Riflessioni Iniziatiche
Sull'Uomo, lo Spirito e l'Infinito
di Gianmichele Galassi
Sull'apprendistato libero muratorio.
Aprile 2011
In realtà, questa che per lo più è definita come una fase, per molti di noi si protrae per tutta l’esistenza: per quanto possiamo impegnarci, la nostra vita è scandita dalla quarta dimensione, quella temporale. Purtroppo, se paragonata al tutto, la durata della vita umana è inferiore ad un battito di ciglia nell’eternità (1): sta a noi non sprecare quella briciola di tempo a nostra disposizione.
L'apprendimento qui dibattuto non si identifica certo con quello nozionistico classico: la strada verso la verità suprema, come quella verso Dio, non è di certo preclusa ai più semplici.
Giova ripetere che ciascuno possiede la ragione in egual misura e la capacità dell’ingegno – è dimostrato - non è certamente proporzionale alla quantità e qualità dell’erudizione assimilata con lo studio. Si possono raggiungere le vette delle arti solamente se si possiede la capacità di trasmettere agli altri, con la maggior immediatezza possibile, le proprie emozioni ed i propri pensieri. Spesso un’erudizione troppo spinta genera un distacco dalla realtà delle cose, conseguendo quindi alla totale ignoranza sulle cose care ai più (2). In tale ottica, credo che l’apprendistato debba essere rivolto a sé stessi in quanto uomini.
Numerose sono le norme ed i simboli che richiamano a questa prima fase. Tutto volto all’introspezione, nella ricerca dell’unica “verità” possibile all’interno del successivo, sterminato cosmo del dubbio, dove il nostro impegno non è probabilmente sufficiente alla scoperta di altro.
La verità di cui parlo è la più vicina, quella a portata dell’intelletto, che ci rende parte del “tutto” imperscrutabile. La nostra vera essenza è quindi l’unica verità assoluta in un mondo relativistico, unica verità che possiamo in qualche modo svelare dal dubbio, solitamente generato dai nostri stessi limiti.
Comunque poter rispondere alla prima delle tre domande fondamentali, ovvero “chi siamo?” non è affatto cosa da poco: solamente per questo varrebbe la pena di vivere.
In questo contesto, la scienza potrebbe rivelarsi utile, seppur per adesso le risposte forniteci sono confinate alla sfera materiale, mi riferisco in particolare alla teoria (3) evoluzionistica.
Il primo gradino: il silenzio
La pratica del silenzio è la base per ogni processo meditativo-riflessivo, e quindi obbligarsi al silenzio risulta essere il primo passo verso l’apprendimento e l’esercizio dell’ascolto.
Ascoltare il mondo, l’ambiente che ci circonda acuisce la capacità di concentrazione; imparare ad ascoltare - invece di udire solamente - ci permetterà in futuro di percepire i segnali, sino a quel momento ignorati, della ragione innata, della nostra coscienza profonda.
Il segreto sta nel saper ascoltare il rumore di fondo dell’essenza universale, ciò che ci lega al tutto, di cui facciamo inconsciamente parte. L’energia è il segreto della vita e della materia, tutto si determina nello scorrere dell’energia, i nostri stessi pensieri scaturiscono dai collegamenti sinaptici che, chimicamente controllati, regolano la nostra attività cerebrale. Dalla scienza sappiamo che il nostro cervello ha capacità molto superiori a quelle che ci è dato intendere, dalla sua formazione sovraintende al funzionamento del nostro essere materiale, immagazzinando ogni singola sensazione percepita al nostro interno ed esterno. Seppur inconsapevolmente, possediamo un bagaglio conoscitivo di gran lunga superiore a quello che possiamo immaginare.
Per questi motivi ciò che era stato filosoficamente intuito fin dai tempi più remoti, è pienamente compatibile con le più moderne ricerche scientifiche (4). Ritornando ai vantaggi del “silenzio”, dobbiamo ricordare l’utilità di riflettere prima di parlare; la presa di posizione immediata, così come l’espressione di un giudizio predeterminato, ci conducono spesso all’errore. Ascoltare quello che la ragione innata ci sussurra risulterà molto proficuo, soprattutto nella successiva presa di coscienza.
Imparare a riconoscere quello che riteniamo giusto e vero nel nostro profondo eliminerà poi il disagio, consapevole o meno, connesso alla propria coscienza.
Ecco come possiamo concretizzare l’astratto, ritrovare la pietra filosofale celata: la scintilla divina può così in parte essere identificata nelle tenebre del dubbio. Un dubbio sicuramente produttivo, in quanto la limitatezza umana non è in grado di trasformare il caos del “tutto” in armonia; di conseguenza averne consapevolezza è già una gran dote. Come accennato, l’unica chiave, o verità assoluta, si trova nel bagliore divino: solo scovandola potremo riportare l’ordine al nostro interno. Da ciò consegue come la sola armonia a nostra portata sia quella del nostro essere interiore. La chiave di volta del nostro tempio è riconducibile alla più profonda essenza dell’«Io», scoprirla significa giungere alla pace con sé stessi. Il metodo per giungere alla grande verità può variare singolarmente, quindi non ci resta che dare regole generali la cui applicazione può condurre più vicino allo scopo.
