Riflessioni Sociologiche
di Ercole Giap Parini
Giochi di ruolo online e comunità virtuali: esperienze del vivere contemporaneo
Di Simona Isabella Ottobre 2009
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Il gioco di ruolo e dell’identità. Creatività ed esperienza.
La costruzione della comunità all’interno dei MUDs si forma, dunque, tramite un processo lento che richiede ai giocatori un impegno costante nel mantenere vive le relazioni sia nell’ambito del gioco che al di fuori di esso. Il tema della costruzione della comunità è però sempre strettamente legato a quello della costruzione dell’identità dei mudders sia in quanto singoli individui, sia in quanto giocatori e membri di un gruppo.
Se è vero, come sosteneva Sherry Turkle (1997), che il rischio che si corre nel giocare in questi ambienti virtuali sia quello di smarrire il confine tra il mondo della vita ordinaria e quello del gioco non riuscendo più a riconoscere in quale dei due si stia vivendo, è anche vero, e credo che riguardi la maggioranza dei giocatori, che la costruzione dell’identità in gioco, esattamente come avviene per la comunità, sia un processo che coinvolge inevitabilmente il continuo essere tra la dimensione online e quella offline nel medesimo tempo. I mudders conducono la loro esistenza in una dimensione a cavallo tra la vita ordinaria, ovvero la realtà fisica e geografica nella quale vivono, il gioco, cioè le realtà virtuale all’interno della quale i propri personaggi si muovono, agiscono e interagiscono con gli altri personaggi, e quella socievolezza digitale fatta di chiacchiere online con gli altri giocatori.
Essere un mudder, dunque, richiede un’abilità mentale che si avvicina molto a quella che lo psicologo Donald Winnicott (2004) chiama attività creativa, ovvero la capacità di sperimentare quella zona intermedia che si colloca tra il “Sé” e il “fuori –di -sé”, una sorta di tramite, di luogo di passaggio all’interno del quale ha sede l’attività culturale, quella artistica e il gioco. Mentre nel bambino, nei primi mesi di vita, poiché non si ha ancora cognizione dei confini tra la vita psichica interiore e il mondo al di fuori di sé, sperimentare questa zona intermedia, tramite gli oggetti transizionali serve alla sua formazione in quanto individuo, negli adulti, continuare la sperimentazione di questa zona creativa, aiuta a vivere in una maniera (psicologicamente) sana (Winnicott 2004). Inoltre, il gioco, e in particolare il gioco di ruolo, è uno dei modi affinché l’adulto possa continuare a sperimentare parti di sé, in un processo che permette una trasformazione continua dell’identità. Per di più, è proprio questo incessante andare a venire tra la dimensione online e quella offline che permette questa sorta di sperimentazione creativa del sé. Inoltre, per quel che riguarda il tempo e il luogo del gioco, che nei MUDs è alquanto incerto, per i giocatori di ruolo una delle routine della vita quotidiana è questo continuo essere “sospesi” tra la dimensione del gioco e quella della vita ordinaria: non si è mai totalmente immersi nel gioco, perché contemporaneamente si svolgono altre attività che distolgono l’attenzione dal gioco, o comunque fanno in modo di non essere mai completamente assorbiti da questo, e non si è mai totalmente nella dimensione della vita ordinaria perché si è sempre collegati alla rete Internet (12).
Questo movimento incessante tra la dimensione dell’ordinario e quella dello “straordinario” sembrerebbe dunque far parte dell’attività ludica vera e propria visto che la biografia del personaggio si forma tramite la continua commistione tra avvenimenti di gioco ed avvenimenti della vita reale. Il personaggio che i giocatori creano e con il quale entrano in gioco racchiude in sé, come appunto l’oggetto transizionale per il bambino, una serie di caratteristiche fisiche e psichiche, in base alle quali si rapporta e interagisce con gli altri personaggi ma che, in qualche modo rimandano al giocatore stesso che lo interpreta, non essendo mai propriamente distinto da lui. Per tutti i giocatori il personaggio fittizio che interpretano in gioco rappresenta, di volta in volta, loro stessi (“Sé”) e qualcun altro (“altro da sé”), in un continuo gioco che sembra proprio quello dell’assunzione e dell’uscita dal ruolo di cui parla Goffman (2003).
