Ipazia: Riflessioni Filomatiche
di Danilo Campanella
La cultura come forza sociale
Ottobre 2013
Il progetto di “allargamento delle basi culturali”, favorendo l’alfabetizzazione, l’amore per l’apprendimento e la politica edotta è stata dall’epoca post-antica un punto fermo della società filomatica. Questa volontà di acculturare le masse, o almeno di renderle meno “all’oscuro” della realtà politica, economica, scientifica e filosofica che le circonda non è stato mai affrontata con tanto ardore come del periodo in cui venero pubblicati in Francia i primi numeri del Dizionario delle scienze delle arti e dei mestieri (Enciclopedia) tra il 1751 e il 1752, ovvero durante l’età illuministica. Tutto si mosse dall’idea di un gruppo di “cultori della materia” alcuni dei quali erano filomati, altri intellettuali di varie estrazioni. Questi uomini idealisti ed entusiasti, guidati da Diderot e d’Alembert (filomate) invitarono a collaborare alla stesura dei 34 volumi i più noti intellettuali del tempo. Qual era lo spirito che si respirava nel gruppo? Un certo anti-accademismo, colpevole, secondo i filomati, di avere “tolto le chiavi della scienza” con la scusa di proteggerla e aver reso il popolo ignorante e facile preda di “politici” senza scrupoli e di dogmatici asserviti al potere costituito. Dall’altra, si respirava un certo anti-clericalismo, anche se minoritario, per le idee estremiste di alcuni intellettuali dell’epoca (Diderot) in polemica con la religione e in particolare con il potere cattolico.
Quale doveva essere la struttura dell’Enciclopedia?
Essa venne principalmente ispirata di principi della filosofia inglese di Bacone e di Locke. In particolare venne ripresa dal primo filosofo la classificazione del sapere, partendo dalla sua distinzione dell’attività dello spirito umano in: memoria, ragione immaginazione, i filomati suggerirono la tripartizione enciclopedica in storia (memoria) filosofia (ragione) e arte (immaginazione). Nonostante le difficoltà economiche e sociali del progetto, l’Enciclopedia diffuse nella piccola borghesia prima francese, poi europea tutta, non la cultura, ma l’informazione culturale. Gli illuministi tout-court la appoggiarono, vedendo in questa dinamica la liberazione delle masse dalla superstizione e dalla religione dogmatica.
I due promotori del monumentale progetto furono, come detto, due filosofi e matematici francesi: Diderot e d’Alembert.
Diderot, religiosamente parlando, si distaccò dalla religione verso il suo particolare panteismo (una sorta di spinozismo) e identificava Dio nella natura organica viva, nel mondo. Nell’opera “Prospectus” spiega che già da tempo esistevano le enciclopedie, e che il filosofo Leibniz ne richiedeva da tempo di nuove, comprendendo l’inadeguatezza nei confronti delle scoperte scientifiche e del sano criticismo, sconosciuto in tempi precedenti. Ad esempio, l’enciclopedia inglese di Chambers apparsa sei anni prima si impegnò, con poco successo, in questa direzione. Nell’enciclopedia francese vennero modificati l’Albero genealogico delle scienze e viene introdotto l’ordine alfabetico. La nuova enciclopedia per Diderot avrebbe dovuto comprendere le scienze, le arti liberali, e le arti meccaniche (i mestieri). Nella visione globale di Diderot, bisognava porre l’uomo al centro dell’universo conoscitivo (in opposizione a Dio) poiché senza di lui la natura non direbbe nulla e non sarebbe conosciuta, ma “triste e sorda” senza nessuno che la contempli. In opposizione alla versione di Chambers, i cui punti sono regolari ma vuoti, succinti, quella nuova dovranno essere pieni, accurati, in cui ogni specialista curerà la propria materia, in un tutto collegiale. L’Enciclopèdie sarebbe stata composta in modo metodico, con accurate suddivisioni, tenendo conto che “ogni scienza ha una sua metafisica” e che non bisogna “poggiare sull’autorità dei curatori ma se su ciò che dicono sia giusto e logico”.
Secondo redattore dell’Enciclopedia francese sarà Jean d’Alembert, che al contrario del precedente non si spinge verso l’ateismo, ma verso un moderato deismo. Dio esiste, ma è distante dall’uomo e non interferisce nel divenire del mondo, dunque anche la morale è autonoma e non soggetta al potere di alcuna religione costituita. Nel suo “Discorso preliminare” all’enciclopedia d’Alembert divide le conoscenze in dirette e indirette (riflesse), in cui le prime sono i sensi, e le seconde sono la combinazione di quelle dirette. I sensi sono veri (anti-pirronismo) perché partono da un qualcosa che è incontrovertibile: la nostra esistenza. I corpi sono descritti come “porzioni figurate ed estese dello spazio”. Le scienze preposte a tali riflessioni sono la geometria e l’algebra. Il filosofo suddivise le scienze in una gerarchia: dall’aritmetica alla religione rivelata (necessaria per spiegare tutto ciò che non è compreso dalle scienze naturali), le arti, la poesia e la musica (ultimo posto). Nell’opera “Gli elementi delle scienze” spiega che non è possibile tracciare elementi da proposizioni isolate, perché queste devono avere una consequenzialità con altre principali, portando a una catena logica di elementi da cui nascono proposizioni. Nonostante il suo impegno, a causa di posizioni divergenti con quelle di altri collaboratori e dello stesso Diderot, d’Alembert preferirà ritirarsi dal progetto dell’Enciclopedia piuttosto che impedirne la prosecuzione, o scriverne un’altra provocando una scissone del gruppo. In questo diede prova di grande umiltà e amore per il sapere.
Danilo Campanella
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