Riflessioni sulla Psicosintesi
di Fabio Guidi indice articoli
Fede ufficiale e fede segreta
Ottobre 2016
In ognuno di noi vi è un atteggiamento esistenziale di fondo che colora ogni aspetto della nostra vita. È questa predisposizione affettiva che ti fa scegliere un certo tipo di partner, che ti guida nel lavoro che svolgi, che ti fa abbracciare una posizione politica o religiosa… Tale atteggiamento è tutto. È ciò con cui ti identifichi, è ciò su cui costruisci la tua immagine di te stesso. Puoi convenire con me che possiamo chiamarlo ‘fede’? Che cos’è infatti la fede se non la convinzione di fondo che dà un orientamento alla tua vita? Tutti noi abbiamo una bussola, una certezza che veneriamo come fosse un dio e difendiamo con le unghie. Il fatto è che, solitamente, non ne siamo coscienti.
Ad esempio, ufficialmente possiamo affermare di credere in Dio, di essere cristiani. Magari frequentiamo le funzioni religiose ogni settimana e pratichiamo certe attività della nostra comunità religiosa. Ci riconosciamo in pieno - così diciamo - nelle parole di Gesù tramandate dai vangeli e crediamo - così diciamo - nella sopravvivenza dopo la morte. Ma come si traduce tutto questo nella nostra vita concreta? In modo molto diverso da credente a credente. Vi sarà il cristiano che vede in ogni essere umano un fratello da onorare e rispettare nella stessa misura, ma anche il cristiano che sosterrà la superiorità di una razza, o di una regione geografica, o di una classe sociale, o di un genere… Qualcuno dirà: “il vero cristiano è il primo, non gli altri!” Tuttavia, questa è solo una sua convinzione, una sua fede, appunto. Soprattutto, vi sarà una gamma infinita di posizioni fra tutti questi sedicenti cristiani, e ogni posizione supporrà di essere ‘cristiana’ a tutti gli effetti, e riterrà le altre posizioni carenti per qualche verso.
In altre parole, ogni cristiano ha la propria convinzione di che cosa voglia dire essere cristiani; potrà anche riconoscere che un altro sia un cristiano migliore di lui, ma sempre secondo un criterio che lui stesso ha deciso e su cui conforma ogni giudizio. Cioè la sua fede. Senza questa fede l’individuo in questione sarebbe sperso, spaesato, privo di un appiglio che offra sicurezza… Si viene così a scoprire che l’appartenenza al cristianesimo, per molti, è solo una fede di facciata, una fede che nasconde ben altre convinzioni. Nasconde la necessità di affermare la propria superiorità, la giustificazione per la propria prosperità economica, il bisogno di sentirsi buono e puro, l’odio per certe categorie di persone, l’obbedienza ad un super-io genitoriale, il vantaggio di sentirsi parte di una collettività… e così via, all’infinito.
Ciò che vale per la fede religiosa vale per qualsiasi altro tipo di credenza. L’individuo non è cosciente di tutto questo, e neppure vuole esserne cosciente, perché la propria fede di facciata, la fede fasulla, è proprio ciò che gli serve per non sentirsi a disagio, per sentirsi a posto con la propria coscienza. Ma non è la sua vera fede. Questo punto è di estrema importanza.
È ovvio che l’individuo difenda a spada tratta le proprie convinzioni, con un’ostinazione che sfocia nell’irrazionale e nel ridicolo agli occhi degli altri. In realtà, a ben vedere, non difende le singole convinzioni, ma le illusioni che queste stesse convinzioni gli permettono di conservare. Vediamo un altro esempio: la difesa della posizione animalista può (ripeto: può, non è così per molti, spero i più) servire ad esorcizzare una profonda aggressività rimossa. So che non è facile per qualcuno accettare un’affermazione di questo tipo, ma ho visto molte situazioni in cui ciò appare di un’evidenza sconcertante.
Solo per citare un caso, nell’anno 2013 è balzato agli onori delle cronache il caso di una giovane donna, Caterina, gravemente malata e costretta a restare attaccata ad un respiratore per venti ore al giorno. Studentessa di veterinaria, si era ‘permessa’ di difendere su Facebook la sperimentazione animale, inserendo una sua foto con il respiratore sulla bocca ed un foglio in mano con su scritto: «Io, Caterina S. ho 25 anni grazie alla vera ricerca che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro.» Ebbene, molti gentili e nonviolenti animalisti, così attenti (‘a ragione’, aggiungo) alla sofferenza provocata ingiustamente su ogni essere vivente, ha pensato bene di corredare il post di Caterina con commenti di questo tipo:
«Se crepavi anche a 9 anni non fregava nulla a nessuno, causare sofferenza ad esseri innocenti non lo trovo giusto.» (V.)
«Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti sugli animali, razza di bestie schifose.» (M.)
«Magari fosse morta a 9 anni, un essere vivente di m.... in meno e più animali su questo pianeta» (P.)
Non si tratta di entrare nel merito delle posizioni animaliste, posizioni che in buona parte condivido. Ma è del tutto evidente che, in questi casi, l’ideologia animalista nonviolenta faccia da paravento a profondi inconsci sentimenti ostili e costituisca una sorta di riparazione o compensazione; in termini psicoanalitici si parla di «formazione reattiva». Può succedere che tali sentimenti ostili, talora, sfuggano al controllo cosciente e siano oscuramente percepiti come una bomba inesplosa, pronta a deflagrare da un momento all’altro.
Tutto questo c’introduce nel discorso delle razionalizzazioni e delle proiezioni, di cui, però, parleremo un’altra volta.
Fabio Guidi
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