Le situazioni della vita ordinaria, ma anche i giochi, creano dei mondi di significati entro i quali gli individui si muovono assumendo dei ruoli. Questi non sono altro che una serie di caratteristiche personali che ogni individuo assume e in base alle quali agisce in ogni situazione: “nell’eseguire un ruolo l’individuo deve far sì che le impressioni di se stesso che vengono comunicate nella situazione siano compatibili con le qualità personali appropriate al ruolo che gli sono attribuite nei fatti” (Goffman 2003: 103).
Il ruolo (o personaggio) che ogni mudder interpreta, sebbene sia sempre un’entità in continua trasformazione e con la cui identità egli può giocare, viene riconosciuto per delle caratteristiche e dei comportamenti che, in linea di massima, restano sempre abbastanza coerenti all’idea originaria (questo ovviamente al fine di creare una continuità nel reciproco riconoscimento che porta poi alla costruzione della comunità). Ma l’assunzione di ruolo è in qualsiasi momento revocabile: l’individuo, infatti, può interrompere di interpretare questa parte e assumere un atteggiamento di distanza dal ruolo ovvero il fatto che vi possa essere una scissione tra l’essere e il fare, tra l’individuo e il suo ruolo putativo (Goffman 2003: 124). Uscire dal ruolo significa, appunto, non essere più capace di calarsi in quella scena di finzione, ovvero di trattare come reali avvenimenti e situazioni del tutto irreali.
I mudders, in questa loro continuo andirivieni tra la dimensione del gioco e quella della vita ordinaria, pare abbiano trovato un modo di vivere che, sebbene parzialmente inconsapevole, permette loro di fuggire l’isolamento del vivere contemporaneo in questa sorta di escapism creativo che il giocare un ruolo fittizio in un mondo fittizio consente. Un bravo mudder sa però quando è il momento di attivare tutta una serie di strategie di distanza dal ruolo che non sono altro che delle funzioni difensive (Goffman 2003: 129), dei modi per avere un certo spazio di manovra per distaccarsi da questo mondo immaginario e ritornare alla realtà della vita ordinaria, evitando in questo modo quello che viene sempre percepito come un pericolo: rimanere intrappolati nelle dinamiche del gioco.
Altra questione abbastanza rilevante riguarda l’esperienza: una tematica parecchio dibattuta per il fatto che il termine stesso “esperienza” può essere inteso in vari modi. Ai primi del XX secolo, Walter Benjamin (1976) decreta l’insorgere, tra gli abitanti delle metropoli, di un’atrofia dell’esperienza, intendendo così dire che l’individuo aveva perso quella capacità di esperire, ovvero di accumulare vissuti ed riuscire a tesserli in una trama coerente che potesse intrecciarsi alla biografia individuale e a quella della comunità in cui viveva.
Questa atrofia dell’esperienza, causata dal fatto che l’individuo è sottoposto a continui choc dovuti alla velocità e alla continuità degli stimoli provenienti dall’esterno, tipici della vivere nelle città, portano l’individuo a una progressiva chiusura in sé stesso assumendo un atteggiamento che un altro autorevole autore definisce del blasé (Simmel 1997): ovvero un individuo che, del tutto insensibile, mostra totale indifferenza verso tutto ciò che lo circonda e che si caratterizza per un modo di sentire in cui è l’intelletto a reagire e non il sentimento, come invece capita all’individuo che conduce una vita rurale. Questo cambiamento, segnato anche da un diverso utilizzo di due termini della lingua tedesca (Erlebnis ed Erfahrung), che in italiano sono resi entrambi con esperienza (Jedlowski 2002), designa quindi la fine di un modo di esperire tipico di un certo tipo di società e l’inizio di una nuova modalità di fare esperienza che sarà poi tipica del vivere moderno.