Ciò che apprendiamo durante la nostra istruzione, dalla scuola sino all’università, si è sempre rivelato poco utile verso tali obiettivi. Seppur vasto, l’apprendimento scolastico-nozionistico non conduce alla saggezza, ma solo all’erudizione. I segreti che qui tentiamo di capire, non sono trasmissibili. In questo senso non si vuole controvertire, o minare alle basi, la struttura primaria della nostra società, ovvero il sistema dell’istruzione; si deve però constatare che esso si rivela del tutto inefficiente nella determinazione dell’idea profonda della nostra esistenza. Per rispondere a questo tipo di domande è necessario percorrere una strada alternativa che contempli un maggior sforzo nella conoscenza di sé, alimentando la consapevolezza delle personali capacità interiori, proprie di ciascun individuo.
Il secondo gradino: l’eliminazione del vizio e del pregiudizio
L’eliminazione del vizio intellettuale, o pregiudizio, è fondamentale nel cammino che conduce alla saggezza. L’uomo rincorre spesso obiettivi futili che, spingendolo ad estenuanti deviazioni, gli fanno perdere di vista lo scopo primario: denaro, potere, vizio, fanno perdere l’orientamento alla nostra bussola interiore. Le strade si moltiplicano e, come in un labirinto, la méta resta celata dietro uno degli innumerevoli angoli. Il tempo scorre inesorabile e, mentre giungiamo velocemente al termine della nostra esistenza, cominciamo ad avvertire il forte disagio prodotto dall’assenza, dal vuoto, dall’inutilità degli sforzi lungamente protratti.
Ricchezza e potenza, accumulate nell’arco della vita, non sono più sufficienti; da un momento all’altro possono esserci tolte e, aperti gli occhi di fronte alla fine, non ne intravediamo più alcuna utilità mentre i beni accumulati non procurano più alcun conforto alla nostra solitudine.
Al fine di evitare una tale misera conclusione della nostra esistenza, dobbiamo scovare un compagno nel nostro Io: la nostra essenza potrà guidarci lungo la vita e, infine, ci renderà consapevoli e capaci nell’affrontare l’ignoto. Serenità, sicurezza ed amore ci accompagneranno rendendoci un po’ meno soli: trovando il legame armonico con il tutto ci sentiremo parte di esso.
Silenzio e libertà di giudizio si traducono poi in una nuova visione del tutto: attraverso lo sviluppo dell’empatia, ovvero della capacità di vedere la questione anche dal punto di vista altrui che poi altro non è che la chiave per la vera comprensione, ci abituiamo ad accrescere l’attitudine a dedicare la nostra attenzione per pensieri, costumi, sentimenti e bisogni fondamentali dell’altro, mettendo da parte i nostri. Questa – forse – è la ricetta per giungere all’armonia e debellare definitivamente i futili contrasti che dividono gli uomini in base a luogo di nascita e cultura: l’umanità, ovvero quell’insieme di qualità che ci rendono dissimili dalle altre creature viventi, potrà in tal senso sbocciare inebriando l’ambiente del piacevole profumo della concordia e della pace.
Il terzo gradino: seguire la retta via
In geometria, la distanza minore fra due punti è rappresentata dal segmento passante dai punti stessi; da ciò voglio ricavare il terzo elemento necessario nel cammino iniziatico; seguire sempre la retta via, che oltre ad essere simbolicamente quella più breve per raggiungere la méta dal punto di partenza, sottintende la qualità della virtù, della rettitudine.
Durante l’apprendistato quindi si richiede una stretta osservanza, scevra da distrazioni, delle norme e dei principi di virtù. Solo successivamente, dopo aver conquistato la piena padronanza di sé, sarà possibile deviare senza il timore di smarrirla per sempre. La piena coscienza di ciò che siamo, nella fermezza del nostro obiettivo, ci permetterà comunque e dovunque di scorgere il nostro cammino, distinguendo il vero dal falso, il “giusto” dall’erroneo, facendo di noi degli esseri illuminati.
In conclusione, la fase di apprendistato nella Libera Muratoria si riassume in un’analogia: “la pietra grezza deve essere sgrossata, prima di poter esser levigata”.
Questa che è una delle più note massime massoniche che allegoricamente paragonano ogni uomo ad una pietra che, una volta sgrossata e levigata, può insieme a tutti gli altri esseri umani esser utilizzata per la costruzione del tempio, ovvero di una società in piena armonia.
Gianmichele Galassi
Da Secreta Magazine n.8 - 2010
NOTE
1) Bellissimo e delucidativo, in questo senso, il racconto “Micromegas” di Voltaire.
2) Descartes diceva che leggere i testi antichi era un po' come viaggiare ma se troppo si viaggiava si rischiava di ritrovarsi stranieri nel proprio Paese.
3) E’ bene in questo caso puntualizzare il significato del termine “teoria” che nel senso comune può significare “opinione personale o modo di pensare” ma l’accezione propria, ovvero quella scientifica, sta ad indicare una formulazione sistemica, logica pienamente dimostrata e non ancora falsata da nessuna evidenza empirico-teorica.
4) Al giorno d’oggi, affrontando qualsiasi argomento, seppur propendendo per il lato filosofico, non dobbiamo trascurare l’apporto delle altre scienze, altrimenti potremmo cadere in valutazioni facilmente controvertibili L’impegno primario si traduce quindi in una visione d’insieme più vasta possibile, compatibilmente con le nostre capacità E su questo argomento, gli ultimi studi sugli individui “savant” confermano in toto la teoria sulle nostre effettive capacità mentali.
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