommettitori pensano che sia molto più bassa.

In questo caso però si stabilisce un meccanismo di “feedback”. Se una quota diventa troppo bassa non si è più invogliati a giocare quell’evento, mentre le quote degli eventi complementari (nel nostro caso, il pareggio o la vittoria di B) si alzano e diventano più attraenti.

Il meccanismo è semplice: se penso che la probabilità di vittoria di A è del 60% e la quota è scesa ad un livello tale che dovrei giocare 0.8 per avere 1, non la giocherò, ma magari giocherò la vittoria di B (che secondo me ha una probabilità inferiore di vittoria, il 20%), per cui potrebbe bastare giocare 0.15 per avere 1 in caso di successo. Le giocate sulla vittoria di B faranno alzare le quote della vittoria di A fino ad un livello tale che qualcuno troverà di nuovo conveniente giocarla.

In questo modo le quote si autoregolano ed i loro inversi (“normalizzati” per tenere conto dei guadagni dei bookmakers) arrivano ad esprimere qualcosa che effettivamente assomiglia alla probabilità degli eventi.

 

Io prevedo meglio

Possono capitare casi in cui una persona crede che la probabilità di un evento sia maggiore di quanto dovrebbe pagare ai bookmaker per avere 1 in caso di vittoria. Ritornando ai Mondiali di calcio del 2010, prima del loro inizio avrei potuto pensare che la probabilità di vittoria della Spagna fosse del 50% e non del 20%. Che cosa avrei dovuto fare?

Beh, se fossi stato sicuro del fatto mio avrei dovuto giocare sulla vittoria della Spagna. Sarebbe stato come giocare quaranta centesimi sull’uscita di “testa” sul lancio di una moneta con la prospettiva di guadagnare 1 se corretto. Non è garantito che vinca subito, ma alla fine inevitabilmente ci guadagnerò.

Perché io stimi le probabilità in modo da vincere, però, devo essere più bravo della media degli scommettitori almeno di un fattore pari alla percentuale che tocca ai bookmaker. Se invece prevedo come la media degli scommettitori, per ogni giocata che faccio ci rimetto la percentuale dei soldi che tocca ai bookmaker.

Quasi tutti gli scommettitori pensano di essere più bravi degli altri, continuano a giocare e alla fine perdono tutto. Ovviamente non sono più bravi degli altri, ma esattamente nella media, e ad ogni giocata parte dei loro soldi va a finire nelle tasche dei bookmaker. Alla fine non gli resta più niente.

 

La frequenza relativa

Nei casi fortunati in cui possiamo ripetere a piacere un evento, come il lancio di una moneta o di un dado, le probabilità si possono definire in modo oggettivo come venne formalizzato per la prima volta dal matematico austriaco Richard von Mises (1883-1953):

 

“La probabilità è il limite della frequenza relativa di un evento al crescere del numero degli esperimenti”.

 

In questo caso siamo molto facilitati a fare scommesse: il limite della frequenza relativa dell’uscita di “testa” è del 50%, come possiamo vedere se facciamo più e più lanci. Saremo quindi disposti a pagare 0.50 per ottenere 1 in caso di uscita di “testa”. Ma perché le due definizioni danno lo stesso risultato? La cosa non sarebbe affatto scontata, se non si introducesse un “principio di coerenza della realtà”:

 

“Il futuro sarà simile al passato”

 

In altri termini, se il lancio di una moneta in passato ha dato in media il 50% delle volte “testa” ed il 50% “croce” sarà così anche in futuro. Se non fosse valido questo principio, niente sarebbe prevedibile. Il metodo sperimentale, su cui si basa la scienza moderna, implica l’assunzione che se ripetuti gli esperimenti danno gli stessi risultati.

Se oggi un oggetto su un piano inclinato si muove con una certa velocità, lo farà anche domani. E il lancio di una moneta darà domani gli stessi risultati che dà oggi.

 

   Alberto Viotto

 

Se qualche lettore trovasse questo articolo interessante o ne volesse discutere, all'autore farebbe piacere ricevere delle e-mail all'indirizzo: alberto_viotto@hotmail.com

 

NOTE
1) Sant’Agostino, Confessioni, XI 14.17

2) In effetti la Pro Vercelli è stata radiata poco tempo fa

 

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