Tra le cause dell’atrofia dell’esperienza Benjamin adduce la sostituzione della narrazione con l’informazione: come l’informazione regala una conoscenza frammentaria e puntuale, così l’individuo è ormai abituato a fare esperienze che risultano slegate l’una dall’altra perché è l’individuo stesso che ha perso la capacità di legare insieme i propri vissuti esperienziali o comunque non sembrerebbe interessato a farlo.
Ritornando ai MUDS, l’esperienza di gioco che vede impegnati giornalmente i mudders, sembrerebbe configurarsi come una rinnovata capacità di avere delle esperienze nel senso che i giocatori recuperano la capacità di elaborare i propri vissuti e di inserirli in un percorso formativo (Erfahrung). Questa capacità consiste, in parte in una riscoperta del piacere di raccontare storie, in parte nella possibilità di sperimentare una nuova modalità di stare al mondo.
Per quel che riguarda la narrazione vi è un duplice aspetto da prendere in considerazione: il recupero della capacità e del piacere di narrare si sviluppa secondo due modalità, ognuna delle quali è il riflesso dei due diversi modi di fare esperienza (Erlebnis ed Erfahrung) di cui si è detto.
L’accesso al gioco è sancito dalla creazione di un personaggio e dal fatto che questi possa giocare all’interno di una comunità ristretta che ha tutte le caratteristiche, nella sua organizzazione interna, delle comunità di tipo tradizionale. La storia del personaggio, di conseguenza, si lega inscindibilmente con la storia della comunità di appartenenza in una sorta di racconto di Bildung, racconto di formazione, le cui tappe fondamentali, verranno testimoniate nella scheda dell’avatar. La crescita del personaggio è quindi, innanzitutto un percorso personale, quasi intimo che ogni giocatore sperimenta nel giocare il proprio ruolo all’interno del gruppo di cui fa parte. E’ un percorso fatto di continui aggiustamenti dovuti sia a questioni più strettamente legate al gioco (cambio di regole e struttura del gioco), sia a questioni riguardanti le relazioni tra i giocatori: avvicinamenti, rotture, incontri di persona sono tutti elementi della vita del giocatore che possono modificare poi il suo modo di giocare il suo personaggio e di farlo relazionare con gli altri personaggi. Inoltre, poiché il gioco si costruisce su relazioni quotidiane, basate su taciti appuntamenti che si protraggono nel tempo mantenendo, quasi sempre, un certo ritmo tra interazioni on game e off game ogni singolo giocatore, in questi continui scambi con gli altri compagni di gioco, ha la possibilità di lasciare sedimentare i propri vissuti in un tipo di esperienza che definiremmo Erfahrung
Accanto a questo modo di raccontare di tipo tradizionale vi è però anche una modalità di narrazione che è invece tipica della modernità: la narrativa seriale. Uno dei motivi per cui un mudder difficilmente si distacca dal gioco è dato proprio dal fatto che il MUD riproduce tutti i meccanismi della narrativa seriale (la ripetizione, l’attaccamento ai personaggi, la durata nel tempo), benché con notevoli peculiarità dovute anche al tipo di tecnologia utilizzata. Nei MUDs la continua combinazione di elementi di novità che stimolano la curiosità dei giocatori ad accedere con delle cadenze rituali (13) “per vedere cosa sta succedendo”, con elementi, al contrario, già noti e che danno la sicurezza di trovare tutto immutato rispetto all’ultimo accesso effettuato, creano questo meccanismo di forte attaccamento al gioco.
Inoltre, se questo tipo di gusto narrativo funziona per un tipo di serialità come quella televisiva in cui il fruitore è solamente uno spettatore di quanto sta accadendo, che partecipa agli accadimenti ma non può modificarli, ancor di più sarà efficace in un meccanismo narrativo quale quello dei MUDs in cui l’individuo è contemporaneamente spettatore, protagonista e narratore delle vicende in corso. La narrazione all’interno dei MUDs presenta, dunque, dei presupposti del tutto nuovi e particolari. Uno degli elementi principali di questo tipo di narrazione è dato dalla coralità delle azioni narrate: il narratore non è mai uno solo ma vi sono sempre più voci narranti contemporaneamente. La coralità dei MUDs non è altro che il riflesso della coscienza, del tutto moderna, di non riconoscersi come gli unici artefici del proprio destino, i mudders, infatti, sono assolutamente consapevoli del fatto di dover cedere la parola ai propri compagni di gioco e imparano anche a farlo rispettando i turni nel parlare.
Ma, al di là del puro piacere di immergersi in questi mondi narrativi tanto da partecipare al gioco e a tutte le attività ad esso correlate per anni, l’esperienza che i giocatori di ruolo fanno è un’esperienza di vita, un modo nuovo di stare al mondo. Quello di cui i mudders fanno esperienza è, in primo luogo, la possibilità di incontro con l’altro. Una conoscenza dell’altro che è per alcuni versi continuamente alimentata dallo sperimentare quel sentimento di vertigine (Jedlowski 2000: 194) dato dalla percezione di prossimità con l’altro che però, poiché in una dimensione online, resta comunque distante e impossibile da avvicinare realmente e, per altri, dal fatto che poi ci sia effettivamente l’occasione di incontrarsi nella dimensione della fisicità e di sperimentare la possibilità di un’amicizia concreta.
In ultimo, ciò che i mudders imparano, giocando di ruolo, è un gioco ben più importante: è il gioco dell’io (Melucci 1991), ovvero la capacità di aprirsi verso l’esterno, di fare esperienze e di apprendere da queste. L’io è, infatti, molteplice perché molteplici sono le situazioni in cui si viene a trovare e alle quali si deve adattare per poter sopravvivere. I MUDs prospettano, come gran parte della CMC, la possibilità di aperture che non siano troppo rischiose (si ha l’opportunità di interagire con moltissime persone ma sempre protetti da uno schermo che garantisce un certo anonimato rassicurante), aperture che permettono agli individui di giocare parti di loro, e di condividere esperienze con altre persone che si avvicinano a questi giochi con lo stesso intento.
Al di là quindi della prospettiva ludica, della possibilità di creare legami forti con individui che altrimenti non si sarebbero mai conosciuti, e comunque di fare esperienze di vita, giocare ad un MUD, o meglio essere un mudder, si profila come un vero e proprio modo di stare al mondo. I mudders hanno infatti, imparato a vivere seguendo il ritmo di una continua oscillazione fatta di aperture e di chiusure verso gli altri che permette loro di sopravvivere alla complessità del mondo contemporaneo.
Simona Isabella
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NOTE
12) La possibilità di accedere alla Rete tramite tecnologie mobili e il progressivo abbassamento dei costi degli abbonamenti, consente di essere online potenazialmente in qualsiasi momento della giornata. Anche se questa opportunità offerta dalle tecnologie mobili non modifica le abitudini di gioco, sicuramente amplia la possibilità di interazione estendendole a tutti quei momenti della giornata intesi come interstizi tra un’attività ed un’altra.
13) Al gioco si accede ogni giorno per giocare, “vedere” chi è collegato, controllare la posta interna al gioco e partecipare al forum. Anche se non si sta collegati al MUD tutto il giorno, mentre si svolgono altre attività, gli accessi sono comunque numerosi durante il corso della giornata, e scanditi da un ritmo dettato, in parte dalla curiosità di sapere cosa sta succedendo in gioco, in parte dal tipo di ruolo e dalle responsabilità che si hanno nel MUD.
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